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Il Club dei parenticidi di Ambrose Bierce

Mattioli 1885

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Ascoli Piceno “Rinascita”
coordinato da Nora Tassoni
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Il libro non mi ha entusiasmato, intanto perché mette insieme due raccolte, Il Club dei parenticidi e Presente all’impiccagione e altre storie, che non potrebbero essere più disparate per temi, tono e stile.

Devo ammettere che ho trovato le prime cinque storie godibili: portare all’eccesso tutti gli ingredienti del noir e farlo con grottesca ironia paga.

I protagonisti di questi racconti sono tutti parenticidi impenitenti che si sono liberati di uno o di entrambi i genitori per motivi decisamente futili e, a mo’ del protagonista del Gatto Nero o Del cuore rivelatore di Poe, non resistono alla tentazione di spiegare le proprie ragioni, ma lo fanno in termini così assurdi che si finisce per ridere di gusto.

Le storie della seconda parte, invece, non mi hanno né interessato né spaventato come mi sarei aspettata. Le ho trovate alquanto ripetitive e soprattutto prive di quella grottesca ironia dei racconti dei parricidi che tanto mi aveva divertito.

Maria Teresa Ciaffaroni

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Come molti altri ho conosciuto Ambrose Bierce grazie al “Dizionario del diavolo” e l’ho amato sin dalle prime pagine. “Il club dei parenticidi”, che mi ha riportato fortemente alla memoria Edgar Allan Poe e Lovecraft, mi ha regalato di nuovo il piacere di godere dell’ironia di Bierce che, a tratti, trovo addirittura comico: come non ridere, ad esempio ne “Il mio omicidio preferito”, della descrizione fatta sulla bellicosità ancestrale del montone che, essendo “in uno stato di cronica indignazione costituzionale”, viene usato come arma del delitto dal creativo nipote per uccidere lo zio? E’ per questo motivo che ho apprezzato molto di più la prima parte del testo, quella appunto dedicata agli “omicidi di famiglia” che non la seconda, sui fantasmi. Bierce l’amaro, il cinico, l’irriverente è più moderno quando scrive di fatti che – purtroppo - oggi sembrano tanto attuali e, al contrario, ai miei occhi perde di mordente quando si dedica all’horror e al sovrannaturale, pur serbando una penna magistrale.

Cristiana Castelli

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Mia preferenza: “Il club dei parenticidi” di Ambrose Bierce

Crepita il fuoco mentre scorrono le pagine de “Il club dei parenticidi” e poi di “Racconti dell’Ohio”.

È il fuoco attorno al quale si raccontano le strane storie di un’America a cavallo tra due secoli, sospesa tra la quieta vita della provincia ed il tentativo di esplorare la diversità, di andare oltre la frontiera delle vite e della narrazione.

Anderson e Bierce hanno in comune lo stile asciutto e quasi cronachistico del racconto: come in un puzzle di esistenze comuni, ogni pezzo trova la giusta collocazione senza sbavature, che si tratti della attesa partenza in treno di George Willard o della incredibile produzione di olio di cane della famiglia di Boiler Bings.

A Bierce va il merito di aver osato. Non è da tutti, all’alba del nuovo secolo, percorrere la strada che capovolge buonsenso, morale e religione. Non è da tutti neppure farlo mantenendo la narrazione lineare anche nell’iperbole di un pulp d’altri tempi.

Lanfranco Norcini Pala

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Il libro Il club dei parenticidi (The parenticide club and present at hanging and other ghost stories – 1911) di Ambroce Bierce, curato nell’edizione italiana da Livio Crescenzi per Mattioli 1885 (2018), articolato in quattro racconti di parenticidio e diciannove storie di fantasmi, cattura, in rapide e brevi pennellate, l’attenzione del lettore per la singolare e banale crudeltà del male in essi descritta. Il tradizionale sacro tempio della famiglia diviene teatro e scempio dell’irrazionale e lucida follia traumatica dei protagonisti, la quale si innesta in un contesto narrativo di presunta normalità, già peraltro spesso malata e perversa in se stessa, in cui gli attori in scena ricercano un assenso macabro del lettore, in una sorta di patto narrativo arcano e patologico, al compimento delle loro atrocità artistiche efferate, le quali conducono sempre nel finale all’instaurarsi di un nuovo e perverso ordine dionisiaco, in cui il protagonista, in una rifondata giustizia distorta, trova le novelle regole del suo vivere amaro. Crimini e violenze si perpetrano in svolte inattese e sconvolgenti in un horror furente e spietato, caratteristico anche delle ghost stories, ambientate nel West, nella seconda parte dell’opera. Del resto “Bitter Bierce”, eletto dal diavolo a suo paroliere, non poteva esimersi dal mettere in scena la Provvidenza speciale della fantasia del male in tutte le sue declinazioni.

Laura Balestra

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Storie esilaranti, a tratti disgustose, di crimini premeditati o di manifestazioni spiritiche. L’autore si rivela con un approccio orribilmente comico della vita e della morte, lo fa con una scrittura bizzarra, permeata da un umorismo nero e grottesco. Egli narra attraverso i suoi antieroi il lato oscuro di una società intrisa di decadenza e violenza, una realtà cui ognuno agisce individualmente e figli, ormai cresciuti, vittime di traumi causati dai genitori stessi, portano a compimento la loro vendetta. Ambrose Bierce, combattente con i nordisti durante la guerra di secessione, riporta la sua visione della battaglia in questi racconti, delineandone i tratti orrorifici e creando una nuova solitudine dall’aspetto mistico e soprannaturale.

Annalisa Caioni

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Non ho apprezzato affatto la lettura. L’ho trovata noiosa e ripetitiva. Giusto un po’ di sollievo arriva dalla brevità dei racconti. Non ho trovato coinvolgenti le vicende e interessanti i personaggi. Letti i primi racconti sembra di finire in un incubo in cui tutto è sempre tremendamente uguale. L’unica nota positiva è stata la descrizione minuziosa degli spazi e degli ambienti. Mi è sembrato di sentire il freddo della neve, la pesantezza della canicola estiva o l’odore polveroso delle case. Ho terminato il libro per dovere e non per piacere.

Maria Luisa Titi

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Il club dei parenticidi è una raccolta di racconti divisa in due macro parti realizzata da Ambrose Bierce. La prima parte sono quattro confessioni fatte in prima persona da questi sociopatici dove vengono descritte le modalità di come sono stati uccisi i genitori e uno zio. La seconda parte invece è dedicata a una serie di racconti su fantasmi e case infestate, più “horror” rispetto prima parte.

Il club dei parenticidi è caratterizzato da una satira che contrappone situazioni in contesti normali terrificanti alla psiche del personaggio che racconta i fatti privo di qualsiasi tipo di emozione, accennando a volte a punte di piacere sadico. Non manca mai di strappare un sorriso con del susseguente senso di colpa.

Per chi ama questo tipo di umorismo al limite dell’assurdo, provocatorio e ha pensato almeno una volta di uccidere un parente senza voler essere beccato (nel XIX secolo), questo è il libro ideale.

Stefano Spinelli

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Milano 11 “Viandanti”
coordinato da Giuliana Romano
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Il testo si presta ad una lettura veloce provocata da uno stile narrativo semplice e compatto. Propone logiche spesso capovolte e nonostante la scrittura sia ricca di descrizioni puntuali, il contenuto e il senso sono poco fecondi. I brevi racconti sono avvolti in un’impunità fiabesca e magica; le dinamiche sono simili e prevedibili. Sono presenti parecchi spunti narrativi che rimangono piuttosto abbozzati. In alcuni racconti si coglie un tratto poetico che dà respiro.

Giuliana Romano

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Stile narrativo poco avvolgente, che fatica ad accompagnare il lettore all’interno delle atmosfere horror narrate. I personaggi e le vicende descritte con un linguaggio poco incisivo lasciano disorientati, ma non affascinati o stupiti

Chiara Dominioni

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Quattro racconti “gialli” narrano di omicidi talmente efferati, compiuti a danni dei parenti dell’assassino, da risultare grotteschi e tali da indurre al riso piuttosto che all’orrore, e una serie di racconti “di fantasmi” piuttosto sciapi, poco convincenti.

Onestamente, un libro da dimenticare.

Letizia Fossati

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I racconti di Bierce, ambientati sul finire dell’800, descrivono storie di horror e di fantasmi che non convincono. Un apparente distacco dai personaggi non dà slancio al racconto, ma anzi sembra che lo stesso autore ne resti incastrato come un bambino terrorizzato dal buio.

Inutilmente e biecamente spaventosi, approdano ad un risultato deprimente e non coinvolgente

Ornella Budetta

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In questo libro, che deriva il titolo dai primo quatto racconti, il tema caratterizzante è, come si può ben evincere, quello degli omicidi all’interno del nucleo familiare …, Si uccidono madri, padri, cani, bambini, il tutto con “distacco”. A raccontare sono gli autori degli omicidi e lo fanno in modo distaccato, quasi “ironico” e provocatorio, ricco di particolari a volte anche “forti”, esagerati...

Sembra che i narratori provino gusto a raccontare le loro vicende, cui per altro trovano sempre una giustificazione /motivazione.

La seconda parte del libro, intitolata “Impiccagione indiretta e altre storie di fantasmi” racconta di case abbandonate durante la guerra e diventate poi abitazioni infestate da fantasmi, personaggi al limite fra il mondo reale e soprannaturale che cercano di tornare indietro, nel mondo reale, senza trovare ciò che avevano lasciato…I racconti, brevi, si concludono con un “risvolto “ imprevisto che si svela solo nelle ultime righe del racconto…

Un libro in stile “horror”….

Silvia Temporiti

 

 

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