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Sicario di Andrea Galli
Rizzoli

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario
di Robinson di Palermo 3 “Eutropia”
coordinato da Rosana Rizzo:

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Ciò che ha caratterizzato la lettura del Sicario a mio avviso è stata la noia…, una storia che non decolla e che scema senza tensione. Descrizioni estenuanti rendono molto faticosa la lettura.

GiuseppeRiccio

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La storia personale del protagonista si inserisce nella storia recente dell'Albania dominata dalla dittatura con il suo seguito di pesanti risvolti sociali, quali la misera, la solitudine, l'emigrazione, l'inquinamento. Alla base di tutta la narrazione una domanda: come si diventa un assassino su commissione, anzi come si diventa il più ricercato professionista dell'assassino su commissione? 

Giulian viene arrestato e da questo momento inizia il lungo racconto della sua vita precedente, quando viene separato dalla madre e dalla sorella per fuggire assieme al padre dalla dittatura al albanese che razionava anche il latte e rifugiarsi in Grecia. E' un crescendo: da un piccolo furto all'ingresso nel gruppo mafioso giordano, imparando a sparare, ma soprattutto a dominare le emozioni. Come in un iceberg la massa sommersa è cinque volte più grande di quella emersa, così avviene anche per Giulian sicario- iceberg.

Solo raramente affiora l'umanità: il pensiero della madre associato alla sciarpa calda il profumo di vaniglia associato a Dalida, la richiesta di un libro.

I fatti parlano da soli, le sequenze sono prevalentemente descrittive, scarni i dialoghi, pesante la parte storica, la figura del protagonista descritta con insistenza fotografica, in quanto ordinato, ben rasato e vestito, controcorrente nella sua eleganza, glaciale, un uomo che per sopravvivere e dominare la paura della morte propria è diventato artefice della morte altrui e per il quale l'evasione è stata l'unico orizzonte di speranza (pag.95), un uomo che è stato un bambino, ma che non ha mai celebrato un compleanno .

Gemma Alfano

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Il libro inizia con la cattura del sicario, tradito da un amico Dricim, ed è durante l’interrogatorio che conosciamo la sua storia.

Julian Sinanaj nasce in Albania sotto la dittatura di Enver Hoxha a Elbasan. La città è dominata dal “mostro” un’industria metallurgica che non rispetta alcuna legge sulla sicurezza e la protezione dei cittadini seminando morte e malformazioni genetiche. La sua casa è in un quartiere ghetto abitato dai dipendenti della fabbrica e Julian, proprio per questo viene spesso preso di mira dagli altri ragazzini del paese, è così che impara a difendersi: attaccare per non soccombere. Il padre decide di emigrare clandestinamente in Grecia e, contro la sua volontà, lo porta con se, non perché gli interessi la sua salvezza ma come ostaggio per impedire alla moglie di denunciarlo. I fuggiaschi, con un viaggio avventuroso attraverso le montagne, riescono ad arrivare a Salonicco. Per Julian comincia la vita di strada con il suo amico Avni, e cominciano anche i primi furti. Presto Avni muore per droga e Julian continua da solo la sua battaglia per la sopravvivenza. Tenuto d’occhio dalla mafia georgiana che spadroneggia in città e che vede in lui un ottimo potenziale, presto viene assoldato. Non è lui a decidere non ha alcuna possibilità di salvezza, un rifiuto equivale morte. Comincia così il suo apprendistato. Ecco un piccolo vademecum utile a chi volesse intraprendere questo mestiere: Non bisogna avere caratteristiche fisiche particolari, niente che possa rendere facile l'identificazione come tatuaggi o un abbigliamento vistoso. Pulizia ordine e riservatezza, niente droghe o alcool. Essere preferibilmente ambidestro. Avere ottime conoscenze di anatomia chimica e meccanica, avere pazienza, prontezza di riflessi determinazione e, ovviamente, ignorare il concetto di etica. Julian ha tutte le caratteristiche fisiche e le altre cose le impara affidato ad un ottimo maestro. Le lezioni di anatomia le segue all’interno dell’università assistendo alle autopsie, segue anche le lezioni di chimica e, di sua iniziativa le lezioni di letteratura russa che lo appassionano particolarmente, tanto che durante l’interrogatorio l’unica cosa che chiede di poter avere è il libro Anna Karenina che ha già letto diverse volte. Cominciano presto gli incarichi da svolgere, omicidi e attentati che non gli creano alcun turbamento lui non è un assassino “assassini sono quelli che uccidono le mogli” lui è solo un esecutore. Nel suo ultimo omicidio intravede il figlio piccolo della vittima ed è solo quest’ombra che riesce a scuoterlo. Julian non è solo un carnefice ma è anche una vittima, non è questa la vita che avrebbe voluto, il suo desiderio era restare in Albania con la sorella e la madre verso la quale nutre un sentimento profondo, tanto che con i primi soldi che si ritrova in mano le compra una collana di perle pur non sapendo se potrà mai rivederla. Le sue esecuzioni sono rapide in lui non c’è alcuna forma di sadismo, è come un robot programmato per uccidere. Nel libro sono descritti alcuni delitti di una ferocia inenarrabile e si cita anche “la prepotenza di pezzi delle istituzioni più spietati degli stessi delinquenti”. Al processo, le cosche mafiose gli attribuiscono delitti ed attentati che non ha commesso ben contenti di aver trovato un capro espiatorio. Alla fine lo troviamo nella sua cella tormentato dai nemici che tutta la sua perizia non basta ad eliminare: i fantasmi.

Il sicario non è un libro che si legge facilmente, scorre lento e risulta noioso. Mi viene difficile collocarlo in un genere letterario, non è un giallo, non è un romanzo più che altro sembra una cronistoria degli avvenimenti accaduti in quegli anni in Albania e Grecia ma senza la chiarezza necessaria. Gli attentati descritti sono realmente accaduti, di quelli in Grecia ne parla anche Markaris nei suoi gialli (con ben altro stile). Alla fine, dopo aver visto gli effetti della dittatura e del “mostro” mi viene un dubbio: chi è il vero sicario?

Olinda orlando

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Andrea Galli, cronista del “Corriere della Sera”, ripercorre la storia vera del killer albanese Julian Sinanaj con un romanzo-reportage che partendo dal suo arresto prosegue per salti, intervallando gli interrogatori del prokuràtor al racconto delle origini, dell’addestramento criminale e delle gelide e spietate esecuzioni di questa formidabile macchina della morte. La storia non risparmia gli orrori vissuti da uno Julian ragazzino, costretto da un padre che non ha mai compiuto un gesto da genitore a separarsi dalla madre e dalla sorella e fuggire da un’Albania mostruosa, dilaniata dalla dittatura, prima, e dal caos successivo alla caduta del regime, “un’Albania in guerra contro gli albanesi”. Arrivati a Salonicco le strade dei due si separano: il padre ingrossa le fila di un esercito di diseredati che verranno ingoiati da un sistema che li sfrutta come nuove bestie da soma; Julian, insieme all’amico Avni, reagisce a questo destino compiendo una serie di piccoli reati che verranno notati dall’onnipresente ed onnisciente mafia dei georgiani, comandata dal ”reduce”, una figura quasi divina per la sua banda, che lo recluterà iniziandolo al crimine e si impadronirà della sua vita. Il killer compirà una serie di assassini, gliene contesteranno almeno 35, commissionati anche per conto di bande di terroristi e servizi segreti, tutti legati all’organizzazione mafiosa da un complesso intreccio di interessi e relazioni. Il giudizio sulla figura del sicario sembra essere riassunto nelle frettolose note dello psichiatra e del criminologo chiamati a stendere il profilo di Julian: uno schizofrenico, frutto del vuoto di valori di una famiglia e di un paese, per il primo; una persona che ha scelto da persona libera di trasformarsi in assassino dopo essere stato una potenziale vittima, per il secondo. Esiste, forse, una terza via che compendia le prime due: una vittima che non ha potuto fare a meno di scegliere di diventare una gelida macchina della morte, alla quale il cronista sembrerebbe connettere un’ultima immagine: quella del cadavere del “reduce”, descritto nelle ultime pagine come un corpo senza nome e senza scalpo che galleggia in mare dopo essere stato freddato da un nuovo Sicario. La narrazione dell’autore è rigorosa e dettagliata ed in alcune parti indugia in particolari che rendono il personaggio meno disumano: la tendenza quasi infantile ad esprimersi con il disegno, la passione per la lettura, l’intelligenza veloce nell’apprendere i segreti della chimica, finanche la “cortesia” usata dal killer nei confronti delle vittime delle sue esecuzioni, andare dritto alle parti vitali e provocare una morte veloce e senza sofferenza, mi hanno spesso fatto pensare a quale migliore sorte sarebbe toccata a Julian se solo si fosse ritrovato a nascere nella “parte giusta dell’Adriatico”.

Annalisa cannata

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Sicario è un libro faticoso. Innanzitutto per lo stile di scrittura: asciutto, ellittico, descrittivo fino alla minuzia. In secondo luogo per il tema affrontato: l’autore – attraverso la storia e i ricordi del killer albanese Julian Sinanaj – ricostruisce la geopolitica del crimine organizzato balcanico, tra Grecia, Albania e Italia, con addentellati in tutta Europa e con una struttura pervasiva ed efficiente a tutti i livelli, dal delinquente comune all’alto funzionario politico. La prosa di Galli è chirurgica, inflessibile, cruda e scarna fino all’eccesso: come a voler riprodurre in forma letteraria la personalità del protagonista. E tuttavia – o forse proprio per questo – nelle parti che riguardano il sicario, dall’infanzia alla cattura, si ha l’impressione di leggere non un romanzo ma una sceneggiatura cinematografica; nelle altre, il testo si presenta più come un’inchiesta o un reportage giornalistico. È un libro faticoso, dicevo; e l’ultima sezione – quella in cui si intensificano gli incontri col prokuròr – non può non richiamare alla mente analoghe situazioni nostrane, impresse nella memoria individuale e collettiva degli italiani e, con ancora maggiore intensità, dei siciliani. Ciò che rimane al lettore, alla fine di queste quattrocento pagine, è soprattutto l’immagine opprimente di un uomo che è sempre ‘appartenuto’ ad altri uomini. E al senso di angoscia e impotenza di fronte agli scenari evocati da Galli, si accompagna una domanda più sommessa ma non meno angosciante: cosa è veramente il libero arbitrio?

Pietro giammellaro

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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