< Sulla cattiva strada di  Sara Benedetti (Nottetempo)

Qui di seguito le recensioni di SullaCattivaStrada raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Bello, scorrevole, realistico.Una storia che ti prende.

Ornella Tadè

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É sicuramente un libro che mostra uno spaccato di vita inconsueto. Una realtà che ha colpito tutti (il crollo del ponte Morandi, il periodo dell’Expo) ma sempre ai margini mentre nel libro si percepisce più da vicino. Emerge l’attaccamento quasi morboso e a volte imprescindibile ai vicoli di Genova, il sentirsi parte di qualcosa, appartenere a riti e famiglie di strada. Un libro profondo quanto tagliente.

Francesca Pulcini

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Un libro riuscito, ambienti duri e personaggi difficili descritti con una sensibilità non comune, un realismo, direi partecipativo alle loro difficoltà e vicissitudini esistenziali, senza sconfinare nel pietismo. Un racconto che suscita emozione, che fa riflettere su quanto contano i nostri natali e che si chiude nella speranza di un riscatto.

Ugo Calzolari

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Pasoliniano, struggente e dolente senza patetismi, il romanzo si avvale di una forma decisa, essenziale, in piena sintonia con il contenuto. I personaggi dei carruggi sono presentati in maniera icastici attraverso il discorso diretto, indiretto, indiretto libero con l’ellissi del narratore. Per parafrasare una celebre definizione, finalmente le res senza le lacrimae.

Anna

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"Sulla cattiva strada" è un romanzo crudo e amaro: l’ambientazione genovese ricorda le pennellate di sofferto amore con cui De André dipingeva la sua città nelle proprie canzoni; i personaggi richiamano invece la realtà dei ragazzi di vita delle borgate in cui si immergeva Pasolini a Roma. I protagonisti sono Tedesco, Pagano e gli altri ragazzi dei carruggi, i vicoli della città vecchia di Genova in cui formicola una popolazione che fa i conti con la disperazione della povertà, con la droga e la malavita. I ragazzi sono consapevoli della propria situazione, sognano di uscire dai carruggi anche se sanno che il loro futuro, come il loro passato, è tutto lì. Si definiscono "fratelli di strada", come se la loro comune provenienza fosse anche lo stimolo a quella solidarietà universale che non potrebbero trovare altrove. La loro vita è una continua avventura (il personaggio di Lord Jim, di conradiana memoria, ne è l’emblema) e persino conquistare le ragazze "degli altri", di coloro i quali non provengono dagli stessi luoghi, diventa un’azione eroica. "Sulla cattiva strada" sembra un romanzo neorealista pubblicato con qualche anno di ritardo: lo stile è lo stesso, la lotta tra proletariato e borghesia anche, le situazioni certamente cambiano. Lo stile di Benedetti è diretto e arriva dritto all’animo del lettore, che, messo al corrente dei pensieri e delle emozioni dei personaggi, riesce a sentirsi anche lui fratello di strada e membro della compagnia sgangherata. E’ un libro da leggere per sentirsi parte di qualcosa, anche solo di un romanzo.

Mattia Fino

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Probabilmente l’intenzione è quella di presentare uno spaccato o quadro di una parte di società chiusa nel suo destino, cui sembra di non potersi distaccare. Anche se finalizzato alla rappresentazione realistica il tono del linguaggio e le scene richiamate diventano eccessivamente pesanti e fini a se stesse.

Lavinia Cioli

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Sulla cattiva strada ( Sara Benedetti )
Che dire! Bello! Crudo e commovente allo stesso tempo. Tutto dosato alla perfezione: trama, personaggi, ambienti, dialoghi, linguaggio.
Non solo credibile, ma vivo. Vedi tutto: la città , le persone, le loro storie...tutto ti cattura con forza, in un misto di sentimenti.
Non so se definirlo “romanzo di formazione” è corretto, direi piuttosto un cammino tra gli ultimi con le loro miserie e le innumerevoli contraddizioni, ma dove spesso trovi anche una profonda umanità!

Margherita Vigone

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“Sulla cattiva strada”, storia di come lo sport possa avvicinare alla vita, alla voglia di vivere e non soltanto sopravvivere. Come lo sport possa dare uno scopo in un contesto difficile in cui uno scopo sembra non esserci.
Meraviglioso.

Lucia Savatteri

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Una corsa narrativa che privilegia la profondità, lo scavo dei sentimenti, l’incrocio inestricabile, eppure meravigliosamente analizzato, di caratteri, situazioni familiari, luoghi, rapporti umani. Viene in mente Zola con i suoi race, milieu, moment, ma come in Zola, anche nel libro di Sara Benedetti ciò che più conta è la verità poetica di Tedesco e dei suoi compagni di viaggio, venuti fuori dalle strade difficili dei caruggi genovesi. Corri con loro fino alla fine. E dopo la lettura sai che un pezzo di mondo prezioso ti è stato rivelato e ti servirà per comprendere meglio ogni giovane vita che ha imparato a fare a pugni e a farsi male per sopravvivere. Bellissimo

Maria Rosaria Gioffrè

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Grandi lettori
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Le storie dei personaggi dei carruggi di Genova richiamano quelle di ragazzi di vita di Pasolini, o dei capitani della spiaggia di Amado. Non c’è speranza nella loro vita e, anche quando sembra che il destino offra loro una qualche possibilità (il successo nella boxe, una vincita inaspettata) niente va come dovrebbe andare. È un romanzo duro e doloroso. La scrittura è scorrevole e riporta molti riferimenti dialettali: sembra di guardare un film neorealista ambientato ai giorni nostri. Più di una volta, però, ho avuto l’impressione di avere tra le mani qualcosa di già visto, di leggere una storia già letta da un’altra parte: in altri libri, in altri racconti.

 

Renata Enzo

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“Sulla cattiva strada” è un romanzo di formazione che ci porta nei carruggi di Genova tra il 1988 e il 2018, con accenni ad alcuni fatti di cronaca e l’eco delle canzoni di De André (da cui per altro è stato preso il titolo per questo libro). Basato su una storia vera, il romanzo di Sara Benedetti racconta un mondo fatto di outsider, di vite vissute al limite, tra furti, droga, prostituzione, figure genitoriali inesistenti, reclusioni in collegio prima e in carcere poi. Lo stile però è molto giornalistico, asciutto, senza fronzoli e il lettore si sente poco coinvolto. Inoltre il finale è poco credibile.

Maria Teresa Gaiaschi

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Sulla cattiva strada

Abbracciando un arco di trent’anni, i più recenti. il romanzo narra le vicende di un gruppo composito di caruggiai, abitanti dei caruggi di Genova. Pur essendo possibile identificare un personaggio principaIe, il Tedesco, i comprimari sono molteplici: uomini, donne, bambini, anziani...  Tutti quanti si dibattono tra miseria, droga, prostituzione e violenza, cercando di restare a galla, stretti da una parte dal mare ipnotico di Genova e dall’altra dal carcere di Marassi cui tutti sembrano prima o poi destinati. Nei trent’anni cambiano gli antagonisti, il tipo di droghe, i morti ed i nuovi arrivati, ma la traiettoria verso il baratro, quella, non cambia mai: sempre lungo la cattiva strada, senza alcuna speranza di redenzione e liberazione.
Le vicende sono raccontate per scatti, tramite frasi brevi e non vi è mai un vero e proprio sviluppo narrativo. Non si scade  nella pura cronaca, ma d’altro canto risulta al lettore quasi impossibile essere completamente coinvolti. Non si riesce a provare empatia per i personaggi o appassionarsi alle storie narrate. Troppo scarno e rabbioso.

Un libro da buttare? Ebbene no! In realtà il problema è proprio la sua stesura come romanzo. Ma nel leggerlo si intravedono le sue potenzialità quale sceneggiatura per altre forme d’espressione. Potrebbe essere perfetto declinato come Serie TV o, meglio ancora, come Graphic Novel: proprio le frasi brevi e secche sarebbero perfette per identificare le singole scene da rappresentare in un fumetto.
Voto: 5,5

Denis Dal Farra

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L’ho letto per primo tutto d’un fiato, narrazione avvolgente e coinvolgente che mi ha preso sin da subito, tanto che ho pensato di scegliere questo in prima battuta. È interessante la narrazione che avvolge questi giovani protagonisti dei carrugi di una Genova abbastanza recente, fatta di violenza, spaccio di droga, lotte clandestine di cani, di carcere, ma anche di desideri infranti. Le storie di questi moderni “ragazzi di vita”, spesso intrecciate tra loro, sono attraversate da due date emblematiche: la morte di Carlo Giuliani durante il G8 di Genova e il crollo del ponte Morandi.

Pietro Natale Belluso

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Sulla cattiva stradaè il titolo di un brano di Fabrizio De André e Sara Benedettini mette al centro  del suo racconto omonimo più che i personaggi, i caruggi di Genova e in particolare lo storico quartiere de La Maddalena. L’intreccio narrativo attraversa vicoli e destini  per oltre trent’anni, dalla Coppa Italia vinta nel 1985 con un giovanissimo Roberto Mancini, alla caduta del Ponte Morandi e che inevitabilmente fa rivivere, con un punto di vista interno alla città, le giornate del G8
E’ un lavoro ambizioso che all’inizio può generare nel lettore un po’ di confusione, ma che poco alla volta affascina e cattura. L’autrice con grande generosità inventiva e descrittiva, senza moralismi e senza mai annoiare, pedina e racconta i personaggi ponendoli sempre di fronte a scelte e facendo affrontare loro ogni sorta di difficoltà.  Accanto i protagonisti, una costellazione di figure che attraversano le loro vite e che contribuiscono alla verità e alla vivacità  della narrazione.
Tra amori e lutti,  prostituzione e spaccio, scontri fisici e contrapposizioni etniche,  tradimenti e profonde amicizie, ciò che emerge nel racconto è quanto il desiderio di difendere la propria identità e quella del territorio assumano un rilievo determinante nel percorso delle vite.
Trovo che sia importante rilevare come una volta tanto, gli intrecci narrativi e la scrittura riescano a mantenere fede a una frase contenuta nel testo, che rispecchia bene lo spirito del racconto “ Era come lanciare una moneta, non potevi prevedere il verso”
E così, pagina dopo pagina, ti appassioni e ti affezioni ai personaggi e soprattutto all’ambiente dove sono vissuti
P.S. sono due interessanti letture, entrambe ampiamente sufficienti, di genere e stile molto diversi tra loro per cui di difficile comparazione. Anche le strutture ( forse é stato scelto volutamente il confronto ) li pone agli opposti, per quanto entrambi estremi: il primo romanzo racconta 35 anni, l’altro un giorno

Giannandrea Pecorelli

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Mi ha catturato e mai più mollato. Esperienza multisensoriale tra i carruggi. Ho temuto e sperato per i protagonisti, legati inesorabilmente a Zena. Giancarlo avrei voluto conoscerlo meglio. Magnifico il decimo compleanno che Tedesco festeggia con Lord Jim sull’adorata barchetta. Gli ultimi ci attraggono, li sfioriamo e torniamo alla nostra vita. I loro padri non ci sono più; le madri hanno rinunciato a loro; sono ragazzi soli sulla cattiva strada. I cani ascoltano in silenzio e attenuano il vuoto.
Dalla disperazione si intravede una speranza. Commozione, mai noia, la storia è bella, bella è la scrittura, belli i racconti all’interno del racconto.

Anna Maria Cannata

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La storia, brutale ma avvincente, è lunga un ventennio e racconta lo svezzamento alla vita di strada del piccolo "Tedesco" da parte del giovane "Pagano".

Le loro vicissitudini ci raccontano la realtà dei Carruggi genovesi a partire dall’epoca del "G8 di Genova" (2001) e fino al crollo del "Ponte Morandi" (2018).
Uno spaccato di come ancora oggi, come molto probabilmente è sempre avvenuto,  si reclutano e si cooptano le nuove leve del malcostume e della devianza, con la speranza che però... qualcuno si possa ravvedere.

Giovanna Marino

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Un romanzo di formazione duro, spigoloso, pieno di polvere, dolore e buchi neri in grado di risucchiare ogni cosa. Sfaccettato ma contemporaneamente monotematico.
La narrazione si concentra sul punto di vista di un ragazzino biondo con gli occhi blu conosciuto nei vicoli di Genova come Tedesco, e lo insegue dalla fine degli anni ‘80 fino al primo decennio del duemila. Ma la storia si dipana su un ventaglio molto più ampio di vite vissute al limite attraverso i suoi occhi. I fratelli grandi di strada, le donne, i modelli assenti, le pupille dilatate e il sangue sono le componenti di un cocktail micidiale che l’autrice immagina e costruisce grazie al racconto di un detenuto conosciuto nel carcere di Torino durante le ricerche per un documentario. Grazie a lui conoscerà davvero la Maddalena, Porta Siberia e il Castelletto. I Carruggi e tutti i sogni spezzati e mai sognati dove l’aria ha il profumo di salsedine e il cielo è di un blu introvabile altrove.
Lo stile è scattante e coinciso, i pensieri brevi e i dialoghi veloci aiutano ad entrare nelle atmosfere più cupe e le situazioni più spiazzanti. Sono giovani, ma sembrano aver già vissuto tre vite e in nessuna di queste la
fortuna era dalla loro. Entrano ed escono dai colleghi prima, dalle droghe crescendo e dal carcere dopo. Le poche figure femminili che compaiono sono tutte donne di vita, madri o giovani destinate a diventarlo, sono anche le figure con più oscurità dentro, piene di demoni a dominarle come se l’essere sottomesse a quello squallore e quegli uomini chiusi nelle loro ricerca del rispetto e inscatolate in quella vita predestinata le avesse trascinate in un inevitabile inferno in terra. Mi ha molto colpita la capacità dell’autrice di raccontare un mondo a cui si è affacciata solamente da ascoltatrice in maniera così lucida e credibile.
La parte che ho apprezzato meno è sicuramente il finale, che in maniera stonata chiude il cerchio con un salto di dieci anni, durante il crollo del Ponte Morandi.
Non sono riuscita a credere, purtroppo, al protagonista che senza spiegazioni si ritrova in un clima positivo e  pieno di speranza, con un futuro luminoso fatto di redenzione davanti a sé.

Ludovica Maccaferri

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Recensione di Sulla cattiva strada: Ho apprezzato l’arco di storia "genovese", in modo particolare sui fatti del 2001 contemporaneamente al G8 che si intreccia nella vita di Tedesco ed i suoi amici.

Alessandro Candiloro.

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In copertina, un tavolino con una pistola in primo piano; sullo sfondo, una porta finestra che si affaccia sul mare. Il titolo non può non rimandare ai versi di De Andrè. Genova, quindi. La luce all’orizzonte, il buio dei carruggi. Tedesco, Pagano, Lord Jim, Morango, Ethan e Jamila. Ragazzi dei vicoli abitano il labirinto di vite difficili, quelle ai margini di una città di mare, dove le madri spesso crescono figli del cui padre s’è perduta memoria, il quotidiano traffico di roba ai confini della legalità aiutano a tirare fio al giorno dopo. Un labirinto dove ci si perde, ma anche un labirinto che protegge. Trent’anni di vita di Tedesco, chiamato così per via dei suoi capelli color oro e dei suoi occhi azzurri. Trent’anni, tra amori tossici, il Pagano, pugile, che entra ed esce dal carcere, e gli altri, sempre tra fallimenti e qualche vittoria, ma sempre dal lato sbagliato della vita. E sempre, in sottofondo, Genova, Genova ferita dal sangue del G8 nel 2001, dalla tragica alluvione del 2014, dai 43 morti nel crollo del Ponte Morandi. Genova, dalla prigione del “Marasci” a quella solo un po’ più ampia dei vicoli. Sara Benedetti rielabora alcune sue esperienze per un documentario che ha sceneggiato nel carcere di Torino, reinventando storie di vite tenere e bastarde, ma dannatamente vere e reali, descritte con rara intensità.

Sergio Albertini

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Il romanzo è diviso in tre parti che evidenziano gli anni narrati dalla storia: dal 1988 al 2018.
Il protagonista è Tedesco, un bambino senza padre che cresce nei vicoli di Genova, i caruggi, fra furti, droga e delinquenza. La vita di Tedesco si intreccia con quella di altri personaggi come Pagano, Toso, Lord Jim, Lateef, Morango, ecc… ed il racconto diventa la descrizione dei rapporti che di volta in volta si creano fra di loro. Tutte le loro storie sono accomunate dalla sofferenza e dall’incapacità di abbandonare quel tipo di vita anche perché è il solo che hanno conosciuto.
Non c’è speranza, non esiste riscatto, inutile tentare di cambiare perché i caruggi non lasciano mai liberi coloro che lì nascono.
A fare da sfondo al romanzo la città di Genova, forse la vera protagonista, che viene descritta attraverso lo sguardo e le sensazioni riportate dai vari personaggi; i richiami a fatti di cronaca (G8, ponte Morandi) possono risultare artificiosi perché portano la scrittura da un piano poetico ad uno reale.

Gloria Balboni

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Sulla cattiva strada è raccontato nella città vecchia di Genova, già fatta diventare un mito dalle canzoni di De Andrè che  riecheggia fin dal titolo.  E’ una lunga narrazione corale, popolata di uomini eternamente ragazzi o di ragazzi costretti a diventare uomini anzitempo (le due cose mica son poi così distinte),  e di donne impastate di pazienza, tolleranza, fatalismo che si sanno far scivolare addosso tutti e tutto. L’autrice ne fa una saga cercando di contestualizzare con fatti realmente accaduti e noti a ogni lettore,  ma  ottiene qualcosa che pare un fondale dipinto davanti al quale si rappresenta immutabilmente lo stesso dramma: la cronaca non è nulla più che la scenografia, in fondo, per una recita un po’ convenzionale ma comunque coinvolgente.

Anna Mazzoleni

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Un libro vero.
È difficile non essere dalla parte di questi bulli violenti, emarginati dalla vita e senza prospettiva alcuna se non il collegio, il riformatorio, la prigione e la violenza, prede di sentimenti ferini, ma profondi.
Se l’autrice non ha vissuto in prima persona le vicende che narra nel libro, si capisce ugualmente che ha partecipato agli eventi per interposta persona di chi gliel’ha raccontati. Lei, di suo, ha di certo contribuito con empatia e completa immedesimazione.

Dario Mazzeo

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Mentre il titolo si rifà alla sonata "La cattiva strada" del paroliere De Andrè il contenuto e la scrittura rimandano più ai ritmi veloci  e testi irriverenti del rap di contestazione.
Genova è lo spartito  su cui si iscrivono le note di scampoli di vita di personaggi ai margini: Tedesco,
Pagano, Lord Jim, Morango, Ethan e Jamila. Genova è il mare, lo sconfinato.  Genova i suoi vicoli, stretti e bui, delimitati dai  carrubi.
Non ho trovato poesia o forse semplicemente non l’ho capita, schiacciata dal peso della brutalità delle storie e dei dialoghi.

Maura Cadei

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Il titolo del libro di Sara Benedetti , sulla cattiva strada, rievoca una canzone di De Andre’ e subito ti porta a Genova , nel quartiere della Maddalena . La storia di un gruppo di ragazzi nell’arco di un trentennio , ognuno con una esistenza complicata che intreccia le vite altrettanto difficili degli altri. In equilibrio tra il romanzo criminale è un romanzo di formazione è comunque un romanzo molto intenso , crudo e poetico al tempo stesso che attraversa le vicende genovesi . La Benedetti lascia ad ognuno la responsabilità della scelta di vita ma al tempo stesso evidenzia come a volte per alcuni non sia facile vedere le scelte che la vita pone e non può far altro che finire sulla cattiva strada .
Mi è piaciuto molto.

Enza Scotto d’Abusco

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Il libro è ambientato nei caruggi di Genova e racconta la storia di Tedesco, Morango, Lord Jim, Pagano, delle loro famiglie e dell’ambiente in cui vivono in un arco temporale di trent’anni dal 1998 al 2018.
La storia dei personaggi si incrocia con il racconto della mia città che muta e cresce, si rialza ed evolve.

Francesca Salvarezza

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Un discreto romanzo di formazione corale. La colonna sonora è quella della canzone di De André, riprende il senso della sua poetica, quella poesia che nasce dalla strada anche se cattiva! Ed è questa la melodia che mi ha accompagnato mentre leggevo il romanzo che ad essere sincera non mi ha coinvolto a pieno e non mi ha lasciato quella sensazione di vuoto, di solitudine quando l’ho terminato, quella domanda: ed ora che posso leggere per superare il trauma della fine???! L’idea è nobile se pensiamo che il  romanzo nasce da un’esperienza reale della scrittrice a contatto per mesi con i detenuti del carcere delle Vallette di Torino, ragazzi con una voglia di raccontarsi con la percezione che all’esterno di quelle sbarre la loro vita non interessi granché relegati in uno spazio di non detto. Il romanzo è anche il tentativo di raccontare una città, Genova, la sua storia che fa da sfondo alle storie dei fratelli di strada alle contraddizioni dei caruggi e all’umanità sbrindellata che li popola.
Ho trovato però il tutto un po’ monotono nonostante lo stile scattante e deciso e i dialoghi veloci. Delusa dal finale che chiude il cerchio con un salto di 10 anni forse solo per inserire la tragedia del crollo del ponte Morandi. I contesti storici della città non sono ben inseriti nel racconto dei protagonisti, come se fossero accennati tanto per e non perché realmente pertinenti nell’economia della struttura del romanzo.

Francesca Cammisecra

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Circolo dei lettori
di Milano 3 “La banda del book”
coordinato da Moira Maggi
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Romanzo di formazione che segue le vite stropicciate di un gruppo di vicolari attraverso un arco temporale e dalla fine degli anni Ottanta copre un trentennio. Una Genova polverosa e nera, quella dei Caruggi, piena di dolore e sogni spezzati. Ragazzi che pur vivendo in una città di mare, non l’hanno mai visto il mare. Lo spunto per la narrazione l’autrice lo ha colto dall’esperienza diretta con alcuni di questi giovani, incontrati in carcere in occasione della produzione di un documentario. Si sente l’influenza di De André, a partire dal titolo, che ne rappresenta un omaggio. Un racconto duro, ruvido e tagliente, con uno stile asciutto, ma monotono, e pur apprezzando l’idea, non mi ha coinvolta particolarmente.

Cristina Casanova

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Scrive Benedetti: Questo romanzo nasce così, dalla volontà di raccontare un luogo e quello che di sé ognuno può vederci perché, come canta De André, “c’è amore un po’ per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada”.
E quel raccontare un luogo e quello che di sé ognuno può vederci la Benedetti lo fa con un romanzo che ripercorre 30 anni di Genova, con le sue trasformazioni e gli eventi che l’hanno resa tristemente nota. È un romanzo di formazione e un romanzo corale: seguiamo la vita del protagonista (Tedesco) e di tutti i caruggiai che non fanno solo da sfondo ma vivono insieme a lui e sono la sua vera famiglia. Figlio di un padre mai conosciuto e di una prostituta, Tedesco in uno dei primi capitoli supera l’apprendistato criminale tra i vicoli della Maddalena. Vicoli (o dovrei dire caruggi) che rappresentano un porto sicuro nelle difficili vite dei protagonisti, fatte di madri abbandonate, di padri assenti o inesistenti, di grandi o piccoli traffici, di sogni che non decollano, di amori sofferti che finiscono (come tutto del resto) sempre sulla cattiva strada. Dove c’è tanta umanità. Quella fatta di dolore, violenza, morte ma anche amicizia e vicinanza.
Ai personaggi ci si affeziona in fretta. Tedesco, Pagano, Ethan, Morango, Lateef, Jamila, Lord Jim… sembra quasi di conoscerli, di vederli già protagonisti di una serie su Netflix. Tutti outsider che vivono di furti, spaccio, combattimenti e minacce. Sono fratelli di strada e questo implica amicizia (quella vera), rispetto, coprirsi le spalle, aiutare ed essere aiutati. Ed è sempre una ruota che gira. Sì, perché prima o poi qualcuno in carcere ci finisce, e magari prima ancora in collegio e in comunità.
Del romanzo ho apprezzato il realismo e l’aver evitato un finale di redenzione. Persino Tedesco, che sembra aver trovato pace, in verità è insoddisfatto. Perché l’amore è un legame e lui non può legarsi a nessuno. Solo alla sua città. L’autrice mantiene un realismo che evita l’effetto emotivo o lacrimoso. Non accusa e non difende né i protagonisti né le loro azioni. Ce li racconta e descrive, insieme a tutte quelle occasioni perse di opporsi a un destino che li fa nascere in un ambiente dal quale non riusciranno mai ad allontanarsi.
“Tu che farai da grande?” gli chiese lei.
A Tedesco sembrò una domanda strana, nei vicoli nessuno la faceva a nessuno, tanto meno a se stesso, perché nei vicoli lo sapevi già. Quello che facevi da piccolo – furti, rapine, spaccio – ma su larga scala, se eri in gamba.

Moira Maggi

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Indubbiamente la scrittura è matura, sicura ed originale. Lo sviluppo delle vicende è lento ed il soggetto, forse troppo  maschile, non riesce personalmente a coinvolgermi.

Silvana Paolillo

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Un libro coraggioso, a partire dalla premessa dell’autrice che ci avverte di non essere genovese ma di aver deciso di raccontare una storia tipicamente maschile ambientata proprio a Genova. La spiegazione è nei titoli di coda.
Chiaramente ispirato alle ballate di Fabrizio de Andrè, quelle che raccontano la vita di chi abita la strada, vive di espedienti, vagheggia un lontano futuro irraggiungibile eppure è ricco di umanità almeno quanto i benpensanti, sulla cattiva strada è un romanzo di formazione collettivo. Racconta un gruppo di ragazzini cresciuti in famiglie marginali, o addirittura senza famiglia, secondo i codici della strada, imparati dai “grandi”, buoni o cattivi maestri, a seconda dei punti di vista. Sono vite il cui destino sembra essere già tracciato, eppure sono piene di sogni, di gioia di vivere, di amore e fratellanza reciproca.
Tra tutti emerge la figura di Tedesco, ragazzino educato dalla banda dei carrugi, Pagano il pugile mancato che gli insegna a combattere e Lord Jim l’intellettuale che gli insegna la letteratura. Tedesco che vive di furti e spaccio ed è innamorato da sempre di Morango, l’unica ragazzina della banda, che però sta con l’amico Lateef. Tedesco che finirà in carcere, tradito da Lord Jim, troppo ingenuo e idealista per capire l’importanza delle regole del gioco.
Mi è piaciuta moltissimo la scrittura di Benedetti, mai pietistica, mai moralista, eppure piena di emozione ed empatia. Affascinante la sua capacità di concludere ogni capitolo con una notazione a effetto che trascina il lettore nel capitolo successivo, per non abbandonare i personaggi, Genova, la storia, le vite che contiene. Mai tra le pagine Tedesco e i suoi amici ci appaiono eroici, anzi Benedetti ci fa costantemente percepire la tragicità insita in una condizione di vita predestinata, senza scampo, senza possibilità di scelta.
Ma una speranza alla fine appare, proprio da quel carcere che siamo abituati a considerare luogo di punizione e che qui ci appare invece come luogo possibile di redenzione, di costruzione di una vita alternativa. Nella nota finale Benedetti rivela che l’ispirazione del libro è proprio un ragazzo di Genova conosciuto lavorando all’interno del carcere delle Molinette di Torino.  Grazie a lui Benedetti ha conosciuto Genova, vissuto i suoi vicoli, incontrato la gente del quartiere Maddalena dove è ambientato il romanzo. La scrittura ci restituisce il suo mondo fatto di realtà e personaggi inventati, credibili quanto gli originali, dando voce, come Fabrizio de Andrè, a chi la propria storia riesce raramente a farla conoscere.

Cristina Ruggieri