< Un giorno lo dirò al mondo di  Alessandro Milan (Mondadori)

Qui di seguito le recensioni di UnGiornoLoDiroAlMondo raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Un giorno lo dirò al mondo.veramente molto bravo questo giornalista che racconta un fatto realmente accaduto anche attraverso i dettagli emotivi vissuti dal narratore stesa. Grande privilegio chi riesce a riportare fatti e realtà intrecciando anche il proprio vissuto nei confronti dei fatti riportati. Storie vere. Tracciate con grande sapienza. Libro da consigliare.

Serena Vincenzi

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"La vita rubata" è un colpo allo stomaco. Di quelli ben assestati e che fanno riflettere. Un resoconto minuzioso di una vicenda giudiziaria che ci tocca da vicino e che fa arrabbiare. La scelta di documentare il caso di Giuseppe Uva attraverso gli atti processuali, predominanti rispetto alla narrazione descrittiva, trasporta il racconto nella realtà con forza e precisione, documentando processo dopo processo gli sviluppi del caso. Questo inficia un po’ sulla scorrevolezza della lettura che avrei voluto a tratti più discorsiva e meno tecnica. La scelta è chiara, apprezzabile e del tutto coerente. Non si rincorre la bella forma, ma la verità di fatti accertati e depositati agli atti che tuttavia, per una persona poco addentro le dinamiche processuali e legislative, talvolta si trasforma in una barriera.
Ma di una cosa sono assolutamente certa. È una storia che DEVE essere raccontata, affinché nel proprio piccolo ciascuno di noi possa prendere coscienza che le ingiustizie non possono essere tollerate.

Laura Scarani

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Nonostante si conosce la fine, si spera in un finale diverso! Che essere strano l’uomo, che tristezza l’uomo, che essere straordinario è l’uomo! Questi sono i 3 pensieri che per tutte le pagine di questo libro sono nei miei pensieri. Povera Sarah, come qualsiasi altra vittima! Povero Derek, come qualsiasi altra vittima! Un libro stupendo che da voce a chi viene negata. Ma questo caso ha veramente cambiato qualcosa? Questo libro veramente può cambiare le cose? Bhe.. se solo una persona nel mondo a cambiato idea sulla pena di morte allora ha funzionato.

Flavia

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Alessandro Milan fa centro: senza formulare giudizi, senza mai ammiccare al lettore, ci racconta la sua esperienza di vita, di giornalista a contatto con un condannato a morte, Derek Rocco Barnabei, gettando, contemporaneamente, uno sguardo sul sistema giudiziario di uno Stato (la Virginia) federato alla più grande (e presunta) democrazia del mondo.

Letizia Buccini

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Alessandro Milan in UN GIORNO LO DIRÒ
AL MONDO affronta un viaggio personale portando il lettore con sè. La scrittura è pulita e scorrevole.

CS

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Molto interessante, anche se purtroppo ad oggi risulta in parte superato dagli eventi

Paola Bonizzato

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Alessandro Milan con questo racconto narra una storia, cruda, difficile da accettare. Un pugno allo stomaco che racconta come in una democrazia matura e moderna come quella americana, la giustizia sia ancora fragile. Troppo esposta alle pressioni della opinione pubblica, dei preconcetti, della cultura dominante. E non ultimo del denaro. “La giustizia in America ha un cartellino del prezzo molto alto” dice a un certo punto il protagonista, la cui fine è fin da subito chiara, ma la narrazione tiene in sospeso fiato e cuore fino all’ultimo. Ben scritto.

Nevio Meneguz

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Se l’odio genera odio e la violenza genera violenza, chi è l’essere umano per arrogarsi il diritto di decidere che la morte debba necessariamente generare altra morte per vendetta? Parliamo di Derek Rocco Barnabei, un caso di omicidio risolto in poche settimane, una condanna a morte. Racchiuso tra le pagine di "Un giorno lo dirò al mondo" c’è questo e molto altro. Una storia toccante, realmente accaduta, che descrive chiaramente i livelli a cui la barbarie umana può arrivare. La nascita di Alessandro Milan come giornalista, che da questa inchiesta non si riprenderà mai del tutto, la lotta contro il tempo di una battaglia di cui si sa già il triste esito ma che non per questo terrà meno incollati alle pagine.

Nadia Caruso

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Un libro che mi ha colpito, soprattutto nella descrizione oggettiva di quanto accaduto come le varie lettere, e la riflessione sul tema della morte.

Alessandro Candiloro

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Bello. Interessanti la struttura narrativa e l’ambientazione

Fabio Maria Fiori

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ALESSANDRO MILAN: Un giorno lo dirò al mondo – Mondadori
L’autore, del 1970, è giornalista e conduttore radiofonico di Radio 24. Il libro narra la storia di Derek Barnabei, un ragazzo statunitense di origine senese, condannato a morte nel ‘93 per aver ucciso la fidanzata diciassettenne; nonostante si fosse proclamato sempre innocente, fu giustiziato in Virginia nel 2000. Il saggio tratta di un tema per me fondamentale: il rifiuto della pena di morte, castigo senza appello. Credo in una giustizia che non sia vendicativa, ma che dia la possibilità a chi sbaglia di avere il tempo e soprattutto l’opportunità di cercare di correggersi. Ho ritenuto molto validi entrambi i libri proposti in questa manche: questo secondo saggio è un buon resoconto giornalistico, accurato nella descrizione degli avvenimenti ed appassionato nei toni. La prevalenza del primo saggio proposto, a scapito di questo che ho letto per secondo, è frutto di una scelta “di pancia”, visto che razionalmente ero indecisa su quale scegliere.

STEFANIA FILIPPINI

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Leggendo questo libro si impongono alcune riflessioni.
1) cos’è la giustizia e come viene amministrata;
2) com’è possibile che, nel terzo millennio la vita di un uomo sia in balia dell’eloquenza degli avvocati e dell’umore di un "giudice" coadiuvato da una giuria;
3) quanti innocenti sono stati uccisi dallo stato negli Stati Uniti ed in altri stati del mondo in nome della giustizia; qual è il livello di civiltà di questi stati;
4) qualunque sia il delitto per cui si viene condannati, la pena di morte è sempre e comunque sbagliata: non è giustizia: è solo vendetta.
Bellissimo libro che si fa leggere d’un fiato. Complimenti all’autore.

Riccardo Allerhand

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Mi piacerebbe non leggere più storie come questa, storie che vorrei appartenessero al secolo scorso, se non a quello prima ancora. Ma quella di Derek Rocco Barnabei purtroppo è una vicenda troppo vicina ai nostri giorni per non rimanerne scossi. La pena di morte è sempre sbagliata, non porta a niente, non vendica e non redime.

Magda Coretti

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Se fosse possibile un voto ex aequo avrei votato anche l’opera di Alessandro Milan, brillante giornalista che da anni ascolto sulle frequenze di Radio24.
La vicenda di Derek Barnabei è terribile nel farci vedere l’orrore del pregiudizio, del prezzo che pagano i poveri, della pena di morte a fronte dell’umanità dello stesso Derek.
Il tutto narrato con lo stile incisivo di Milan, che trascina il lettore nella vicenda.
Purtroppo, essendo fedele ascoltatrice di Radio24 conoscevo già la vicenda (un podcast, se ben ricordo).
Solo per questo ho dato il mio voto all’altra vostra proposta, che mi ha presentato conoscenze nuove.

Antonella Fagherazzi

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Un giorno lo dirò al mondo

Il romanzo di Alessandro Milan è a metà tra un’inchiesta giudiziaria e un racconto autobiografico.
Si è ispirato ad una vicenda vera di cui ha cercato per vent’anni delle risposte, ripercorrendo in queste pagine un incontro umano che lo ha segnato per sempre.
Secondo Alessandro niente può giustificare le barbarie di una condanna a morte, che comunque non è mai un atto di civiltà, ma di vendetta.
Un appello contro la pena di morte, che è sbagliata al di la della colpevolezza o meno dell’imputato, perché esistono altri modi per far pagare gli errori.
Questa è la storia della nascita di un giornalista, che si intreccia con la tragica morte di Derek Rocco Barnabei.
Molti si mobilitarono contro la sentenza tra cui alcuni politici ed il Parlamento europeo che propose di trasformare la condanna in ergastolo.
Ma nonostante tutto, la Corte suprema rigettò i ricorsi e Barnabei fu giustiziato in Virginia il 14 settembre 2000.

Un gran bel libro, che tiene incollati fino alla fine anche se la fine purtroppo si conosce già.
(Claudio Facco)

Claudio Facco

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Milan ripercorre la vicenda di Derek Rocco Bernabei, condannato a morte dallo stato della Virginia per aver stuprato e ucciso una ragazza nel settembre del 1993. Poco tempo dopo il suo ingresso a Radio24 alla fine del 1999, il giornalista comincia ad occuparsene e lo farà fino alla data dell’esecuzione, il 14 settembre 2000, telefonando più volte a Rocco anche in diretta telefonica, incontrando sua madre, il suo avvocato, sollecitando dal detenuto una lettera-appello per papa Wojtyla. In effetti il caso fece molto rumore in Italia, provocando anche interventi di politici dell’epoca e innescando dibattiti sulla pena di morte. L’autore alterna alla cronaca dei fatti del 1993 il resoconto di momenti delle indagini e del processo (testimonianze e arringhe) e il racconto del ruolo che lui stesso ha giocato negli ultimi mesi della vita del condannato, con cui ha instaurato un rapporto di confidenza e fiducia. (una nota a margine: si incontra ormai sempre più spesso negli autori la pratica di saltare da un piano temporale all’altro, magari tre o quattro; non so se sia un modo di scongiurare la noia del lettore in questi tempi in cui la soglia dell’attenzione è ridottissima, a mio parere talvolta questa scelta finisce per risultare un semplice espediente). Non manca un ritratto pieno di devozione di Giancarlo Santalmassi, che a Radio 24 è stato per Milan un maestro di giornalismo, ma che non è risultato per me troppo simpatico. Comunque, è sulla base della tematica di fondo che ho dato la mia preferenza a questo libro; per quanto lo stesso Milan si chieda ad un certo punto se nel fare il suo mestiere di giornalista abbia "usato" Bernabei e anche la povera ragazza morta, è giusto interrogarsi sulla pena di morte, conoscere l’inumanità delle condizioni in cui è costretto a trascorrere mesi ed anni un "dead man walking", che sia colpevole oppure muoia continuando a proclamarsi innocente come ha fatto fino all’ultimo Derek Rocco Bernabei.

Paola Sissa

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Questa volta per il verdetto non c’è dubbio. Semplicemente ho preferito Un giorno lo dirò al mondo per la sua scorrevolezza nella lettura, che non ho riscontrato nell’altro libro.

Federico Corubolo

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Questo reportage sulla triste vicenda che portò Derek Rocco Barnabei a una condanna a morte per omicidio negli USA si presenta quasi come un romanzo thriller e come tale risulta molto avvincente, merito soprattutto di una narrazione fluida e curata. Essendosi interessato sin dall’inizio alla storia di Barnabei, Alessandro Milan è probabilmente la persona più indicata per raccontarla e fare così in modo che non venga dimenticata troppo in fretta.

Francesco Spurio

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Sono stata molto indecisa nella scelta perché anche questo libro è bellissimo.
Alessandro Milan racconta la vicenda giudiziaria di Rocco Bernabei fino alla fine.
Libro che fa riflettere.

Francesca Salvarezza

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Un bel libro, ben scritto e avvincente, sul crinale tra saggio e romanzo.
Lega con maestria il racconto di una tragedia con la narrazione del lavoro giornalistico.

Laura Bontempi

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Eccellente pubblicazione del giornalista Alessandro Milan. L’incipit di questo saggio ricorda a tutti gli effetti il preludio di un romanzo giallo/noir ma purtroppo non è così. I fatti narrati sono reali e ben presto ci si trova a dover fare i conti con l’uccisione della diciassettenne Sarah Wisnosky e del suo presunto assassino Derek Rocco Barnabei, condannato alla pena capitale. Attraverso un racconto preciso e dettagliato dei fatti, l’autore prende per mano il lettore e lo accompagna attraverso tematiche molto forti come la pena di morte in Virginia, le condizioni disumane delle carceri americane e le lacune nelle indagini. Senza mai dare giudizi Milan induce il lettore ad ascoltare sia la teoria dell’accusa che quella della difesa e lo sprona a crearsi una propria opinione riguardo ai fatti. Al di là del fatto che Barnabei venga ritenuto innocente o colpevole dai lettori, Milan invita a riflettere su questioni estremamente delicate ed importanti. Lettura assolutamente consigliata.

E.P.

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Il giornalista Alessandro Milan racconta l’incontro con un cittadino statunitense condannato alla pena capitale per un omicidio che afferma di non avere commesso.
Il racconto è appassionato e molto scorrevole, consente al lettore di immedesimarsi nel protagonista e di riflettere sul rischio che lo stato possa aver commesso un errore giudiziario, tanto più grave quando si parla di pena di morte.
Il tema avrebbe meritato qualche riflessione più profonda e articolata, ma l’autore ha voluto solo richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla pena di morte, ritenuta “sbagliata, sempre e comunque”.

Caterina Durante

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Un giorno lo dirò al mondo
Dopo la lettura, tutta di un fiato, di “Un giorno lo dirò al mondo” non possiamo che essere grati all’autore, Alessandro Milan, per aver fatto giungere il giorno del racconto. Parole che narrano la vicenda tragica di Derek Rocco Barnabei, italoamericano, accusato, senza prove determinanti, di violenza sessuale e omicidio in Virginia, uno degli stati più conservatori degli USA, che lascia cadere nel vuoto tutte le richieste provenienti da più parti di una sospensione della sentenza di morte. Nello scorrere delle pagine le emozioni di Milan, i sentimenti, le speranze, la rabbia, l’impotenza, entrano in modo sempre più intenso nel lettore. L’aspetto umano prende il sopravvento e con prepotenza emerge più volte tra le pagine la condanna senza mezzi termini della pena di morte sia nelle parole di Derek quando si scaglia contro l’America “nella sua arroganza, si proclama campione dei diritti umani, eppure noi siamo i peggiori violentatori dei diritti umani” sia in quelle dell’autore quando scrive di tale pena “Uno schifo. Molti si sono illusi che ci possa essere un metodo pulito per portarla a compimento, in realtà si tratta di togliere una vita, uccidere qualcuno, è un modo per troncare la possibilità di amare, di sorridere”.

Giorgio Enrico Bena

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A metà tra l’inchiesta giudiziaria, il racconto autobiografico e la sceneggiatura di una fiction, Alessandro Milan si è ispirato a una vicenda vera per costruire un romanzo che, ahimè, ho trovato zoppicante.
Incespica in alcuni passaggi a livello di fluidità, tanto da doverli rileggere per capirne il senso, inciampa in una volontà, a mio avviso eccessiva e ostentata, di dare un ritmo da fiction televisiva (senza nemmeno riuscirsi a pieno), e infine è poco mobile su un pathos che per me, ad un certo punto, scema totalmente.
Dico peccato, perché la storia merita, i personaggi pure, così come l’annosa questione sulla pena di morte, ritenuta sbagliata al di là di ogni colpevolezza.

Ilaria Vitali

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Avvincente, molto ben scritto.
Lo scrittore manifesta grande accoramento e passione nel raccontare la vicenda giudiziaria che si fa strumento per affrontare un grande tema, delicatissimo e parecchio dibattuto , quale la pena di morte.
Un emozionante occasione di riflessione: un libro che schiudendo la natura disumana dell’uomo si fa inno della speranza di una nuova umanità.

Ilaria Liccardo

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Al di là della drammaticità del racconto, mi è piaciuta molto la narrativa, la sua tensione dovuta all’incontro tra due uomini: uno libero, l’altro no.

Alessandro Bove

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Fin dall’inizio il libro di A.Milan mi ha appassionato perché avrei voluto fare il suo lavoro ed avere dei grandi giornalisti come capi mi avrebbero dischiuso un
Mondo in cui la ricerca della verità con l’ausilio della radio ormai soppiantata purtroppo dalla tv , mi avrebbe
Consentito come per il redattore di dare un senso alle cose della vita. Veramente splendido . Grazie a Robinson che ci fa conoscere dei saggi che mai pensavo avrei letto

Stefano Gabrielli

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Un giovane cronista approda alla neo-nata Radio24. Dall’altra parte dell’Oceano un altro giovane, che si proclama innocente, è condannato a morte. Dal loro incontro si snoda una lunga storia di telefonate, indagini, dibattimenti ecc. Nel racconto non manca una virgola, ma questa cascata irrefrenabile di adrenalina, suspence e lacrime, a mio parere finisce per annoiare. Forse un po’ più di sintesi sarebbe andata a vantaggio della narrazione.

Laura Pavese