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Obbedire o ubbidire deriva dalla parola latina oboedire der. di audire "ascoltare".
Questa definizione è presente in tutti i vocabolari della lingua italiana, eppure , solo adesso, dopo questa attenta analisi condotta tra "gli obbedienti " del saggio, ho potuto veramente riflettere sul significato recondito di questa parola alla quale ho sempre dato un’ accezione negativa.
Da piccoli ti dicono che bisogna ubbidire altrimenti viene il lupo nero che ti mangia o porta via e altre minacce del genere, tra l’altro scrive Nicolino Irti che l’obbedienza per paura è considerata tra le forme più semplici e diffuse.
A volte accade anche che si sente il bisogno di ubbedire perchè "Il bisogno di obbedienza rompe la disperata solitudine
dell’individuo.
Eppure per obbedire bisogna ascoltare e capire . Bisogna però ascoltare e capire un messaggio chiaro e comprensibile: dire, ascoltare e capire.
L’obbedienza viene quindi trattata sotto ogni punto di vista, con un linguaggio fluido e con riferimenti letterari, psicologici e politici che ben si amalgamano nel complesso rendendo le pagine di questo "quasi diario" ,come il titolo recita, un saggio di alto livello che nonostante abbia tutte le caratteristiche per elevarsi a lectio magistralis, permette a tutti i lettori di non sentirsi mai di troppo ed essere sempre coinvolti.
Perchè quando il discorso si eleva e dove Nicolino Irti si districa elegantemente tra citazioni e rimandi che non appaiono mai come forzature,ecco che arriva il riferimento alla vita di tutti i giorni che permette alla teoria e alla pratica di amalgamarsi insieme.
Magari non tutti conosciamo le personalità di spicco che nel libro sono citate ma riusciamo a comprendere il messaggio che vuole trasmettere grazie al riferimento a qualcosa che tutti abbiamo vissuto e dove siamo stati o abbiamo scelto di essere degli ubbidienti.
Durante la pandemia tutti ci siamo trovati ad obbedire a prescrizioni mediche o decreti legge, dove il confine tra la paura di morire e la tutela di se stessi per salvaguardare la comunità è labile.
Partendo dalla riflessione su ciò che ha tutti accomunato ho anche potuto apprezzare un aspetto dell’ubbidienza a cui non avevo mai pensato ossia ubbidienza come esercizio di libertà.
Ecco che quando un saggio o quasi diario ti induce a riflettere su degli aspetti quasi nascosti che potrebbero sembrare degli "ossimori", ubbidienza libertà , questo per me lo eleva a testo vincente.
Anna Di felice
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Viaggio tra gli obbedienti
Il giurista Natalino Irti, in questo “viaggio” narrativo, viviseziona il concetto di obbedienza. Analizza il percorso, in particolare dal proprio punto di vista professionale, che un atto così importante segue per raggiungere un fine ben determinato. Obbedire presuppone che ci sia un comando e che questo venga formulato con un linguaggio adeguato. Il testo scritto deve indicare in maniera non ambigua la “condotta voluta o vietata”. Si giunge alla terza fase che è quella dell’adesione o meno alla prescrizione, obbedire o disobbedire. Il destinatario è chiamato a scegliere fra due strade. Con la nostra decisione, che oscilla nella sua connaturata dualità prima di raggiungere una ferma posizione, incontriamo, inevitabilmente, la nostra storia recente e passata e creiamo il presupposto per la storia che verrà. Il tema si presenta particolarmente intrigante, e nel saggio di Irti diventa un qualche cosa di fluido e magmatico che va ben al di là di un mero concetto giuridico: si fa materia di riflessione per il nostro agire quotidiano. Uno degli aspetti più intriganti è l’analisi delle conseguenze della frammentazione dell’asse portante: capire – condividere – obbedire. Si crea un vuoto che può essere tanto la mancanza, anomia, di regole, quanto una loro sovrabbondante presenza. Viene meno un cardine fondamentale: la comprensione del comando. “La rottura della continuità semantica segna la fine del dialogo, dell’autentico intendersi e comunicare fra uomini”. Questo agrammatismo della comunicazione ci sottrae “l’alternativa del decidere”, ci nega la possibilità di ogni dialogo. È una condizione di horror vacui che porta verso un “naufragio collettivo”. Siamo di fronte ad un genocidio di massa perpetrato senza armi e senza la minima parvenza di ogni atto di violenza. La negazione della personale possibilità di scelta si realizza anche in altre condizioni, ad esempio quando l’obbedienza è puro atto di conformismo. Il pericolo sempre più palese e concreto nella nostra vita quotidiana è la perniciosa omologazione dei costumi. La coscienza del singolo si liquefà e si perde nel mare indistinto di una pseudo-coscienza di massa. Le coscienze si sciolgono “nel tepore dell’opinione comune”, come direbbe Brancati, mai sufficientemente ricordato. Il saggio di Irti ci pone di fronte alla complessità dell’argomento affrontato, e l’autore lo fa con grande rigore scientifico, regalandoci un piccolo tesoro da conservare e consultare.
Giampiero Volpe
Giampiero Volpe
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Mi dispiace, ma non sono riuscita ad andare oltre pagina 10... L’ho trovato abbastanza impegnativo e intriso di altisonanti paroloni che non mi hanno permesso di apprezzarne il contenuto (probabilmente perché le mie letture sono tendenzialmente concentrate su romanzi e racconti).
Bruna Roccamena
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Il tema dell’obbedienza è interessante ma mi chiedo: per chi è questo testo? Mi sembra rivolta a un pubblico di giuristi o conoscenti della materia che a semplici interessati all’argomento. Il che non vuol dire semplificare fino all’estremo un testo perché ognuno di noi è in grado di comprendere e ricercare cose non conosciute o chiare, ma difficilmente ne comprendo l’utilità, date le molteplici fonti utilizzate. Si definisce un diario di appunti e non un trattato, ma la seconda definizione mi pare più calzante.
Viviana Calabria
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L’argomento mi incuriosiva molto, mi aspettavo molti riferimenti al recente periodo pandemico e all’atteggiamento del singolo di fronte alle norme poste ad argine del contagio. La pandemia mi è parsa in realtà solo lo spunto per un libro quasi inaccessibile per i non iniziati alla materia giuridica. Nella lunga disanima sulla norma, la sua costruzione e la sua interpretazione e nell’altrettanto densa descrizione delle sfaccettature dell’obbedienza, speravo di cogliere spunti utili al lavoro del legislatore e alle decisioni del cittadino ma sono tuttora confusa. Molto apprezzabili i tratti in cui l’autore dismette i panni del giurista per entrare nell’animo umano alla ricerca delle ragioni interiori dell’obbedienza.
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testo affascinante e complesso , scritto nel momento peggiore della pandemia. una riflessione necessaria sull’eccesso di leggi , sul linguaggio delle leggi. Un’analisi molto approfondita sui diversi tipi di obbedienza e sul rapporto , forse poco indagato o dato per scontato , tra libertà e obbedienza.
Valeria Bedei
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Interessante, per me un pò troppo tecnico. In alcuni punti mi ha messo in difficoltà in altre è stato lampante e chiaro il pensiero che approfondiva.Alla fine tutto è disobbedienza!
Francesca Sensi