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Con passi giapponesi di Patrizia Cavalli

Einaudi

 

Sarà per questo, per questa capacità di tenere insieme prosa e versi, che “Con passi giapponesi” mi ha letteralmente conquistata. Con uno sguardo insieme feroce e delicato, dolente e ironico, Patrizia Cavalli apre squarci nelle trame minime della vita che pure ne mostrano la grandezza, giocando con le infinite possibilità della lingua come pochi sanno fare. Ogni racconto è un ritratto breve, ma efficacissimo, delle nostre fragilità, delle nostre paure, del nostro bisogno di punti di riferimento declinati in un periodare turbinante e sorprendente.

Cinzia Greci

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Patrizia Cavalli si presenta come poetessa, che si propone in prosa con i suoi “Passi Giapponesi”.

All’interno della raccolta di racconti porta la delicatezza dell’incedere e la sensibilità eterea, a tratti olfattiva, che appartiene al poeta, appunto, più che al romanziere.

Infatti è indovinata la scelta delle brevi prose in forma di racconto per esprimere l’idea variegata sul mondo, sui viventi e, non secondariamente, sulle cose e gli oggetti che incrociano i loro destini nel complessivo tessuto narrativo.

I Passi Giapponesi evocano la letteratura surreale di Julio Còrtazar e del suo Bestiario, colà popolato dalle “mancuspias”, animaletti soprannaturali frutto della fantasia onirica sudamericana ma espressione simbolica dell’angoscia del vivere, qui segnato dai destini di lenzuola ancora odorose dei corpi che le hanno abitate (Il Ladro di lenzuola), di scarpe che vanno calzate (Scarpe da ballo) o di danaro con cui fare i conti (I Soldi).

Il paragone non vuole essere irriverente, è a dire che le storie raccontate sono un po’ anche le nostre, ci si può ritrovare nel giro dei ricordi, nel vagare delle solitudini, nello stremo degli amori accennati.

La lettura scorre piacevole ma pensosa, la cosa bella dei racconti è che si può scegliere liberamente l’ordine ed i tempi di lettura, massima libertà per chi con il loro autore prova ad interagire.

Leonardo Pace

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Completamente rapito dalla forza narrativa ed evocativa delle parole che esplorano il "grottesco truciolame che la vita ogni giorno produce".

Resto avvolto dalle caleidoscopiche sinestesie della sua prosa poetica. Riflessioni, implosioni, esplosioni che scaturiscono attraverso la lente con la quale ognuno di noi cerca di interpretare il senso banale della vita non solo del male.

Da medico-nutrizionista rifletterò a fondo sulle sue intuizioni semantiche nell'interpretare una patologia cronica come il mal di testa e sul rapporto cibo-amore.

Lettura assolutamente consigliata.

Cono Casale

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Lettura lieve e poetica, molto passa in sordina, altro è così sublime da rasentare la perfezione.

Veronica Tancredi

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"Con passi giapponesi" di Patrizia Cavalli è un libro sicuramente ben fatto ma che non mi ha particolarmente coinvolto.

Beatrice Gruosso

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“Con passi giapponesi” è stato per me pesante nella lettura e nella motivazione a procedere di capitolo in capitolo. Di certo alcuni passi sono stati interessanti, ma nel complesso ho fatto fatica, spesso ho avuto la sensazione che i racconti si tagliassero di colpo. Di certo proverò a rileggerlo fra qualche tempo. Ho avuto la sensazione che qualcosa mi sfuggisse, e a tratti alcuni racconti sembravano scritti da persone differenti. Magari fra qualche tempo avrò come lettrice meno bisogno di completezza e di senso compiuto.

 

Maria Elena Bencivenga

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“Con passi giapponesi”, è una raccolta di racconti caratterizzati da una scrittura possente, che incanta e descrive con dovizia di particolari lo stato emotivo dei personaggi che attraversano imperturbati il tempo e lo spazio della narrazione. In un andirivieni tra mente e corpo si assiste alla messa in scena di pièces, spesso satiriche, che trasudano, però, profonde riflessioni di matrice filosofica. Patrizia Cavalli sembra essere una fotografa ritrattista, il cui strumento fotografico è il lessico, il quale blocca in un fermo immagine nitido ogni elemento utile alla conoscenza dell’io più recondito.

Donatella Pesile

 

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