< Tre gocce d’acqua di  Valentina D’Urbano (Mondadori)

Qui di seguito le recensioni di TreGocceDAcqua raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Molto bello, coinvolgente fin dalle prime pagine, non conoscevo questa scrittrice ed è stata una piacevole scoperta. Questi tre ragazzi, legati tra loro da un legame che va oltre essere fratelli, conquistano il lettore, la loro è una storia che ti rimane dentro.

Maddalena Vaccher

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Ci sono libri che ti fanno pensare e libri che non ti fanno pensare. Tre gocce d’acqua appartiene a questa seconda categoria. Un libro carino e ben scritto come altri di Valentina d’Urbano che ho apprezzato ma che mi lasciano solo il ricordo di una bella lettura rilassante. È vero che sullo sfondo di questa storia di legame tra tre "fratelli" c’è la Siria, la voglia di Pietro di fare qualcosa di concreto ma è solo ciò che si scrive per dare un senso alla storia. Io personalmente dalla lettura cerco altro.

Tiziana Coccia

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Purtroppo Tre gocce d’acqua è un libro lungo e non sono riuscita a finirlo ma mi ha emozionato. L’intreccio è ben fatto: pur non rivelando la storia nei primi capitoli, permette di comprendere il necessario senza creare disagio o confusione. La protagonista non è un personaggio scontato, e per quello che ho potuto vedere non si tratta di una storia edificante ma ha crudezze e tenerezze insieme. Mi piacerebbe avere acquistato un libro così, il mio voto è un 8 ma resta una valutazione aperta in attesa di arrivare in fondo alla lettura.

Carola Faelli

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Una narrazione coinvolgente e profonda del relazioni umane, unita a rimandi di storia contemporanea.
Ho apprezzato molto il linguaggio scorrevole, ma non banale.

Elena Cappai

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Scrittura pulita e semplice, storia intensa che coinvolge ed emoziona e ti trascina fin dalle prime pagine

Emanuela

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L’incipit è molto accattivante, fa venire voglia di continuare la lettura. I personaggi si scoprono piano piano, non viene spiegato tutto subito.

Lucia Tradii

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Avevo già sentito parlare di questo libro e avevo voglia di leggerlo. Non ha soddisfatto le mie aspettative ma mi è piaciuto di più rispetto all’altro per la storia nel complesso più coinvolgente , i personaggi ben caratterizzati e le dinamiche familiari interessanti.

Angela Fontana

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Rapallo “Amici del libro”
coordinato da Mariabianca Barberis
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Con stile scorrevole e coinvolgente Valentina D’Urbano presenta una storia che lascia il segno. Attraverso il racconto della protagonista, affetta da una rara malattia alle ossa, viviamo non solo le sue ansie, le sue paure, i suoi desideri, le sue sofferenze, ma anche le vicende degli altri componenti della famiglia “allargata” in cui vivono le tre gocce d’acqua. Guerre lontane, dolori, gioie non sono circoscritti in posto preciso, ma albergano ovunque nei cuori e nelle vite di tutti noi.

Martoscia Filomena

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Circolo dei lettori
di Grottaferrata “Un libro al mese della biblioteca comunale”
coordinato da Lucia Zenobi e Cinzia Silvagni
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Che bel libro..!!! La scrittrice,così giovane e così brava !! Mi ha tenuta incollata alla lettura fino alla fine.
La storia di tre fratelli,di cui i due maschi hanno la stessa madre,mentre la femmina ha in comune con un maschio il padre.  Ci sono tutte le problematiche delle famiglie allargate. Si lo so è stato un po’ difficile da capire..all’inizio. Si delinea subito la gelosia fortissima tra la ragazza e l’altro maschio(fra di loro non c’è nessun legame di sangue) verso il fratello più grande,.cercano di contendersi l’affetto di Pietro...questo è il suo nome.Egli diventerà professore universitario, si appassionera’ tanto alla storia del popolo curdo,da partire e combattere, morendo per loro. Celeste, questo è il nome della ragazza,ha un malattia importante delle ossa,sono cave e facili a rompersi. La storia prosegue con gli amori di Celeste (pochi) e di Nadir (molti),finché dopo essersi più volte "annusati",forse per convenzioni sociali,o per motivi che mi sfuggono,sono convinti che non possono stare insieme. Riusciranno solo alla fine,dopo la grande sofferenza per la morte di Pietro,a decidere che il loro amore può uscire alla luce del sole.

Donatella Mambrini

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Libro letto tutto d’un fiato.
Bello, contorto, violento, attuale, sognatore, intrigante, disperato….e si potrebbe continuare così per molto. Protagonisti questi tre strani fratelli di due famiglie allargate che prima non si conoscono, poi si vedono, si annusano, si scannano, si cercano. Si confrontano e si amano a due a due ma la loro forza è il tre. Scritto bene, senza fronzoli, pieno di sogni passati con il sangue dal padre ai figli ma ingigantiti e resi determinati ed incrollabili dall’ambiente in cui vivono e dalle conoscenze che i tre fanno.
La più fragile fisicamente, Riccio di mare, è comunque il punto di agglomerazione dei sentimenti degli altri due e di tutto il racconto; Paolo coltissimo, sognatore,pianificatore e protettivo e Nadir, la vera forza catalizzante del trio,  sempre calato in esperienze al limite dell’accettabile, completano le tre gocce d’acqua. Non solo i caratteri somatici li accomunano ma anche la richiesta di giustizia e la fortissima determinazione a realizzare i sogni. Predomina la gelosia e il possesso; una miscela esplosiva che fortunatamente lascia, alla fine, lo spazio all’amore.
Da non perdere

Vincenzo Parma

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Grandi lettori
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Ho scelto il romanzo Tre Gocce d’Acqua perché ne ho preferito lo stile e la caratterizzazione dei personaggi. Ritengo che non sia semplice scrivere in prima persona singolare e plurale e credo che l’autrice sia riuscita in questo. Ho trovato la sua scrittura pulita, chiara ed asciutta, senza alcun bisogno di esagerazioni. Sono riuscita a figurare bene nella mia immaginazione i personaggi della storia e i luoghi in cui si svolge, perciò ho apprezzato la capacità descrittiva dell’autrice. Non è comunque un romanzo da cui sono rimasta folgorata, ma l’ho trovato una piacevole lettura estiva.

Chiara Munerato

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Un romanzo che mi ha appassionato fin dalle prime pagine. È la storia del rapporto tra Celeste, Pietro e Nadir, rispettivamente sorellastra di Pietro che, a sua volta, lo è di Nadir. Tra loro si crea un legame che va oltre la reale natura della parentela:  una sintonia ancestrale e profonda, che si esprime infine in un amore contrastato e mai dichiarato tra Nadir e Celeste. Presente, costantemente, il tema di una malattia che rimanda alla fragilità, nella sua stessa definizione “popolare”: la malattia delle ossa di vetro, di cui soffre Celeste. Sullo sfondo, la grande storia mondiale: la primavera araba, la guerra siriana, la questione curda. I due filoni narrativi si intrecciano senza creare giustapposizioni, in perfetta armonia, grazie alla scrittura intelligente dell’autrice. Un bel libro!

Renata Enzo

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Ho scelto il romanzo Tre Gocce d’Acqua perché ne ho preferito lo stile e la caratterizzazione dei personaggi. Ritengo che non sia semplice scrivere in prima persona singolare e plurale e credo che l’autrice sia riuscita in questo. Ho trovato la sua scrittura pulita, chiara ed asciutta, senza alcun bisogno di esagerazioni. Sono riuscita a figurare bene nella mia immaginazione i personaggi della storia e i luoghi in cui si svolge, perciò ho apprezzato la capacità descrittiva dell’autrice. Non è comunque un romanzo da cui sono rimasta folgorata, ma l’ho trovato una piacevole lettura estiva.

Chiara Munerato

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È un romanzo denso, una storia di legami complessi tra 3 ragazzi che sono diversamente imparentati tra loro. Celeste è la narratrice in prima persona, ragazza affetta da una patologia ossea che comporta frequenti fratture, Pietro è il fratellastro di Celeste e poi c’è Nadir, fratello di Pietro .
Tra i 3 personaggi nasce un rapporto totalizzante il cui fulcro è Pietro mentre  Celeste e Nadir intrecciano un legame che nasce inizialmente dalla gelosia per Pietro e poi si sviluppa verso altra direzione.
In questo si innesta la politica, che porta Pietro a compiere una scelta drastica che divide i tre fratelli.
Scrittura anche emozionante ma secondo me troppo materiale : la malattia di Celeste, i rapporti familiari, il rapporto con Nadir, la scelta politica.
Tutto un po’ troppo.

Agostina Baudone

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“Tre gocce d’acqua”di Valentina D’Urbano mi è piaciuto tantissimo perché è un romanzo raccontato in prima persona sotto forma di lunghi flashback che costruiscono un clima di attesa e invogliano a voltare pagina per scoprire cosa succederà ai tre protagonisti che fanno parte di una “famiglia allargata”, tenuta insieme da legami molto profondi. E proprio i tre protagonisti costituiscono il punto di forza del romanzo: è veramente difficile non affezionarsi. Inoltre nel libro vengono affrontate, in modo non superficiale, tematiche impegnative, come per esempio il disagio di soffrire di una malattia rara e la guerra in Siria.

Maria Teresa Gaiaschi

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Il romanzo è ben scritto e accattivante. Ambientato nella Roma contemporanea si muove lungo il filo narrativo intimistico di una donna che si racconta riprendendo la Ginsburg su alcuni aspetti stilistici. Il linguaggio è asciutto e i personaggi principali convincenti, nel complesso. Un limite è il ritmo narrativo a tratti lungo e didascalico così come una stile poco incline all’autoironia e molto autoreferenziale con poca attenzione all’aspetto corale del racconto. La trama a volte sembra quasi stiracchiata e non invoglia a continuare la lettura.

Marco Montanari

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Un libro che si lascia leggere in modo semplice e chiaro. È una lettura piacevole :affronta problematiche molto serie ed importanti con delicatezza senza essere scontato. I tre personaggi, ognuno con il proprio bagaglio, ci accompagnano attraverso un viaggio, che poi è la vita, carico di speranza, amore, amicizia, complicità, dolore, felicità, forza, determinazione. Il lettore si immerge nello scenario e vive insieme ai personaggi momenti altalenanti tra assoluta felicità appagatezza e dolore estremo perdita.


Monica Bellante

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Un romanzo gradevole e scorrevole, ma un pò troppo incentrato su temi romantici e nostalgici per i miei personalissimi gusti. Più adatto a dei lettori giovani, nonostante inizialmente la storia sembri andare in un verso durante lettura ci si rende conto andare in tutt’altro.
Infatti, anche se in apertura ci si concentra molto sul tema del lutto e la perdita improvvisa di un familiare, le vicissitudini in realtà ruotano tutte intorno all’amore che lega Celeste e Nadir, una coppia di ragazzini, a Pietro, fratello più grande di dieci anni, con cui condividono madre lui e padre lei. I capitoli spaziano facendo salti temporali e approfondendo sempre più l’unione "morbosa" e "amorosa” che c’è tra i due giovani durante la crescita e il loro strettissimo rapporto con il maggiore, sempre pronto a riparare le crepe.
Attraverso il punto di vista di Celeste, la protagonista, affrontiamo la dura scoperta durante l’infanzia della sua malattia rara e la convivenza che con gli anni impara a farne. La accompagniamo durante le sue prime esperienze da adulta, le sue scoperte e le sue delusioni.
Potremmo definirlo un misto tra YA, un romance e un romanzo di formazione. Lo stile è diretto e di facile lettura, poco ricercato e adatto agli argomenti trattati.
Non mi sono affezionata ai personaggi né appassionata alle vicende, l’ho trovato leggermente scontato in alcuni punti sopratutto verso il finale, risulta comunque una lettura piacevole.

Ludovica Maccaferri

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Grandi lettori
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Celeste e Nadir non sono fratelli, non sono nemmeno parenti, non hanno una goccia di sangue in comune, eppure ciò che li lega indissolubilmente  è Pietro, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre. Pietro, più grande di loro di quasi dieci anni, si divide tra le due famiglie ed entrambi i fratellini stravedono per lui. Celeste è con lui quando cade per la prima volta e, con un innocuo saltello dallo scivolo, si frattura un piede. Pochi mesi dopo è la volta di due dita, e poi di un polso. A otto anni scopre così di avere una rara malattia genetica che rende le sue ossa fragili come vetro: un piccolo urto, uno spigolo, persino un abbraccio troppo stretto sono sufficienti a spezzarla. Ma a sconvolgere Celeste sta per arrivare una seconda calamità: l’incontro con Nadir, il fratello di suo fratello, che finora per lei è stato solo un nome, uno sconosciuto. Nadir è brutto, ruvido, indomabile, ha durezze che sembrano fatte apposta per ferirla. Tra i due bambini si scatena una gelosia feroce, una gara selvaggia per conquistare l’amore del fratello, che preso com’è dai suoi studi e dalla politica riserva loro un affetto distratto. Celeste capisce subito che Nadir è una minaccia, ma non può immaginare che quell’ostilità, crescendo, si trasformerà in una strana forma di attrazione e dipendenza reciproca, un legame  amoroso che dominerà le loro vite per i venticinque anni successivi. E quando Pietro, il loro primo amore, l’asse attorno a cui le loro vite continuano a ruotare, parte per uno dei suoi viaggi in Siria e muore, la precaria architettura del loro rapporto rischia di crollare una volta per tutte.
Interessante racconto, ricco di sfumature psicologiche, che inducono a serie riflessioni; scrittura morbida, con punte di asprezza improvvise, alla M. Mazzantini per intenderci o ai tratti di Zerocalcare, e una sottile vena di irriducibile amarezza, nonostante un happy end non scontato.

Claudio Facco

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Una lunga storia d’amore tra la protagonista Celeste e Nadir. Intreccio amoroso che parte dall’infanzia per trovare l’epilogo, lieto fine, nell’età adulta. Il carattere psicologico della protagonista e la sua vicenda sentimentale non mancano di profondità, più superficiali i caratteri degli altri personaggi che si intrecciano nel corso della storia. In particolare di Pietro, fratellastro di entrambi i protagonisti che riveste il ruolo di “fata madrina”, il buono, l’aiutante sempre presente che risolve le vicende più complicate e conflittuali. Il suo sacrificio, la sua morte per difendere un popolo oppresso, consentirà ai protagonisti di dichiarare al mondo e concretizzare il loro amore.

Giovanna Zauli

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Tre gocce d’acqua è un lungo, ma proprio lungo romanzo che racconta di una relazione complessa  e ossessiva tra fratelli/quasi fratelli/fratelli per niente. Bisogna riconoscere all’autrice un certo garbo, un senso della misura nel maneggiare il tema quando oggettivamente diventa scabroso: però quanto ci gira intorno, e quanto la tira lunga: quasi quattrocento pagine mi sono sembrate un brodo un po’ troppo acquoso.  Non so se pure le ripetizioni evidenti siano una scelta stilistica per sottolineare l’elemento ossessivo, ma dopo aver letto enne volte di qualcuno che pone la sua testa "nell’incavo del collo" si finisce per alzare gli occhi al cielo e per dire ma anche basta.

Anna Mazzoleni

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Raccomando la lettura di questo romanzo. La scrittura è ipnotica. Sono arrivata all’ultima pagina, come alla fine di una corsa sui seggiolini volanti con un senso di vertigine per i salti nel vuoto
nei vortici emozionali dei protagonisti e con il  dispiacere di aver esaurito i biglietti per un altro giro.

Maura Cadei

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Un romanzo avvincente che ti coinvolge sin dalle prime pagine,caratterizzato da uno stile lineare, che scava nell’animo dei tre protagonisti legati da un vincolo indissolubile, complicato e contraddittorio. Un romanzo che scruta la fragilità dell’animo umano, che indaga sulle cause dell’invincibilità di certi legami, talmente speciali e clandestini da sfuggire ad ogni definizione.   Nadir e Celeste non sono fratelli, quindi nessun legame di sangue li lega, hanno, però, in comune un fratello,Pietro, più grande di loro, che si divide fra due famiglie:entrambi i fratelli se lo contendono, litigano ferocemente per essere al primo posto nel suo cuore, ma lui é troppo preso dai suoi studi, dalla sua passione politica da potersi dedicare a loro. La malattia di Celeste, scoperta a seguito di una banale caduta, la pone in una posizione di vantaggio rispetto a Nadir, un tipo ruvido, ostile, che non perde occasione per deriderla. Eppure, nonostante queste premesse, fra i due nascerà un rapporto vischioso, che dominerà le loro vite per i venticinque anni successivi, anche quando Pietro partirà per uno dei suoi viaggi in Siria senza fare più ritorno. L’autrice scandaglia con grande sensibilità e garbo i moti dell’anima: il dolore di Celeste che affronta una malattia gravemente invalidante, accomuna i lettori che hanno alle spalle un percorso analogo: é la sofferenza a rendere universale il linguaggio.

Gabriella Tiralongo

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"Tutti si muore soli" è un classico giallo ma con caratteristiche a sé che lo rendono più godibile rispetto al tipico poliziesco. Il protagonista Veneruso è un commissario DOC: solo, diffidente, polemico ma dall’occhio lucido e attento. L’ambientazione nella Napoli post-unitaria è realistica, i personaggi secondari sono vividi e credibili. La storia si srotola nell’arco di una giornata e alla fine rivela una circolarità che rende il finale conclusivo e intenso, anche se un po’ prevedibile. Una nota di merito va al personaggio del bibliotecario, il signor Guerrieri, le cui dissertazioni linguistiche sono la chicca che non ti aspetti.

Chiara Dragone

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Concavi  e convessi, vuoti e pieni, come le ossa fragilissime di Celeste, come il sentimento che unisce i tre protagonisti.
Un equilibrio perfetto per la sua stessa imperfezione, una trama articolata con personaggi ricchi di un sentimento non definibile come il loro rapporto di parentela.
Tre gocce di una stessa acqua salata o dolce a seconda del momento, dell’occasione.
Una storia pronta per essere banalizzata in una fiction, questo, forse e purtroppo, il limite di questo romanzo.
Considerazioni
Tra i due romanzi, entrambe gradevoli e di facile lettura, preferisco “Adesso che sei qui” che con la sua delicatezza esprime un sentimento vero, profondo, mai banale rendendo un tema delicatissimo una splendida lezione di vita spingendosi oltre la malattia per approdare un mondo di valori solidi.

Stefano Carlino

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Il romanzo tocca il tema del rapporto complicato e particolare tra tre fratelli e della guerra dei curdi che però è solo funzionale alla vicenda.
Il libro è scritto benissimo e tiene incollati dall’inizio alla fine.

Francesca Salvarezza

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Difficile staccare gli occhi (e il cuore) da questo romanzo. La scrittura della D’Urbano cattura e coinvolge sin dalla prima pagina. Una storia che racconta di amore, malattia, dolore, perdita, legami indissolubili e fragili e ancora amore. Emozionante e vibrante, da non perdere.






Francesca Mastrogiacomo

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Sarà veramente difficile contrarre in poche battute l’emozione, le sensazioni, il coinvolgimento totale e appagante che mi ha procurato la lettura di questo splendido romanzo. Era da tanto che non leggevo un libro così bello e devo confessare ignoravo la bravura della scrittrice della quale ora vorrò recuperare tutta l’opera magna.
Un concentrato di idee, ideali e temi come l’amicizia, l’amore in tutte le sue declinazioni , quello fraterno, filiale, amore per il prossimo, l’amore per gli ideali e poi c’è la solitudine, il compito ingrato di ineluttabile di diventare adulti. Un romanzo di formazione tout court che conferma un talento potentissimo e puro della scrittrice, bravissima a dar vita a personaggi complessi e ad una storia mai banale. Uno stile semplice e diretto per una storia intensa che spazia da temi intimistici e personali ad argomenti spinosi e impegnativi come la Primavera Araba, la questione Curdo-Siriana di cui si evince una profonda conoscenza e partecipazione, un coinvolgimento emotivo e cognitivo. I protagonisti sono dipinti con pennellate decise e corpose intrise di colore e sfumature e li rende talmente verosimili che all’ultima pagina fai fatica a capire che erano personaggi e non persone reali a te care! Da non perdere o da recuperare!
FRANCESCA CAMMISECRA

Francesca Cammisecra

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L’intreccio di tre anime. Questo il tema principale del romanzo di Valentina D’Urbano. Tre storie che si legano e slegano continuamente ognuno alla ricerca di qualcosa. Celeste, Nadir e Pietro. Tre corpi fragili e incompleti scavati al loro interno grazie all’abilità della scrittrice che riesce a far fuoriuscire tutta la naturale tragicità insita nell’essere umano. È un romanzo che tocca nel profondo, uno di quelli che resta dentro.  

Laura Lipari

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Le storie di Celeste, Pietro e Nadir nella storia del mondo. A Celeste il nome glielo dà proprio  Pietro, suo  fratello per parte di padre, 10 anni più grande. Celeste conosce Nadir, fratello di Pietro, quando entrambi  hanno 8 anni, a Feudi dove c’è la casa al mare della mamma di Pietro, il “ posto che ci aveva visto nascere come entità unica.”
Pietro tiene uniti Nadir e Celeste che  si detestano, si cercano, diventano amici, si amano di un amore che non riesce a rivelarsi. E Pietro “si perde nelle storie del mondo”, la Primavera araba e Daesh in Siria,  mentre Nadir scopre quello  che ama fare: fotografare per capire, attraverso il  corpo di una persona le “sofferenze, fragilità, bisogni, paure, speranza.”
E Celeste convive con una malattia che rende fragili le sue ossa, fragili come lo scheletro di un riccio di mare, così la chiamano Pietro e Nadir.
Il loro legame indissolubile è raccontato in prima persona da Celeste, quando la loro storia è arrivata ai nostri giorni  poi, in flashback dall’inizio e ritorni al presente.
La scrittura definisce e incarna sentimenti, emozioni, struggimenti e una guerra lontana che entra con  prepotenza nella vita narrata. Un romanzo  che resta a lungo negli occhi e nel cuore.

Serenella Berdini

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Lo definirei un libro appassionante, la lettura mi ha completamente assorbita tanto da leggerlo senza quasi interruzioni. Una storia personale complessa, in una storia familiare altrettanto complessa, che si affiancano ad importanti eventi internazionali, di cui tutti abbiamo saputo e che in maggioranza abbiamo dimenticato, ma che la scrittrice rende vivi e presenti , pur senza indulgere in accurate descrizioni e commenti personali,  che lascia quindi alla scelta del  lettore.
Una scrittura lineare ed una impostazione del testo che riesce a legare i rimandi al passato con il presente, senza costruire storie parallele, ma realizzando una continuità che è la vita stessa dei personaggi. Forse proprio i personaggi potevano essere meglio delineati, ma la scelta di raccontarli (almeno due dei principali) attraverso i loro difetti, le difficoltà, le mancanze, si rivela vincente.

Laura Peracca

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Lo spirito del libro sta tutto in quell’ “attraversare le cose, senza lasciarsi attraversare”, dal multiforme significato, così come nei plurimi romanzi nel romanzo. Pietro, Celeste e Nadir sono tre personaggi visceralmente intrecciati ma al tempo stesso del tutto autonomi nella loro storia personale, che lasciano immaginare narrazioni parallele. Romanzo di formazione, educazione sentimentale, reportage della guerra in Siria e molto di più si snodano in oltre trecento pagine in cui il lettore frequenta commozione e nostalgia per gli ideali giovanili miseramente caduti, la forastica vita da studente fuorisede, le prime volte di un’adolescenza slabbrata e urlata sulla Locomotiva di Guccini, le percezioni alterate da sostanze più o meno illegali, le cose di cui non andar fiero, le potenzialità ancora quasi del tutto intatte. Adolescenza sempre più o meno prolungata. Un libro che non è solo nostalgia e rimpianto, è molto di più: ti sbatte in faccia che qualcuno può crederci fino in fondo e non lasciar cadere gli aquiloni, ma affidarli al vento di primavere già trascolorate in repressione; muore giovane sempre chi agli dei è caro. Celeste, riccio di mare, nomi per una ragazza trasparente e con le ossa cave e fragili, zoppicante in seguito ad una delle infinite e inevitabili fratture, è in realtà la più forte; paradossalmente il suo limite è il suo punto di forza, non si rompe mai veramente, nonostante sia a ciò vocata per natura. Pietro, roccioso. Nadir orienta. Il rapporto col fratello di sangue Pietro e col fratello di suo fratello Nadir è amore nelle sue poliedriche sfaccettature, erotismo, protezione, abbandono e ripresa, presenza e assenza, l’assoluto al quale sempre si vorrebbe totalmente aderire e l’impossibilità di raggiungerlo, perché il tutto è maggiore della somma delle parti. Tre gocce d’acqua identiche per la potenza del sentire eppure diverse nel loro procedere nel flusso continuo della vita, nel pirandelliano magma che riduce a forma tutto ciò che di volta in volta si rapprende e comincia lentamente e inesorabilmente a morire. Vita e morte danzano avvinghiate in un cruento e sublime abbraccio.

Ernestina Messineo

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Romanzo ricco di spunti, scritto da un’autrice che conosce il peso di ciò a cui da voce.
La malattia di Celeste, l’amore infinito e indicibile, la passione rivoluzionaria, il legame tra fratelli/non fratelli  che risulta molto più forte di qualunque altro legame possibile: il romanzo parla di tutto questo e di molto altro.
Lo stile è semplice e scorrevole, lo sviluppo degli eventi plausibile e storicamente molto autentico, i personaggi sono tutti dignitosi, ognuno con il lato buono voltato a prendere la luce con la quale l’autrice ne illumina le molte fragilità.
In sostanza tutto è molto positivo nonostante la durezza di gran parte delle situazioni e su tutte la morte tragica di Pietro. E però anche questa diventa un evento buono perché l’autrice la  nobilita col martirio e con l’immortalità che questo porta con sé e,  in realtà,  è l’unica soluzione possibile del personaggio. Il romanzo è coronato da un  finale commovente e appagante dopo che per circa 350 pagine il lettore si rimescola in un amore totale che però sembra non poter mai diventare concreto.
Lettura utile, a tratti educativa e straordinariamente autentica (relativamente alla realtà delle famiglie allargate, al racconto di una malattia rara , all’analisi del perché  si arriva ad arruolarsi nella resistenza di un paese straniero distante per cultura e storia) ma allo stesso tempo assolutamente priva di sintesi e di focus. Delle 370 pagine almeno 200 sono ridondanti e tolgono tensione narrativa ai sentimenti e alle biografie che a causa di ciò perdono di pregnanza e a volte sfiorano la tediosità.
Ho trovato inutili le lungaggini descrittive dei luoghi, delle serate di sballo e di sbronze, di fughe e ritorni, tanto quasi da far sorgere il dubbio che l’autrice ne dovesse dire e ripetere per convincere il lettore, e sé stessa, che ciò che stava scrivendo era importante: insomma repetita iuvant sed secant.
Nel complesso, a causa di questi difetti di non secondaria  importanza un romanzo interessante ma eccessivamente lento e del quale  non consiglierei la lettura.

Laura Stopponi

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Il romanzo sarà certamente utile all’educazione sessuale, più che sentimentale, degli adolescenti ma stenta a decollare dal genere diario, attestandosi a metà strada tra “100 colpi di spazzola, prima di andare a dormire” di Melissa Panarello e “Tre metri sopra il cielo” di Federico Moccia.
Insomma niente di nuovo sotto il sole, anche se dalle tribolazioni della protagonista  si potrebbe ricavare una sceneggiatura per uno di quei film che riempiono le sale ma dopo un pò vengono  archiviati.
Punto di forza: Le pagine scorrono veloci ed il lettore le macina quasi tutte d’un fiato, per arrivare al più presto alla destinazione finale.
Punto di debolezza: A pochi giorni dalla fine della lettura, dei contenuti della articolatissima saga familiare, affollata di personaggi più o meno funzionali alle vicende narrate, non è rimasto quasi nulla, né a livello di vibrazione sulla pelle né, tanto meno, di emozione che interessi il cuore.

Anna Maria Gemma Ranucci

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Scandicci “Aperilibri”
coordinato da Chiara Marcucci
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Libro ben scritto, troppo pieno di drammi personali e riflessioni psicologiche per i miei gusti.      


Alessio Pistolesi

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Mi ha coinvolto molto nella prima parte, quando parla dell’infanzia e della malattia della protagonista, con cui è facile identificarsi. Nella seconda parte mi sono sentita molto meno coinvolta nella lettura. Non mi ha convinta il fatto che lei non si senta di poter frequentare Nadir, in quanto  tra di loro c’è solo una parentela in comune. Avrebbero potuto avere un cugino in comune, invece hanno un fratello: curioso, ma accettabile. Ho trovato veramente difficile da digerire il tema del combattente civile, non appartenente all’esercito italiano, in terra straniera. Carino il lieto fine parziale. Come stile è scritto veramente bene.

Chiara Marcucci

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Pur non essendo assolutamente il mio genere, è un libro che ho apprezzato. mi ha fatto riflettere sulla complessità dei legami umani, che a volte davvero si reggono in piedi grazie a un sospiro, e mi è piaciuta particolarmente la parentesi storica attuale sul conflitto curdo-siriano e la primavera araba. Nel complesso però mi sembra un romanzo che non ha ben scelto la destinazione da prendere (questo non per forza è un difetto) e resta quindi, alla fine, incompiuto.      

Francesca Cimò

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Quanto si possono assomigliare tre gocce d’acqua? Pietro, Celeste e Nadir si assomigliano come tre gocce d’acqua. Pietro è il fratello di Nadir, ma Pietro è anche il fratello di Celeste, mentre quello che sono Celeste e Nadir avremo, avranno bisogno di oltre trent’anni, dell’intero libro per capirlo, definirlo e accettarlo.
Una particolare tecnica di disegno propone di rappresentare ciò che contorna l’oggetto piuttosto che l’oggetto in sé: semplificando, se voglio disegnare un vaso mi concentro sul rappresentare ciò che lo circonda e così, come differenza tra vuoti e pieni, ho definito il mio vaso. La scrittura dell’autrice procede allo stesso modo: la storia è il vuoto, il non detto, la verità che con prepotenza entra dentro di noi attraverso i fori creati. Sarebbe potuto essere un grido straziante, invece l’autrice sceglie un urlo soffocato, che squarcia i polmoni invece che il cuore. 

Manuela Mastino

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Mi è piaciuto molto, mi ha catturata sin dalle prime pagine sia a livello di trama che di stile.

Arianna Della Contea

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Roma 6 “Barbara Cosentino”
coordinato da Cecilia Gabrielli
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Romanzo scritto con semplicità ed eleganza. La scrittrice, anche questa volta, dimostra la sua bravura con uno stile coinvolgente. Ogni singola pagina avvicina alla vita e ai racconti di questi tre protagonisti facendo sentire il lettore parte integrante della storia. E’ un libro che ha il sapore di casa, di famiglia. Tocca dei punti salienti: l’amore, l’amicizia e il concetto relativamente recente di famiglia allargata.
Pietro rappresenta il punto d’incontro tra Celeste e Nadir, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre. Celeste è un personaggio fantastico. Un’anima pure colpita più volte dalla vita a causa di una rara malattia che colpisce le sue ossa e le rendono fragili come vetro… anche se lei fragile non è.
La narrazione è attraversata da un aspetto politico che l’autrice ha volutamente messo in risalto per dare ancora più corposità a un libro che è ricco di sentimenti.
Valentina D’Urbano è sempre convincente.

Idamaria Marini

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“Tre gocce d’acqua “ di Valentina D’Urbano è un romanzo “acchiappante” un po’ come quelli, acclamatissimi, della Perrin. Anche la Perrin, guarda caso, ha scritto un romanzo “Tre”in cui si parla di un’amicizia rocambolesca a tre, tra amori, lacrime, omicidi, sesso fluido.
Il romanzo della D’Urbano si legge tutto d’un fiato, è ben scritto, con una prosa piana e senza pretese. La psicologia dei tre protagonisti è abbastanza approfondita, molto sfumata quella degli altri personaggi di contorno.

Grazia Zanotti Cavazzoni

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Libro letto nel giro di pochissimi giorni per la scrittura lineare e scorrevole. Piacevole lettura estiva che mi ha tenuta legata fino alla fine, sperando però in un finale diverso. Molteplici i temi affrontati, l’amore, il lutto, la malattia, la guerra, la fratellanza, ma forse la presenza di tutti questi elementi ha tolto qualcosa al libro nel suo insieme.

Rosanna Laterza

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Tre gocce d’acqua è un romanzo che parla d’amore. L’amore in diverse sfaccettature fraterno, viscerale come quello tra Celeste e Pietro, tormentato come quello che lega Celeste e Nadir che si sentono fratelli o, meglio, si sforzano di essere tali. Il loro amore è di quelli che forse non dovrebbero esistere ma neanche si riescono a controllare.
Tutti e tre sono uniti tra di loro da legami forti come lacci che stringono e lasciano segni e spesso le scelte di Celeste e Nadir sono condizionate inconsciamente dal forte ascendente che esercita su di loro Pietro. Romanzo bello, intenso, ricco di emozioni che ti rimane nel cuore.

Anna Maria Proia

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Grandi Lettori
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È la storia del legame di una donna con i suoi due fratelli all’interno di una famiglia allargata, complicata da una malattia che la affligge sin da bambina e che altera il suo modo di vivere e di fare esperienze.
I due legami che crea riflettono le esperienze che ognuno di noi può aver fatto, con il proprio fratello maggiore, con quelli che poi sono diventati i nostri migliori amici o addirittura partner: la naturale ammirazione capace di sconfinare nella devozione per chi è più grande, la competizione con il coetaneo basata su gelosie istintive. I sentimenti che cambiano e si evolvono con il tempo, così come cambiano le persone crescendo e costringendoci a fare i conti con la vita, scoprendo che il libretto di istruzioni che pensavamo di avere è un insieme di regole che abbiamo il dovere di mettere alla prova ogni giorno per capire se valgano ancora o se non sia il momento di scriverne di nuove, cercando un nuovo equilibrio. Specie quando dobbiamo fare i conti con la morte dei nostri cari.

Alfredo Sannoner

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Un racconto che, malgrado alcune debolezze nella trama e nella costruzione, riesce astutamente ad agganciare e piacere. Vuoi per la prosa scorrevole a abbastanza realistica, vuoi per la curiosità per vedere come andrà a finire, vuoi il fatto che ci si può ritrovare almeno in alcune delle vicende e delle psicologie dei protagonisti.
La trama, non originalissima, è centrata sulle storie di tre ragazzi legati tra loro da uno strano rapporto famigliare (una famiglia allargata) che li imprigiona sin dall’adolescenza per accompagnarli all’età adulta, in un continuo alternarsi di amore, ricerca di affetto e repulsione.
La scrittura è centrata quasi esclusivamente sui tre protagonisti, mentre i personaggi secondari (genitori, fidanzati, mogli, colleghi, amici...) sono figure piuttosto trasparenti che passano velocemente sullo sfondo.
La prosa è piuttosto asciutta, con qualche ricerca d’effetto; il racconto è in prima persona, prevalentemente giocato sui dialoghi e, inevitabilmente, sulle riflessioni della protagonista/narratrice. Relativamente contenute le descrizioni e l’aggettivazione.
Grazie ad una felice alchimia, il libro si legge con gusto e leggerezza, invogliando a provare qualche altro titolo della stessa autrice.

Roberto Bertolin

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Il romanzo non appassiona e suona fasullo. La scrittura è impeccabile, incisiva e scorrevole, ma ad ogni pagina, ci si chiede quante ne manchino alla fine e si fa fatica ad arrivare in fondo. Il romanzo poteva conta 150 pagine di troppo; il famoso inciting incident si attende inutilmente per oltre un terzo della storia e si avverte un certo autocompiacimento narrativo. Insomma, non è esattamente un capolavoro.

Luigi Muzii