* * *
Il libro non è male ma per essere un giallo manca di ritmo... e soprattutto l’idea di un commissario napoletano di qualche secolo or sono non è molto originale!
Paolo Piemontese
* * *
Napoli, Luglio 1883.
Veneruso commissario della Polizia del Regno tignoso e istintivo, viene restituito al mondo dopo una settimana di influenza che l’ha reso ancora più amaro e insieme innamorato della vita. Capitolo dopo capitolo , in un ininterrotto piano sequenza lungo venti ore, Veneruso continuerà a oscillare tra le ville nobiliari e i quartieri tetri anche di giorno, solo per scoprire che non è semplice capire dove l’umanità dà il peggio di sè, e che tra i tanti assassinii che si stanno consumando tra i vicoli di Napoli c’è anche quello di una lingua e di un’intera cultura.
Arianna Pinto
* * *
Il giallo di Diego Lama Tutti si muore soli mi è sembrato molto interessante. La prima indagine del commissario Veneruso e ‘ ben scritto e coinvolgente. Mi ha fatto finalmente amare il dialetto napoletano col suo ottimo glossario finale. Bene la figura del commissario e la storia che dura un giorno solo (la controra…). Per certi versi mi ha ricordato l ‘ ineguagliabile e amato Giorgio Scerbanenco, per altro di origine Ucraina. In conclusione la mia preferenza va a questo bel giallo.
Paola Barile
* * *
bella l’ambientazione, interessanti i riferimenti storici e linguistici. Come sempre nei gialli, la storia abbastanza implausibile ma si legge con piacere.
Molto apprezzabile la postfazione
Amelia
* * *
M. Alba Simigliani
* * *
I gialli ambientati in altre epoche mi lasciano indifferenti ..già non sono chiari i misteri dell’oggi, figuriamoci quelli del passato...ho trovato l’inserimento della morte della bambina prostituta napoletana un mezzo per attualizzare il testo. Il commissario Veneruso, già presente in altri libri, mi anticipa il finale. Ma a parte queste mio viscerale sentire il libro è ben scritto, di gradevole lettura. Belle le note dell’autore. Ottimo e utilissimo il glossario finale, che consentono di comprendere sonorità e sapore. Commoventi le pagine finali
Ho faticato ad attribuire il voto finale...ancora una volta scrivo la dicotomia richiesta a volte è come il lasciar cadere una moneta.
Annamaria Ciarelli
* * *
Intrigante ambientazione in una Napoli di fine XIX secolo. Al centro della narrazione il Commissario Veneruso, personaggio spigoloso e respingente, non per questo privo di fascino per il lettore. Sullo sfondo una serie di omicidi che creano un effetto quasi circolare. Scrittura accattivante, pulita, scorrevole, che esalta la finalità del genere. Ci si trova spesso in deficit di ossigeno e con il cuore a mille. Molto bello
Antonella Fantini
* * *
Barbara Zamagni
* * *
Chiara Munerato
* * *
Il commissario Veneruso è un personaggio complesso anche se apparentemente molto semplice fatto di ignoranza e pregiudizi ma anche di grande intuito, di una umanità che cerca di nascondere dietro comportamenti a volte irritanti.
Il commissario lavora con apparente indolenza, rifiutando le idee dei collaboratori più giovani che vorrebbero utilizzare le nuove tecniche di indagine e vorrebbero chiudere i casi nel più breve tempo possibile. Veneruso arriva alla soluzione usando il proprio metodo e con i suoi tempi, con la coscienza che gli impone di non accettare la soluzione più facile.
La descrizione della Napoli di fine ’800 con l’inserimento di personaggi storici realmente esistiti è affascinante e utilizzare un arco temporale ben definito ( 20 ore ) rende la lettura appassionante.
Inoltre l’utilizzo di vocaboli dialettali con le spiegazioni della loro origine non ostacola assolutamente la fluidità della lettura
Agostina Baudone
* * *
Il romanzo è accattivante per lo stile di scrittura e il linguaggio usato. Ha inoltre un ritmo narrativo molto intenso che esalta l’autoironia proposta a piene mani dall’autore. Il limite principale potrebbe essere l’evidente ispirazione al.modello “commissario Montalbano” di Camilleri. Interessante l’ambientazione nella Napoli del post unità d’Italia alla fine del 1800.e i suoi protagonisti culturali e non solo. Lettura leggera e divertente.
Marco Montanari
* * *
Il romanzo si sviluppa in 20 capitoli, ognuno relativo ad una specifica ora del 28 luglio 1883 e segue il comissario Veneruso in quel di Napoli nelle sue indagini su tre casi di omicidio.
Nel leggerlo ci imbattiamo in molti personaggi, alcuni dei quali realmente esistiti, quale ad esempio Benedetto Croce, e veniamo condotti più volte, su e giù via Toledo, passando dalla Biblioteca Reale ai Quartieri Spagnoli. Nel contempo veniamo edotti sia di particolari della storia di Napoli ai più ignoti sia di espressioni della "lingua" (non dialetto!) napoletana.
Il libro risuta essere molto intrigrante. Impossibile non provare simpatia per il comissario, in particolare nelle sue interazioni con gli altri personaggi. La scrittura è molto fluida ed immediata. Per certi versi potrebbe ricordare Camilleri, almeno per la passione nel descrivere il pranzo del commissario, oppure Malvaldi per l’ambientazione d’altri tempi. Ma al contempo lo stile è originale ed il libro risulta veramente divertente e difficile da abbandonare, nonostante le quasi quattrocento pagine.Finito il tomo, si resta con la voglia di leggere altre avventure del comissario Veneruso.
Voto: 8
Denis Dal Farra
* * *
Una sorta di giallo paradossale in cui al centro della narrazione vi è un commissario altrettanto paradossale, Veneruso, una sorta di don Chisciotte della legge, disposto a vedere solo il mondo già preconfezionato nella sua testa. Un protagonista eccentrico, per certi versi contorto, capace di provare tenerezza solo di fronte al cadavere di una bambina costretta a prostituirsi per vivere.
Interessante anche la centralità della lingua nella narrazione: a detta del direttore della biblioteca la lingua era destinata a morire, a mutare, bisognava preservarla, mentre a detta del commissario solo gli uomini sono destinati alla morte.
Interessante anche la ricchezza del lessico che gli "studiosi" della biblioteca (Croce, Di Giacomo, Serao, Scarfoglio, Mastriani) vogliono custodire come il patrimonio più prezioso.
Al fianco del commissario non c’è la consueta fidanzata ma la sua passione più grande, una prostituta, Annarella la sorrentina.
Pietro Natale Belluso
* * *
Napoli è una città molto raccontata, anche troppo, soprattutto nella più recente produzione giallistica, ma sicuramente Diego Lama e il suo Commissario Veneruso riescono a ritagliarsi uno spazio di interesse grazie alle caratteristiche del personaggio, all’ambientazione territoriale e all’epoca.
E’ il 28 luglio 1883 e Veneruso, appena uscito da una grave malattia, si trova ad affrontare e risolvere tre casi di omicidio moto diversi tra loro percorrendo incessantemente i Quartieri Spagnoli, ascoltando ogni opinione e riflessione della gente comune e dei suoi collaboratori, incontrando prostitute, moribondi, malavitosi, esponenti di una nobiltà malata, corrotta e decadente ( una sorta di precursori dei vizi di Camillo Casati Stampa ) . In particolare in questo caso assume un rilievo importante il caso di omicidio avvenuto nella Biblioteca Nazionale che porta Veneruso, un antieroe per eccellenza, un figlio del popolo rozzo, semplice e anche puzzolente, a confrontarsi con importanti figure della cultura napoletana e nazionale come Croce, Serao, Di Giacomo, Scarfoglio, Mastriani
Lama con penna felice e leggera, con un tono scanzonato e ironico, all’interno di una struttura apparentemente rigida, ma sicuramente efficace, riesce a ricostruire e a far rivivere l’epoca e le diverse classi sociali fino a descriverne gli odori e nell’incontro con i filosofi e gli scrittori napoletani difensori della lingua e dei valori culturali della città, riesce a calare i lettori in una sorta di interviste impossibili, con dei dialoghi che mi hanno fatto ricordare il piacere della lettura delle cene delle Vite di Van Loon
P.S. sono due interessanti letture, entrambe ampiamente sufficienti, di genere e stile molto diversi tra loro per cui di difficile comparazione. Anche le strutture ( forse é stato scelto volutamente il confronto ) li pone agli opposti, per quanto entrambi estremi :il primo romanzo racconta 35 anni, l’altro un giorno
Giannandrea Pecorelli
* * *
Non mi sono lasciata scoraggiare dall’inizio barocco e ho seguito la faticosa giornata del commissario Veneruso del quale ho apprezzato lo spessore psicologico di uomo solo, scorbutico, presuntuoso, ma generoso.
Tutti si muore soli però non mi ha appassionato. Ho trovato artificioso l’intreccio delle tre indagini, barocca la scrittura, compiaciuto l’autore nel soffermarsi sulla ricchezza della lingua napoletana. L’elogio di Napoli mi ha stancato perché sopra le righe. Alcuni passaggi umoristici mi hanno strappato una risata, ma ha prevalso la sensazione complessiva di un’eccessiva ridondanza.
Anna Maria Cannata
* * *
Un libro non scorrevole che presenta troppe ripetizioni e molte parole in dialetto napoletano non comprensibili. Ben riuscito a rappresentare una Napoli fine ’800 con una nobiltà arrogante che possedeva il libero arbitrio su familiari e popolo. Una popolazione povera, ignorante portata allo stremo dalla fame. La cultura ritenuta inutile e superflua non capita. Tutto in uno scenario colorato e urlante di una Napoli d’altri tempi. La vicenda poliziesca è poco avvincente anche se il commissario Veneruso rappresenta molto bene l’uomo di giustizia ligio, con un temperamento un po’ iroso ma anche carico di sentimenti e atteggiamenti caritatevoli verso i deboli.
Monica Bellante
* * *
Racconta la storia di un ispettore di polizia in una Napoli della fine del 1800.
Di una giornata frenetica nella quale avvengono tre omicidi . Fra colpi di intuizioni e colpi di fortuna, che poi non si rivelano tali, in quanto l’ispettore Verenuso sa fare bene il suo mestiere,conosciamo anche l’uomo con le sue debolezze. Però la storia non mi ha appassionata e non mi ha invogliato ad una rapida lettura.
Giovanna Marino
* * *
Siamo nel 1883, tra quartieri alti e nobili e quartieri poveri e popolari a Napoli Veneruso, commissario della Polizia del Regno , si trova a dover risolvere tre casi di omicidio , Una nobildonna , uno studioso di Milano ed una prostituta dodicenne . Tre casi diversi ma accumunati dai sentimenti più bassi e i vizi peggiori che sa’ esprimere l’umanità . Si parla il dialetto ma nel contesto è di facile comprensione . Veneruso è un personaggio “cazzuto” ben delineato e dotato di un nero umorismo.
Maria Paola Montali
* * *
Ho trovato interessante la rappresentazione di Napoli di fine Ottocento ,e inserire a fine libro un glossario dei termini napoletani adoperati
Alessandro Candiloro
* * *
E’ un giallo che lascia nelle narici l’odore dei bassi napoletani , in
bocca il sapore dei cibi unti e ben poco salutari e negli occhi la
povertà ed il degrado della gente del popolo.
Anna Ciarrocca
* * *
Napoli, luglio 1883. Veneruso, commissario
della Polizia del Regno sempre “incazzato” e istintivo, ritorna in campo
dopo una settimana di influenza che l’ha reso ancora più amaro e
insieme innamorato della vita. In sua assenza, una baronessa è stata
uccisa, e sospettati e relativi alibi si rincorrono in una catena di
corna che travolge mezza aristocrazia. È però solo il primo dei delitti
che Veneruso si ritrova a risolvere, ognuno consumato in un angolo
diverso di una città che ha tante anime diverse: c’è quello di uno
studioso di Milano, pugnalato nella Biblioteca Nazionale, e il più
doloroso di tutti, una prostituta dodicenne. Capitolo dopo capitolo, in
un’ ininterrotta sequenza lunga venti ore, Veneruso continuerà a
oscillare tra le ville nobiliari e i quartieri bassi, solo per scoprire
che non è semplice capire dove l’umanità dà il peggio di sé, e che tra i
tanti assassinii che si stanno consumando tra i vicoli di Napoli c’è
anche quello di una lingua e di un’intera cultura. Romanzo molto
coinvolgente, crudo e mai banale, non conoscevo l’autore, e ho scoperto
uno scrittore intenso, con divagazioni che ricordano i duetti di
M.Troisi e L.Arena, e non mi meraviglierei se queste storie venissero
trasferite in una fiction che potrebbe diventare molto popolare.
Claudio Facco
* * *
Siamo a Napoli, ultimo ventennio del secolo XIX. L’omicidio di una nobildonna fa emergere, all’interno della democrazia partenopea, un intrecciarsi di tradimenti. Tutto ciò accade mentre Veneruso, commissario della Polizia del Regno, è bloccato a casa per una settimana d’una pesante influenza che ha acuito ancor di più la sua visione amara della vita. I delitti, tuttavia, si susseguono; tocca ad uno studioso milanese pugnalato nella Biblioteca Nazionale, e ad una prostitura adolescente. Il commissario Veneruso lungo un tempo di appena venti ore (in venti capitoli) attraverserà la deriva di una città, della sua perduta umanità, ma anche del suo disperdersi d’una lingua antica (“viva e mutevole, da oltre duemila anni”) verso una dimensione dialettale che par solo meritevole per gli ignoranti, di una memoria culturale. Forse, il nuovo secolo che avanza, profuma troppo di nuovo che corrode il passato.
Sergio Albertini
* * *
Il romanzo, ambientato a Napoli, si svolge in un solo giorno, sabato 28 luglio 1883; la scansione è data dalle ore della giornata. Il protagonista è Veneruso, commissario della Polizia del Regno, che, dopo una settimana di malattia che lo ha costretto a letto e isolato dal mondo, finalmente ritorna al lavoro dove lo attendono ben tre omicidi: il primo è quello di una baronessa, il secondo di una bambina che si prostituiva ed il terzo quello di uno studioso. Svolgendo le indagini vengono descritte le diverse facce della città, dai palazzi nobiliari ai vicoli dei bassifondi, e l’umanità che li popola. Accanto al commissario compaiono gli agenti e gli ispettori che con lui collaborano e che vengono ritratti in modo efficace e spesso divertente.
Intense le descrizioni della Napoli della fine del 1800, rese soprattutto attraverso sensazioni come odori e sapori. L’uso del napoletano, le ripetizioni e gli elenchi di parole rendono la lettura a tratti pesante.
Gloria Balboni
* * *
Ho scelto questo testo solo alla fine della lettura. Prima ero convita di preferire l’alreo. Io amo i gialli. da sempre sono una giallista convinta, non conoscevo questo autore. ma mi ha fatto innamorare della strana polizia ottocentesca napoletana. Un ottimo romanzo molto caratteristico.
Ivana Bonsi
* * *
Il libro di
Diego Lama è, evidentemente, un romanzo storico prima che giallo; a mio
giudizio, lievemente prolisso e ripetitivo. Ci immergiamo in Napoli che,
nelle narrazioni, appare sempre affascinante e qui ancora di più, in un
tempo di belle époque, con intarsi di cultura da Croce a Serao, con
Leopardi sullo sfondo, sottolineando anche l’orgoglio per la lingua
vernacolare. La Napoli di Veneruso è anche la Napoli, più che di
Eduardo, di De Crescenzo, Martone e Sorrentino. Insomma, un eterno
partenopeo, come la grande bouffe delle ore 13-14. Dopo questa, da
ricordare le classificazioni di uomini e donne e le scarpe di vitello
assassine, con dentro i calzini di un celibe.
In ultimo, vorrei che
rimanesse questa frase: Veneruso voleva bene a tutti, anche agli
assassini, perché gli uomini lui li giudicava non per ciò che avevano
fatto, ma per ciò che avevano subito.
Roberto Rosario Pennisi
Roberto Rosario Pennisi
* * *
Leopold Bloom non è a Dublino, è a Napoli. Il giorno è il 28 luglio 1883, scandito, capitolo per capitolo, dalle cinque della mattina all’una e qualcosa della notte. C’è tutto quanto: la rasatura all’alba, la visita al bordello, le varie parti del corpo umano…
Ma invece dell’Odissea siamo in un intreccio poliziesca che mischia Christie, Simenon, Hammett e tutto il meglio del genere. Il dipanarsi della vicenda va taciuto, perché le fila verranno tirate solo alla fine, e soltanto alla fine, si scorgerà la terribile bellezza dell’intero disegno.
Dario Mazzeo
* * *
Il romanzo ruota attorno alla indagine del commissario Veneruso, ambientato in una Napoli di fine ’800. La cifra stilistica dell’autore é molto bene articolata, lo stesso riesce a rendere plasticamente le viuzze, i quartieri, i palazzi, le abitudini e i detti popolari, tanto da irretire il lettore in questo scorrere del tempo e dello spazio. Non mi é piaciuta la metodologia utilizzata che suddivide i capitoli per giorno e ora. Il libro merita comunque di essere letto.
Gabriella Tiralongo
* * *
Un’immersione intensa, umana, ironica in una città dalle mille facce, dalla più miserabile alla più nobile, e da un unico cuore che palpita e custodisce segreti e fili intrecciati. Ben costruita la figura del Commissario, ritmo coinvolgente e ben scandito e interessanti i riferimenti storici e linguistici.
Francesca Mastrogiacomo
* * *
“Tutti si muore soli” di Diego Lama, si inserisce nella narrazione di gialli con un commissario, uno o più omicidi e uno o più assasini da scoprire. La narrazione è piacevole, il commissario simpaticamente tignoso ed estintivo, l’ambientazione di fine ottocento nella Napoli post borbonica inserita da poco nell’istituzione del regno italico è originale e gli assassini sono individuabili al momento giusto e con sequenze logiche. Simpatico è l’inserimento del giallo dei giovani allora sconosciuti, Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo e Matilde Serao.
Non mi convince il titolo che può forse essere collegato al modo di morire dei personaggi nel romanzo e da anche a considerazione quali “Non si invecchia tutti insieme, ciascuno ci arriva per conto suo”.
E’ un romanzo giallo scorrevole che si legge tutto d’un fiato e godibile come lo sono altri romanzi del genere di autori italiani.
Emilio Signorelli
* * *
Io romanzo "Tutti si muore soli" non è solo un avvincente giallo ma è anche uno spassoso romanzo di costume.
I personaggi sono delineati molto bene e il protagonista, il commissario Veneruso" è estremamente credibile nei suoi vizi e nelle sue virtù, in una Napoli del 1883.
Veneruso conquista immediatamente il lettore anche per la solidarietà che si dimostra ad un uomo che indossa un paio di scarpe strette in una giornata di luglio.
La scrittura, in alcune parti del romanzo, risulta esageramente prolissa e ripetitiva, ma non toglie scorrevolezza al testo che è molto piacevole.
Ilenia Solastri