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All’inizio la scelta del formato domanda-risposta mi ha incuriosito, ma proseguendo nella lettura è diventata difficile da seguire e non mi ha permesso di empatizzare con la protagonista. Ho preferito la seconda parte, solo narrativa, soprattutto nei momenti in cui il racconto della madre andava a integrare e contraddire l’esperienza vissuta dalla figlia
Irene Fissore
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Patrizia Bravetti
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Questo libro ha tre prefazioni, nel leggere le varie parti si comprende che è nato da un incontro tra amici che hanno voluto darne testimonianza sotto tutti i rispettivi punti di vista. Una volta finito ho concluso di aver letto una lunga intervista ed un lungo diario, essendo così stata messa al corrente non solo delle tragiche esperienze vissute dalle protagoniste durante la seconda guerra mondiale e lo sterminio degli ebrei, ma anche e soprattutto delle loro scelte personali.
In questo modo, in conclusione, ho letto il racconto della vita di due donne vissute in un periodo e in un ambiente in cui, per quanto intraprendenti e capaci, alle donne era ancora riservata la fondamentale presenza di un uomo come caratteristica per una vita risolta.
Silvana Gasperi
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Una storia famigliare: madre e figlia raccontano, in interviste fatte in tempi diversi, la loro vita, ricca di incontri e di intrecci tra mariti, figli, amici… Ci si perde, e si cerca un interesse nelle vicende di due donne ebree che, vissute negli anni della Shoah, ne sono rimaste ai margini, l’una rinnegando la propria identità, l’altra non conoscendola affatto fino all’adolescenza.
Apprezzabile la postfazione di Gianpaolo Anderlini che giustifica il racconto riempiendolo di significati e motivazioni profonde che si fatica a leggere nelle narrazioni. Non basta essere ebrei per diventare interessanti.
Valeria Boscolo