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Chiamiamo il babbo di Paolo e silvia Scola

Rizzoli

 

Paola e Silvia Scola, Chiamiamo il babbo. Storia di famiglia. Si può non essere appassionati di biografie, ma il racconto della vita di Ettore   Scola,   il   regista   che   vinse numerosi David di Donatello e sfiorò più   volte   l'Oscar,   scritto   con affettuosa ironia  e con la necessaria partecipazione   e -   motiva,   dalle figlie, fa amare il genere. Le quasi trecento pagine sono un   invito a diventare amici   di Scola, il padre che ogni figlia avrebbe voluto e il regista, perfezionista maniacale e disegnatore accurato, che non dava importanza ai premi   ma che con umiltà     seppe   dedicarsi   alle   cose piccole della vita. La natura solare e ottimista, tutta partenopea, secondo le parole delle figlie, è resa  con la piacevolezza di una conversazione, in cui i ricordi non sono solo schegge malinconiche   ma – al contrario - immagini vive e coinvolgenti.  Certo è la storia di un regista importante ma   è   l'umanissima   fotografia   di pagine importanti del cinema  della società, della cultura e della politica italiana.   Insomma   un   racconto accogliente,     un     intelligente intreccio   di   ricordi   personali,   mai agiografici, che diventano memoria per tutti. Da leggere e per rivedere i film di Ettore Scola. O se preferiamo per capire quanto lui disse in una

intervista: La famiglia è una radice, viene fuori anche quando non vuoi, gonfia la terra, solleva l’asfalto, ma se non ci fosse forse non staresti in piedi perché noi non siamo molto diversi dalle piante.         E questo libro intitolato affettuosamente “Chiamiamolo babbo. Una storia di famiglia”  ci fa davvero sentire parte di una grande famiglia.

Renata Ballerio

 

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Decreto la vittoria del libro L’Albatro, pur avendo molto apprezzato l’altro.

Sono entrambe letture appassionanti e ben scritte.

Gianfranco Gattoni

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Entrambi mi sono piaciuti ma ho preferito L’Albatro

Franca Stefanelli

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Bellissimo romanzo sullo sceneggiatore e regista Ettore Scola, scritto a quattro mani dalle figlie Paola e Silvia. Il libro è diviso in capitoli, ognuno scritto da una delle due figlie, in cui si alternano racconti di episodi e aneddoti della vita, sia privata che professionale, del padre. Lo stile del romanzo è molto scorrevole e godibile. Il contenuto è molto interessante, perché attraverso i racconti delle due figlie (solo in alcuni punti leggermente ripetitivi) emerge la figura di un padre da loro molto amato e di un professionista eccezionale. Uno dei punti di forza del libro, a mio avviso, è la scelta delle figlie di condividere con il lettore tanti piccoli dettagli della vita di Scola, come ad esempio le citazioni tratte dalla quotidianità o da film, che Scola introduce nel proprio “lessico famigliare” (emblematica e molto azzeccata, in questo senso, la scelta del titolo).

Chiara Trivellin

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Paola e Silvia Scola ricreano attraverso ricordi personali e riprendendo eventi pubblici la vita e la personalità del padre, il regista Ettore Scola. La storia di una famiglia, di relazioni forti, di un grande personaggio italiano visto dagli occhi affettuosi delle figlie, che ne restituiscono un ritratto intimo e delicato, ma anche ironico e allegro, così come il regista per decenni ha raccontato l'Italia e gli italiani.  Chi era quindi questo grande regista? Una sintesi perfetta la fa la figlia Paola in questo passaggio: il padre che "ogni bambina, e poi ogni donna e ogni persona sogna di avere: uno su cui puoi contare sempre quando ne hai bisogno [...]; che fa il tifo per te, che ti sprona, ti incoraggia e ti stoppa quando è il momento di mettere dei limiti.  E che ti ama incondizionatamente".

Grazia Lodigiani 

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La storia di Ettore Scola raccontata dalle figlie è anche la storia della commedia all'italiana, dei grandi della nostra cinematografia del dopoguerra. Dei rapporti del grande regista con Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Massimo Troisi, del modo in cui, in un clima giocoso, pieno di ironia, di scontri, di discussioni, di confronti tra grandi personalità, sono nate alcune delle più belle pellicole del cinema italiano, frutto della creatività di Scola, ma anche della sua famiglia parallela, quella professionale, fatta di lavoro e amicizia con Age e Scarpelli, Maccari, Amidei. Si parla di famiglia, in questo libro, del lessico che ha segnato il rapporto tra Paola e Silvia con il padre, fatto di uno sconfinato affetto, di grande complicità e collaborazione anche dal punto di vista professionale. Ma si parla anche di politica: le grandi innovazioni di linguaggio e di contenuti che Scola ha introdotto con il suo cinema vanno di pari passo con la voglia di cambiare il Paese anche con l'impegno politico diretto, ricostruito in modo semplice e immediato grazie ai ricordi di chi lo ha conosciuto da vicino.

Paolo Rossetti

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Una grande amicizia che illumina il mondo di un bambino. Alle prese con un nobiltà, quella della sua famiglia,  capace ancora, inizialmente, di brillare di luce propria, prima di un veloce e inevitabile declino. Un'amicizia nata in un mondo fatto prevalentemente di adulti che fa mette a nudo il carattere solitario ma anche incline alla meditazione del giovane Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Così la genesi del suo capolavoro, "il Gattopardo" è raccontata come se il libro fosse una sorta di sintesi, di summa, di tutta la vita dell'autore, delle sue esperienze, del bambino che conosce il su coetaneo Antonno, dell'adulto che cambia il suo modo di essere passando attraverso le guerre, il matrimonio, i viaggi, la malattia. Esperienze che si sono sedimentate in lui e che hanno costituito la base di un volume che Tomasi di Lampedusa non ha visto apprezzare durante la sua vita, ma che è stato pubblicato è riconosciuto in tutta la sua bellezza solo dopo la morte dell'autore. Tutto raccontato con una scrittura raffinata e coinvolgente.

Paolo Rossetti

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Non sono un’appassionata di biografie ma devo dire di essere rimasta piacevolmente colpita dalla delicatezza con cui l’autrice racconta della vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Innanzitutto ho trovato perfetto il titolo che richiama alla perfezione la figura di Antonno, amico fidato che accompagna Giuseppe nel corso della sua vita con i suoi modi di essere così fuori dagli schemi da sembrare, a volte, un pazzo. Questa pazzia è proprio l’ingrediente che aiuterà Giuseppe a vivere la sua vita sul filo delle emozioni.  La scrittura è scorrevole e la voglia di sapere porta il lettore ad arrivare facilmente alla fine dove si intravede un pizzico di malinconia che invita a fare alcune riflessioni sul vissuto personale.

Originale l’idea dell’autrice che racconta una vita straordinaria facendo sognare il lettore.

Marcella

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Chiamiamo il babbo è una dolce, piacevole e insolita biografia del grande regista Ettore Scola, che si conclude con un aneddoto divertente.

All'ennesimo Oscar sfiorato e non vinto, la moglie Gigliola gli fa trovare al suo ritorno a casa una riproduzione della famosa statuetta che al posto della nobile posa, sfoggia un eloquente gesto dell'ombrello, "tiè". Credo che se Ettore Scola potesse leggere il ritratto che di lui come padre ci restituiscono in questo libro le sue figlie Paola e Silvia, ogni altro premio perderebbe valore perché Chiamiamo il babbo racconta a due voci non solo un immenso artista, ma anche e soprattutto un grande padre. Impegnato nel suo lavoro, ma non per questo assente dalla vita delle sue figlie anzi talmente presente che la sua morte lascia un vuoto devastante. Dunque questo è Ettore Scola: un uomo umile ma geniale, amante della vita e dell'arte, un amico sincero, un marito innamorato, un regista che è un vanto per noi italiani e soprattutto un padre straordinario. 

Cristina Azzimonti

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Inizio subito col dire che questo libro non mi è piaciuto. Le figlie hanno voluto omaggiare un grande padre raccontandone la vita, non solo quella che si può leggere su internet ma arricchendo il tutto di eventi e aneddoti privati utili al lettore per conoscere un Ettore Scola a 360 gradi. Ho trovato questo libro poco coinvolgente e a tratti noioso. Scrittura fin troppo semplice. Si poteva fare qualcosa in più secondo me.

Marcella

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Un film o un libro? Questo è quello che mi chiedo mentre scorrono le pagine di “Chiamiamo il babbo”, scritto a quattro mani dalle due figlie del celebre regista, un inno alla vita, all'amore, alla famiglia, all’amicizia e al lavoro: ecco una vera dichiarazione d'amore, da parte di Paola e Silvia, scritta alternandosi più volte, prima l'una e poi l'altra, nei confronti del padre.

Un tuffo nel passato che ripercorriamo attraverso una girandola di ricordi, di film che ci sono rimasti nel cuore, di attori e registi che tanto abbiamo amato e che adesso sentiamo ancora più vicini, più veri, più vivi. E quando arrivi all’ultima pagina, non provi la tristezza di aver terminato un’avventura ma la felicità di aver preso parte come comparsa in un film di un grande regista, di un grande uomo.

Patrizia Argenziano

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Ettore Scola non ha certo bisogno di presentazioni, “Chiamiamo il Babbo” è sì un libro biografico ma è prima di tutto una sconfinata dichiarazione d’amore delle due figlie Paola e Silvia per il proprio padre, un padre immenso, che è stato tale anche per tutti noi, regalandoci film unici e ineguagliabili. Le due sorelle sono state generosissime di aneddoti, dettagli e ricordi anche molto intimi del grande regista e sceneggiatore, e noi ammiratori siamo davvero grati di ciò. La scelta stilistica di narrare attraverso il proprio privato ginzburghiano “lessico famigliare” magicamente ci trasporta non solo tra le mura domestiche degli Scola ma anche sui set di alcuni tra i più bei film che la nostra memoria collettiva ricordi. Il diritto alla felicità è sempre stato al centro del pensiero di Ettore Scola, in un film come “una giornata particolare” emerge forte la denuncia verso l’ascesa del nazifascismo che lentamente e subdolamente attentava a questo diritto. Un libro stupendo, che per dirla con il lessico degli Scola “no non metteremo vicino alle valigie”.

Rosamaria Lo Dico

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Libro da leggere e consigliare per entrare, con un biglietto di prima fila, nel mondo del cinema italiano, per le innumerevoli informazioni, ai più sconosciuti, di Ettore Scola: cineasta, regista, sceneggiatore, padre e amico dei nostri grandissimi attori e attrici dagli anni '70 in poi.

Non è soltanto un libro che le figlie di E.S. scrivono sul padre, è stato per me lettrice, un flusso di ricordi che mi hanno permesso di constatare che quel tempo mi appartiene sia come cinefila ma soprattutto per gli ideali che scorrevano e si appropriavano delle nostre coscienze.

Ho visto Trevico Torino viaggio in Fiat Nam, sì andavo a vedere i film esclusi dalla grande distribuzione: di nicchia, filmografia greca e con temi sociali e politicizzati.

Anch'io ho vissuto e vivo delle delusioni in ambito socio-politico, ma questo libro mi ha dato la certezza che non eravamo soli.

Se Silvia Scola ha frequentato il XXV liceo sperimentale, credo d'averla incontrata, frequentavo la facoltà di architettura e facevo supplenze, anche nella scuola c'era una ventata di rinnovamento, facevo lezioni di urbanistica e storia dell'arte riportando quanto appreso in facoltà.

Ho visto l'intervista di Pif, e traspare il rispetto verso il grande regista, commovente la stima e l'emozione di Pif.

E poi tutto quello che c'è dietro un film, noi seduti in poltrona afferriamo la magia del buio in sala e l'attesa che lo schermo si illumini, ma non sappiamo e non conosciamo le fatiche dei cineasti.

Paola e Silvia Scola, con generosità, amore per il padre e per tutto quello che ruota intorno al mestiere del cinema, elargiscono a piene mani aneddoti e ricordi degli interpreti che ho maggiormente amato, conosco e visto quasi tutti i film di Scola e quanto riportato nel libro mi rafforza e intenerisce.

E ora questo mio scritto mettetelo "vicino alle valigie".

Rosetta Tenti

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Sono stata invitata a bere un tea da due amiche. Due sorelle. Paola a Silvia. Sono stata invitata per un tea a casa Scola. L’atmosfera era vivace e accogliente. Abbiamo riso e scherzato tanto, parlato della loro vita con un papà importante e mai ingombrante. Mi hanno raccontato episodi familiari e aneddoti di amici…ma non amici qualunque. Sono amici che hanno segnato la storia del cinema italiano, chi col proprio volto chi con la propria arte di comunicare. Abbiamo parlato di tutto: il papà, la mamma, mariti, figli, lavoro, salute e scelte di vita. Questo libro è così: una conversazione tra amiche, sedute a un tavolino, con una bella tovaglia bianca di Fiandra ricamata a mano, sorseggiando tea e sgranocchiando biscotti fatti dalla mamma, facendo scorrere le foto un po’ sbiadite di un album di famiglia…di una bella e allegra famiglia italiana che ha vissuto in prima persona l’età d’oro del cinema italiano. Spero che Paola e Silvia mi invitino almeno un’altra volta a bere il tea da loro, è stato un bellissimo pomeriggio di chiacchiere allegre.

Alessandra

 

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In “Chiamiamo il babbo”, edito da Rizzoli, Paola e Silvia Scola, oltrepassando i confini del memoir, delineano l’epopea neo-realista del cinema e le sue incursioni nella Storia, Politica e Letteratura. Molto più, dunque, di un tributo al loro padre, all’anagrafe, Ettore Euplio Emidio Scola, che, da loro vezzeggiato Ponzi, nacque, ancora guaglioncello trevicano, come vignettista, nella rivista umoristica, Marc’Aurelio. Tra i maggiori registi europei del ‘900, Ettore Scola, pur di non tradire la sua essenza, si inimicò la famiglia Agnelli, per aver portato alla ribalta le umilianti condizioni della classe operaia. I protagonisti dei suoi film, sempre traboccanti di ironia, erano spesso afflitti da tic e portatori di difetti in un gioco tutto pirandelliano dell’apparire e dell’essere.

                                Lucia Corsale

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Ottimo libro: interessante, piacevole, di facile comprensione del testo, particolarmente scorrevole, avvincente, (tanto da riuscire a carpire ed incuriosire totalmente il lettore) può essere letto in pochissimi giorni.

Inizialmente il libro sembra un po' noioso, ma Secondo il mio parere Non si tratta del solito libro, (che io definisco scherzosamente epitaffio), dove i parenti parlano del proprio caro elencandone solo i pregi ed omettendo a piè pari i difetti e le sciocchezze commesse in vita dal caro defunto; piuttosto è un libro onesto non privo di dettagli, ( tutti disposti in maniera sapiente e fluida).

È interessantissimo in quanto non si ferma solo alla figura dell'amato padre e della loro famiglia ma mette in luce anche uno spaccato della storia del cinema (come veniva costruito un film, attori, attrici, ecc.), della società, della politica.

Consigliatissimo.

Adriana Santandrea

 

Ho avuto il piacere di leggere "Chiamiamo il babbo", di Silvia e Paola Scola, uscito nelle librerie il 25 novembre 2019. Le figlie di Ettore Scola raccontano la vita lavorativa e privata del produttore cinematografico, regista e sceneggiatore italiano, noto soprattutto per i suoi successi quali "La terrazza", "La famiglia", "Il sorpasso." Nell'opera sono narrati aneddoti di vita familiare spesso utilizzando espressioni dialettali tra le quali ricorre spesso "chiamiamo il babbo", citazione presa in prestito da uno dei film con protagonista Totò, diretto da Scola. Questa frase veniva utilizzata qualora qualcuno si dimostrasse incapace di compiere una determinata azione. Il libro descrive anche la vita professionale del regista da quando era un giovane sceneggiatore e fumettista, fino al suo ultimo capolavoro "Che strano chiamarsi Federico", dedicato a Federico Fellini. La prefazione del libro è stata scritta da Daniel Pennac, autore francese di fama internazionale. È incredibile come, secondo lo scritto, il produttore riuscisse a lavorare con molta confusione attorno, preferendo il chiasso al silenzio. Viene anche citato un lavoro tra i meno conosciuti del regista, "Trevico-Torino, Viaggio nel Fiat-Nam". Esso è stato la "madre" del genere docu-film. Trattava delle difficili condizioni dei lavoratori di Trevico (AV) migrati verso Torino alla ricerca di lavoro come operai della Fiat. Durante le riprese, gli attori dovevano travestirsi e nascondere le telecamere, poiché Gianni Agnelli non permetteva che venissero girati dei video all'interno delle fabbriche. Il documentario non ebbe successo, viste le numerose controversie con l'azienda Fiat dopo la proiezione in una sala di Roma. Tutt'ora, la pellicola è quasi introvabile.

È un libro molto interessante.

Federica Barone

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Narrazione nel solco di storie personali che diventano collettive. Intimo, ma al tempo stesso aperto ed innovativo nella costruzione. Stile nel solco di una letteratura tradizionale che conquista il lettore.

Luigi Amato

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Si tratta di un libro delizioso e piacevolissimo da leggere, pieno di calore e di memoria. Il calore nasce dall’affetto con cui le figlie, Paola e Silvia, descrivono la storia del padre, il mitico Ettore Scola. La memoria è invece rievocata non solo per tracciare la storia del regista ma anche per regalarci spaccati dei tempi d’oro del cinema italiano. Dall’amore per le frittate “bavose” di Mastroianni ai vezzi di un gigante “nascosto” come Amedei, dai capricci della Loren durante le riprese alla fortuna della Vitti in un gioco a casa del regista, dalla bontà di Sordi (che doveva rimanere nascosta) alle caratteristiche uniche di Troisi: il lettore è trasportato, in modo affascinante, nelle vite dei pezzi da novanta che hanno impreziosito le pellicole di una volta. Il libro è continuamente puntellato da aneddoti curiosi e divertenti che hanno generato un proprio ed unico lessico familiare in casa Scola. Ed è anche attraverso questo lessico che viene fuori una biografia non edulcorata: Ettore viene rappresentato con i suoi infiniti pregi (l’ironia, l’umiltà, il rifuggire dai riflettori puntati sulla propria persona, la coerenza professionale) ma anche con i suoi difetti (lo spendere in modo eccessivo, non per sé, ma per i familiari ed amici): questa “onestà” rappresentativa ci regala così un quadro, reale e completo, di un padre che è stato uno dei pilastri della storia cinematografica italiana ed internazionale!

Filippo Barrale

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Ettore Scola era un maestro del cinema italiano e regista famoso in tutto il mondo. L'ho sempre conosciuto attraverso i suoi film o seguendo trasmissioni dedicate a lui. Leggendo il libro "chiamiamo il babbo" ho avuto il privilegio di entrare all'interno della sua famiglia, descritto attraverso le parole delle due figlie Silvia e Paola che hanno narrato aneddoti, ricordi e racconti, dipingendolo come un "grande padre". Un libro ben scritto, semplice, tenero e commovente dove si scoprono i lati umani del grande regista, mi sono immersa nella lettura con infinito piacere soffermandomi su diverse parti molto simpatiche, ho immaginato il rapporto che legava le figlie a Ettore e ho ritrovato una famiglia unita, rispettosa e se posso dire anche umile.

Barbara D'Angelo

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Inizio con il dire che non è assolutamente un libro noioso, diverte soprattutto la rappresentazione dell'uomo del sud che viene attribuita da Paola e Silvia ed anche la terminologia utilizzata molto informale assolutamente gradevole. le figlie sicuramente hanno ereditato dal padre la capacità di raccontare divertendo, dando il privilegio di entrare a far parte della loro famiglia, di certo il metodo migliore per conoscere qualcuno è vederlo raccontare dagli occhi di chi lo vuol bene. La semplicità ma allo stesso tempo il tepore trasmesso dal racconto di chi lo ha vissuto in prima persona come le figlie è una cosa non indifferente che permette al lettore di sentirsi in "famiglia". indubbiamente spicca la capacità di dare una nuova faccia alla realtà tramite la sua umanità.
un libro a metà tra l autobiografia e la biografia che permette di conoscere certi aspetti che di certo chi vive fuori da casa non potrebbe mai godere.
supera molto le aspettative anche di quelli che non conoscono i film.
inoltre l'utilizzo di toni leggeri per trattare temi pesanti lo appoggio pienamente poiché la gente è vero che preferisce divertirsi che dilaniarsi (cit.) ciò non toglie l'importanza del trattare alcune tematiche aggiungendo un pizzico di leggerezza.

Noemi Cricchio

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Paola e Silvia Scola tentano di tracciare in questo testo, di piacevole lettura, il profilo umano e professionale del padre. La figura di questo grandissimo protagonista del cinema italiano del ’900 emerge, senza retorica o intenti celebrativi, in tutto il suo spessore, ma anche con i suoi limiti e difetti. Conosciamo così la nascita della sua passione letteraria e cinematografica, la storia della famiglia e del loro lessico familiare, ma soprattutto abbiamo l’interessantissima descrizione di un periodo d’oro del cinema italiano. Innumerevoli i protagonisti che hanno diviso con lui questa straordinaria avventura: soggettisti e scrittori sempre insieme, per scambiare pensieri e proposte, con costante riferimento a testi di letteratura e poi ognuno alla propria macchina da scrivere, per realizzare in piena incredibile collaborazione il testo ideato. Li ritroviamo poi a condividere anche l’intera vita, le vacanze, le serate, le immancabili riunioni di gioco del giovedì. Incontriamo tanti attori-amici: Gassman, Manfredi, Loren, Sordi ed altri, pronti a lasciarsi guidare per riuscire ad interpretare sullo schermo il “pensiero” del regista. Legati a Scola da lavoro e vita in un sodalizio che oggi sarebbe inimmaginabile. Scaturisce da questa lettura sicuramente un grande rimpianto per figure così straordinarie, ma anche la costatazione di come grandi realizzazioni possano nascere quasi esclusivamente da rapporti interpersonali intensi, generosi, genuini, come difficilmente si possono oggi ricreare.

Enrica Formosa

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CHIAMIAMO IL BABBO di Silvia e Paola Scola

Narrando aneddoti ed episodi della vita di Ettore Scola, le due figlie Silvia e Paola realizzano un ritratto molto familiare del loro celebre papà. Come è inevitabile, la storia del genitore diventa storia di una famiglia e, di più, storia del cinema italiano nonché spaccato di parte della società italiana. Attraverso i ricordi delle autrici veniamo messi a parte del backstage della cinematografia nostrana dell’epoca; i grandi nomi che si susseguono - da Alberto Sordi a Marcello Mastroianni, da Massimo Troisi a Sofia Loren – vengono presentati sotto una luce intima e familiare, spesso protagonisti di episodi anche esilaranti. Un documentario biografico che si legge con facilità e con piacevolezza grazie a una scrittura informale, ricca di inserti di “lessico familiare” rigorosamente mutuati dal mondo della macchina da presa.

Pacca

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Il libro delle sorelle Scola è una narrazione biografica in omaggio al padre Ettore, basata sul loro rapporto privato e famigliare con il padre e il mondo della scenografia e cinema che lo ha visto tra i grandi protagonisti del miglior cinema italiano per numerosi decenni.

Alternativamente Silvia e Paola, attraverso il racconto di numerosi momenti ed episodi di vita privata, ti portano con estrema semplicità a contatto con personaggi del cinema e dello spettacolo di quei gloriosi anni che sono nientemeno che i miti del nostro miglior cinema e dei film che sono dei veri capolavori della nostra cinematografia.

Allo stesso tempo ci fanno conoscere un Ettore Scola, uomo e padre sempre presente nella loro vita, fortemente amato e dallo stesso riamate, dotato di grande onestà intellettuale, coerenza, positività e allegria contagiosa, presenza che è riuscito a mantenere per tutta la vita nonostante impegni e successo.

Per chi ama il cinema (come me) è sicuramente un libro che coinvolge piacevolmente e che fa anche scoprire cosa si cela dietro la pura e semplice proiezione di una pellicola.

Le sorelle Scola sono state delle abili narratrici nel descrivere il grande amore per il padre.

Mi è piaciuto molto.

Marina Tosin

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Questo libro è stata una piacevole sorpresa, non amo particolarmente le biografie, ho trovato la scrittura scorrevole e ho avuto l’occasione di conoscere non solo la vita di questo grande regista, ma anche il nostro cinema italiano. La cosa che ho apprezzato di più è come traspare tra le righe l’amore e la stima delle due figlie nei confronti del padre.

Mariella Tolio

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Ho letto con piacere tutti i due libri dando preferenza alle sorelle Scola.

Molto diversi tra loro con un comune denominatore citato: “Napoleone”…

Il genere “Sotto il cielo sempre azzurro” lo considero un libro per ragazzi stile Italo Calvino e non mi affascina anche se ho ben fissata nella mente la frase “ Non tutto ciò che esiste si può vedere ma esiste comunque”. Un messaggio importante che conserverò.

L’altro testo, molto più interessante decisamente, apprezzo molto le autobiografie: mi permettono di confrontare la vita degli altri con la mia.

Non conoscevo bene Ettore Scola non ho visto molti film, grazie alle sue figlie mi ha creato molta curiosità e appena ho del tempo a disposizione andrò a vedere un suo film tra quelli citati.

Penso che protagonista del libro non è solo Ettore Scola ma anche le figlie Slivia e Paola, belle e fortunate donne.  Ettore dice a proposito  dei figli… “ di figli che non danno pensieri si dedicano meno pensieri” .. Lui ha dedicato molto tempo e spazio alle figlie.

È questo ciò che  mi è piaciuto e ed è questo il  messaggio che conserverò da questa lettura .

Elisabetta Scalco

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Pur non essendo una fan delle biografie ho molto apprezzato questa di Ettore Scola scritta dalle figlie che hanno ereditato dal padre la capacità di raccontare divertendo.

Leggendo si ha la sensazione di entrare a far parte della famiglia.

Il padre è raccontato nella sua intimità, la sua figura di grande regista è come se fosse sullo sfondo non celebrata, ma parte di un racconto di vita familiare.

Mi è piaciuta molto .

Alessandra Sabbadin

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Paola e Silvia Scola aprono la porta della loro casa di famiglia per accoglierci in un mondo che non esiste più, eppure è ancora magicamente vivo. Lo è nei ricordi, nei retroscena di tanti film che conosciamo a memoria eppure mai abbastanza, nei nomi dei protagonisti più famosi e nei camei offerti, tra le pagine, da tanti personaggi sconosciuti ai più, ma indimenticabili per chi il cinema italiano lo ha pensato e realizzato.

Si sta con loro dietro una immaginaria macchina da presa, a riprendere tanti momenti della loro vita di figlie, a curiosare sorridendo nell’intimità della loro famiglia e si impara a conoscere meglio un uomo che ha scritto con i suoi film la storia del nostro Paese.

Un libro/documentario, per gli appassionati di Ettore Scola, del cinema italiano e dell’artigianalità culturale così troppo spesso trascurata quando mai come oggi, come Scola insegnò a suo nipote Giacomo, sono importanti la cura e l’attenzione al “dettaglio”.

Nota

Ho trovato poco felice la scelta di sottolineare alcuni passaggi del racconto con espressioni volgari.

Non perché mi scandalizzino le parole, che in certi contesti possono essere liberatorie e utili a strappare una risata, ma perché in un racconto permeato dal profondo amore di due figlie per il loro padre mi sono sembrate fuori luogo.

Chiara Padovan

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“Chiamiamo in babbo” mi è piaciuto sin dalla prefazione di Pennac: “è il miglior amico che ho rischiato di non incontrare mai”.

Silvia e Paola raccontano di un babbo speciale, un regista straordinario. Un padre ''che ogni bambina, e poi ogni donna e ogni persona sogna di avere...”. Quante cose ho imparato leggendo questo libro. Quante cose mi ha fatto venire in mente quando, capitolo dopo capitolo, alternandosi nelle voci, Paola e Silvia, mettono davanti episodi di film, vezzi, aneddoti, capricci, manie, cose curiose del grande regista Ettore Scola. Il film “la famiglia”. Chi non ricorda Gassman, Fanny Ardant, la Sandrelli… e “C’eravamo tanto amati” con Manfredi, Satta Flores e ancora Gassman e la Sandrelli? Leggere i loro resoconti mi ha riportato agli anni Settanta e Ottanta, a quei momenti in cui la società stava cambiando.

Il libro, per la sua ironia, mi ha fatto molto sorridere e commuovere. A cominciare dal titolo del libro, quel “chiamiamo il babbo”, che Ettore Scola, come raccontano le figlie, amava ripetere quando qualcuno si mostrava non all'altezza della situazione, ricordando una battuta di Totò che, caduto nelle mani del figlio incapace del suo dentista, invoca appunto 'chiamiamo il babbo'. Sì, il libro mi è molto piaciuto. Bello, divertente, ironico, istruttivo. Merita il mio voto.

Angelo Orsingher

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Leggere il libro delle sorelle Scola è un bellissimo viaggio. Attraverso il loro racconto entriamo non solo nella vita di Ettore Scola, nella sua persona, ma anche nell’anima del cinema italiano. Nella sua storia. Un viaggio intimo, fatto di legami familiari e quotidiani. Un lavoro di puro artigianato e di molta umanità. Possiamo dire che Scola era un vero e fine artigiano del cinema.

Una lettura piacevole ricca di emozioni, che personalmente mi ha fatto sentire empaticamente partecipe e vicina a Silvia e Paola. Coinvolge molto il racconto del loro rapportarsi con il padre. Come lui alla fine le rendeva sempre sue complici. Grazie a questo libro viene voglia di chiudersi al cinema per rivedere con questa nuova e preziosa chiave di lettura tutto il lavoro di Ettore Scola e della sua famiglia.

Michela Montieni

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“Chiamiamo il babbo” è sostanzialmente la biografia del regista Ettore Scola raccontata attraverso la voce delle sue figlie Paola e Silvia. L’aspetto interessante è il fatto che l’intero racconto sia dominato dalla nota affettuosa da parte delle stesse autrici del libro, che attraverso i ricordi evocano la storia di un grande personaggio italiano che ha cambiato il mondo cinematografico. Lo conosciamo, quindi, sia dal punto di vista della sua carriera lavorativa, sia dal lato più intimo vissuto tra le mura di casa. Il ritmo della narrazione è molto veloce e questo fa onore alla biografia, che spesso è un genere incline alla lentezza.

Tuttavia, al termine di queste pagine, la nota che più stride è il fatto che al lettore può sembrare di aver comunque conosciuto solo una parte di questa figura, come se la voce delle figlie non fosse sufficiente. Credo che la sensazione sia dovuta semplicemente al fatto che la sua piena realizzazione sia proprio il documentario sullo schermo, quello conosciuto dallo stesso Scola e che è stato il suo termine di paragone per tutta la vita. Pertanto il libro è sicuramente una buona sceneggiatura per un film a tutto tondo su Ettore Scola, la cui stessa vita può a sua volta diventare protagonista di una pellicola memorabile.

i lettura.

Rebecca Luisetto

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Anche questa volta si tratta di generi del tutto diversi e molto distanti tra loro. Ho letto su Robinson le motivazioni ma la logica ancora un po’ mi sfugge. Nessuno dei due lavori resterà a mio avviso nella storia della letteratura ma questo è scontato. A mio avviso prevale largamente il libro delle Scola “Chiamiamo il babbo”. Qualche commento così evito di farli dopo. Il libro delle sorelle Scola “prende” perché parla di persone reali, è ricco di aneddoti e curiosità relative al mondo  di chi fa cinema. Ricostruisce la genesi di un particolare vocabolario di famiglia che spesso nasce da battute cinematografiche. Le Scola hanno toni divertiti e divertenti ed esprimono un grande affetto per il genitore descritto anche nelle sue umane debolezze. Come biografia è leggibile e atipica costruita più sul procedere delle opere cinematografiche del padre (e delle figlie spesso coinvolte) che su una più tradizionale cronologia. Il libro di Vitali “Sotto un cielo sempre azzurro” l’ho trovato più scontato rispetto ad altre sue opere. Mi pare sia troppo forzato nelle esasperata ricerca del calambour. Le “trovate” letterarie sono un po’ goliardiche tuttavia non mi pare giusto stroncarlo perché qualche personaggio simile (il medico a esempio) si trova anche nella realtà.  Penso che molti di noi abbiano conosciuto almeno un anziano che per ogni situazione cava fuori un proverbio appropriato. Insomma un romanzino per passare con qualche sorriso e nessuna inquietudine un paio d’ore in spiaggia. Finisco. Dovendo sintetizzare vincono 7 a 3 le Scola.

Enzo Damin

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Questo libro mi è decisamente piaciuto e mi ha, nel contempo,  divertito e commosso. Le figlie del grande regista (una figura del novecento a mio parere molto interessante, importante nella vita culturale italiana) offrono un ritratto del padre attraverso i loro occhi di figlie, figlie amate e che lo hanno amato. Hanno condiviso con noi lettori momenti privati e modi di dire familiari in cui con poche parole si esprimeva un concetto ampio (il loro “lessico famigliare”, insomma). Vista la grandezza dell’uomo di cui si parla, inevitabilmente, leggendo le vicende che lo hanno visto protagonista  si accresce anche la cultura di chi lo legge, cinematogratografica ma non solo, in modo scorrevole e divertente. Le due figlie scrivono un capitolo a testa, alternati, molto ben collegati tra loro e in cui si possono osservare i diversi punti di vista. Grazie a loro per aver condiviso con noi la figura del loro grande padre, con gli occhi di chi lo ha vissuto da vicino   

Roberta Bolzonella

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Chiamiamo il babbo è uno strano prodotto editoriale, che non mi ha convinto pienamente. Si tratta di una serie interminabile di aneddoti familiari, perlopiù banali; l'impressione è quella di esser stati invitati a una proiezione casalinga di diapositive. Lo Scola regista ha saputo raccontare e raccontarsi attraverso la sua arte. Le figlie cadono nell'errore (assolutamente comprensibile) di ritenerlo un uomo straordinario tout court. Affidano quindi a un libro in copertina rigida del materiale che sarebbe più adatto alla carta patinata. Per meglio capire Ettore Scola, ritengo sia più costruttivo guardare ancora una volta uno dei suoi capolavori cinematografici anziché leggere questo libro.

Giorgio Bertolin

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Due figlie, profondamente legate ad un padre sempre presente, mai invadente, guida e punto di riferimento, danno una tenera descrizione, attraverso episodi e aneddoti anche spassosi, di questa figura amatissima e speciale. Il testo mi ha coinvolta subito a livello emotivo: anch’io figlia di papà molto amato. La narrazione scorre leggera e facile, è anche ripasso del buon cinema italiano. L’unità della famiglia e la forza dei legami e delle relazioni di amicizia, la coerenza, la passione per il proprio lavoro, la cultura, sono sempre sullo sfondo, a ricordarci le cose importanti della vita.

Daria Corsini

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A voci alterne, ma concordi per intento e sentimenti, Paola e Silvia Scola vanno a rispolverare il lessico familiare allo scopo di raccontare il padre in modo “parziale e fazioso”, come premette onestamente Paola. Un padre presente, ma non ingombrante, che non imponeva mai le cose dall’alto e insegnava senza salire in cattedra. Un padre amabile e profondamente amato.

Il panegirico paterno diventa un interessante documento della storia del cinema italiano dagli anni Sessanta a oggi, raccontato con stile fresco e incisivo come la sceneggiatura di un film, genere al quale le sorelle Scola sono avvezze per professione, ma anche per lunga e assidua frequentazione. Cenni di tecnica cinematografica e narrativa, descritti in modo semplice e gradevole anche per profani e dilettanti, s’intrecciano ai ritratti dei mostri sacri del nostro cinema, ai quali si affiancano una serie di comprimari, aiutanti di scena, macchinisti e rumoristi. Tutti vengono rappresentati con toni affettuosi, come persone di famiglia. Sullo sfondo emergono stralci di mezzo secolo di storia italiana, dalla visita di Hitler a Roma nel 1939 alla fine del Partito Comunista Italiano.

Il titolo, che richiama una battuta di Totò, vuole essere un’ammissione d’inadeguatezza, di non essere all’altezza nel raccontare la mole umana e artistica del grande regista. Un chiedere scusa al lettore, e al padre stesso, per una narrazione che si fa inevitabilmente agiografia.

Paola Cerri

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Mi ha preso molto di più: potevo leggerne anche un capitolo per volta senza perdere il filo del discorso.

Bella la storia di questo uomo meraviglioso, bella perché la conosco per aver convissuto tanti anni con nomi, persone e fatti comuni, raccontati benissimo dalle due signore.

Marinella Maccapani

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Paola e Silvia Scola per mezzo di aneddoti e racconti di episodi familiari e lavorativi dipingono il ritratto del famoso padre Ettore. Alternandosi nella narrazione, diverse per carattere ma con lo stesso attaccamento al padre, descrivono la vita e le opere dell’uomo e del regista fotografando momenti in famiglia molto personali e momenti sul set dei suoi film più famosi: attori, amici, collaboratori, giornalisti, parenti fanno la loro comparsa nei 27 brevi racconti per far capire uno alla volta gli aspetti della personalità del regista, del padre, dello sceneggiatore.  La lettura di questa raccolta di episodi intimi è molto piacevole, si evince il carattere del famoso regista e sceneggiatore, le abitudini, le cose che amava e quelle che odiava. L’attaccamento alla famiglia, l’umiltà, l’amore per il disegno, le scelte politiche, la figura della moglie sempre al suo fianco, gli amici, i collaboratori, i film, i premi hanno tutti un ruolo importante nel tratteggiare la personalità di Scola.

Simona Corsini

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Le figlie di Ettore Scola, Paola e Silvia, raccontano la vita e i film del padre, utilizzando spaccati di vita quotidiana, episodi da cui si intuisce la personalità del geniale sceneggiatore e regista. I protagonisti dei racconti sono gli attori, i collaboratori, gli amici, i famigliari  che in 27 brevi narrazioni, quasi in ordine cronologico, permettono al lettore di vedere nell'intimo la vita di Ettore Scola fino alla sua morte che lascia nelle figlie un vuoto incolmabile e di rivedere anche molte scene dei suoi film. La lettura di questa raccolta è leggera e piacevole, le descrizioni vivaci e i sentimenti tangibili.

Eugenio Lambri

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Chiamiamo il Babbo: due sorelle che narrano le vicende di una famiglia non ordinaria. Un racconto che scorre allegro, tra aneddoti e racconti delle autrici. Il ritratto di Scola fatto dalle figlie ci restituisce il personaggio, in fondo, che tutti conosciamo attraverso i suoi film. Le autrici raccontano scorci di vita familiare, ciascuna a modo proprio e secondo il proprio punto di vista. Una lettura piacevole.

Rosaria Rovinetti

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Una storia di famiglia raccontata teneramente da due figlie, che hanno avuto un babbo molto presente. Divertente, ricco di aneddoti curiosi e ricordi di famiglia, espressioni familiari divertenti e ricorrenti.

Anna Langiu

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Questo libro l’ho letto tutto d’un fiato. La lettura si presenta scorrevole, sia quando scrive Silvia, che quando scrive la sorella Paola Scola. Il fatto che parlino del proprio padre e della propria famiglia, citando frequentemente le loro manie, le routine e le dinamiche familiari, lo rende uno scritto appassionato e soprattutto affettuoso. Una dichiarazione appunto di affetto, stima, senza troppa retorica, anzi sdrammatizzando spesso il racconto di un capitolo decisamente corposo e fondamentale della cultura e del cinema italiano del secolo scorso. Il tono è volutamente leggero, ironico, garbato; i contenuti, soprattutto i valori familiari, l’eredità morale, l’intelligenza sensibile, il senso di giustizia e di tolleranza del padre permeano la descrizione della ideazione e costruzione del processo creativo del prodotto finito, i film.

Barbara Ferrari

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Ho apprezzato di più questa serie di episodi, di più facile lettura e anche simpatici, quando si racconta di come una frase collegata ad una particolare situazione diventa poi un ritornello, un elemento che lega ancora di più figlie e padre. Le ragazze descrivono il padre con affetto e tenerezza, il testo scorre piacevolmente e si arriva alla fine che si conosce un po’ di più anche il cinema italiano.

Ravella Livi

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Una serie di aneddoti familiari raccontati dalle figlie di Ettore Scola, senza un filo conduttore, né temporale né d’altro tipo. Interessante per comprendere come si faceva cinema all’epoca dei grandi maestri italiani, il testo però fallisce completamente nel delineare un ritratto di uno dei più grandi registi del nostro cinema.

Nicoletta Livelli

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Il libro più che una biografia sembra un diario di famiglia scritto a due mani.

La scrittura è fluida e gradevole, anche il punto di vista leggermente diverso sullo stesso accadimento curioso e piacevole.

Gli episodi raccontati interessanti, e come potrebbero non esserlo visto il soggetto? I nomi che popolano le pagine sono molto conosciuti e lasciano intravvedere lati inediti di personaggi famosi e amati.

Il libro mi ha fatto nascere il desiderio di vedere alcuni film che non conoscevo e di rivedere, con occhi diversi, film già visti. 

Detto questo mi sono chiesta se avrei gradito allo stesso modo la lettura se il famoso babbo fosse stato una persona comune, anonima, con amici comuni, in situazioni di tutti i giorni.

E mi sono risposta che sicuramente avrei apprezzato meno. Che tutto sommato il libro è scritto molto bene ma forse ci saranno decine di diari di famiglia scritti altrettanto bene che non hanno la potenza e le possibilità di questo, per il solo fatto che chi li ha scritti è una persona anonima. Che per interessare allo stesso modo avrebbe richiesto molta più fatica, bravura e dedizione.

Marchioni Piera

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Ho letto entrambi i testi molto volentieri e con divertimento, da entrambi ho avuto, oltre al piacere della lettura, alla possibilità di evasione e allo stimolo della curiosità, modo di imparare cose nuove e interessanti.
Forse sono più “affezionata” alle storie raccontate sotto forma di romanzo “classico”.

Barbara Tagliaferri

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Ho preferito la biografia scritta a quattro mani dalle figlie di Ettore Scola, perché attraverso aneddoti e momenti privati hanno ricostruito non solo l'esperienza cinematografica del padre ma anche un affresco dell'Italia, ricco e confortante. L'altro romanzo mi è sembrato eccessivamente stucchevole, nel tentativo di ricalcare la biografia di Mahler. Interessante, però, l'analisi psicologica che l'autrice sviluppa per avvicinare il lettore ai tormenti del compositore.

Francesco

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Tra i due libri letti ho preferito "Chiamiamo il babbo" perché Silvia e Paola attraverso due punti di vista diversi ci aiutano a conoscere non solo il grande maestro del cinema italiano, ma anche altre personalità che ruotavano attorno al padre e al cinema italiano come ad esempio Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Age e Scarpelli.

Seppure interessante la biografia del maestro Mahler, che ci racconta dell'angoscia e del tormento interiore, che si nasconde dietro a tutte le sue composizioni musicali, considerate dei veri e propri capolavori, l'aggiunta di personaggi inventati dall'autrice risulta debole e noiosa.

Catia

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La recensione di questo piacevole libro è praticamente scritta nella prefazione magistrale che ha scritto un genio come Daniel Pennac.

Il racconto è un continuo susseguirsi di episodi della storia di Italia, della storia del cinema, della vita di Ettore Scola e della sua famiglia.

La particolare visione della vita di un genio come Ettore Scola pervade tutto il libro.

Intensi sono i momenti in cui le figlie di Ettore Scola, che sono le autrici, fanno trasparire i loro sentimenti verso questo genitore sicuramente difficile ma che ha nella famiglia, nella amicizia e nel lavoro i valori fondanti che pervadono le sue scelte di vita e di artista.

Un bel libro che, in un susseguirsi di aneddoti sui vari personaggi reali o cinematografici, spinge il lettore ad amare sempre più Ettore Scola e la sua produzione artistica.

La prosa delle due autrici è ironica, intima, delicata, tenera, affettuosa e confidenziale e la lettura scorre piacevolmente veloce.

Alberto Barsanti

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Libro profondo, ben scritto, dischiude un mondo sull’opera di Ettore Scola, sul periodo in cui ha vissuto, sui film che ha realizzato. Con questo libro non solo si celebra l’opera di un grande uomo, ma si scoprono anche le abilità delle figlie di narrare il loro rapporto con il padre con un linguaggio e uno stile narrativo alto e ricco di espedienti letterari che fanno appassionare il lettore. Gran voglia di vedere i film e rimpianto per non averlo conosciuto.

Maria Gabriella Caruso

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Il grande regista Ettore Scola rivive attraverso il ricordo affettuoso e tenero delle figlie in un racconto a due voci a tratti commovente a tratti divertente che al termine della lettura lascia il desiderio di rivedere tutti i suoi film.

Eleonora Sibilano

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Con garbo e tanta ironia, attingendo a ricordi personali e ad emozioni ancora vive, Paola e Silvia Scola   raccontano la storia della loro famiglia, incentrandola attorno alla figura del papà Ettore, uno dei più grandi sceneggiatori e registi del cinema italiano.

Senza mai perdersi in celebrazioni postume, nel rispetto della volontà e della grande modestia che ha connotato la vita del padre finendo quasi per farlo sembrare scontroso, mettono in luce la sua vita privata, ne descrivono il lato umano, la grande cultura, l’impegno sociale e gli aspetti più divertenti del suo carattere, ripercorrono, tornando indietro negli anni, lo speciale rapporto che le legava a lui.

Il cinema permea la loro vita personale; caratteristiche gag di film memorabili diventano “lessico familiare” , così come quella che, ispirando lo stesso titolo del libro, richiama una celebre battuta di un film in cui Totò, andato dal dentista con un ascesso dolorosissimo e ritrovatosi davanti il figlio appena laureato del vecchio medico, nel frattempo andato in  pensione,  terrorizzato dall’evidente inesperienza del giovane, lo implora dicendogli “Chiamiamo il Babbo! …Chiamiamo il Babbo”, coniando un’espressione che sarebbe stata fatta propria dalla famiglia Scola ed utilizzata ogni qual volta si faceva riferimento a qualcuno che non era ritenuto all’altezza del compito che stava svolgendo.

I rapporti familiari e professionali si intrecciano sinergicamente; i grandi protagonisti del cinema italiano, da Sordi a Troisi, da Age e Scarpelli a Montaldo, non sono solo compagni di lavoro ma diventano gli amici della vita e condividono la quotidianità degli accadimenti familiari; Paola e Silvia già dall’adolescenza, vengono attratte, senza sconti e senza alcun privilegio, nell’attività del padre; lo affiancano per lungo tempo, sebbene rivestendo ruoli diversi, nella realizzazione di alcuni dei suoi più celebri capolavori, raccontandoci, dal loro particolare osservatorio, cosa accadeva sul set dei film e svelandoci i vezzi segreti dei loro grandi protagonisti.

Persino i nipoti vengono coinvolti e convincono il nonno ad affrontare quello che sarà il suo ultimo lavoro dedicato alla figura del grande amico Federico Fellini.

Sullo sfondo della vita della famiglia, le vicende dell’Italia della seconda metà del secolo scorso, la storia di un Paese che inizia a confrontarsi con una società in evoluzione, con le problematiche legate alle differenze sociali, al ruolo della donna, alla crisi della sinistra, ovvero a tutti quei temi magistralmente descritti nel cinema di Scola.

Eugenia Pontassuglia

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Non amo per niente le biografie. Quando mi è capitato questo libro, che narra la vita di Ettore Scola, ho iniziato a leggerlo un po’ controvoglia. Ma poi il libro mi ha presa moltissimo. Le autrici sono le figlie di Ettore Scola, ed il libro è una testimonianza non solo nei confronti del padre ma anche dello sceneggiatore prima e del regista poi, perché entrambe le figlie hanno condiviso l’esperienza lavorativa del padre. La vita di Ettore Scola incrocia un pezzo importante della storia italiana. Lui è nato durante il fascismo, ha vissuto l’epoca dei “Figli della lupa” e delle grandi adunate, che poi ritroviamo nel film “Una giornata particolare”.

È stato un convinto iscritto al PCI per tutta la vita, e ad un certo punto viene descritta la fine del PCI ad opera di Achille Occhetto, senza che veramente siano descritte le ragioni (perché non le ha capite neanche chi racconta).  È raccontato un certo modo di fare cinema, attraverso i protagonisti, che forse oggi non esiste più.

Maria Elisabetta Baldassarre

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Una delicatissima ed intima biografia del grande Ettore Scola scritta dalle figlie Paola e Silvia come solo delle figlie avrebbero potuto fare. Ci hanno regalato una bellissima storia di famiglia ricca di aneddoti, episodi toccanti e di ironia facendoci comprendere ancora di più la grandezza del loro amato padre come uomo ed artista.  Attraverso i loro racconti il lettore si ritrova piacevolmente proiettato in quei bellissimi anni dove incontra tutti quei grandi personaggi della cultura che insieme al regista hanno fatto la storia del cinema italiano.

Rosy Lacalendola

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Il libro narra la vita e descrive la personalità del grande regista Ettore Scola. A portare avanti la narrazione sono le due figliole dell’indimenticato genio del nostro cinema: Paola e Silvia. Le stesse si alternano nella costruzione dei capitoli, di volta in volta redatti da una o dall’altra delle sorelle. Questa si rivela una trovata ingegnosa che rende il libro gradevole e regala punti di vista differenti su persone, epoche e fatti. È infatti questo il pregio maggiore del romanzo: lo sguardo diretto e concreto su un mondo ormai scomparso, un mondo che sembra lontano anni luce seppur vicinissimo, un mondo che per l’Italia e per il suo cinema in particolare è stato fecondo di talenti e “frutti” che rimarranno nella storia culturale del nostro Paese. Per Paola e Silvia questo mondo era la quotidianità, la normalità e con semplicità ce ne trasferiscono le atmosfere e le ambientazioni. È una lettura non impegnativa e, anche se non può definirsi appassionante, risulta essere sempre piacevole.

Rosa Anna Quagliariello

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Ho letto molto volentieri questo libro.

Nonostante la fama del personaggio, il racconto che ne esce immerge il lettore in una atmosfera familiare. Si intuisce da subito la bellezza di una famiglia unita e complice negli affetti. I  ricordi  messi  a   disposizione   del  lettore   lo  rendono  partecipe   a  fatti  di   una  vita   vissuta intensamente.

Le opere di Ettore Scola sono di indubbia levatura e, grazie al racconto delle figlie, si intuisce ancor di più la personalità e la genialità dell'autore, la generosità e la semplicità che solo le persone speciali sanno trasmettere.

La lettura di questo libro mi ha fatto bene; mi sono ritrovata spesso a sorridere e mi sono anche commossa, avvertendo l'importanza di avere genitori che ti danno l'impronta per affrontare la vita con onestà e rispetto degli altri.

Un aspetto che mi ha colpito molto è stato proprio il senso di rispetto che il regista aveva verso le maestranze, che lavoravano con lui sul set.

Cristina Marchesini

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“Chiamiamo il babbo – Ettore Scola” è un racconto d’amore: per la famiglia, per un padre eccezionale e al tempo stesso come tanti, d’amore per la cultura e l’impegno sociale, per il lavoro che con grande umiltà si riconosce d’avere avuto la fortuna di aver scelto e per cui la mattina ci si alza volentieri poiché ci si diverte a farlo...

È un racconto che si svolge attraverso ricordi teneri e situazioni divertenti narrati con un affetto infinito che, oltre ad offrirci un ritratto vivo e delicato del grande Regista - e per inciso di chi lo ha collaborato con lui, attori, autori, registi, operatori - ci fa percorrere attraverso la sua vita e la sua carriera, un lungo e importante periodo di storia sociale e politica del nostro Paese. Visto che non possiamo andare al cinema, portiamo il Cinema, quello bello con la C maiuscola, a casa nostra. E “Chiamiamo il babbo” ci offre anche questa meravigliosa opportunità facendoci entrare nel mondo della Settima Arte attraverso chi, come Ettore Scola, il Cinema lo ha fatto facendone anche la storia.

Da leggere tutto d’un fiato.

Rossella Sargenti

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Alle sorelle Scola piace vincere facile. Con un padre come il loro, metà del lavoro è già fatto, il contenuto del libro è salvo. Essendo poi comunque due professioniste del settore, anche la forma non può che essere buona, fluida e piacevole.  Non contente, affidano la prefazione del libro nientemeno che a Daniel Pennac (quando si dice esagerare…).

A questo punto, al lettore non resta che immergersi nella vita di questo gigante del cinema italiano e godersi il back stage della sua vita familiare ed artistica. Le due figlie infatti ci accompagnano, come gioiosi (e invidiosi) voyeurs, fra i ricordi e gli aneddoti di una vita culturalmente ed intellettualmente privilegiata, grazie sia alla cerchia di amici e colleghi del padre ma anche, e soprattutto, alla grande statura morale di un uomo che ha fatto dell’umiltà, del rispetto per gli altri e dell’impegno sociale e politico la sua ragione di essere.

Una lettura piacevole e interessante per tutti, che i cinefili non possono perdersi assolutamente.

Serena Materassi

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Sarà che la parola babbo per me è musica. Sarà che sono figlia unica di un babbo creativo che però mi ha lasciato troppo presto lasciando poche memorie di sè e dei suoi gesti. Fatto sta che questo libro mi è entrato nel cuore subito. Per lo stile, per i ritratti, per l'aria di casa che si respira in ogni pagina. E per la creatività di cui è impregnato. Da leggere assolutamente.

Serena Pinzani

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Bello, ironico, direi una scoperta. Poi mi ha ricordato quando ero bambina, epoca in cui i rapporti tra le persone erano diversi, più facili, più genuini; mi sono venuti in mente i colleghi di mio padre, i loro discorsi, le loro risate. Bello, bello, scritto benissimo. Una lettura piacevolissima che consiglio a tutti; sicuramente è un libro che regalerò a tutti coloro ai quali voglio bene.

Silvia Pasquini

 

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