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Alla vita bisogna cedere... ma non sono ancora morta di Raffaella Lattanzi

Ventura

 

Una raccolta di poesie e brevi racconti, piacevoli ma letterariamente piuttosto acerbi. La mancanza di filo conduttore è voluta, come spiega l'introduzione (curiosamente inserita verso la fine del libro) ma suscita comunque perplessità e il risultato non convince. Qualche momento interessante lascia sperare per il futuro dell'autrice.

Beatrice Parisi

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Racconti deliziosi, sintetici e ironici allo stesso tempo. La lettura ti immerge nelle situazioni descritte ti diverte e ti commuove.

Poesie che accompagnano e confermano emozioni, passioni, ironia e dolore,

Interessante la commistione dei due generi!

Anna Gradenigo

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Sono stata a lungo indecisa nella scelta tra il testo di Vittorino Andreoli, in cui egli esamina 4 parole: Democrazia, Assurdo, Bellezza e Vecchiaia, a volte utilizzando la chiave di lettura di scuole filosofiche, a volte con riflessioni del tutto personali e il volumetto di Raffaella Lattanzi, che alla fine ho preferito, perché, pur nella sua semplicità, fa intravvedere a tratti un’esposizione di sentimenti vissuti, che scaldano, come l’incontro con un’amica

Gabriella Grandinetti

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L’opera è strutturata all’interno di una cornice metaforica, evidente ma non dichiarata, che consiste in una sorta di meditazione sulla morte, riottosamente e parzialmente accettata come inevitabile aspetto dell’inevitabile vivere. Entro tale ambito si alternano squarci di vita, vissuta o immaginata, elaborati in versi, riflessioni  e brevi racconti tra il realistico e il fantastico, espressioni tutte di memoria dolorosa o di volontà di adesione al semplice esistere, con una reazione vitale spesso frustrata.   Ne deriva un tono complessivo amaro, pur se velato da istanti di tenerezza fugace, come in alcune liriche apprezzabili, e, in più punti, forzatamente ironico e sarcastico, pervaso da un sentire negativo che testimonia una elaborazione parziale, anche a livello espressivo, dei lutti e delle esperienze personali, dalla morte del padre agli amori traditi alle brevi avventure. In un intermezzo l’Autrice, sotto lo schermo della (finta) prefazione di un (finto) vilipeso critico letterario, dichiara la sua poetica del ‘sentire ciò che finge’, ovvero della ricerca della ‘spontaneità creativa’ in un’opera che vuole essere d’avanguardia.

Benissimo. Spiace rilevare che obiettivi quali ‘spontaneità’ , ‘sincerità’, ‘semplicità’ nella scrittura siano da conseguire,  specialmente in poesia, attraverso un accurato e faticoso ‘labor limae’, più che estremizzando una ricerca della naturalezza espressiva, la quale finisce per risultare poco naturale, e talora inappropriata o dissonante; che la ricerca dei toni umoristico, ironico o sarcastico, qualora siano eccessivamente personalizzati e non filtrati, diano vita a situazioni e personaggi solo sbozzati, senza una dimensione che non sia quella del sentire soggettivo di chi scrive, e finiscano quindi per peccare di inautenticità.

Angela Caputi

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Si tratta di una raccolta di brevi racconti e poesie. Il linguaggio è spontaneo e diretto soprattutto nei componimenti poetici dove l'autrice riesce a 'fotografare' in maniera intensa le sensazioni di un momento.

Non mi ha colpito in modo particolare ma nel complesso è stata una lettura piacevole.

Claudia Paielli

 

 

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