< Teatri di guerra contemporanei di  Giorgio Bianchi (Mimesis)

Qui di seguito le recensioni di TeatriDiGuerraContemporanei raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Originale racconto dì esperienza vissuta sui campi di crisi: immagini e racconti che parlano soprattutto dì persone prima che dì scenari globali e situazioni complessive. Molto interessante e profondo, più dì un reportage o un saggio su conflitti specifici. Mi ha colpito molto.

Renzo Iorio

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Il libro è impressionante, racconta la vita delle persone nella guerra con passione e maestria. Il testo e le immagini si legano con naturalezza, il risultato è un lavoro di grande forza.

Laura Bontempi

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"teatri di guerra contemporanei" di Giorgio Bianchi è una documentazione di fotografie e parole sui conflitti di Siria e Donbass, così articolata: -Kiev 2014-Donbass 2015 2020- Siria 2016 2020. E’ la testimonianza di una realtà brutale ma, è anche l’ esito di un punto di vista, di un "angolo di ripresa dei fatti", che Bianchi propone al suo pubblico per offrirgli la possibilità di ricerche più approfondite. Tra le inquietanti immagini di guerra si staccano, con effetto straniante, le fotografie del Teatro dell’ Opera e del Balletto di Donetsk che ha continuato a mettere in scena spettacoli a poca distanza dal fuoco del teatro di guerra, e la fotografia di George, sarto nel villaggio di Al-Suqaylabiayah con un centimetro a nastro attorno al collo e le mani posate sulla stoffa; quelle stesse mani che, quando occorre, si posano sul fucile di volontario nella postazione che comanda per difendere il suo villaggio e la sua famiglia. Accanto al desiderio di vivere in pace convive tristemente la possibilità della guerra. Le parole di Bianchi su Donbass 2014 sono una profezia avveratasi in questi mesi dell’ anno 2022. "L’ Ucraina è una tragedia enorme e un allarme per tutti gli uomini, abituati a credere che la pace, il benessere e la convivenza siano per sempre".

Alba Coronzu

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Due terzi del libro sono dedicati ai viaggi in Ucraina compiuti negli anni (2014-2020), durante i quali l’autore osserva l’evoluzione del conflitto interno tra l’esercito governativo e i separatisti filorussi. La parte restante è dedicata alla guerra siriana, osservata in una fase diversa da quella ucraina che l’autore definisce “il lento ritorno alla vita”. Anche questo secondo teatro di guerra vede coinvolta la Russia con-tro gli Usa.
I due teatri di guerra prendono corpo dalle descrizioni del contesto in cui, di volta in volta, l’autore si viene a trovare e dagli incontri con i vari personaggi con i quali entra in contatto.
La lettura è scorrevole grazie a uno stile piuttosto immediato, senza tanta punteggiatura e con un buon dosaggio di periodi corti e di periodi lunghi. La scrittura è piuttosto funzionale al secondo linguaggio presente nel libro: quello fotografico. Il risultato è una buona e dignitosa miscela e il confitto attuale ha giocato un ruolo piuttosto importante nel rendere interessante il libro.

SAVERIO CACOPARDI

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Un reportage sulla guerra in Siria e in ucraina meraviglioso. La guerra raccontata con immagini emozionanti accompagnate da un racconto semplice e onesto. Le storie che racconta sono commoventi e d’incredibile impatto facilitando (anche per gli eventi che stanno accadendo ora) la partecipazione del lettore.

Leonardo Gregori

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Più attuale che mai, bellissime foto accompagnate da testi che ben descrivono le realtà raffigurate, molte delle quali ben poco conosciute

Nicoletta Losano

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Il libro riesce a ben integrare la parte fotografica con i racconti di guerra. Le immagini non sono didascaliche ma trasmettono a chi le guarda le sensazioni provate dal fotografo nel momento in cui ha scattato le foto ma anche le sensazioni provate dai soggetti creando una vera fusione tra chi guarda, chi scatta e chi viene ripreso.

Silvia Lena

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Teatri di guerra contemporanei. Un reportage fotografico di Giorgio Bianchi è il resoconto dei servizi fotografici svolti nei luoghi che sono stati teatri di guerra in Ucraina e Siria negli anni 2015-2020 da Giorgio Bianchi, fotogiornalista, documentarista e blogger italiano e sintetizza l’impegno profuso dall’autore nel restituire al pubblico l’atmosfera che da fotografo ha percepito in quel particolare momento.
Ciò comporta non solo trovare lo scatto perfetto per documentare la tragica realtà di una guerra, ma soprattutto partecipare alla vita, alla dura realtà dei protagonisti delle immagini. Quei protagonisti, che tranne pochissimi casi, hanno un nome, indicano la relazione di intimità e di condivisione raggiunta tramite l’immagine e il testo che amplia ed esplicita nella narrazione la storia dei personaggi. Come non dimenticare la storia di Alina e Julia, ballerine professioniste del Teatro dell’Opera di Donetsk o l’intimità di Spartaco e Liza in una delle rare licenze del militare. O Sasha, il minatore non vedente, con la figlia Lera che ogni giorno lo va a prendere alla miniera. Oppure le immagini di desolazione e distruzione della città di Deir-el-Zor in Siria che evidenziano come in fondo tutte le guerre si assomigliano. Senza esprimere giudizi ma facendo parlare le foto, Giorgio Bianchi lascia che siano esse a testimoniare la triste realtà di questi tempi.

Luigi Binello

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LUOGHI SOSPESI NELLO SPAZIO E NEL TEMPO
L’autore è un fotoreporter, da zone di guerra, che ci racconta la sua esperienza in Siria e nel Donbass. Due territori a noi molto vicini, nello spazio e nel tempo, che sono non luoghi, sospesi nello spazio e nel tempo. Motivo per cui ho trovato questa narrazione particolarmente attuale ed anche efficace. Una fotografia è un frammento di realtà che può diventare memoria condivisa. Può parlare da sola ma, se raccontata e spiegata, ci offre spaccati di vita maggiori, perché dentro a quella fotografia ritroviamo l’anima di chi l’ha scattata e non solo l’istante che è stato congelato nel tempo. Ho trovato particolarmente toccante il racconto della vicenda di Andrej, che mi ha colpito per l’importanza del prima e del dopo quando avviene un cambiamento irreversibile che stende una patina difficile da descrivere, ed il racconto del minatore cieco e della figlia con l’abito bianco, che ha catturato la mia attenzione per il contrasto fra le due figure e per l’importanza, per un fotografo, di addentrarsi nella realtà, per capirla, per viverla e per coglierne l’essenza. Perché un vero fotografo non è solo uno spettatore.

Marika Pelizzari

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Libro efficacemente strutturato dove le immagini non sono mai di semplice corredo, ma spiegano il testo formando un un racconto a parte , la rappresentazione drammatico dei teatri di guerra ..

Alberto De Giorgi

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Libro bello e interessante che affianca al reportage fotografico una parte testuale a completamento di informazione. Foto belle, ma che personalmente ritengo non avrebbero avuto lo stesso impatto emozionale senza la presenza della parte testuale. Testo che però, messo a confronto con l’altro libro in gara, soffre sotto il punto di vista narrativo. Questo il motivo principale per il quale non riceve la mia preferenza: testo debole e foto che "da sole" non sostengono il libro nella gara del torneo. Felice comunque di aver avuto modo di leggere e conoscere questo libro.

Fabio Pasotto

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Bel reportage fotografico, toccanti le storie delle persone che , per scelta o necessità, non lasciano la propria terra seppur martoriata dalla guerra. Molti spunti di riflessione sull’orrore della guerra. La descrizione della trasformazione causata dalla guerra dei paesaggi e delle linee di fronte è molto efficace e interessante. L’autore, però, spesso manca di chiarezza nei racconti e nei suoi punti di vista e quando li intuisco a volte non li condivido. Questo ha lasciato un’ombra sulla lettura.

Marta Di Mario

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Lettere da Guantanamo é un libro profondo che ti scava dentro nell’anima, facendoti porre interrogativi e fornendoti un punto di vista che pochi considerano: Quello dei carcerati le loro storie di umiliazione e tortura senza condanna dei responsabili. vicende che si leggono ancora nei volti delle fotografie, dai racconti dei parenti e dalle parole di chi é riuscito ad uscire da quel carcere con traumi irreparabili ma con una forte voglia di riscatto e con il desiderio di una nuova vita dopo anni bui.
Ho avuto difficoltà a scegliere un libro tra i due ma scelgo questo perché rompe il tabù sul carcere di Guantanamo e ci sbatte in faccia tutta la cruda verità taciuta per anni. Il bisogno di far conciliare i diritti umani con la lotta al terrorismo e la speranza dell’autore che forse un giorno questo carcere con tutti i suoi segreti venga finalmente chiuso restituendo ai detenuti, di nuovo un umanità che non dovrebbe mai essere negata a nessuno.

Teatri di guerra contemporanei é un libro che colpisce sia per la scelta dei racconti e sia per le fotografie che accompagnano gli stessi.
Un viaggio in prima persona che coinvolge, noi lettori cosi estranei a questi conflitti nel tentativo di farci comprendere cosa significhi per le persone coinvolte affrontare ogni giorno una guerra: Proponendoci vari volti e diversi punti di vista ma tutti accumunati da una ricerca seppur nella tragedia di una parvenza di normalità e di umanità. Ho percepito un restiamo umani scritto a caratteri cubitali.

Luca Dordoni

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Guerre contemporanee
La guerra è un argomento difficile da trattare e l’autore ci spiega, con grande sensibilità, perché.
In questo momento storico di grande confusione mondiale, un libro decisamente interessante da leggere, in grado di fare riflettere sul perché delle guerre e sulle loro terribili conseguenze.
Le foto sono tristemente belle e spingono alla meditazione, risvegliando le nostre sensibilità.

Stefania Dente

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Un reportage di guerra, testimonianza diretta di luoghi di combattimento degli ultimi anni. Contiene immagini sorprendenti, tutte formalmente molto belle che riescono ad evocare quelle situazioni. Con estremo rispetto; senza indugiare in crudeltà, senza catturare nulla di lesivo della dignità di persone già tanto provate: ma funzionano eccome. "Con il passare del tempo mi rendo sempre più
conto che il lavoro di fotoreporter alla fine ti lascia
dentro più domande che risposte.", scrive l’autore, ma per osmosi lo stesso vale anche per il lettore.

Anna Mazzoleni

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E’ un racconto, vissuto in prima persona e fra mille difficoltà, nel quale Giorgio Bianchi, alle parole ha affiancato immagini descrittive di quanto accade in teatri di guerra in diverse parti del mondo.
Normalmente le immagini dovrebbero parlare da sole descrivendo lo stato d’animo sia di chi fotografa, sia di chi (o cosa) si sta fotografando. Dier lo chiamava "L’infinito istante".
Giorgio Bianchi ci riesce bene, a mio parere, quando fotografa momenti normali in uno scenario apocalittico, come nella fotografia del padre con il bimbo per mano che stanno attraversando una strada dove nulla è più come prima, tutto distrutto, ammassi di macerie e case sventrate li accompagnano, oppure, nella fotografia di una famiglia che pranza, in un’atmosfera irreale, seduta intorno a un tavolo che è l’unica cosa rimasta in piedi nella loro casa. Mi piacciono meno le fotografie dove la bellezza formale della foto prevale su ciò che dovrebbe raccontare. 

Ettore Infanti

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Per quanto riguarda il testo "teatri di guerra contemporanei" non l’ho preferito soltanto perchè in questo momento preferisco osservare foto di guerra su altri canali...non me ne voglia l’autore.

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Per quanto riguarda il testo "teatri di guerra contemporanei" non l’ho preferito soltanto perchè in questo momento preferisco osservare foto di guerra su altri canali...non me ne voglia l’autore.

Luigi d’Alauro