Dietro quei silenzi di Maïssa Bey
Astarte Edizioni
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Circolo dei lettori
di Napoli 1 “Iocisto”
coordinato da Gigi Agnano:
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la scelta è ricaduta su questo testo per la capacità di concentrare temi, emozioni e in detti in un dialogo serrato tra due generazioni diverse e due esperienze diverse. I ricordi, potenti e dolorosi, mostrano anche come cambi il rapporto di ognuno con un territorio.
Viviana Calabria
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Da questo racconto mi sarei aspettata qualcosa di più riguardo la figura del padre dell’autrice. Mi è stato comunque da stimolo per approfondire le mie ricerche su un periodo storico a me poco conosciuto: la guerra franco-algerina. Interessanti le osservazioni sulla guerra, anzi su tutte le guerre e sulle “numerose generazioni prese nella trappola spesso tragica della storia” e sul praticare la cultura del silenzio per proteggersi.
Silvana Quadrino
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In uno scompartimento di un treno fermo di notte per un
incidente, l’Autrice tenta di abbattere il muro del silenzio tra i tre
viaggiatori: una donna algerina cui è stato rapito ed ucciso sotto tortura il
padre durante la guerra d’Algeria del 1956, quando lei aveva solo sette anni ;
un anziano militare francese ,coinvolto in quella guerra ; una giovane ragazza
bionda per la quale l’Algeria è “la spiaggia della Mandrargue con i giri di
anicette al calar della sera”. Confronto tra generazioni, quindi, sui perché
del passato e del presente del Maghreb: il turbamento della donna, così
duramente provata, trova il suo contraltare nel candore senza dolore della
ragazza; ed una verità nelle parole dell’anziano militare.
Nel romanzo, purtroppo, i periodi troppo brevi spezzano il ritmo della lettura,
e le descrizioni ridondanti allontano nel lettore la necessaria tensione
emotiva.
Bianca Miraglia Del Giudice
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“Scrivere significa liberare dal silenzio e dall’informe le paure e i dubbi verso quella ricerca instancabile, propria a ogni essere umano, di una mano tesa, di un sentimento di fraternità da ricreare”. Questo libro è una doppia autobiografia, dell’autrice nel suo rapporto doloroso con la storia familiare e del suo paese e della su scrittura. L’autrice ci accompagna nell’officina del narratore, in una stanza tutta per sé fatta di tempi e silenzi, come quelli del titolo nella traduzione italiana. Un racconto piuttosto che un romanzo. La scrittura è apparentemente semplice, ma carica di tensione, il silenzio è respiro trattenuto nel passaggio carico di tensione dalla “scena” del treno alla “scena” della guerra, della violenza e delle torture subite dal maestro elementare, simbolo di una umanità violata.
Cinzia Martone