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Barzellette di Ascanio Celestini

Einaudi

 

Il libro di Ascanio Celestini appare come un affresco di situazioni ridicole e paradossali, talvolta mostruose, che sembrano caratterizzare i tempi che stiamo vivendo. Lo stesso autore chiama questi racconti “storie storte”. La sua voce narrante è, questa volta, quella di un capostazione che ha raccolto le vicende di uomini e donne che arrivano e partono ogni giorno. La stazione è un luogo privilegiato per chi sa osservare le azioni, ascoltare e interpretare le parole di un’umanità in viaggio, attraversando mondi e culture. L’importante è non dimenticare mai che, nonostante infamie, meschinità, debolezze e fragilità, si può ridere di tutto a cominciare da noi stessi.

Ludovica Mazzola

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In una stazione immaginaria un ferroviere dischiude il suo brogliaccio a beneficio di un impresario funebre. Il primo trasborda passeggeri da una città all’altra, il secondo li traghetta dalla vita alla morte. Il dialogo surreale tra i due diventa il pretesto per raccontare una lunga serie di barzellette: alcune argute e dissacranti, altre decisamente poco divertenti, qualcuna misogina, qualcuna incomprensibile. Un’antologia varia, non sempre riuscita, che tenta – tra una risata e l’altra – di farci riflettere sulle nostre miserie, le nostre debolezze e le nostre disillusioni.

Aida Marrella

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È ben formulata la forma epistolare del romanzo e facilita molto la lettura. È la storia di una ragazza di 18 anni che indaga nella vita e nei segreti dei membri di una famiglia allargata diversa da tutte le altre, che non immaginava potesse diventare anche la sua famiglia. Nurit, la protagonista, scopre molto affetto, ma anche contraddizioni e segreti e indaga con tenacia perché vuole ritrovare le sue radici dopo la scoperta di essere nata per inseminazione artificiale. Questa verità rende urgente la conoscenza del padre biologico e riesce a farlo. La sua passione per il cinema le fa desiderare di girare un documentario sulla storia del padre e della famiglia. Nel libro ci sono molti riferimenti storici finalizzati a far conoscere la cultura sionista riportandola indietro fino alla seconda guerra mondiale. È interessante il finale che rende una buona lettura nell'insieme e ci fa capire che a volte, svelare i segreti non sia necessariamente la scelta migliore.

Rita Cerri

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Barzellette si configura come un lungo monologo in cui l'io narrante si rivolge ad un interlocutore muto di cui conosciamo soltanto il soprannome, Geometra, e la professione, ossia becchino. Mentre entrambi attendono, nella piccola stazione terminale, il feretro della misteriosa figura del Carcamano, il protagonista racconta una serie di barzellette che sono il frutto di una sua personale raccolta, ma, in questa particolare cornice, realtà e finzione si sovrappongono e nulla è come sembra. Le barzellette sono la vera struttura portante del libro: esse spaziano sia su vari argomenti, sia su varie figure sociali; se ne alternano di sconvenienti e irriverenti ad altre gustosissime e sottili. È un libro che ci fa ridere, che a volte ci può far storcere il naso per il suo essere dissacrante, ma il cui senso ultimo si può racchiudere nelle stesse parole dell'autore: le barzellette «ci danno la possibilità di prendere il peggio di noi e del mondo e di appropriarcene per smontarlo e conoscerlo».

Teresa De Piano

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Un misterioso narratore ci parla di un suo brogliaccio, dove prende appunti, in realtà barzellette. La vicenda si svolge in un contesto ferroviario, tra lui e un capostazione, tra treni e stazioni e, soprattutto, tante persone che ci passano. E per ogni persona o sarebbe meglio dire tipi (la suocera, la moglie, il prete, l’ambasciatore, il venditore, …) vengono raccontate delle barzellette, come fossero le loro storie. È strano, siamo abituati ad ascoltarle le barzellette o a raccontarle - se siamo bravi, - ma un libro di barzellette? L’autore si cimenta proprio in questo e il risultato è una narrazione un po’ vintage, che sì ci fa sorridere, ma spesso si vela di nostalgia, oppure ci riporta a vicende e stili del passato. È raro sentir nominare computer, tecnologia, social e men che meno smartphone, Google o Facebook. L’effetto non è sicuramente casuale, è un modo per riaffermare un mondo in cui ci si ferma a parlare, a raccontare, ad ascoltare, a ridere e non importa quanto tempo passa, si può sempre prendere il treno successivo, fino all’ultima stazione.

Pierluigi Cara

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Sono rimasta incredula leggendo le ultime pagine di questo libro. Si può davvero pensare di applicare la vis comica delle barzellette ai pedofili e credere di suscitare l’ilarità? Si può giocare su dei crimini odiosi? Mi viene in mente Charlie Chaplin col suo capolavoro sul nazismo: “Il Grande Dittatore”. Ma bisogna essere Chaplin.  So bene che ormai in Tv, Cinema, Teatro ecc., fa sempre più audience chi più scandalizza e osa andare “oltre”. Purtroppo. Io non mi scandalizzo e non rido. Rimango incredula. Di certo non è un libro che consiglierò a qualcuno.

Maria Rosalba Mereu

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L’autore in questo libro mette in bocca alla voce narrante di un addetto alle ferrovie questa definizione: «Le barzellette sono la grande letteratura di noi illetterati». E lasciamola a loro. Una buona barzelletta può far piacere a tutti leggerla o ascoltarla, ma il troppo stroppia. Questo libro di Ascanio Celestini è decisamente non necessario: un insieme di barzellette spesso stantie e di cattivo gusto, riunite per tema. Sgradito anche il dubbio sull’intelligenza del lettore: «L’hai capita?».

Antonietta Tiberia

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Chi comincia a leggere si pone subito l'interrogativo: "C'è un senso?": nella struttura, all'interno della classificazione in cui è diviso il testo. Si cerca di penetrare il messaggio nascosto, si percorre avanti e in dietro le barzellette e il titolo loro dato. Non c'è verso. Molte hanno bisogno di più letture per essere capite. La volgarità sempre presente, il sesso vissuto nei suoi aspetti più brutali nella falsa concezione ed equivalenza che la volgarità si coniughi con la libertà. I quadretti vitali ben descritti ma manca il colpo d'ala, le contraddizioni evidenziate, si crea molta attesa che viene delusa dall'assenza di un finale scoppiettante che solo fa scaturire la risata. L'impaginazione non favorisce poiché tra una barzelletta e l'altra non vi è quello spazio necessario a capire che è terminata. Un puro elenco, un'occasione persa.

Maria Antonietta Comand

 

 

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