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Stoccafisso in salsa Verdi di Lorenzo Della Fonte
Elliot

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Verona 2 “Giovani Marmotte”
coordinato da Alessandro Bravi:
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La mia preferenza per “Stoccafisso in salsa Verdi” è motivata innanzitutto dal titolo, decisamente originale, perfino fuorviante: in un primo momento ho pensato ad un errore di stampa, quasi si trattasse della biografia di qualche famoso chef.

La seconda e più importante ragione è l’ambientazione della storia negli anni Trenta, un periodo che si presta molto ben a trame gialle, di recente riproposto all’attenzione del grande pubblico dalla serie tratta dai romanzi aventi come protagonista il commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni.

La ricostruzione d’epoca sembra essere molto accurata e storicamente precisa, e questo a mio giudizio è un punto a favore di Lorenzo Della Fonte. L’interesse dei lettori è certamente stimolato dalla presenza nella trama di figure storiche realmente esistite, alla maniera di Ken Follet, anche se Della Fonte non eccede nell’utilizzo di questo espediente narrativo. L’altro espediente a cui ricorre, la presenza sullo sfondo del regime fascista, è inevitabile, dato il periodo in cui la storia è ambientata, ma anche in questo caso l’autore ne fa un uso misurato. Infine, mi pare ben riuscita la figura del capitano dei Reali Carabinieri, Giovanni Bassan, e si percepisce la competenza musicale dell’autore, direttore d’orchestra e compositore, oltre che scrittore.

Paolo Muraro

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Mi sono stati sottoposti due romanzi, entrambi ascrivibili al genere giallo, o poliziesco: Il mistero del cadavere nella valigia, di Alessandra Carnevali e Stoccafisso in salsa verde, di Lorenzo Della Fonte.

Tra i due testi, entrambi apprezzabili, la mia preferenza va senz’altro al primo (Il mistero del cadavere nella valigia).

Il commissario Calligaris - già al centro di altri testi della Carnevali - si trova questa volta alle prese con l’increscioso e inatteso ritrovamento di un cadavere in una valigia - come recita il titolo, appunto. Siamo vicini a Natale, ricorrenza faticosa per la dottoressa Calligaris a causa di un trauma infantile, ed a fare la segnalazione è un’anziana donna di umili origini, dalla parlata colorita e con il marito sedicente malato di Alzheimer: essa ha rinvenuto la valigia nel proprio giardino, ed ha avvisato la polizia temendo si trattasse di un ordigno depositato dai terroristi. La vittima viene quasi subito identificata come Odile Dufour, una giovane ragazza francese. Ben presto si presenterà alla polizia la sorella gemella, Nathalie, desiderosa di averne notizie, mentre pochi giorni dopo verrà assassinato anche un professore alla vigilia di una conferenza che egli stesso avrebbe dovuto tenere. Con il procedere delle indagini, faranno capolino sulla scena personaggi folkloristici ma altresì originali e ricchi di spessore umano - una cartomante veggente che in realtà è un uomo; una professoressa di lettere dall’aria arcigna, soprannominata la iena; una signora (la madre della Calligaris) esperta di storia medievale; un carabiniere con la passione per le belle ragazze; una donna con il gusto dell’eccesso e del variopinto; un’altra - sua sorella - casa e chiesa nel vero senso della parola, poiché si fidanza con il sacrestano e con lui si nasconde per fare sesso prima del matrimonio; un parroco meno ingenuo di quanto non voglia sembrare - per citarne solo alcuni. Ognuno di questi personaggi, che lo voglia o no, contribuisce allo svolgersi delle indagini ed al disvelamento di un mistero che, sulle prime, pareva destinato a restare tale. Elementi chiave della vicenda sono l’eresia catara, con i suoi riti ed oggetti transazionali, ma soprattutto la sete di denaro che da sempre attanaglia l’essere umano quasi come un’eterna condanna. Il lettore dovrà prendere atto, pagina dopo pagina, che nella realtà sapientemente inventata dalla Carnevali niente è come sembra e quasi nessuno è chi dice di essere, o per lo meno come dichiara di essere: i buoni sono cattivi, le vittime sono colpevoli, gli amici sono nemici. Tutto ciò, sullo sfondo di una provincia fredda, squallida e campagnola, cui tuttavia non sono estranei momenti di fruttuosa aggregazione e di ilarità.

Serena Penni

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Il primo “Stoccafisso in salsa verde” è scritto bene, è molto scorrevole ed è delizioso il tocco Rossiniano nell’accostare la musica alla cucina, ma secondo me manca di suspense.

Invece ho amato di più Le Segnatrici, è un bellissimo psico thriller, suspense, pathos e colpi di scena a non finire, che coinvolgono totalmente il lettore. La scrittura è scorrevole, si legge in un soffio, la descrizione dei paesaggi montani dell’Appennino Emiliano sono meravigliosi e affascinanti, hai la sensazione di viverli e di essere travolta dalle misteriose leggende degli antichi abitanti di quelle zone.

Infine, secondo il mio modesto parere, questo libro potrebbe essere benissimo trasformato in una sceneggiatura per una fiction di successo.

Sabrina Bertocci

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