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I musicisti arrivano già stanchi negli hotel di Francesco Bianconi

La nave di Teseo

 

Bianconi, pur mantenendo la posa e l’allure necessari al suo mestiere di musicista e cantautore, risulta vero nel suo guardare in faccia i fastidi, le idiosincrasie del suo mondo, le difficoltà personali, i vizi. È interessante questo racconto in versi e immagini di una tournée da parte di chi la vive e con un punto di vista non edulcorato, che non si limita agli aspetti esaltanti.

Chiara Grenzi

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I musicisti arrivano già stanchi negli hotel è invece un libro pieno di pretese ma vuoto, dall'introduzione volutamente nebulosa a tutti i testi, che annoiano per la loro inconsistenza. Anche le foto non le ho trovate niente di che.

Anna da Re

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"Istantanee", scatti di vita catturati da uno Smartphone, attese e pause all'ombra di un concerto, immagini che raccontano la vita alternativa di chi vive fuori dagli schemi.
Leggiamo nelle immagini un backstage di sguardi, riti, chilometri e città deserte scoperte di notte. Coinvolgente tanto da sentirne alcool in bocca e fumo nel naso, brezza sulla pelle alle prime ore del mattino.

Belinda Lucidi

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Quello che i Baustelle ci regalano con “I musicisti arrivano già stanchi negli hotel” è un diario di momenti. La band italiana ci permette, attraverso foto e versi, di conoscere la sua quotidianità più intima, fatta di teatri gremiti, di soundcheck e di fan scatenati, ma anche di logoranti attese e di paure profonde. I loro gesti, i loro sguardi, i loro colori ci raccontano una vita piena e densa, vissuta con la consapevolezza dell’importanza di una risata, di un abbraccio e di una birra a fine giornata.

Adele Di Girolamo

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Un elogio alla vita precaria, un libro denso e avvolgente. Luoghi nostrani che diventano quasi esotici e fuori dal tempo in questa raccolta di poesie che sembra scritta senza filtri in un camerino con il trucco che cola e le scarpe di scena, tra un sipario che si apre, le attese, l’amore che invece non sopporta distanze e camere di hotel con la moquette. Quando le parole potrebbero essere didascalie per scatti sfuocati e luci di una città -quel palco, quel lungomare, quella strada di periferia - ma sono invece un caleidoscopio dell’animo umano, che diventa corale, familiare: una band. Un contributo assolutamente contemporaneo nella sostanza, sperimentale nella forma.  Zingari in viaggio, sempre, i musicisti.

Chiara di Carlo

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I musicisti arrivano già stanchi negli hotel è invece un libro pieno di pretese ma vuoto, dall'introduzione volutamente nebulosa a tutti i testi, che annoiano per la loro inconsistenza. Anche le foto non le ho trovate niente di che.

Anna da Re

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Una serie di scatti e brevi incisi testuali, dietro le quinte della tournée di una band italiana. Non si tratta di un lavoro ancillare alla musica, né di un feticcio dato in pasto alla curiosità dei fan, famelici di retroscena. Immagini e testi esprimono pregnanza poetica e si fondono, a formare un linguaggio unico e coerente. Emerge la cifra esistenziale degli autori, alle prese con domande riguardanti la società dell'immagine, la spettacolarizzazione, l'essere ingabbiati nel meccanismo della produzione e della fruizione di oggetti di consumo simbolico. Tra le righe, oltre il cinismo di fondo, alcuni fulminei sprazzi di speranza: l'autenticità di affetti che riescono a sopravvivere e a cui ci si aggrappa, come a dei salvagenti.

Daniele Morici

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Le foto mi piacciono molto; sono unte di malinconia, vino rosso e tramonti. Le liriche sembrano volutamente mozze, le migliori la Volpe

di Montepulciano le ha riservate per le canzoni da classifica. Vorrei capire se questa operazione Fotodiario sia un preludio ad una stampa discografica di un live

del gruppo. Così la forma è troppo statica. Io preferisco l'esplosione, i cazzotti in bocca. Se devi colpirmi, mira al cuore, Ramon. Al cuore.

 Mirko Castellani

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Non un romanzo, ma una foto diario intimo come lo definisce uno degli autori: un mix di immagini e parole a commento le une delle altre in una alternanza graficamente molto curata.

 L’ originalità del libro non consiste solo in questa scelta, ma soprattutto nel continuo variare di registri sia linguistici che figurativi: foto “banali” e “sgangherate” di una realtà “bassa” si alternano a inquadrature suggestive e poetiche, il testo scritto prosaico e un po’ volgare sa trasformarsi in prosa versificata con rime, con vocaboli “aulici” e figure retoriche fino alla imitazione-parodia della protasi dei grandi poemi, come nell’ incipit del libro.

Viviana Crippa

 

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