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Il condominio di Enrica Bonaccorti

Baldini+Castoldi

 

Coppie stantie, resistenti o in disfacimento, coppie nascenti, personaggi pittoreschi tra cui un “sollevatore di libri” calcano la scena di questo teatrino condominiale, territorio di condivisione di spazi e vita, deputato allo scontro quotidiano mimetizzato che si palesa nel rito iniziatico della temibile riunione di Condominio. Scrittura semplice, condita da rare simpatiche trovate lessicali in tema che spaziano dagli spifferi di tensioni a quelli di invadenza, alla scivolosa soglia dei15 anni, al potere dei millesimi e financo dell’umanizzato ascensore che rifiuterebbe l’imbarco a condomini da “cassonetto casual style”.

Il protagonista nullafacente privo di empatia per qualsivoglia figura umana, vive di rendita in uno spazio abitativo minimo eletto dai più a confessionale condominiale. Lettura facile spensierata, balneare praticamente inutile.

Maria Lucia Caruso

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Con tanta ironia e spunti divertenti Enrica Bonaccorti ci mostra un piccolo mondo con tutte le sue storie, i suoi drammi, i suoi problemi attraverso gli occhi di Francesco Maria von Altenberger, detto Cico, che vive con la sola compagnia della tartaruga Ada, in un monolocale sul terrazzo di questo composito condominio. Cico è andato via dal palazzo di famiglia per allontanarsi dai parenti e non vuole essere coinvolto in nuove amicizie e frequentazioni. Non sarà però così perché i suoi silenzi e la sua educazione saranno intesi come una grande disponibilità alle confidenze, alle richieste di consigli e aiuto.

Cico è un misantropo, o piuttosto è un individuo assolutamente autosufficiente. Non si è mai innamorato, non ha amici, non mostra empatia verso gli altri, vuole soltanto essere lasciato in pace e quando i coinquilini vanno a trovarlo non si accorgono di come egli si estranei ai loro discorsi.

Ti verrebbe voglia di scuoterlo, di dirgliene quattro ma lui non ti ascolterebbe continuando a guardare le sue babouches.

Grazia Tucci

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Cronaca semiseria dall’alto di un terrazzo condominiale. Il narratore–protagonista è un aristocratico misogino in cache–col e babouches marocchine. Vorrebbe osservare la vita a distanza, con distacco, tenendosi lontano dall’empatia, semmai coltivando la noia. Ma il condominio lo coinvolge, suo malgrado, nelle vite dei suoi abitanti, in una girandola di amori, tradimenti, sospetti, pettegolezzi, tensioni e segreti. Scopre che sono tutti felici di trovare qualcuno che li ascolti perché “ il silenzio viene sempre preso per assenso, un confessionale con l’assoluzione incorporata, perché rinunciarvi?”. Lettura gradevole e leggera, riflessione ironica sulle contraddizioni delle nostre vite. Significativa e solenne la presenza della tartaruga Ada, la sua rassegnata saggezza propria di chi sa che “non c’è niente di nuovo da vedere”.

 

Giovanna Albenzio

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Un libro caratterizzato da una scrittura fluida e scorrevole. L’impianto del romanzo è identico alle Le luci nelle case degli altri di Chiara Gamberale e ne differisce solo per il protagonista. La scrittrice delinea bene e con umorismo le caratteristiche fisiche e psicologiche dei diversi inquilini del condominio. Incontriamo quindi diverse condizioni umane che costellano la nostra società: la solitudine psicologica pur abitando in un nucleo familiare; la solitudine e le difficoltà organizzative di una famiglia con figlio disabile; la incomunicabilità di una coppia e l’armonia di un’altra; il tradizionalismo e il perbenismo che abitano in alcuni interni; la normalità frizzante di una coppia omosessuale e infine il protagonista. Cico, il protagonista, nella sua “diversità” relazionale ha trovato un equilibrio ricorrendo ad una serie di strategie: ascoltare senza parlare, ascoltare apparentemente seguendo in realtà i propri pensieri, evitare incontri, cercare di essere sé stesso anche se questo crea stupore negli astanti. Sono strategie nelle quali ci si può riconoscere e alle quali anche noi ricorriamo quando nel quotidiano navighiamo nel nostro mondo incontrando tradimenti, miserie e nevrosi.

Angela La Neve

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Il romanzo racconta l’esperienza di Cico, un tipo solitario. Il protagonista dice di sé: «mi è difficile esprimere i miei sentimenti ... non mi succede mai di provare empatia»; prova addirittura invidia per il guscio della sua tartaruga, l’unica con cui riesce a convivere.

Per trovare un po’ di pace, Cico lascia il suo appartamento nel palazzo di famiglia per trasferirsi in un piccolissimo appartamento di un anonimo condominio.

Spera così di preservarsi dall’ invadenza del mondo. Ciò, invece, non accade: la sua educazione e la sua riservatezza gli impediscono di sottrarsi alle confidenze e alle intromissioni degli altri condomini; ciascuno di essi lo coinvolge nelle proprie vicende. La sua buona educazione viene scambiata per piena disponibilità.

Egli stesso, poi, coinvolge in una sua personale vicenda un condomino, che lo aiuterà a risolverla.

La scrittura è fluida, veloce e la lettura piacevole ma non coinvolge particolarmente se non per l’ironia che spesso accompagna il racconto.

Ketty Costantino

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La vita è imprevedibile alle volte: cambia improvvisamente direzione e si è costretti a seguirla, anche se questo significa rinunciare alle abitudini che fanno parte della propria routine quotidiana. È ciò che accade a Cico (nome di battesimo: Francesco Maria von Altemberger), protagonista dell’ultimo romanzo di Enrica Bonaccorti, “Il condominio”, edito da Baldini e Castoldi nel 2019. Con stile mai scontato, la Bonaccorti racconta lo schema di vita monotono e ripetitivo di un uomo privo di empatia, incapace di provare emozioni e sentimenti. Di nobili origini, Cico vive di rendita in un semplice monolocale sulla terrazza di un condominio di tre piani. A scandire la sua giornata le visite dei condomini, che approfittano della sua riservatezza e imparzialità per confidarsi senza alcun timore. Un giorno interviene ciò che potremmo definire il “caso” pirandelliano: una perdita d’acqua costringe Cico a trasferirsi per qualche giorno, compromettendo il suo quieto e abitudinario modus vivendi. Il condominio in cui il romanzo è ambientato diventa “speculum mundi”, dove i problemi sono analizzati con fredda e impassibile razionalità da Cico, voce narrante dell’ipocrisia della nostra società. Un romanzo che ci aiuta a riflettere sulla differenza tra esistenza e vita. La paura di Cico per la sofferenza, che fa inevitabilmente parte della vita, lo porta a evitare di vivere. In fondo, però, la vita prevale sempre, l’esperienza del Covid-19 ce lo dimostra. Per dirla con una bellissima poesia di Karol Wojtyla, “La vita è un onda di stupore, un’onda più alta della morte”, per questo vale sempre la pena di viverla.

Sebastiano Coletta

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Lo confesso subito: difficilmente avrei comprato il libro di Enrica Bonaccorti e forse nemmeno mi sarei soffermata sui banchi della libreria a leggerne la prima di copertina. Credo solo per pregiudizio! poiché ignoravo questa attività narrativa da parte della nota conduttrice televisiva (non è il suo primo romanzo) e avrei pensato a quelle operazioni commerciali dalle quali è difficile trarre un qualche interesse.

E avrei sbagliato! come sempre, quando si fa o non si fa qualcosa per puro pregiudizio!

Il racconto della Bonaccorti si fa leggere divertendo, come una commedia brillante che già vedi messa in scena per il buon teatro di prosa: tanti acquerelli dipinti a colori pastello le tante figure umane che abitano il condominio ed entrano in relazione con il narratore! È lui che, in prima persona, ne racconta il via vai verso la sua abitazione, l’unica che sta “sopra il cielo” ossia in un vecchio locale lavanderia divenuto un delizioso 28 metri quadri, sul grande terrazzo condominiale che ti regala la vista sull’infinito.

 Su ciascuno di essi, e sulle vicende di alcuni in particolare, il nostro narratore si sofferma con sguardo disincantato e ironico, raccontando tipi umani che tipicamente si rivelano nell’esperienza del condominio, come del resto in tutte le esperienze umane di tipo collettivo.  Ma è lui, il narratore, il vero protagonista di questo romanzo corale; lui che conosce suo malgrado le vicende di molti suoi coinquilini, per esserne stato eletto, e non a caso, quale confidente ideale. Ed infatti  è proprio lui il polo attrattivo nel vorticoso dispiegarsi delle vicende; di lui l’autrice fa emergere magistralmente la psicologia:  il giovane  Von Altemberger detto Cico, di estrazione sociale altolocata (la sua è una aristocratica famiglia di origini austriache), pur non essendo afflitto dal problema di lavorare per vivere grazie alle  risorse reddituali che gli rinvengono dalla famiglia, ha anche lui i suoi problemi, Primi tra tutti quelli con la “con la noia e l’empatia”, non ama mettersi in relazione con chiunque, preferisce tacere quando è investito dai logorroici o petulanti coinquilini,  ma il suo senso dell’educazione e dell’estetica gli impediscono di reagire se non con prolungati silenzi,  sempre scambiati (o contrabbandati volutamente) per approvazione, comprensione, solidarietà. Un tipo umano anaffettivo, incapace, almeno all’apparenza, di emozioni e veri sentimenti, che l’autrice adombra essere il probabile  frutto di un contesto familiare immerso in una grande ricchezza materiale e una grande povertà affettiva, che lo ha sin da bambino classificato come un tipo strambo (forse autistico!?), in cui l’unica parvenza di  calore umano gli è venuta dalla nonna Ghia, i cui ricordi  lo soccorrono nel mare di solitudine in cui naviga, al pari di quanto fanno i diamanti che l’aristocratica vecchietta gli ha lasciato in eredità. Ma – è questa la novità - l’autore ha abbastanza autocoscienza di sé e riserva a sé, come agli altri, giudizi non sempre lusinghieri eppur privi di quell’astio aggressivo che sembra essere la cifra dei rapporti umani di questo nostro tempo.

Divertente e malinconico, dolce e amaro sono i toni sui quali il racconto si dipana, non senza stimolare dubbi e riflessioni su quel che siamo, perché lo siamo, quanto ci conosciamo, quanto siamo capaci di guardare a noi stessi senza il velo dell’ipocrisia che occorre per l’autoassoluzione sempre e comunque.

Patrizia Rautiis

 

 

 

 

 

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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