< Turno di notte di  Giacomo Poretti (Mondadori)

Qui di seguito le recensioni di TurnoDiNotte raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Difficilmente sono così tranchant con un libro, ma questo purtroppo non mi è piaciuto. Non vi ho trovato una trama o una struttura narrativa, penso che nelle intenzioni dell’autore volesse essere una carrellata di ricordi, ma risulta difficile capire in quale piano temporale si collochi il narratore (gli espedienti narrativi non mi sono sembrati particolarmente efficaci). Anche le occasioni di confronto con Dio le ho trovate fini a sé stesse nell’economia della narrazione. Credo che si sarebbe potuto sviluppare meglio anche le storie dei singoli personaggi: le ho trovate disorganiche rispetto alla narrazione generale. Peccato, l’idea in sé non era male!

Valeria Fabbretti

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Racconto scorrevole e piacevole.
L’utilizzo di termini medici, spesso potrebbe allontanare il lettore rendendo la comprensione per pochi eletti, ma in questo caso non avviene perché l’autore sfrutta pienamente il personaggio con cui si relaziona per poter rendere comprensibile la situazione a noi lettori. Mi ha inoltre colpito scoprire la storia autobiografica dell’autore, prima conosciuto solo come comico.

Francesca Santarsiere

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È un libro a tratti comico, si capisce che se pur romanzato, ciò che viene scritto è frutto di esperienza diretta. Non mi ha tuttavia entusiasmato, era dei due, per me il più potabile.

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In questo romanzo, che potrebbe essere un memoir, Giacomo Poretti racconta le esperienze di Sandro, detto Saetta che partendo da “ausiliario”, così si chiamavano un tempo gli addetti alle pulizie nei reparti degli ospedali, diventa infermiere diplomato. Esperienze raccontate in forma ironica, originale, geniale, ma per nulla priva di profondità. Dall’essere molto spesso condannato a fare il turno di notte da solo, alla crisi delle prime ore del mattino, alle corse per spegnere il campanello di chi suona, essenzialmente per evitare che svegli tutti gli altri ammalati, ai tentativi di fare arrivare il medico di guardia, non per nulla soprannominato Dottor Brandina, ai rapporti con le caposala, allora tutte suore, con i colleghi, con gli ammalati e tanto altro. La cosa che mi ha più divertita sono state le innumerevoli dissertazioni di tipo esistenziale pratico, sul perché abbiamo la pelle, sull’inutilità del sonno, sulle finzioni dello stomaco, sulla vecchiaia, sulla morte, e tante altre che Sandro vorrebbe inviare come lettere ma non sa bene a chi. Di sicuro a chi ci ha fatti così male, quindi Al Signor Caso, al Sublime Algoritmo, o al Padreterno? Scritto in modo fluido, ineccepibile dal punto di vista scientifico, è stata una sorprendente e piacevole scoperta.

Erica Pasotti

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Molto scorrevole e interessante da leggere. Tematiche più attuali e sentite considerato il periodo storico.

Elena Spolaore

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Con turno di notte inizia il viaggio nella vita di un inferire ma non solo, inizia anche il nostro viaggio. Tramite le parole e la storia di Sandrino, con una grande ironia e comicità, ci viene data l’occasione di riflettere sui misteri della vita, dalla nascita alla morte, dall’amore alla fatica. Un libro coinvolgente che fa pensare e divertire allo stesso tempo.

M.C.

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Rapallo “Amici del libro”
coordinato da Mariabianca Barberis
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Con “Turno di notte” entriamo in un mondo, quello di un ospedale, che quasi tutti prima o poi tutti abbiamo conosciuto ed è per questo che le vicende e le esperienze raccontate ci toccano da vicino. Con la lettura del libro entriamo in ospedale attraverso il mestiere dell’infermiere, lo stesso autore, che con linguaggio semplice, colloquiale e mai disincantato pone l’accento sul dolore, sulle sofferenze dei pazienti e su un tipo di lavoro che più di ogni altro lavoro deve essere caratterizzato da dedizione e sacrificio, qualità necessarie per umanizzare un mestiere che, altrimenti, corre il rischio di assuefazione al dolore stesso di chi, invece, ripone grande fiducia nell’aiuto concreto a superare inevitabili drammi.

Martoscia Filomena

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Circolo dei lettori
di Grottaferrata “Un libro al mese della biblioteca comunale”
coordinato da Lucia Zenobi e Cinzia Silvagni
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Un super vicequestore con un passato tormentato, un ispettore sciupafemmine ma intelligente, una donna bellissima ma sempre alla ricerca di conferme, due uomini intelligenti ma spietati, un amministratore delegato che finalmente si libera e diventa trans, l’amica del cuore che non solo ti ha voluto bene ma, in effetti , ti amava e voleva da te qualcosa di più dell’amicizia. Versare il tutto in Milano, aggiungi il freddo di dicembre, due gocce di una malattia incurabile, una icona pseudo magica. Agita il tutto e abbiamo il giallo. Tutto troppo perfetto, tutto ben bilanciato. Cocktail buono ma niente di spettacolare; dopo due minuti non ti ricordi nemmeno lontanamente il sapore. Per un lettore di gialli di lungo corso l’assassino, per esclusione, era già chiaro cento pagine prima della fine. In effetti una mezza delusione.

Parma Vincenzo

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Ho avuto una zia infermiera che faceva con tanta passione il suo lavoro, e ho ritrovato in questo bel libro tante riflessioni simili a quello che lei ci raccontava. Una scrittura lieve, ma ironica, si capisce che aveva già in nuce questa vena che poi si è palesata nel suo successivo lavoro di comico.


Mambrini Donatella

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Piacevole, da leggere sotto l’ombrellone, molti personaggi di grande umanità che ci fanno riflettere. Non lo consiglierei a chi vuole letture di spessore.

Ticconi Elisa

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Il racconto di SAETTA spazia nell’area degli ospedali, della malattia, con una buona dose di ironia. Buon pregio di questo libro, peccato sia l’unico.
Troviamo in queste pagine tanti luoghi comuni, tante cose sentite e risentirete sulla “mala sanità” o vissute facilmente da tutti. Non ci dice nulla di nuovo su questo mondo costellato di figure meschine e di veri eroi, in tutti i gradini della scala gerarchica.

Testa Mauro

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Una parentesi sulla figura dell’infermiere alle prese con i turni di notte in vari reparti d’ospedale dove il protagonista, Saetta, nel corso della propria carriera si ritrova a lavorare. Il racconto appunto segue l’evoluzione professionale di Saetta partendo dal ruolo di ausiliario e in parallelo presenta le prove con le quali si ritrova a fare i conti nel mondo ospedaliero facendo sorridere e riflettere al contempo. Le persone che emergono dai vari racconti sono pazienti, colleghi, medici, suore ecc. alle prese con le varie sfaccettature dell’uomo nelle circostanze mai serene che lo portano in ospedale e attraverso le quali viene fuori la crescita umana e professionale dell’infermiere. A contornare le vicende del protagonista c’è inoltre il soliloquio che lo stesso intrattiene con Dio con un tono tra l’arrabbiato e il comico dove pone domande esistenziali alle quali lui stesso si trova in fin dei conti a dare una risposta. Leggendolo non si può non immaginare Saetta stesso che racconta le sue vicende ed è per questo motivo che mi è parso molto più adatto ad uno spettacolo teatrale dove potrebbe arrivare con più successo allo spettatore sia negli aspetti comici che seri.

Cardi Valentina

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Sandrino detto Saetta ci catapulta in questo mondo fatto di corsie, letti, pappagalli, dottori, pazienti e medicine, non sapevo l’autore avesse fatto l’infermiere, ma solo chi ha esperienza diretta può parlarne così.
Il libro si legge con estrema facilità e conoscendo oggi il mestiere di Giacomo Poretti, si percepisce che ogni capitolo è un piccolo monologo teatrale.
Alla fine l’ho votato per il senso di leggerezza che trasmette, ma nulla di più.

Zenobi Lucia

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Storie tragicomiche di un infermiere. Potrei dire più tragiche che comiche dal momento che gli aneddoti raccontati non hanno suscitato in me alcuna ilarità. Banale e pieno di luoghi comuni il testo non spicca neanche per lo stile narrativo scialbo e poco “letterario”. Noiose le descrizioni e le dissertazioni di medicina e fastidiose alcune espressioni usate nel dialogo con Dio.
Forse avrebbe potuto guadagnare qualche punto in più su di un palco teatrale e non come opera letteraria. Non consigliato

Silvagni Cinzia

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Qui si sta dalla parte opposta del malato. Risalta la durezza del lavoro, la delicatezza delle decisioni da prendere insieme alla stretta vicinanza a corpi incontrollabili nelle loro funzioni fisiologiche. Il tutto viene descritto con una sottile vena umoristica , con leggerezza.
Poi nei brani in corsivo, quasi a fare una pausa con la corporeita’ piu’ brutale arrivano riflessioni esistenziali anche loro sottilmente umoristiche. Sembra che l’autore non voglia troppo prendersi sul serio rispetto al tema della malattia, cosi’ vicino alla morte.
Tutto sommato la lettura è gradevole e ci pone di fronte a temi serissimi con levita’ facendoci riflettere con un po’ di ironia e di paradossi.

Mecozzi Enrica

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Turno di notte è una carrellata espositiva di umani umori, in ogni accezione del termine. Umore. Che in questa storia è altamente mutevole, dove anche la morte ci ammicca e, oltre a farci ammalare d’angustia, ci strappa malevoli sorrisi. Unica pecca, modesto parere d’un immodesto lettore, c’è il rischio di perdersi nei troppi termini scientifici; è come consultare una desueta enciclopedia medica. Eppure, infine, l’amalgama riesce. A ben pensarci se a una persona gli va, ora che abbiamo internet, il termine se lo approfondisce. E se crede quel tal male di averlo davvero, ne chiederà lumi al suo medico, che gli darà dell’ipocondriaco. Bravo, l’infermiere.

                                                                                  

Sergio Moretti

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L’autore Giacomo Poretti, prima di affermarsi definitivamente come attore prevalentemente comico, è stato per undici anni infermiere in un ospedale. Nel libro ha descritto il lavoro degli operatori sanitari con le più diverse mansioni, dalle più umili a quelle di maggiore responsabilità come gli infermieri caposala, i medici di guardia, fino ai primari.
Anche l’ambiente degli ospedali è descritto nei suoi aspetti più pratici ma anche in quelli più drammatici ed a volte commoventi, in particolare è posto in risalto il senso di umiliazione che accomuna il personale sanitario ed i ricoverati come anche la paura e la speranza che sottotraccia albergano nei cuori degli ammalati. Su tutto ineluttabile e da sfondo perenne il senso della vita e della morte.
Tra i capitoli descrittivi, l’Autore pone pensieri con richieste di chiarimenti all’Altissimo: queste parti pur intelligenti e profonde, affrontano argomenti diversi, mi sono piaciute meno perché ritengo che proprio per la delicatezza degli argomenti, meritassero un’analisi più approfondita.

Cicchetti Fulvio

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Superficiale, banale. Non consigliato

Del Giudice Francesca

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Non l’ho apprezzato, non mi ha coinvolta. Per nulla divertente e per di più “vecchio” perché il mondo degli ospedali descritto risale agli anni ’70 quando le capo-sala erano suore e non esisteva la laurea in scienze infermieristiche. Abbondano i luoghi comuni (vedi ad esempio le pagine che raccontano della scrittura illeggibile dei medici) e di banalità (vedi sempre ad esempio il protagonista “Saetta” in sala operatoria come improvvisato ferrista). Al capitolo 16 (p. 117) in cui Saetta si rivolge al buon Dio, si legge: “Scusi però! Ma che c…! Che cattiveria è questa di levarci la parola! Già che c’era poteva farci direttamente muti, che se proprio dovevamo esprimerci, lo facevamo a gesti, no?!” E io aggiungo: già che c’era poteva anche evitare che si pubblicasse di tutto e di più, solo perché al giorno d’oggi è di moda scrivere. Tralascio il “Che c…!”, purtroppo ricorrente e di pessimo gusto nel contesto. Il livello è basso, un tono da cabaret che mal si adatta al pensiero scritto.

Patuzzi Cristina

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Storie e racconti di un infermiere, l’autore (alias Sandrino), nei suoi anni di lavoro in ospedale nei turni di notte e che sognava di fare il calciatore: poco accattivante.

Spanò Greco Salvatore

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Sandrino detto "Saetta", soprannome che gli deriva dal fatto di essere velocissimo ad accorrere al letto dei malati appena questi suonano il campanello, durante la sua infanzia sognava di fare tutt’altro che l’infermiere. Tuttavia si ritrova a passare tutta la sua vita nelle corsie dei vari reparti dell’ospedale, giorno e notte. E... soprattutto è la notte il momento piú difficile: solitudine e grandi responsabilità verso i pazienti. Sandrino racconta con ironia i ricordi a volte esilaranti, drammatici o commoventi della sua carriera. In questo romanzo ci sono tanti personaggi: pazienti, medici, caporeparto, suore... ma ció che mi ha colpito è la tenerezza che dimostra questo infermiere verso chi soffre, riflessioni sulla condizione umana in particolari circostanze come quelle che si attraversano nei momenti della malattia, del dolore e della conseguente paura. E’ un romanzo fatto di tante storie, a volte fanno sorridere o commuovere ma senza dubbio fanno riflettere sulla fragilità della vita e sul lavoro degli infermieri che dovrebbero preservare sempre la dignità del paziente, impotente e costretto ed essere "dipendente in tutto".

Baronciani Roberta

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Ha cominciato a darmi fastidio la lettura, iniziale, dell’ Indice, poi alcune scelte lessicali, grammaticali che non approvavo, poi l’escamotage di rivolgersi al CEO dell’Universo per protestare, lamentarsi. E stavo per smettere di continuare a leggere questo testo. Per correttezza, anche se malvolentieri, ho continuato la lettura il giorno dopo  e….. confesso che mi ha talmente emozionata da cambiare completamente il mio giudizio. Con Saetta ho vissuto in ospedale, ho amato i suoi personaggi, le sue storie, ho condiviso le sue paure, i suoi dubbi. Ho pianto e riso. Poretti ha, anche per la sua esperienza decennale in un ospedale, ben chiaro il concetto di humanitas: “un valore etico nato e affermatosi nel Circolo degli Scipioni con il quale si sostenevano gli ideali di attenzione e cura benevola tra gli uomini” (da Wikipedia). Concludo con una nota negativa: troppo lunghe le lezioni di medicina, anche se alcune sono divertenti!

Ceccotti Maria Luigia