Exit in fiamme di Luigi
Balocchi
Emersioni
In
“Exit in fiamme” l’autore ci presenta tramite un giornalista visionario una
Milano del futuro, uno scenario apocalittico angosciante e opprimente.
Ci
troviamo di fronte a una città che brucia: cambiamenti climatici,
desertificazione, mancanza d’acqua e una precaria situazione economica portano
a violenza e disordini sociali.
Nessuno
sembra accorgersi di questo futuro imminente, tutti immersi in una realtà
virtuale apparentemente felice fatta di tecnologia, social, pubblicità e
“lavaggi del cervello”.
Ho
trovato il libro estremamente attuale, considerando la particolare situazione
che stiamo vivendo e che in un attimo ci ha catapultato in una realtà che mai
avremmo immaginato....
Fulvia Cozzi
***
Non è facile, onestamente,
esprimere un giudizio su Frau Merkel e Exit in fiamme,
due testi tanto diversi, per genere e stile narrativo.
Io amo leggere romanzi, decisamente
meno i saggi. Pertanto da subito la mia preferenza si è rivolta al testo di
Balocchi, che ho apprezzato anche per il periodare asciutto e veloce. Certo un
tipo di narrazione da prendere a piccole dosi, perché rischia di essere quasi
soffocante nel suo protrarsi lungo tutto il romanzo.
Simona Lovati
***
Non fa proprio per me. Troppo
claustrofobico, dai toni apocalittici, pessimista: forse in questo periodo non
è ciò di cui ho bisogno.
Schiacciato su una narrazione
paratattica, al tempo presente, oggi a mio avviso un po' inflazionata, non mi è
piaciuto.
Ad esempio "Entro in casa.
Apro il frigo. Tiro fuori un hamburger.
Bevo una birra. Guardo fuori":
come lettore pretendo un po' di più da un romanzo.
Alessio Villarosa
***
La fantascienza
profetica ed allucinata non è affare per tutti e Philip K. Dick ha ridefinito
ogni standard alzando l’asticella a livelli inarrivabili. Fatta questa dovuta
premessa il romanzo in questione ha un suo fascino, oserei dire, morboso
alimentato dal continuo alternarsi di registri narrativi in un ritmo sostenuto
ed ipnotico dove le azioni non contano, conta il fluire della profezia e il
costante accelerare dell’umanità verso l’apocalisse. In una Milano che rimanda
alla New York di "Snake" Plissken e John
Carpenter devasta da incendi ed esplosioni, in balia di bande armate e venti
roventi, inesorabilmente attratta dalla fine. L’idea di tentare una distopia
milanese vince la debolezza della trama, l’utilizzo a volte forzo di
espressioni dialettali e la generale confusione che permea l’intera opera. Ma,
d’altra parte, non è questa l’Apocalisse?
Ulisse Politi