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Sotto il sole bastardo di Sébastien Bianco
Mondadori

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Milano 4 “Club delle Argonne”
coordinato da Fabio Mantegazza
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Il sole bastardo è quello di una Milano buia, un sole che traspare attraverso la nebbia che la avvolge, che non riscalda e che non rallegra.

I due protagonisti, Jack e Perla, si muovono e si rincorrono in un noir complesso, dove si intreccia la maia con lo squallore delle periferie urbane, con il pericolo costante e allo stesso tempo con quel briciolo di umanità che rende interessante un racconto altrimenti senza speranza.

Jack e Perla sono cresciuti insieme poi hanno preso strade diverse: lui fa il meccanico, lei fa l’avvocato ed è entrata nel circolo della Milano bene, quella che si preoccupa anche degli ultimi che vuole aiutare a costruirsi una vita migliore.

E così Perla affida un ragazzino dei suoi protetti a Jack, perché lo nasconda per qualche giorno tenendolo fuori dai guai.

I due mondi, quello della malavita e quello della Milano altoborghese si incontrano, ma non è tutto come sembra, non è detto che i cattivi siano cattivi e i buoni siano i buoni.

La vicenda è complessa, ma ben raccontata e i vari passaggi si incastrano uno con l’altro senza troppi tentennamenti, le figure di contorno sono ben dipinte e così pure i due protagonisti, raccontati con un chiaroscuro abbastanza disinvolto.

L’ultimo capitolo è un po’ tirato via per arrivare a un finale consolante, ma comunque il confronto con “Al Giambellino non si uccide” lo vede a mio avviso vincente.

Licia Betterelli

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Racconto che ho trovato molto forzato: i personaggi sono stereotipati con vite e vicende personali sia passate che attuali spinte all’eccesso; il ritmo dalla narrazione è abbastanza vivace ma la trama alla fine risulta scontata e molto poco verosimile; la Milano che fa da sfondo è irriconoscibile anche se forse l’ambientazione è l’aspetto più positivo, meglio, meno negativo, del romanzo.

Insomma una lettura faticosa ed a tratti addirittura fastidiosa per gli eccessi nella caratterizzazione dei personaggi e nelle vicende che li coinvolgono.

Il romanzo, il cui autore si nasconde dietro a un “nom de plume”, è pubblicato da Mondadori nella collana narrativa, collocazione per lo meno discutibile: non ho trovato né contenuti né aspetti stilistici che ne facciano qualcosa di meglio di un prodotto decisamente “di genere”.

Raffaele Biavasco

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Hard boiled tutto milanese che rimanda ai maestri del genere. Si sentono forti echi dell’americano Hammett e del francese Izzo, ma con una personalità tutta italiana. Intreccio ben costruito, personaggi ben delineati, scrittura matura, per essere un esordiente, sempre che di esordiente si tratti. La curiosità di scoprire l’identità che si cela sotto il nom de plume di Sébastien Bianco aggiunge quel tocco di mistero in più. Quel che è certo è che la scrittura è sicura, fluida, precisa, quasi cinematografica. Le descrizioni sono suggestive, accompagnate da immagini potenti e dal carattere quasi lirico. Ci sono frasi, interi brani che colpiscono e restano incisi nella memoria. Si sente che l’autore si è nutrito di buona letteratura, soprattutto Celine, che traspare più volte, già dalle prime pagine, come in controluce, come riflesso da un gioco di specchi, che ne rimandano le citazioni e le atmosfere. Luci e ombre della periferia milanese: la vediamo, questa Bovisa, l’officina del Pedretti, la trattoria del cinese, la palestra del Mazzoni. Ne vediamo le atmosfere fumose e in chiaroscuro. Sentiamo scorrere l’acqua scura del naviglio, sotto il cielo buio senza stelle, o sotto un sole bastardo. Una lettura che intrattiene.

Cristina Casanova

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La dimensione interiore di Giacomo Montichiari è il vero senso di tutta la vicenda narrata. Il suo abitare una solitudine consapevole, arredata da una sensibilità percettiva, e da una forma estrema di volontà e d’amore porta il testo ad una dimensione filosofica profonda e umana.

Così, pur mostrando una realtà costituita da brutture, miserie, violenza e disperazione reca in sé il calore di una lunga amicizia, la fedeltà a una promessa, la compostezza dei gesti umani posti al di là delle parole, che riportano al silenzio la forma di una pienezza.

La scrittura ha la stessa autenticità e forza del personaggio che mette in scena. La vicenda intorno a cui si snoda la storia, perde importanza di fronte alla luce dei pensieri di Giacomo che riescono a portare il lettore oltre la nebbia.

Marica Arzenati

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I piccoli criminali, la ‘ndrangheta calabrese, un avvocato e un meccanico con un passato da pugile: insieme ad altre figure sono i personaggi di questo giallo interamente ambientato a Milano.

Una Milano attanagliata dalla malavita, una Milano nella quale vivono persone dal cuore grande, capaci di mettersi a disposizione dei meno fortunati. Una città ben diversa dalla “Milano da bere” o la Milano della finanza che ha occupato tanta parte della letteratura italiana.

Perla e Giacomo sono due amici, nati e cresciuti nel medesimo cortile di una casa alla periferia di Milano, famiglie disagiate alle spalle, capaci però di riscattare le loro vite. Perla diventa avvocato, un avvocato di successo con clienti ricchi che non disdegna qualche incarico pro bono a favore di ragazzini meno fortunati. Giacomo si avvia alla boxe professionista per approdare poi in un’officina meccanica dove si distingue per la sua innata capacità di rimettere su strada anche le auto considerate buone solo a diventare rottami. Oltre alla loro lunga amicizia sono accumunati da una sincera filantropia che li porta a prendersi cura di quei ragazzini che erano come erano loro a quell’età: completamente allo sbando, senza aiuti familiari alle spalle e avvezzi alla microcriminalità.

In questo caso però si infilano in una situazione più grande di loro in quanto devono proteggere un ragazzino (e parte della sua famiglia) implicata in un omicidio a chiaro stampo intimidatorio. È la potente ‘ndrangheta calabrese che cerca di mettere le sue radici a Milano, cercando i suoi adepti tra i più giovani.

Il romanzo è discretamente costruito e i personaggi sono sinceri e autentici nella loro particolarità. La città è ben descritta con le sue luci e le sue ombre. Il racconto si snoda fluidamente, ma senza particolari colpi di scena. Qualche situazione appare un po’ superficiale, se non paradossale, se si tiene conto che i “cattivi” non sono piccoli delinquenti di quartiere ma spietati affiliati alla ‘ndrangheta.

Alessandra Chiappa

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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