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È da lì che viene la luce di Emanuela E. Abbadessa

Piemme

                                                                                            

 

Eros e Thanatos a Taormina nel 1932, è il tempo del consolidarsi del regime fascista e della sua ideologia, diventa norma l'emarginazione e la condanna, non solo morale, per chiunque deroghi dalla condotta benpensante e borghese. Essere nobile, ricco, tedesco, esteta e fotografo (una novità a quel tempo) non aiuta e non salva.

Il barone, creatore di immagini inneggianti all'Ellade, rimuove le sue più intime pulsioni, sublimandole in foto di adolescenti scelti tra gli indigeni, che en-travesti divengono efebi dionisiaci.

Un alone di santità e di martirio accompagna tutto ciò che accade al nobile e maturo intellettuale tedesco, che unico neo, sembra non aver mai sentito parlare di Freud. 

La narrazione scorre veloce, la scrittura è raffinata e piacevole, ma su tutto brilla la descrizione della Sicilia. Sia che il sole sia cocente o che la pioggia rinfreschi e rigeneri o che l'afrore che sale dal mare, o che il profumo delle zagare o dell’eucalipto inebri si è colti dalla suggestione che in un contesto naturale così carico di colore e calore unito al rimando continuo ad una stori antica densa di miti e di un pensiero la cui elaborazione ancora perseguiamo, le emozioni più celate, non possano che affiorare trascinando gli umani più sensibili in un vortice di passioni e contrasti.

Anna Doria Martinelli

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Con un linguaggio antico e a volte retorico viene raccontata la vita di un barone-fotografo arrivato in Sicilia dalla Germania per motivi di salute.

La Sicilia fa da sfondo alla storia con la sua luminosità e le sue ombre. Luminosità del sole e dei colori di questa terra, ombre della miseria umana e materiale del suo popolo.

Abbastanza inverosimile il rapporto tra il barone e la sua governante, reali la violenza delle locali squadracce fasciste, l’intolleranza verso il “diverso” e la negazione della libertà individuale.

Diana Rossato

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Ho iniziato a leggere il libro della Abbadessa la sera del 19 luglio. Mi è subito piaciuto. Il mattino dopo sono andato in giro per il Comelico con i miei tre nipotini. Non vedevo l’ora che arrivasse sera per continuare la lettura che mi aveva appassionato. Scritto bene coinvolgente e mi viene spesso la parola delicato. Una bella storia.

Antonio Lombardi

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 L’ autore è riuscito a creare un paragone tra il messaggio che la propaganda militare voleva trasmettere attraverso la fotografia con la vita reale! Tale presunzione di allora di voler a tutti i costi rappresentare un ‘Italia benestante completamente opposto alla realtà. Lo possiamo paragonare al fenomeno "social" dei giorni nostri. I social mezzi che ci permettono di condividere la ns. vita a disposizione di tutti, proponendo testimonial al massimo delle nostre potenzialità, travisando la realtà. Mezzi importanti che abbiamo ancora oggi sono i nostri nonni i nostri genitori che attraverso i loro ricordi e alcune foto raccontano il VERO e AUTENTICO passato.

Grazziella Preo

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Dei due libri proposti la mia preferenza va a “E' da lì che viene la luce” di Emanuela Abbadessa.

Ho molto apprezzato la narrazione misurata e la scrittura piana che non attenua il clima da tragedia greca che si percepisce fin dall'inizio. Il protagonista, infatti, attraverso un percorso di crescita e consapevolezza, morirà alla fine del libro assumendo su di sé la colpa il cui tormento incombe un po' su tutti i protagonisti del libro e ne crea la tensione.

Tutti i personaggi sono per me ben descritti e credibili nel loro evolversi nel tempo.

Mi è piaciuta l'ambientazione accurata e la sensibilità musicale dell'autrice, la musica ha un posto importante nel sottolineare ed arricchire i vari momenti.

Una storia ben costruita che descrive con delicatezza l'amicizia e gli affetti ma soprattutto affronta il problema dell'accettazione della diversità propria ed altrui.

Chiara Solari

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Ho trovato la lettura un po’ noiosa e lenta, e non ho gradito ne la trama ne la scrittura.

Carla Bartoli

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Per quanto riguarda È da lì che viene la luce, ho apprezzato la storia immaginaria del barone Ludwig von Trier, artista colto, amante della bellezza, uomo ricco e generoso, incerto sulle sue pulsioni e bisognoso d’amore. Taormina è il teatro di una vicenda dolorosa, che si svolge negli anni coincidenti con l’ascesa del fascismo e con la legittimazione, a livello locale, di poteri brutali, esercitati da molti. La maldicenza alimentata dall’ignoranza, dall’invidia e dalla gelosia distruggono il rapporto fiduciario che il barone aveva con il territorio, con i suoi abitanti, e l’amarezza e la delusione profonda inducono il barone a rinunciare a vivere.

Giulia Benedetti

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È da lì che viene la luce è altrettanto ben scritto e appassionante mi è piaciuto anche questo. 

Il periodo è cambiato ma purtroppo alcune idee non sono ancora state estirpate. 

Sandra Salmasi

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questo romanzo è la storia del barone Ludwig von Trier che si è trasferito nel 1932 in Sicilia per immortalare con la sua Rolleiflex la condizione della terra siciliana. Qui conosce Sebastiano e vuole educarlo alla bellezza sapendo che “dove c’è molta luce c’è anche molta ombra “. Il tema è molto attuale: L’ odio per il diverso, per lo straniero.

Patrizia Borromeo

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Ho preferito E’ da lì che viene la luce storia originale con personaggi ben delineati con linguaggio preciso e direi poetico nel trattare il tema della omosessualità. Dalla lettura ricavo un messaggio: il vero AMORE qualunque esso sia redime e riscatta gli uomini ricchi o poveri colti o ignoranti. 

Annamaria Cester

Il barone Ludwig von Trier, dopo il suo trasferimento in Sicilia, immortala tutta la bellezza, attraverso la sua Rolleiflex, della terra e dei suoi abitanti.

Laura Piacentini

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Il barone Von Trier, novello Aschenbach durante il famigerato ventennio, si è trasferito a Taormina dalla fredda Monaco, fuggendo ad un padre autoritario ed ostile.

Il barone, che è un vero esteta e si diletta di fotografia artistica, incontra Sebastiano, bello e inconsapevole ragazzo del popolo, ed accende con la luce della cultura e dell’arte la sua curiosità; si frequenteranno e sarà proprio l’anelito di Sebastiano ad un mondo tanto diverso dalla sua quotidianità di miseria e  pura sopravvivenza a fare la fortuna del giovane.

Di lui Von Trier si invaghisce, travolto da una pulsione carnale ed innocente al tempo stesso, che lo stupisce e lo inquieta. Le giornate del barone trascorrono nel tempo sospeso del godimento estetico, illuminate dalla relazione con Elena, un amore platonico fatto di affinità elettive, una complicità tra diversi, quali i due sono, che non basterà  a preservare la loro torre d’avorio, che verrà violentemente abbattuta dall’ignoranza e dalla discriminazione fascista. 

“Dove c’è molta luce le ombre sono più cupe”, lo dice Elena riferendosi al suo ingombrante passato, ma è anche un principio base della fotografia, la passione del protagonista, e di luce ed ombre è fatto l’animo umano ed il potente paesaggio siciliano.

Un romanzo affascinante sulla diversità e sulla complessità delle relazioni umane che, analizzando il pregiudizio e l’ottusità della Sicilia degli anni 30, getta lunghe ombre sul nostro presente.

Cristina Rubini

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La luce e l’ombra alla base della tecnica fotografica e metafora della vita. La ricerca della bellezza sempre e comunque

Margherita Stevanato

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Il mondo vissuto e percepito attraverso un obiettivo. Da lì filtra la luce che guida attraverso le ombre.

Il vero personaggio è una macchina fotografica attraverso la quale si vive tra il reale e il sogno trasformato.

Vite in evoluzione!

Alessandra Felline

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Qualunque storia, meglio se diventano le storie, i tempi, le occasioni, ha, hanno bisogno di immagini da impressionarsi nei meandri di altre luci. La macchina fotografica diventa occasione di parola. Lo dice l'autrice con: “La sola parola che riusciva a comprendere era fermo”.

Fermo immagine, quindi, da risolvere e far parlare con i misteri da indagare, tutto attraverso un occhio discreto e non curante di una scatola nera appesa al collo. Tutto nell'incipit la chiave di storia per le storie da dissolvere o controllare con la luce. L'idea mi è sembrata buona, meno accattivante la risoluzione che, nell'evidenza di un'immagine parola ha spesso preso la configurazione in un'impressione del banale.

Francesco Pasca

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È un romanzo che scivola via liquidamente, facile da leggere e ben narrato dall’autrice che con maestria riesce a ricreare su carta il paesaggio di una Sicilia prossima ad inoltrarsi nell’era fascista; ma non ancora preda completa.

I personaggi parlano ancora la lingua delle emozioni e dei sentimenti, pur positivi o negativi che siano, poiché qualsiasi sia il momento è sempre la gente a determinarne gli eventi.

Le differenze sociali giocano un ruolo fondamentale fra gli interpreti della vicenda, mettendo in risalto il barone Von Trier, anima pura ma incapace di vivere la fisicità di quel mondo, Sebastiano, gemma fra pietre senza valore, Elena, donna stoica nel bene e nel male e Agata che nel suo modo di essere animale punta a sopravvivere.

Un libro da leggere lentamente, respirandolo con profondità per apprezzarne a pieno l’afrore di una terra che tanto da, ma tanto sa togliere. 

Luciano Tricarico

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Nel romanzo la descrizione dei personaggi avviene attraverso l’arte grazie a chiare citazioni ma la magia è scoprire dietro la pelle dell’inchiostro immagini dipinte come “Agata teneva un cesto di verdura tra le mani… era scalza… con la brocca sotto il braccio e la mano a tenere sollevata la veste sulle caviglie” o “… dalla stoffa emersero le spalle… la pelle bianchissima di Elena sembrava opalescente alla luce del sole e il perimetro delle spalle disegnavano due curve perfette…”. Ma quella bellezza, che era stato il collante che aveva tenuto insieme i protagonisti, perde, di fronte al dolore e in un finale precipitoso, le sue sfumature cromatiche.

Marcella Stefanelli

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Ci sono scrittori-mano, quelli che prendono il lettore per mano dalla prima pagina e la lasciano andare solo quando scrivono l’ultimo punto del libro. E ci sono scrittori-nuvola; quelli che avvolgono il lettore in un’atmosfera, una nuvola appunto. E in quel caso il libro non sembra avere un inizio preciso, può cominciare a pagina 38 o 152, a metà del volume. E non ha neanche una fine precisa. Può finire anche dieci pagine dopo. E, naturalmente, ci sono lettori-mano e lettori-nuvola e questo fa la fortuna o la disgrazia di un libro. Io sono una lettrice-nuvola e È da lì che viene la luce, romanzo di Emanuela Abbadessa, è decisamente un libro di una scrittrice-nuvola, denso di atmosfere e ritratti che possono essere goduti uno alla volta, come foto in un album. E devo dire che io e questa portentosa scrittrice-nuvola ci siamo proprio incontrate!

Franca Rizzo

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Non sono riuscita a metterti a fuoco, Elena! Durante tutto il romanzo te ne sei stata defilata come il tuo ruolo di governante pretende eppure sei tu la vera protagonista di questa storia ambientata a Taormina nel 1933. Tu, decidi i destini. Una storia che si presenta come un romanzo storico e alla fine mi si svela come un thriller psicologico. Faccio a fatica a mettere a fuoco i personaggi che fanno fatica a comprendersi e che, quando finalmente escono allo scoperto, questo non li salva perché c’è il tuo giudizio, Elena, a inchiodarli durante il volo. Nel romanzo mi sono specchiata nella sessualità indeterminata di tutti i personaggi senza trovare ristoro.

Teresa Ciulli

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È da lì che viene la luce fa sospirare, meravigliare, riflettere. È storia individuale di almeno quattro destini ben sbozzati e, allo stesso tempo, coralità di punti di vista e sentimenti. Ludwig, Elena, Sebastiano e Agata sono fatti di luce e di ombra ed ogni sfondo personale su cui si stagliano è assolutamente verosimile  e necessario. La retorica del periodo storico considerato, i primi anni della dittatura fascista, vorrebbe promuovere una semplicità finta e violenta per la soluzione di ciò che è complesso e portatore di alterità. I personaggi e le storie descritte da Abbadessa dicono invece, con delicatezza e ostinazione, che niente è mai come sembra e che ogni evento e persona si conoscono dinamicamente attraverso tutti i gradi e le sfumature di grigio, dal bianco al nero, dalla luce all’ombra, come in ogni buona fotografia che si rispetti.

Sara Saracino

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Nell’aria rarefatta di una Sicilia immobile e sospesa in una estate  perenne, che odora d’estate anche quando è inverno, si dipana una storia di  amori, non vissuti e forse solo sognati, di solitudini che cercano l’insieme senza trovarlo mai; o forse lo trovano, e ne sentono l’abisso, l’intangibile, l’insolito contrasto tra la realtà dolce e l’amarissimo sogno. Immagini di contrappunto, preziose come ricami, fatte di illusioni fotografiche, che sembrano inseguire le fermate del tempo per colorare quello che si vede con i colori di  quello che si sente e che, forse, è l’intima essenza dell’essere.

Sullo sfondo, la crescita bruta del fascismo e del delirio nazista, che incalzano come il coro di una tragedia greca, a segnare destini individuali che, tuttavia, si piegano dimessi ai segni di un destino collettivo che non cancella la realtà della miseria, ma neanche della speranza, entrambe immaginate e lette dal Barone Ludwig Von Trier, malinconico protagonista di questo solitario percorso, che il destino e la malattia hanno portato dalla Germania a Taormina.

La chiusura è brutale ed apparentemente dissonante nella metamorfosi di una governante-amante-amata che, pur quintessenza di dolcezza, non si sottrae al suo ruolo di Nemesis giudicante. Così vuole la tragedia greca, che sempre inchioda i colpevoli di umanità al loro destino e li consegna alla giustizia del tempo.

Valdo Mellone

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Emanuela Abbadessa nel suo "È da lì che viene la luce" racconta con infinito amore la Sicilia degli anni del fascismo ispirandosi alla storia vera di un famoso fotografo tedesco che si era trasferito a Taormina per motivi di salute, le cui opere sono tra le più belle del novecento. Le foto ritraggono per lo più i volti delle persone che lui incontra ogni giorno per caso, girovagando tra campagne e quartieri abitati da contadini e pastori, appassionandosi proprio di quegli sguardi intensi e bellissimi ma anche spaventati e sofferenti per la fame. Ludwig von Trier è un barone benestante, alto e magro, sempre in compagnia della sua Rolleiflex, uomo generoso e gentile con tutti. La sua governante, Elena Amato, donna saggia bella e bionda che pare quasi una 'tidisca' pure lei, gli sta sempre accanto e lo sollecita spesso a prendersi cura della sua salute. Tra i due c'è una bella intesa fatta di complicità ed affetto sincero a tal punto che il lettore, più volte durante il racconto, facilmente tenderà ad immaginarseli insieme abbracciati a fare l'amore... ma non accadrà mai, perché l'amore in questa storia arriva da lontano e si posa teneramente su ognuno dei personaggi: sul giovane Sebastiano a cui il barone insegna l'arte di saper leggere la luce per poi catturarla in uno scatto; si posa sulla bellissima Agata, la ragazza dallo sguardo intenso e disperato a cui il fotografo tedesco dedica numerosi appuntamenti per  posare. Più di tutti, più di tutto, è l'amore di Ludwig von Trier per la vita, è la sua gioia di vivere, è il suo sguardo fatto di luce ed ombra, ciò che più mi ha incantata. La scrittura è fluida e le parole dell'autrice sono vive, entrano nel corpo, sorprendono sempre, sono forti e tenere, sono come foglie miracolose. E possono essere pietre, possono fare molto male le parole, come quelle pronunciate da Elena, la dolce e saggia governante, nei confronti di Agata. Parole terribili da cui può scaturire soltanto  assoluto silenzio.

Raffaella Fiorini

 

Cara Abbadessa, ti faccio vincere solo per ricordarti che Elena e Agata non possono permettersi di perdere. Devi scrivere un’altra storia. Meritano un’altra storia e un altro finale la luce bianca di Elena, che non può spegnersi in una grottesca operetta morale. Merita un’altra storia la luce nera di Agata, capace nelle ultime poche righe - che non hai saputo scrivere - di liberare molte e molti che vengono e verranno dopo di lei. Questo romanzo non ha ancora un finale coraggioso e meritevole di arte. Di arte della gioia, mi vien da suggerire. Per questo ti sfido, lasciandoti vincere. 

Maria Cucurachi

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Il libro dell'Abbadessa ha una tenuta del climax costante fino alla fine. Non è una favola. È la storia delle scelte dei protagonisti che non fa sconti a nessuno. Ambientato nel periodo fascista, è la storia del barone Ludwig e delle persone che intrecciano la loro esistenza alla sua. C'è la differenza sociale, la calunnia che può distruggere la vita delle persone, il rapporto complicato con la famiglia quando essere se stessi non trova accoglienza. C'è la fragilità del sé quando ciò che si rivela è lontano dal sentire comune.

Stefania Zecca

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L’autrice pare percorrere, in una lettura delle emozioni, la realtà interna ed esterna dell’uomo. I personaggi sembrano muoversi in contrasto con il momento storico-politico e paiono legati l’uno all’altro dalla ricerca della propria “identità”, inclusa quella di genere. 

I protagonisti adulti così come i due adolescenti del racconto, Agata e Sebastiano, manifestano una loro coerenza interna, coerenza che come è ovvio, ha le sue diversità proprie della specifica epoca di vita. Il personaggio che “perde valore” è Elena Amato, governante capace di cogliere e contenere emozioni. La stessa Elena che descrive il femminile come capacità di poter “resistere” e “contenere” il dolore e fisico e psichico. Il personaggio alla fine del romanzo  perde di coerenza interna e di bellezza; Agata, al contrario, con la sua giovanissima età e i suoi incontenibili sentimenti di colpa, appare più “bella”. Il romanzo scorre su più linee: arte, cultura, umanità.

Susy Stefanelli

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Fermo! Inizia così il romanzo di Emanuela Abbadessa, la fotografia immortala la luce, gli sguardi, i sentimenti.

Attraverso il racconto si entra nell'intimo dei due protagonisti principali, Elena la governante figura con la quale Trier raggiunge un’intesa fatta di semplici gesti ma di una grande profondità, ed è lì che la luce si ferma, il fotografo senza volerlo ferma le emozioni, l’intesa, l’intimità non fisica ma intellettuale ed è trasporto che finisce come nelle più emozionanti  tragedie greche che fermano il respiro del lettore.

Stefania Martino

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Nel 1999 Pedro Almodovar concorre a Cannes con “Tutto su mia madre”, un film – a mio modestissimo giudizio – grandioso e stupefacente, terribile e umanissimo, che fa vivere allo spettatore un mondo estremo popolato di prostitute, transessuali, nella loro quotidianità, così lontana, eppure così vera, autentica. L’equivalente cinematografico di un michelangiolesco Giudizio Universale, con un turbinio di anime e storie, di contrasti e passioni. Ma Almodovar non vince. Il regista disse che non avrebbe mai vinto Cannes, se non con quel film, e quindi si rassegnava a non vincerlo più.

Quando due anni dopo vinse Moretti, mi domandai come fosse possibile che il film italiano – pur ben costruito – avesse vinto, e quello straordinario di Almodovar no. “È da lì che viene la luce” è un romanzo che sarebbe potuto essere l’equivalente narrativo del film di Almodovar, ma non lo è diventato. È un romanzo che parte da posti e persone più difficili da narrare, più lontani dal lettore medio, come me, rispetto alle situazioni, storie e persone descritte – così bene – da Veronesi. Ha uno spunto narrativo formidabile, un potenziale immenso di storie estreme eppure autentiche. Ma è un potenziale che rimane in larga parte inespresso, ed è un peccato.

Giulio Avanzini

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Una delusione! Lo spunto della fotografia si perde tra frasi banali e déja vu, in una scrittura senza guizzi che non lascia niente. Irene

Abigail Piccinini

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Scritto in maniera semplice e scorrevole l’autrice riesce a definire in modo delicato la figura di Von Trier e della sua governante Elena ed arricchisce di particolari la descrizione di ambienti, luoghi e sogni che consentono al lettore di immaginare nitidamente i luoghi descritti.

Franz Stuffer

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Avvincente e appassionante, intenso e profondo. Il romanzo riesce a trasportarti in Sicilia, nella storia e percorre in maniera nuda e senza giudizio varie facce dell'animo umano... Sono importanti i messaggi che il libro trasmette sull'omosessualità, sulla lotta e sull'autodeterminazione.

Attilio Acerbi

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Piedi nella terra e ben ancorati
La testa oltre l’orizzonte e sognate
Leggo per viaggiare e provare ogni volta che finisco un libro la stessa sensazione che si prova quando si torna a casa dopo un viaggio entusiasmante e strabiliante. Unico.
Mi mancano tutti i posti che ho visitato. Isole.
I libri sono isole, alcuni li raggiungi a fatica altri ti basta allungare una gamba e ci sei!
E da lì che viene la luce 
É stata una sorpresa, un susseguirsi di luci ed ombre 
«Voi siete così luminosa» le disse Ludwig con tenerezza. «Dove c’è molta luce le ombre sono più cupe»
Ho ritrovato tra le parole dell’ autore una chiara consapevolezza che mi appartiene 
“Ritengo che in un certo senso si possa dire così ma dimenticate una cosa: ciò che pensiamo di volere è spesso frutto del condizionamento della società”
Inaspettata la trama, l’autore ripercorre con puntualità il periodo storico descrivendolo in modo nuovo e non scontato
Sulla scena un uomo ed una donna e finalmente un lieto fine dove a trionfare non è l’amore convenzionale ma l’ Amore di riconoscenza, stima, lealtà 
Si legge “d’un fiato ! “

Monia Rutigliani

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Cos'è l'amore? Quanti aspetti può assumere? Quali emozioni, quali dolori, quali piaceri può dare? Un romanzo avvincente, ambientato in Sicilia, nel 1932, in un mondo aspro e selvaggio, accettabile e mitizzato se filtrato attraverso l'arte della fotografia, ma che presto si imporrà con il suo carico di ignoranza e violenza, distruggendo la bellezza. Un romanzo originale, i cui personaggi si imprimono nella memoria del lettore per la loro ricchezza e complessità.

Patrizia Deorsola

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Ambientato a Taormina, durante il periodo del fascismo questo libro racconta la vita di un fotografo tedesco, racconta la difficoltà nella definizione dell'identità sessuale e la complicazione di vivere un sentimento puro ed aulico nella realtà quotidiana. Scritto in maniera delicata con descrizioni particolari che fanno vedere nitidamente i luoghi al lettore. Mi ha conquistata per la delicatezza con cui sono affrontati argomenti tutt'altro che semplici e per la capacità di descrivere i personaggi che sono diventati quasi degli amici.

Carla Sinico

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Taormina vive attraverso le pagine di questo libro scritte in uno stile scorrevole e descrittivo a tal punto che sembra di guardare le fotografie del Barone protagonista del libro.

I personaggi sono dettagliati e perfettamente calati nel periodo storico in cui è ambientato il libro. Sebastiano ingenuo e delicato; Elena bella, saggia, forte e algida; Ludwig fragile e acuto.

E' una storia semplice, ma con una grande forza. Tratta argomenti come omofobia, sessismo, scoperta di sé stessi, violenza. Questo romanzo fa commuovere, fa riflettere, parla di bellezza, di arte, di libertà, di amore con la A maiuscola senza pregiudizi e distinzioni.

Federico Martinet

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Il romanzo è stato pensato e scritto prima che il fatto (la pandemia Covid 19) accadesse, ma è bello e confortante trovare conferma chiara e lucida su quanto la “Luce”, la fotografia e la pittura e anche la musica e la poesia, insomma la Cultura sia indispensabile alla donna e all’uomo: che siano ricchi o poveracci, giovanissimi o anziani, che vivano la dittatura del Duce o del Coronavirus 2020. È da lì che viene la luce: da persone che sono vive e reali, in un luogo di Sicilia (Taormina e dintorni) tutto da scoprire all’epoca del ventennio fascista.

Paolo Salomone

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Romanzo molto bello ed intenso, che trae spunto dalla storia vera del fotografo tedesco Von Gloden. Ripercorre la sua esistenza, fatta di amore, arte, fotografia, bellezza in perenne contrasto con l'invidia, i pregiudizi, le cattiverie della gente con le quali si trova a dover convivere e combattere ogni giorno.

Sullo sfondo scorci e narrazioni molto accurate della Sicilia, della sua gente, negli anni del ventennio fascista.

Voto 7.5

Roger Berthod

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Il romanzo, liberamente ispirato dalla storia di Wilhelm von Gloden, fotografo tedesco, vissuto a Taormina nel ventennio fascista, ben presto si dimostra infarcito di luoghi comuni e banalità.

I personaggi risultano banalizzati, ridotti a stereotipi che non riescono ad emozionare.

Morgana.

Dieci ritratti di donne non convenzionali. Ognuna, a suo modo, ha lasciato un segno, creando un punto di rottura con i canoni femminili prestabiliti.

Libro interessante che offre numerosi spunti di riflessione.

Paola Vicquery

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Un libro costruito con attenzione, curato nella prosa, un racconto preciso, ma molto freddo  e poco coinvolgente. Un’opera di grande artigianato ed equilibrio ma poco emozionante. Costruito bene, ma appunto troppo costruito. Non con una necessità di raccontare.

Angelo Acerbi

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Nel romanzo viene affrontato un tema attualissimo, l’odio per il diverso, lo straniero, sempre alimentato dall’ignoranza e dalla maleducazione

Monica Picciavani

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Una storia avvincente, la descrizione di Taormina, un luogo meraviglioso, il Ventennio con la sua violenza e l’intolleranza del “diverso, il tutto visto attraverso l’occhio della macchina fotografica. Il nobile Ludwig ricorda a tratti il personaggio de l’Immortalaste di Gide. L’epoca storica a parte, si può notare come le meraviglie del paesaggio, la Sicilia per il primo e per Michel l’Africa, i modelli scelti, la scoperta dell’attrazione per i giovani belli ed abbronzati, rivelano ad entrambi poco per volta la loro omosessualità. Analoghe pure la malattia a i polmoni di Ludwig e la tubercolosi di Michel. 

Una lettura piacevole, scorrevole e interessante.

Pier Silvia Gaglietto

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Questo libro di cui non avevo mai sentito parlare e che mi è capitato per caso fra le mani, mi è piaciuto TANTISSIMO.

L’interprete è il fotografo tedesco Ludwig e la governante Elena.

LA storia si svolge nel 1932 a Taormina. L’amore è analizzato con una delicatezza inusuale ed esalta la libertà di pensiero che solo nell’arte non conosce odio per il diverso.

Manuela Braconi

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Emanuela Abbadessa nel suo romanzo decide di lasciare sullo sfondo la violenza fascista che caratterizzava l'Italia del tempo e di catturare, come in una fotografia, la libertà, l'amore e la bellezza.

Nicolò Fabbri

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Il libro narra del barone Ludwig von Trier, trasferitosi durante il periodo fascista dalla Germania a Taormina per motivi di salute; viene affrontato un tema molto delicato e decisamente tabù in quel contesto storico: l'omosessualità.

Il barone camminava con una scatola misteriosa nera che altro non era una macchina fotografica Rolleiflex. La fotografia per il barone, era soprattutto concretizzare, disegnare emozioni, bellezza e scene che già erano presenti nel suo animo e nella sua mente. E così, fotografando il giovane Sebastiano Caruso comprende le sue inclinazioni omosessuali e nulla potrà l'amore della saggia governante Elena Amato. La giovane Agata Costa, pervasa da gelosia e livore, farà scoppiare uno scandalo che porterà il barone a consumarsi lentamente senza però aver prima donato tutte le sue ricchezze a coloro che ha amato.

Libro delicato, che riesce ad immergerti nel paesaggio siciliano grazie alla descrizione di colori, profumi ed odori propri del territorio.

Olimpia Sabato

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Il romanzo “Èda lì che viene la luce” si colloca nel periodo fascista (1932) in una meravigliosa Sicilia, ma indigente e con una mentalità meschina.  Un barone tedesco, Ludwig von Trier, per motivi di salute si è trasferito a Taormina e vive in un bel palazzo signorile con servitù e una bella governante, Elena. Egli ha la passione per il bello, per il classico e soprattutto per la fotografia. Il barone ama fotografare giovani ragazzi siciliani calati nel paesaggio campestre o tra i resti greci per rievocare la bellezza della classicità, oppure si ispira ai quadri del Caravaggio per la forza delle immagini e la naturalezza delle figure. Ludwig scopre di essere innamorato di Sebastiano, suo giovane modello, ma Agata, altra sua modella, si ingelosisce e lo accusa pubblicamente di omosessualità. Questa pesante accusa distrugge il barone sia fisicamente (viene picchiato dagli squadristi fascisti) sia psicologicamente.

La scrittrice Emanuela E. Abbadessa scrive, o meglio, dipinge con una grande sensibilità e grazia una storia bellissima e struggente di amore e di odio, di dolcezza e di violenza, di luci e di ombre.

Con un linguaggio semplice e nello stesso tempo ricercato l’autrice ti fa vedere luoghi paesaggi e figure, ti fa sentire odori rumori e musica, ti fa vivere intensamente gli avvenimenti.

Un libro nel quale ti immergi completamente e ne vivi emozioni e sensazioni.

Annamaria Grasso

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Un romanzo sulla Libertà, fotografata sullo sfondo del ventennio fascista nella Sicilia dei poveri.

I primi piano sono riservati a pochi protagonisti che di quella libertà sono le vittime e i carnefici. Immagini nitide, delineate come un dipinto in cui la luce degli ‘innocenti’ rende ancora più visibile la zona d’ombra dell’umanità con la sua insensata violenza.

La scelta dei nessi espressivi dà un’impronta originale e avvincente ad una narrazione che si sviluppa attraverso l’analisi psicologica dei personaggi e delle relazioni.

Angela Campa

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Romanzo ispirato alla storia del fotografo Von Gloden, che narra della Sicilia degli anni trenta immortalata dalla macchina fotografica del Barone Ludwig Von Trier, protagonista della storia.

I personaggi tratteggiati con cura e incastonati nel paesaggio siciliano, conducono il lettore lungo la narrazione di questa storia dai tratti densi. La scrittura fluida rende la lettura molto piacevole.

Ester Polosa

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Nella Sicilia degli anni Trenta, umiliata dal giogo della dittatura fascista, è ancora possibile aggrapparsi alla bellezza. Merito di un uomo fuori dagli schemi – il barone Ludwig von Trier – e della sua macchina fotografica, che per gli abitanti di Taormina è poco più di una scatola misteriosa. Lo è soprattutto per il giovane Sebastiano Caruso, che, messosi sulle sue tracce, un giorno si propone al barone come modello e, con il suo consenso, entra in un mondo sconosciuto: quello della fotografia e dei suoi riti magici, dietro i quali si celano incredibili segreti e desideri impronunciabili che assai spesso si scontrano con le convenzioni più grigie di un popolo bigotto.

È su queste basi che Emanuela E. Abbadessa ha costruito il suo straordinario inno alla libertà di pensiero - liberamente ispirato alla storia del fotografo tedesco Wilhelm von Glöden - servendosi dei panni e dei modi eccentrici (agli occhi dei più) del barone von Trier. Ma È da lì che viene la luce, edito da Piemme, (313 pag, 18,50 euro), è anche un viaggio alla scoperta di una società che, scatto dopo scatto, mette in fila i suoi pregi e i suoi difetti: da un lato l’eredità della civiltà greca, che per il barone è una specie di ossessione; dall’altro la miseria (che parla soprattutto con gli occhi di Caruso), benché il regime provi a nasconderla in tutti i modi dipingendo un’isola diversa.

Il romanzo gioca molto su questi due estremi, ma è anche una dissertazione interessantissima sull’amore, che si rivela non di rado un campo minato per chi crede in certe rigide regole morali, e sull’arte, anche grazie ad alcune splendide istantanee – siano esse immagini o parole - che si soffermano sulla Sicilia di allora.

Ma il fotografo e il suo modello non sono soli. Attorno a loro ruotano una serie di personaggi tutt’altro che secondari. Troneggia lo splendido profilo della governante Elena Amato, che del barone sembra assecondare i modi e certe idee progressiste; ed è molto bello pure il ritratto della prostituta Agata Costa, che, spinta dall’invidia, accende una pericolosa miccia che sarà all’origine di una terribile spirale di violenza. Barone a parte, gli uomini si intravedono di tanto in tanto e hanno spesso la maschera tragicomica del regime, che prova a fare da contraltare a un mondo prigioniero della sua immobilità come pure della sua antica fierezza.

Ma il merito di Abbadessa sta soprattutto nell’equilibrio del racconto, che propone gustose digressioni senza discostarsi dal suo centro propulsore, e in una scrittura delicatissima, e allo stesso tempo potente, che non risparmia a nessuno ricami e smagliature, regalando ai ricchi e ai poveri un comune destino.

Giuseppe Di Matteo

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Questo libro è un romanzo d'amore, un romanzo sull'amore. Amore per una magnifica Taormina, assolata, selvaggia e dolce, ricca di colori e di profumi. Amore per il mare, per la luce e per il bello in tutte le sue manifestazioni, arte, natura, giovani ragazzi e ragazze ancora immaturi che inconsapevolmente, o forse no, esprimono già una forte carica sensuale. Ci troviamo però nella Sicilia del ventennio chiusa e arretrata dove l'amore è solo quello tra uomini e donne e chi è diverso viene perseguitato.

Il barone Ludwig von Trier, uomo colto, bello ed elegante, fotografo per passione, cerca di fermare con i suoi scatti, tutta questa bellezza, accompagnato dall'affascinante e misteriosa governante, Elena Amato. I suoi modelli sono due giovani del luogo, Sebastiano e Agata, il cui ruolo sarà decisivo per lo svolgersi degli eventi. La scrittrice sa disegnare i personaggi con cura e precisione. Le sue descrizioni sono delicate, poetiche ma al tempo stesso incisive e forti.

Grazia Tucci

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Una parola per definire questo libro: struggente. Al di là della storia quello che mi ha trasmesso è stata tanta tenerezza. Esprime l'amore e il rispetto per la bellezza (...perché la bellezza non è mai malata), il coraggio nell'affrontare le difficoltà della vita; afferma il valore della diversità perché è la diversità che arricchisce l'uomo. Il tutto con una prosa fluente ed accattivante e che denota tanta sensibilità.

Maria Antonietta Leone

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Bel romanzo ambientato nel periodo fascista a Taormina. 

Al centro della vicenda un barone tedesco appassionato di fotografia che vuole ritrarre una Sicilia autentica e non l’Italia propagandata dal regime.

 A poco a poco i personaggi vengono messi a fuoco.

Traspare l’omosessualità latente e forse inconsapevole del fotografo, intuita e svelata da Agata, inizialmente modella preferita dal barone. La maldicenza della ragazzina porterà tutti i protagonisti verso un finale drammatico: il giovane Sebastiano, modello e amico sincero e curioso, la governante Elena, intelligente e devota che accudisce con sensibilità il barone e con il quale nasce una profonda amicizia che sfiora l’amore.

La sofferenza che colpisce il fotografo e che ricade su tutti, commuove, avvince e ci fa leggere la storia tutta d’un fiato.

Rossana Guffanti

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"È da lì che viene la luce", seppur più semplice nello stile, l'ho trovato un lavoro con molta sostanza: bella trama, bei personaggi, una scrittura sobria e appropriata, la cornice molto interessante della Sicilia in epoca fascista e un certo gusto sognante da parte dell'autrice che spicca chiaramente seppur in modo delicato. 

Nicola Lemme

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La difficile vita degli anni Trenta in Sicilia si snocciola a poco a poco e si svela con grazia e tenerezza attraverso l’acuta descrizione dei vari personaggi. Si è coinvolti dalla fragilità e spontaneità di Sebastiano, ragazzino che mal sopporta la presenza di un fratello maggiore iscritto alla Gioventù Fascista. Sebastiano è sensibile e curioso e viene affascinato dalla cultura e dall’arte della fotografia del barone Ludwig von Trier personaggio principe del romanzo. 

Dopo poche pennellate date a questa figura non si può non simpatizzare per il barone, che è a tutti gli effetti un antieroe per la concezione fascista dell’epoca. Infatti pur nascendo in una famiglia di militari, non fa carriera nell’esercito, ma si appassiona alla fotografia. Per meglio curare la sua salute e sviluppare la sua arte decide di trasferirsi a Taormina, dove paesaggi e gente del popolo saranno facile oggetto della sua macchina fotografica. 

L’autrice ci fa conoscere questo uomo come sensibile, colto, amante del bello e del nudo non solo femminile, ma anche quello maschile, il suo modo di porsi crea simpatia e talvolta affetto nei suoi confronti. 

La lettura è agevole e il linguaggio semplice pur nella descrizione competente di pagine d’arte o di riferimenti mitologici, senza mai cadere nella prosopopea. Uno spaccato di vita lontano dai palazzi di potere o dai luoghi di battaglia, ma con un’atmosfera tale da far percepire al lettore il difficile momento storico. Si viene coinvolti sia dai personaggi che dall’ambientazione. 

Alessandro Rossetti

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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