Amore
inquieto di Nadia Tarantini
Iacobelli
“Amore inquieto” – di Nadia
Tarantini voto: 1
Nadia
Tarantini, attraverso la storia della sua famiglia e di se stessa, fatta di
quotidianità ed eccezionalità entra ed esce tra presente e passato senza mai
perdersi nell’ autocompiacimento, senza cadere nell’ovvio e conducendo con leggerezza il filo del
racconto.
Anna Barbera
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La
lettura di questo romanzo è risultata avvincente per la storia, ben narrata
soprattutto per l’intersecacarsi dei piani narrativi
e dei punti di vista. La storia intreccia piani generazionali diversi che
conferiscono alla storia profondità e spessore morale alla scrittura, che
esplora anche verticalmente gli spazi della memoria, del presente e dei
ricordi. Ne risulta un microcosmo coeso e mobile, che cattura il lettore e lo
lascia gravitare nella sospensione degli spazi bianchi tra un personaggio e
l’altro.
Ambra Carta
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Del
tempo vissuto, della memoria attraverso la coscienza e le emozioni, del
racconto della propria vita, vissuta giornalmente giorno dopo giorno in
famiglia. Attorniata da figure familiari, uomini e donne dove soprattutto le
figure femminili sono messe a fuoco. Una dichiarazione di amore incondizionato
verso la madre non più fisicamente insieme alla autrice ma strettamente legate
l’una all’altra dal prezioso “dono” della scrittura, visto come un cordone ombelicale
che le terrà unite per sempre. Difficile per me potere spiegare il perché
scelgo l’uno all’altro, infatti non c’è un preferito, ma dovendo dare una
votazione (ho sempre pensato che è veramente difficile se non impossibile
quantificare con un numero) darò 1 a Molto Mossi gli altri Mari semplicemente
perché mi sono sentita trasportare indietro nel tempo quando, finita la scuola
ci si traferiva a Mondello e lì mi aspettavano gli amici estivi (eravamo i
tempi senza telefonini, etc) e conosco molto bene la
malinconia della fine dell’estate, gli abbracci dei distacchi e le promesse di
ritrovarsi l’anno successivo. Per non parlare della mia grande Passione e
incondizionato Amore per il Blu del Mare.
Alessandra De Caro
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Una
gioiosa e liberatoria confusione di sentimenti, sottaciuti, confessati,
ritrattati. Menzogne e tranelli di un legame ininterrotto, che va ben oltre il
legame tra madre e figlia, perché in questo bel saggio di scritture viscerali,
“famigliari”, le voci costruiscono davvero qualcosa di unitario, si fanno
sostanza nutriente per riflessioni intime che investono il lettore: dolore,
separazione, morte, malattia, silenzi, crudeltà, confidenze,
atti
mancati, carezze ed equivoci. Una confusione saggia, ponderata oltre la
finzione, attraverso la quale l’autrice sembra voler rivelare la più semplice
verità: tutti, più o meno, siamo e saremo, per sempre, invischiati in
quest’amore appiccicoso, denso, aspro. Tutti figli della medesima impossibilità
di colmare la distanza con la figura più vicina. La madre quintessenziale del
racconto di racconti scorre nella figlia, di generazione in generazione questa
irrequietezza dei sentimenti, sempre “male espressi”, produce il continuum da
cui non si sfugge. La confessione è forse l’unica forma di conclusione possibile,
arrendersi a
questo
grumo (grommo) vuol dire arrendersi alle gioie della scrittura di sé, qui
evocata da una immagine dell’infanzia felicissima e geniale: «Togli la muffa...
e mangiala: la muffa non gli fa niente, alla marmellata». Un’altra sostanza vischiosa
e vitale (nonché duplice) a cui è impossibile sottrarsi.
Roberto Speziale
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Un’overdose di
personaggi elencati fin da subito per una questione di chiarezza narrativa,
spesso però sbiadita dagli eccessivi intrecci narrativi. Un susseguirsi di racconti,
memorie e metastorie che partono dalla fine per arrivare all’inizio di questa
vicenda familiare non semplice da raccontare; forse personale e per questo poco
tecnica.
Alessio Castiglione