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Il secolo dei giovani e il mito di James Dean di Goffredo Fofi
La Nave di Teseo

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Venezia "Fondazione Querini Stampalia"
coordinato da Cristina Celegon
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Definire il ‘900 come Secolo dei Giovani, più che un titolo di speranza mi ha fatto pensare ai 10 milioni di giovani morti nella 1. Guerra e ai 60 milioni della 2. Dopo aver analizzato approfonditamente i miti cinematografici giovanili di quegli anni, l’autore chiude il libro, a mio avviso, un po’ troppo frettolosamente. Una bella citazione “il segreto dell’adolescenza è stato e deve essere la comprensione che vivere significa rischiare la morte, che la rabbia di vivere è l’impossibilità di vivere” e l’icona del secolo 21. Greta Tunberg come unico input a dare l’idea delle speranze e ribellioni future. Sono le due immagini conclusive, seppur belle non mi sono sembrate sufficienti e nell’insieme l’opera mi ha destato un po’ di delusione e qualche perplessità.

Sandra Martin

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Questo pamphlet degli anni 80, aggiornato e ristampato a fine 2020, ci mostra come nel Novecento si sia via via manifestata la volontà di neutralizzare ed uccidere lo slancio di ribellione dei giovani.

Nell'introduzione l'autore si chiede come incauti studiosi abbiano osato chiamare il Novecento “Il secolo dei giovani” visto che durante le due guerre mondiali, e non solo, sono morte milioni di persone, soprattutto giovani.

Chiaramente questa definizione si riferisce alle nuove forme di protagonismo giovanile che videro i giovani ribellarsi al mondo borghese in reazione alle due guerre mondiali. Furono ancora i giovani, sopravvissuti alla guerra, a cercare e a sperimentare nuovi modi di esprimersi e di vedere il mondo anche attraverso le avanguardie artistiche e letterarie, nonostante il pericolo di tornare ad uno status quo destinato a reprimere ogni spirito rivoluzionario.

Secondo Fofi: “ è in questo modo che si deve intendere il “secolo dei giovani”, quando i giovani esprimevano e imponevano finalmente un io collettivo, e ciò non era un paradosso ma una realtà, l'incontro tra il disagio e la rivolta del singolo con il disagio e la rivolta degli oppressi. Il “secolo dei giovani” ebbe una vita assai breve “.

Questa breve vita durò qualche decennio, poco più di una generazione, prima che il culto del “narcisismo” ( su questo Fofi ci rimanda ai saggi di Christopher Lasch) decretasse una sconfitta storica forse definitiva. A mio avviso questo periodo non fu così breve e la sconfitta non fu così definitiva perché in Europa ci furono significativi cambiamenti in diversi campi ed importanti conquiste. Queste considerazioni, spiegate con precisione, portano Fofi a parlarci di cinema e soprattutto di James Dean e del suo mito. Il periodo delle ribellioni e delle passioni giovanili, che si concluderà nei secondi anni 70, inizia nella prima metà degli anni 50 anche con il contributo del cinema.

Dopo la crisi del 1929 ci dice Fofi: “ il cinema “tira”, la grande novità è che ormai “parla”, e la gente fa le code per distrarsi sognando.”

 In questo cinema il posto riservato ai giovani è molto scarso, la loro immagine è “angelica e sciocca” e sono subordinati all'autorità adulta.

Poi le cose cominciano a cambiare a partire da John Garfield “the first rebel”, giovane ribelle di origine proletaria, che viene dalla strada e che deve fare i conti con la crisi e ne ha passate troppe per credere ancora nel futuro. Garfield è un punto di passaggio tra la “ribellione con causa” e la “ribellione senza causa” di Dean, Brando e Clift. Anche Garfield fu diretto da N. Ray, il regista che diede a Dean la fama in “Gioventù bruciata”, titolo originale “Rebel without a cause”. nel ribelle senza causa di Dean ( molto importante per la sua evoluzione l'Actors Studio e il rapporto con Kazan e Strasberg ) c'è un disagio psicologico proprio di un adolescenza senza punti fermi, senza modelli familiari e sociali e così ci dice Fofi:

“per la prima volta il cinema ci mise difronte a un tema essenziale degli anni a venire: l'impossibilità nella società sviluppata di una “età adulta” cui tendere, la condanna di tutti a una forzata immaturità.”I molti giovani che affollavano i cinema si riconoscevano in Dean che incarnava le loro esigenze e il loro disagio e così nacque il mito, sicuramente aiutato dalla sua morte precoce e violenta.

Dean anticipa il 1968 e la “nouvelle vague” porta una ventata di libertà e di anticonformismo, ma già in Francia circola un manifesto con la scritta: “Corri ragazzo, che il vecchio mondo vuole riacciuffarti.” Le rivoluzioni giovanili non sono riuscite a cambiare il mondo e la vita, così ora ci troviamo in una società dove ha vinto il potere distruttivo del capitale del quale sembrano essere proprio i giovani i principali responsabili. Considerazioni molto dure che penalizzano tutti i giovani in modo, a mio parere, eccessivo ed ingiusto.

Ha una sola speranza Fofi ed è la nascita di una coscienza ecologica che possa unire in una lotta comune gli oppressi di tutto il mondo e di una consapevolezza dei meccanismi del potere e dei modi in cui esso inganna, corrompe e distrugge.

Interessante questo percorso di Fofi, fonte molto ricca di suggerimenti per approfondimenti nel mondo del cinema e della saggistica, che apre a riflessioni e a molte domande.

Rita Luparelli

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Nella chiara e ricca introduzione a questo saggio, Fofi si chiede se il Novecento possa veramente essere definito “il secolo dei giovani” nonostante le guerre mondiali e i movimenti di rivolta, che hanno ucciso milioni di persone. Oggi i giovani sembrano tra i principali strumenti del potere distruttivo del capitale, ma spera che nuove rivolte partano da minoranze coscienti, determinate e animate da una nuova coscienza ecologica. Inoltre auspica “che tante Greta nascano e lottino, senza farsi ingannare da quei nemici che addormentano la coscienza”.

La seconda parte del saggio è dedicata a James Dean e a quanto la sua storia abbia inciso sulla immaginazione dei giovani. Dean è considerato uno dei maggiori divi del secolo scorso perchè nella storia del divismo conta quanto l'immagine del divo incide sul pubblico e “Gioventù bruciata è il primo film a descrivere i giovani da veri protagonisti non ancora coscienti di essere tali”. Eè nel ribelle senza causa di Dean e nei suoi amici e amiche che, per la prima volta, il cinema ci ha messo di fronte a un tema essenziale: l'impossibilità nella società sviluppata di una “età adulta” cui tendere, la condanna di tutti a una forzata immaturità.

Il saggio è ricco di riferimenti a registi, attori e film del periodo. Anche le citazioni letterarie sono numerose e interessanti.

Silvia Marri

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Questo breve saggio, prendendo le mosse dal mito di James Dean, che la morte precoce ha reso simbolo di eterna gioventù nell’immaginario popolare, delinea con precisione e ricchezza di puntuali riferimenti il racconto della ribellione giovanile dagli anni 30 agli anni 50 del secolo scorso nel cinema classico di Hollywood. Nonostante un’introduzione ideologicamente molto schierata che potrebbe indisporre qualche lettore, il testo offre una chiave di lettura davvero esauriente e documentata di questo tema e risulta senz’altro efficace riuscendo senz’altro a creare interesse e a motivare il lettore a cercare di ampliare la propria cultura cinematografica del periodo rivedendo molti film o vedendo per la prima volta quelli che non conosce.

Daniele Ruggieri

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Fofi ripercorre la morte di tanti giovani nella prima metà del 1900 a partire dalla prima guerra mondiale; le vittime delle rivolte e rivoluzioni del secondo dopoguerra: Lumumba, Guevara,Luther King, Palach, i giovani monaci buddisti in Vietnam ..

Cita le rivolte universitarie, a partire dal 1962, statunitensi, europee, giapponesi, latino-americane, la guerra in Vietnam.

Leggendo ripercorro il contesto che ha influenzato gli anni in cui sono cresciuta scoprendo dettagli che non conoscevo, di cui non mi rendevo conto, trovo spiegazioni in più.

I film sono un percorso interpretativo nuovo per me, lo affianco alle interpretazioni ideologiche, culturali e letterarie che facevano parte del nostro quotidiano di giovanissimi del 68 a Mestre.

Non vedo la separazione tra i giovani con causa ed i giovani senza causa su cui Fofi si dilunga attraverso l’analisi dei film: interessante la critica cinematografica, anche l’indagine psicologica dei personaggi, attori e registi, e la rappresentazione della realtà dei giovani anni 50/60, ma penso che tutti i giovani hanno una causa e molte cause che si intrecciano nel percorso di maturazione personale e sociale: vogliono staccarsi dal padre e conquistare il mondo. Ovviamente il rischio è di andare incontro a sconfitte amare delle speranze, dovendo affrontare nuovi disagi anche questi ben rappresentati nei film interpretati da Nicholson, Beatty, De Niro, Hoffman, Pacino, Gere, Cruise, Dillon, Rourke, Depp “aduli immaturi ed esternamente robottizzati”

Il percorso delineato da Fofi si circoscrive nell’analisi dei film, ma negli anni 60-70 la questione giovanile è stata individuale e collettiva, si è espressa attraverso la contestazione, ha trovato rappresentanza nei cantanti, ha percorso le vie della liberazione femminile tracciate negli anni precedenti, si è concretizzata attraverso la conquista di diritti civili. Portavo con orgoglio e noncuranza la maglietta con il ritratto di Angela Davis.

Molti giovani in molti paesi hanno vissuto le loro idee fino alla morte, molti sono morti combattendo anche se siamo stati una generazione con guerre o dittature circoscritte in certi Paesi.

Abbiamo vissuto molto, più o meno rinunciando a qualcosa, ma credo che nell’età adulta non siamo stati più attenti ai giovani di quanto siano stati capaci di fare i nostri genitori. Forse li abbiamo protetti di più, ma da cosa? Abbiamo saputo fare un passo in più nel superare il conflitto tra adulti e giovani? Sicuramente abbiamo lasciato ai giovani il problema del clima, di sapersi adattare e rinunciare per tentare di salvare l’ambiente in cui viviamo, la necessità di un cambio di sguardo: che cos’è una buona vita? A cosa rinunciare? Se il livello del mare si alza anche Venezia, o un altro luogo del mondo in cui viviamo, va sott’acqua. Scelgo il saggio di Fofi, perché mi suggerisce scoperte e considerazioni, a partire dalle esperienze di quando ero ragazza.

Silvana Gasperi

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