Agrò
e i segreti di giusto di Domenico Cacopardo
Marsilio
Ci troviamo
in un'Italia di 30 anni fa, dove un sostituto procuratore viene convinto a revisionare
un'indagine di presunto suicidio. Forte nella sua convinzione che sia sempre la
vittima a condurre all'assassino, scavando nella vita personale e lavorativa della
vittima, si trova a dover sbrogliare una matassa che sembra confondersi fra le due,
una giovane amante e un grande progetto internazionale. Solo alla fine i tasselli
troveranno il loro posto. Mi colpisce che il libro apra con l'elenco dei personaggi,
come un copione teatrale, che poi il racconto, minuzioso ed esperto, ci presenterà
man mano. Proprio questa dovizia di particolari darà nella lettura corpo ai protagonisti
Francesca De Filippo Emanuela
***
Al di là della
solida tecnica scrittoria, il romanzo risente di una certa saturazione del genere:
di storie gialle in serie con commissari e procuratori che indagano ce ne sono forse
troppe. Il tentativo di trovare al protagonista e al contesto una loro originalità
porta all’utilizzo di elementi di maniera: nella scelta dei nomi, ad esempio, come
in alcune ambientazioni o caratterizzazioni. La storia è ben documentata ma ha alcune
debolezze. La sensazione generale è di una certa freddezza di tono e il coinvolgimento
del lettore è a mio avviso scarso. Più tecnica che anima.
Isabella
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Passione, morte, corruzione, avidità, rapporti familiari si intrecciano in
questo romanzo indubbiamente suggestivo. Nel corso della narrazione l’identità della
vittima viene ricostruita e ne vengono approfondite le relazioni e gli interessi.
L’indagine procede secondo gli schemi giudiziali fornendo al lettore gli elementi
per poter ricostruire la vicenda in tutta la sua complessità.
Sebbene l’ambientazione, spesso, non sia così rigorosa come le capacità narrative
lascerebbero auspicare, la lettura è piacevole e senza dubbio avvincente tra tensioni
e sospetti.
Paola Bartolini
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La scrittrice sfugge al rischio di riproporre due mondi due culture due classi
sociali già ampiamente stigmatizzati introducendo nella trama della storia Niki
Saint Phalle.
L'Artista assume su di sé il compito di testimone di come sia possibile uscire
dalla" forma" assunta per fedeltà al sistema familiare e aprirsi, anche
drammaticamente, all'ascolto di sé stessi e dei propri sogni
L'originalità del libro è tutta centrata nella felice creazione del rapporto
fra Annamaria e la creatrice del Giardino dei Tarocchi, luogo magico in cui la giovane
buttera scoprirà di indossare una maschera e troverà il coraggio di cercare la sua
vera identità e la sua nuova "Forma".
Il libro è ben scritto e l'autore tratteggia con grande maestria i personaggi
legati agli ambienti professionali e istituzionali nonché quelli legati alla malavita.
Più debolmente riesce a delineare gli altri e per le personalità di Giusto
Giarmana e Olga Semmelweis Zalanji nonché per la loro relazione sembra ricorrere a correnti
stereotipi.
Avrebbe potuto dilungarsi meno sui tecnicismi burocratici che animano le
riunioni, peraltro ben descritte, fra le varie forze dello Stato riguardo alla costruzione
dell'infrastruttura ferroviaria che è uno dei nodi principale del libro.
Il ritmo della narrazione sembra divenire più sciolto dopo l'omicidio dell'Avvocatessa
Semmelweiss Zalanji, come se
l'autore si lasciasse andare e vedesse, personaggi in modo più autentico senza preoccuparsi
di doverli costruire.
La sicilianità e la romanità pervadono il libro e lo stesso ltalo Agrò, protagonista principale, sembra esprimere la prima
in quella che lui cita come "atavica cautela".
È a lui, il rigoroso magistrato, perfettamente consapevole che "il rombo
d'ultimo giorno ci desta adolescenti" va la simpatia del lettore che come di
consueto la rivolge al personaggio più riuscito.
Antonella Riccio Cobucci
***
Il romanzo non si impone solo come un giallo, ma entra immediatamente
nel merito di una vera e propria inchiesta giudiziaria. Grazie anche alla forza
di un protagonista che sa il fatto suo, non lasciandosi intimorire da una
storia già scritta, quella del suicidio di Giusto, scava nella vita dell’uomo;
ciò che viene a galla, grazie al caparbio sostituto procuratore Agrò, è una
storia (tristemente) all’italiana: mazzette e corruzione che fanno da fondale a
una narrazione a suo modo corale, tra Istituzioni malleabili e imprenditori
senza scrupoli dove vige la regola del più forte.
Nell’epoca delle saghe letterarie non poteva mancare un personaggio come
Agrò che imprime uno stile unico all’intero romanzo: dialoghi asciutti e mai
banali, l’escamotage del diario, la femme fatale che chiama il nostro eroe
all’avventura. C’è davvero tutto per un buon romanzo, ma si deve apprezzare
molto il genere per rintracciare un elemento di unicità che non faccia pensare
“già visto!”
Moira Colantoni