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Exit in fiamme di Luigi Balocchi

Emersioni

 

In “Exit in fiamme” l’autore ci presenta tramite un giornalista visionario una Milano del futuro, uno scenario apocalittico angosciante e opprimente.

Ci troviamo di fronte a una città che brucia: cambiamenti climatici, desertificazione, mancanza d’acqua e una precaria situazione economica portano a violenza e disordini sociali.

Nessuno sembra accorgersi di questo futuro imminente, tutti immersi in una realtà virtuale apparentemente felice fatta di tecnologia, social, pubblicità e “lavaggi del cervello”.

Ho trovato il libro estremamente attuale, considerando la particolare situazione che stiamo vivendo e che in un attimo ci ha catapultato in una realtà che mai avremmo immaginato....

Fulvia Cozzi

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Non è facile, onestamente, esprimere un giudizio su Frau Merkel e Exit in fiamme, due testi tanto diversi, per genere e stile narrativo.

Io amo leggere romanzi, decisamente meno i saggi. Pertanto da subito la mia preferenza si è rivolta al testo di Balocchi, che ho apprezzato anche per il periodare asciutto e veloce. Certo un tipo di narrazione da prendere a piccole dosi, perché rischia di essere quasi soffocante nel suo protrarsi lungo tutto il romanzo.

Simona Lovati

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Non fa proprio per me. Troppo claustrofobico, dai toni apocalittici, pessimista: forse in questo periodo non è ciò di cui ho bisogno.

Schiacciato su una narrazione paratattica, al tempo presente, oggi a mio avviso un po' inflazionata, non mi è piaciuto. 

Ad esempio "Entro in casa. Apro il frigo. Tiro fuori un hamburger.

Bevo una birra. Guardo fuori": come lettore pretendo un po' di più da un romanzo.

Alessio Villarosa

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La fantascienza profetica ed allucinata non è affare per tutti e Philip K. Dick ha ridefinito ogni standard alzando l’asticella a livelli inarrivabili. Fatta questa dovuta premessa il romanzo in questione ha un suo fascino, oserei dire, morboso alimentato dal continuo alternarsi di registri narrativi in un ritmo sostenuto ed ipnotico dove le azioni non contano, conta il fluire della profezia e il costante accelerare dell’umanità verso l’apocalisse. In una Milano che rimanda alla New York di "Snake" Plissken e John Carpenter devasta da incendi ed esplosioni, in balia di bande armate e venti roventi, inesorabilmente attratta dalla fine. L’idea di tentare una distopia milanese vince la debolezza della trama, l’utilizzo a volte forzo di espressioni dialettali e la generale confusione che permea l’intera opera. Ma, d’altra parte, non è questa l’Apocalisse?

Ulisse Politi

 

 

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