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Confini di Maurizio Zottarelli
Morellini

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario
di Robinson di Palermo 3 “Eutropia”
coordinato da Rosana Rizzo

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Esistono confini geografici che separano popoli e nazioni; confini sociali che dividono le classi sulla base di chi possiede tanto (troppo?) e chi poco o nulla; confini materiali, che delimitano proprietà private; confini immateriali le cui barriere sono a volte più invalicabili di quelli naturali; confini morali, che non andrebbero mai superati perché afferiscono al rispetto verso l’altro. Confini di Zottarelli presenta una storia cruda e aspra che intreccia tra loro i fili dei diversi confini. Si passa dall’Italia all’Albania, dalla Valle D’Aosta alla Puglia, attraversando nazioni e regioni; si incrociano ricche famiglie alto-borghesi, la cui quotidiana serenità viene brutalmente squarciata da una banda multietnica composta da due albanesi, un rumeno e un italiano.Quattro balordi che irrompono in sfarzose ville per depredarle di ogni oggetto di valore, seminando terrore e orrore. Artur e Engjëll, due albanesi che hanno varcato il confine della loro terra nella speranza di un riscatto sociale, sono capaci di macchiarsi dei più efferati crimini, eppure sono uniti da un forte legame di solidarietà. Entrambi sono spietati e ingordi, ma entrambi hanno bisogno l’uno dell’altro. Artur si intenerisce pensando alla madre morente, ma non ha alcun scrupolo a profanare luoghi privati, “Il cancello aperto a tutti senza pudore, come i corpi dei malati in ospedale”, né ad uccidere a sangue freddo. Engjëll nutre la speranza, una volta tornato in Albania, di portersi rifare una vita con Danja, la sorella di Artur, mentre continua a seminare morte e terrore in Italia “Siamo tutti dalla parte sbagliata del confine. Qualcuno più degli altri”. Anche l’investigatore Danilo Alfieri ha un suo confine personale da valicare, quello che lo separa dalla sua donna, Valentina, tornata dopo due anni di separazione e ancora ferma sull’uscio della loro possibile vita insieme. E’ un romanzo di contrasti, dalle tinte forti, a tratti eccessivo, in cui il confine tra vittima e carnefice è molto labile.

Laura Guercio

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E’ un noir che racconta le azioni di una banda brutale e senza scrupoli formata da un melting pot criminale di rapinatori albanesi, tra cui spiccano Artur e Enjiell, oltre che un rumeno, un italiano ed un magrebino, tutti accomunati dalla ricerca di soldi e ricchezza, procacciati varcando i confini delle ville di facoltose famiglie e depredandole della loro dignità. La rabbia e, spesso, la gratuita ferocia delle azioni compiute fa sospettare che, oltre alla volontà di saccheggiare, i componenti siano mossi dall’intento di vendicarsi delle ingiustizie e degli squilibri subiti nel corso delle loro misere vite. Braccata dall’ispettore Danilo Alfieri, la banda percorre tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Puglia, mettendo a segno una serie di colpi in un parossismo di violenza in cui vengono superati i confini dell’umana decenza. Il romanzo di Maurizio Zottarelli, è raccontato con uno stile vivace, ma fa largo ricorso a dialoghi dal vago sapore filosofico che francamente stridono con i personaggi ed i tempi del racconto, appesantendolo.

Annalisa Cannata

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“Siamo tutti dalla parte sbagliata di qualche confine. Qualcuno più degli altri”.

Su questa affermazione di uno dei protagonisti l’autore impernia  il percorso narrativo del romanzo mettendo al centro del suo racconto il termine “confini” nelle sue varie accezioni, fisici, geografici, morali, psicologici, temporali e personali. Si parla dei confini dei non uomini, cioè dei carcerati, i confini delle nostre vite che “tutti dimentichiamo” e tutti i personaggi, almeno i principali, si interrogano sul proprio confine, sulla prossimità con i confini degli altri e sulle possibilità di attraversarli e riattraversarli anche come limiti. Cosa cercano i personaggi di Zottarelli nel loro vagare tra rapine efferate, chilometri consumati sulle strade da Aosta alla Puglia e dislocamenti geografici? Con le loro “facce feroci di fame”? con la loro ingordigia? Penso che semplicemente cerchino la loro porzione di felicità, non una felicità perfetta, patinata, ma una felicità anche disperata che non proviene dalla ricchezza, che non si può comprare “come si comprano i militari” dice Danja al fratello Artur. La cercano i rapinatori, i cattivi, e la cercano coloro che li inseguono, i buoni, che non lo sono fino in fondo e in certa misura rispecchiano i primi.

 Le vittime delle rapine non sono risparmiate in alcun senso e Zottarelli descrive accuratamente e in modo efficace le violenze perpetrate e subite che costringono i malcapitati a confrontarsi con i propri confini delineati da posizioni sociali privilegiate e benessere economico. Siamo quindi di fronte a uomini che hanno abbondantemente oltrepassato i confini dell’umano ma che tuttavia hanno sempre la possibilità di uscire da quelli dell’orrore. Questi stessi uomini, i due albanesi leader del gruppo, Artur e Engjëll, li ritroviamo per qualche settimana in Albania, dove fanno ritorno dopo una rapina per aspettare che la situazione si calmi. Nel loro paese natale Artur e Engjëll appaiono sotto una luce diversa; osserviamo Artur insieme ai membri della propria famiglia, un uomo sensibile e affettuoso che sostenta generosamente i famigliari con il suo lavoro in Italia (lo credono muratore), che fa le veci del padre e si preoccupa dei fratelli, della sorella, della madre morente. Artur, nel paesino vicino al lago di Scutari dove abita la sua famiglia, è a casa nel senso del luogo “dove ti considerano più importante”. Ha un passato famigliare di legami forti e stabili e un passato, accennato, riferito a guerre, povertà, separzioni e stenti e lo vediamo un uomo capace di sentimenti autentici, straziato dalla separazione dalla madre moribonda e da tutto quello che lascia ritornando in Italia. E. non ha famiglia a cui tornare ma condivide con A. il passato di violenza legato alla guerra e alla povertà. Entrambi superano il confine geografico spostandosi in Italia in cerca di lavoro; probabilmente il confine “umano” già erano stati costretti a superarlo con il loro passato di disperazione in Albania. A questa banda si contrappone l’ispettore Alfieri, un uomo solo e isolato, che si porta dentro mancanze e situazioni irrisolte, con una fidanzata-non-fidanzata, Valeria, un'avvocatessa che lo aiuta, va via , ma alla fine c'è e lo sostiene nelle indagini. Il detective è paziente, scrupoloso, lavora senza risparmiarsi, ma non è stato mai molto apprezzato dai superiori e non ha fatto carriera. I malviventi e l'ispettore corrono incessantemente ognuno con il suo confine, che incrocia quello degli altri.

La storia si dipana nell’arco di sessanta giorni durante i quali i personaggi principali hanno la possibilità di misurarsi con il proprio confine che, in ultima analisi, è il confine dell’essere uomo, del credere in qualcosa, per esempio nell’amicizia come afferma Spaghetto, personaggio tragico amico del componente italiano della banda, Valerio: “Sì, fa tutto schifo. Ma in qualcosa uno deve pur credere, no? Se no che fa uno? S' ammazza. Io credo nell' amicizia, perciò lascia stare gli amici miei”.

Il romanzo è congegnato con innegabile abilità e con una tensione che difficilmente fa allontanare il lettore dalla pagina. Non mi meraviglierebbe una trasposizione cinematografica. 

Cinzia marino

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Premessa: ho trovato originale e azzeccata l’idea di inserire, all’inizio, il suggerimento di ascoltare la playlist creata da uno dei curatori della collana di cui il libro fa parte: l’ho ascoltata e molte delle canzo-ni inserite si sposavano bene con le atmosfere del romanzo.

Zottarelli e l’ispettore Alfieri ci conducono on the road in una caccia ai ladri, una banda di rapinatori italo-rumeno-albanesi, fino al confine, che però scopriamo non essere solo il confine geografico, ma an-che la linea che delimita il bene dal il male, la vita dalla morte.

Sin dall’inizio del romanzo, utilizzando una scrittura carica di pathos, Zottarelli ci porta ad assistere a scene da Arancia meccanica e che esplodono davanti agli occhi in tutta la loro cruda drammaticità, Il thriller  si sviluppa nel giro di due mesi tra un colpo e l’altro in lussuose ville partendo da Aosta, sino a Pesaro. L’irrompere violento nell’intimità domestica dei rapinati è descritto dettagliatamente tanto da far scaturire in chi legge l’immaginazione della versione filmica. Il tema della rapina non è però fine a se stesso ma diventa spunto di riflessione filosofica sui concetti di confine e di limite analizzati da varie angolazioni . La motivazione del romanzo sembra essere la curiosità di capire cosa spinga a compiere atti così terribili di violenza e la risposta sta nella ricerca della felicità che induce le persone a comportarsi in tal modo: tutti i personaggi del libro, sia quelli che appaiono come buoni che i cattivi, sperano di rag-giungere quella che è  la propria immagine di felicità che si rivela però falsa e illusoria.

Viviana Conti

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Maurizio Zottarelli è un giornalista milanese, autore teatrale e scrittore di racconti. Confini è un thriller che si snoda in 65 giorni tra un colpo e l’altro di una latitante banda multietnica rapinatrice di cassaforti in lussuose ville ad Aosta, Torino, Verona, Milano, Mantova, Pesaro. La descrizione dell’irrompere violento nell’intimità domestica dei rapinati è veloce e dettagliata al punto da generare nell’immaginazione la versione filmica. Gli ostacoli lungo il cammino aumentano il livello di tensione all’interno della banda e il rischio di perdere il controllo delle azioni e dell’intero piano. La cosa interessante del libro è il tema della rapina come occasione di riflessione filosofica sul concetto di confine: confini del tempo e della memoria che si oppongono alla ricerca del “per sempre”, confini come possibilità da cogliere per cambiare vita, come guado da superare, confini tra parte giusta e parte sbagliata in cui stare, non solo confini geografici da valicare. Tutti superano i confini con le loro azioni, ma Il confine della ripugnanza è certamente superato dalla figura di Valerio, con la sua brutalità senza scrupoli. E’ il personaggio della banda che non vorremmo mai essere. Tutti noi comunque rispettiamo dei confini e ne oltrepassiamo degli altri in ogni scelta, e superandoli ne stabiliamo di nuovi. Ogni compromesso con gli altri o con noi stessi è un confine cancellato e ridisegnato per raggiungere precisi obiettivi. Quella della banda criminale è quindi una metafora che funziona perché incarna l’idea del rischio o della rinuncia necessaria per superare un confine e raggiunere un fine. E credo funzioni perché nelle emergenze e nelle situazioni estreme si manifesta a noi più evidente il fatto che ogni scelta comporta un rischio da assumere, ponendoci di fronte ai confini tra più dimensioni da armonizzare, anche se in conflitto.

Laura Mollica

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Bologna 5 “Circolo del giallo di Salaborsa”
coordinato da Rosalia Ragusa
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“Confini” è il romanzo dell’uomo sradicato che perde sé stesso, la sua personalità ma soprattutto la sua bontà. Ferocia animale e mite tenerezza sembrano convivere nei due protagonisti, Artur ed Engjëll, eroi liberi in Albania, braccati criminali in Italia. La descrizione dei luoghi è suggestiva e ricca d’immagini. La Patria dei protagonisti è descritta come luogo magico dell’infanzia in cui la natura culla e accoglie, ma è anche luogo di disperazione e vana attesa di salvezza. L’Italia è invece la terra dell’indifferenza ma anche delle possibilità, in cui lo straniero sradicato deve scatenare tutta la sua ferocia per affermarsi come essere “importante” e distinguersi nel mucchio dei tanti invisibili. Il contesto determina insomma le azioni degli uomini. Ed è così che personaggi simili in ambienti diversi assumono connotazioni opposte; la ragazza stuprata spietatamente nella villa saccheggiata dai due criminali somiglia fin troppo alla dolce sorella di Adrian, e questa somiglianza crea disagio e vergogna. È questa sostanziale somiglianza tra i personaggi a rivelare infine la loro profonda umanità che si comprende solo in un “non luogo”, quello del confine appunto, in cui Adrian, Engjëll e il loro antagonista, l’inadeguato Ispettore Alfieri, si trovano accomunati dalla medesima ricerca di senso.

Cinzia Di Donato

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Già in apertura il romanzo risveglia una paura comune a tutti noi: qualcuno esce da un un’oscurità indistinta (un corridoio buio, un garage) ed irrompe nella tranquillità di casa nostra aggredendoci, derubandoci e stravolgendo la nostra vita … come non essere immediatamente presi da una incipit come questo? Nel romanzo si susseguono diverse agghiaccianti rapine, alle quali fanno eco le indagini, ma ad attirare l’interesse è soprattutto la banda di aggressori ed in particolare lo scavo psicologico di due personaggi, due albanesi, Artur ed Engjëll, di cui ci viene mostrato un retroterra esistenziale e sociale segnato da povertà, degrado e dai traumi di una guerra. I due uomini hanno sì un cuore, ma lo hanno lasciato al di là del confine, in Italia la loro “fame” travolge tutto e li rende feroci, solo in Engjëll vediamo una sorta di riscatto prima che il suo destino si compia. A loro fa da contraltare Valerio, l’unico italiano della banda, il più perverso e spietato, che invece un cuore non ce l’ha. È lui a rappresentare, ammesso che esista, il male assoluto? Concludiamo con un accenno al finale: la storia termina come ci aspettavamo terminasse, senza colpi di scena, ma ha alcuni risvolti amari su cui forse varrebbe la pena riflettere.

Raffaella Bertagnoni

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Confini non è un giallo classico, non c’è un colpevole da scoprire. È subito chiaro chi sono i buoni e chi sono i cattivi: non è un’indagine, ma una caccia. Caccia nella quale si viene trascinati immediatamente da un’azione molto violenta e un ritmo sfrenato. Si riprende fiato solo nelle descrizioni dei paesaggi che sembrano fatati, ma al tempo stesso ostili, gelidi, distanti come fotografie in bianco e nero. È un’altalena continua. Il solo panorama amico lo troviamo in Albania, a casa. Il dolore, la rabbia, la fame di vita che accompagnano i ragazzi sfumano fino a farli godere in serenità di alcuni giorni trascorsi a pescare. Come promette il titolo i confini sono ben definiti. Da una parte i poliziotti e dall’altra i criminali, le sonnecchiose colline piemontesi e le violente rapine, il possesso e la privazione. Solo la solitudine accomuna tutti i personaggi ed è così potente da costringere Artur a tornare indietro e a morire con Engjëll per non rimanere solo. Ulteriore nota positiva: l’autore non offre alibi e non offre speranze. I fatti sono presentati nella loro crudezza e tutti sono vittime.

Simona Nerozzi

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La scena con cui la storia ha inizio è di grande effetto e catapulta il lettore in una realtà dura ed emotivamente coinvolgente. Il paesaggio è quello cupo e freddo della montagna di confine del nord Italia. Nero. È un mondo oscuro, buio, notturno dove si gira in auto a fari spenti per fuggire.

La storia si srotola in questa oscurità e nelle oscurità delle anime e dei pensieri delle due parti avverse : malviventi ed ispettore.

La descrizione delle vittime invece è rapida e tratteggiata dallo stupore di essere travolti dalla violenza.

L’autore da spazio all’indagine psicologica dello straniero, alle motivazioni di fuga dalla patria, alle cause dell’essere diverso.

La descrizione dell’ambiente d’origine (Albania) riflette quella dell’anima: il paesaggio brullo, arido di montagna in cui regna la povertà, un paesaggio oltre confine privo di colore che ha modellato anche i cuori degli stranieri, protagonisti del racconto.

È questo che risalta. La loro mancanza di sentimento. Un approccio freddo e privo di molte sfumature emotive.

Si percepisce che tutto ciò è frutto di una elaborazione di dolori passati  in cui ci si è persi. Dolori superati con un approccio diretto, secco, alla vita.

In tutti i protagonisti c’è il rancore per aver subito un’ingiustizia, per esser stati messi alla prova oltrepassando i confini del dolore accettabile.

La rabbia ora è verso chi invece non ha visto distrutto i propri sogni e la propria infanzia.

L’aridità emotiva è frutto di questo percorso.

E poi, oltre ai confini del dolore, la storia percorre altri confini, quelli tra la vite e la morte, tra il giusto e l’ingiusto, tra cosa è morale è cosa non lo è, confini territoriali, confini di patria, confini mentali.

Graziella Morabito

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Confini mi è piaciuto, soprattutto le descrizioni dei paesaggi e degli stati d’animo dei personaggi, in particolare dei rapinatori. È forse un po’ lungo, a volte si perde ma è un buon libro, con una trama diversa.

Ilaria Gianantoni

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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