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Il catechismo della pecora Gesuino Némus

Elliot

 

 

Proprio come scritto nella prefazione questo libro è una medicina per la mente che viaggia in una terra, la Sardegna, alla quale non si appartiene, ma si sente subito propria. Due diversi spiriti di collaborazione si contrappongono, quello dello stato e il sentito popolare, che poi si uniscono per il “giusto” fine comune. Le indagini del brigadiere Tigassu sulla morte dell’anziano maestro del paese e la ricerca di una pentita, s’incrociano all’intuizione che il maestro aveva avuto in gioventù, verso le infinite possibilità di una sua alunna, pastorella, che segnerà anche la sua vita. Ottimo esempio di come la tenacia e la caparbietà vincano sul pregiudizio e i luoghi comuni delle piccole realtà. Ogni capitolo è introdotto da curiose citazioni che si ritroveranno nel testo, la perfetta commistione di due lingue, l’italiano e il sardo, non ti fanno sentire straniero nella “propria terra”. La fine del libro è un arrivederci al brigadiere Tigassu e alla sua prossima indagine.

Shirin Dabbag

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Telévras, Sardegna, prima metà anni Sessanta del ’900. Il libro fa uso abbondante del dialetto sardo che aiuta a proiettare il lettore in una terra folkloristica, quasi mistica. Quel “ai miei tempi…”, detto dagli avventori del bar del paese, è la dimostrazione che il tempo, persino qui, ha saputo scorrere. Nel posto in cui Mariàca, una ragazzina intelligente e indomita, ha scosso la monotonia di giornate fatte di routine e Cannonau. Lei, giovanissima, ha sbloccato gli schemi del destino che la volevano ferma in quel suo mondo. Serviranno cinquant’anni, una morte dai contorni misteriosi, e un brigadiere, Tigàssu, per conoscere davvero la storia della ragazzina, Mariàca, che ora è una donna. Una storia fatta di piccole comunità governate da regole non scritte, in cui l’omertà assurge a strumento di difesa. Dalle giornate scandite da episodi tristi, o incredibilmente divertenti, e dove la determinazione dei singoli ha saputo cambiare il corso degli eventi in un contesto che sembrava immobile.

Claudio Berardi

 

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Forte, intenso, passionale, struggente, vero. Questi i motivi per leggere un libro capace di rievocare gli ideali di anni lontani, un'onestà intellettuale sempre più rara, e la Sardegna e i sardi come unici protagonisti. Chi conosce l'isola e i suoi nobili abitanti, riconosce subito l'autenticità dei dialoghi, dei silenzi e degli sguardi che sono a volte sferzate a volte carezze, come i venti o le stagioni di quelle terre. Sembra quasi un pretesto, il soggetto del volume, che fa da sfondo a quello che emerge dalla lettura: l'orgoglio di un popolo neolitico che si è dovuto piegare a un sistema e a uno Stato che li ha privati della libertà e dall'identità etnica. Gente aspra e gentile proprio come la ginestra, raccontata dalla protagonista in ultimo atto d'amore per la sua terra.

Rosetta Tenti

 

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