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Gli altri di Aisha Cerami

Rizzoli

 

Una scrittura ricercata, piena di immagini seducenti. La trama è piuttosto avvincente e i personaggi la sostengono con convincente credibilità. Una comédie humaine dell’orrore, con sprazzi di speranza che naufragano miseramente nell’inquietante finale premonitore di ulteriori sciagure. Neanche i due giovanissimi, Arina ed Antonio, riescono a fuggire dal lebbrosario manicomiale, popolato dalle più disperanti personalità immaginabili, come sperato sino all’ultimo dal lettore ottimista. Romana e Stevi, Rachele e Nico, il Conte, sua madre e Libia, Maria e il marito silenzioso, il Vedovo, sono gli Altri che, nel cercare di sopravvivere a dispetto delle proprie patologie mentali, hanno creato un microcosmo con proprie regole, falsamente democratiche e conviviali, pronte a frantumarsi non appena l’arrivo dei “diversi” lo mette in crisi. Tutto viene a galla ed esplode con violenza agghiacciante.

Roberta Galterio

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In un grande palazzo costruito su un terreno di periferia, ricco di piante e di fiori appartenenti a un magnifico giardino, vivono gli abitanti degli appartamenti In un'atmosfera serena e solidale formando un condominio ideale. La morte improvvisa dell'anziana signora Dora, cara a tutti porta un forte sentimento di sconforto e tristezza, ma viene ben presto sostituito in grande curiosità per l'arrivo dei nuovi inquilini: Gli altri. Malgrado il comportamento gentile, riservato, e discreto, saranno proprio gli altri a portare scompiglio nell'apparente tranquillità condominiale. È a questo punto in poi che aumenta l'interesse del lettore che ne apprezza ancor di più il contenuto.

Rosella Tappi

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Un racconto corale nella quiete apparente di un condominio surreale, dove si mescolano quotidianità ed efferatezza. Una storia di attese e delusioni, sogni e drammi quotidiani in cui si rispecchia la straordinarietà dell’esistenza, dove ogni personaggio simboleggia un elemento preciso nell’ordine narrativo e porta con sé i riferimenti alla realtà. L’autrice sa amalgamare bene i diversi temi dalla vicenda: solidarietà, amicizia, ribellione, ambizione, tradimento ecc. in un risultato narrativo convincente. La struttura a capitoli brevi, la prosa piana e fluida con molti dialoghi e lo stile curato rendono la lettura godibile e scorrevole; si passa da una pagina all’altra senza neppure accorgersene ed è facile trovarsi a metà del libro già dopo poche ore.

Antonietta Tiberia

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Felicità è vivere nel quartiere Roseto, infatti gli abitanti sono riusciti a creare un piccolo paradiso, in cui tutti sono accettati e stimati, basta soltanto rispettare alcune regole condominiali, tra cui rinunciare alla propria vita privata, cioè <<…. dove non si chiudono le porte e le parole rimbalzano di casa in casa>>. Arriva però una nuova famiglia, che non le rispetta e con la propria riservatezza, terrorizza i condomini, che vedono mettere in dubbio il –così è se vi pare--, sono felice se appaio tale e se gli altri pensano che lo sia. L’argomento è stato abbondantemente trattato sia a teatro che a cinema ed ancora una volta sono i bambini, che tentano di salvare il mondo, la piccola Arina capisce subito dalle parole del suo nuovo amico Antonio, che nella loro gabbia dorata non c’è umanità, né il desiderio di conoscere al di là delle apparenze gli altri.

Luciana Burlin

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O rosa, tu sei malata”, un verme invisibile si insinuava nella rosa di Wiliam Blake, la consumava e la distruggeva. In questo romanzo c’è un condominio, circondato da un giardino fiorito, chiamato “Roseto”. Vi abita una comunità apparentemente unita e solidale. Minacciata però, come nella poesia, da un “verme invisibile”. Questo verme apparentemente sono i nuovi inquilini, “gli altri”. Apparentemente, ripeto. Perché il romanzo è tutto costruito sulla dicotomia realtà/apparenza. C’è un continuo rovesciamento di piani, un rimescolamento di inconfessati segreti del passato e del presente, opposte spiegazioni per ogni avvenimento. Il lettore viene sempre spiazzato, non ha certezze, soltanto dubbi.

Carla Valente

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La vecchina della palazzina anni cinquanta, a ridosso della tangenziale, il Roseto, curatissimo, muore subito. I nuovi inquilini, che non si vedono eccetto il figlio, Antonio, portano il malocchio, affermano gli altri. L’autrice descrive, senza osare fino in fondo, ahimè, azioni ed emozioni dei protagonisti, mostri ma per bene. Olga, fuggita dal marito violento, madre di Arina. Romana, che vive con il marito violento ma è innamorata di Nico, sposato con Rachele. Il Vedovo che si getta dal balcone; il Conte che ammazza la madre. Antonio che scrive racconti horror. Arina che dà un bacio ad Antonio e provoca una catastrofe. Dopo troppe pagine, il Roseto è abbandonato, arrivano le formiche e un topo morde il Conte. Romana fa l’amore con Nico e fugge dalla figlia, Sofia, e dal nipotino, ma i fili d’erba dimenticati nei capelli suscitano la gelosia di Rachele e un altro vespaio. Gli altri, gli stranieri, scompaiono per una perdita dolosa di gas e arrivano i nuovi inquilini. Alla buonora.

Dario Snaidero

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In un luogo solo apparentemente perfetto, dove anche il bene è obbligatorio e l’amore deve essere regolamentato, la novità è una forma di paura. Così quando nel microcosmo del Roseto arrivano dei nuovi vicini, tra i condomini si insinua il germe del male, prima incerto ed ambiguo, sussurrato tra le porte, poi ricercato quasi evocato. L’altro diventa allora sinonimo di alterità, il punto di rottura per chi vede nella stabilità una forma di controllo. L’omertà, la violenza con tutti i suoi colori, persino quelli dell’amore, la fratellanza di un clan in cui riconoscersi e proteggersi, la disobbedienza non concessa e l’apparenza come valore, sono le linee di una narrazione circolare dove chi resta straniero, deve essere cacciato. La morte, messaggera dello squilibrio di apertura, si riaffaccia come monito finale, per ricordare che esistono prigioni fatte anche solo di scelte. Gli altri sono allora questo pianeta protetto, unito e corrotto, ma gli altri sono anche tutti coloro che in questo gruppo non possono trovare posto.

Sara Arcai

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Scrittura che non teme il giudizio, dotata di grande impatto visivo. 

Svuotata del superfluo, conduce alla scoperta della storia e dei personaggi attraverso l’uso dei dialoghi.

Ne consegue un testo fluido e “credibile”, caratterizzato da un ritmo che non subisce arresti o tentennamenti.

La scelta di narrare queste vite “mediocri”, che finiscono per sfiorare i lembi stropicciati degli ultimi, pullula di struggenti immagini poetiche, che con la loro caparbia speranza, sanno restituire dignità e valore a tutti i dimenticati, in un respiro universale, che alla fine del romanzo fa dire al lettore: “Gli altri” sono tutti loro, ma in fondo anche tutti noi.

Guendalina Pace

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Che cos’è la normalità? Nel condominio Il roseto sembra che tutti i suoi inquilini possano definirsi dei “perfetti vicini di casa”.  Accoglienti, gentili, premurosi. Ma anche curiosi, indagatori, invadenti. All’arrivo di un nuovo affittuario le maschere cadono ed emergono le ombre e le meschinità di un circolo di umani deboli, violenti, custodi l’un l'altro della propria lucida follia.  La nascondono ognuno dentro le pareti di casa propria e vicendevolmente dentro il cancello del Roseto: circolo umano di accondiscendenza reciproca della mania.  È il bestiario umano di Aisha Cerami  che estende il concetto di alterità fino all’indivisibile: il singolare umano. Lo fa con uno stile lineare e di grande eleganza narrativa.

Federica Menghinella

 

 

 

 

 

 

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