Il
palazzo delle lacrime di
Paolo Grugni
Laurana
Anche se sono riuscita
ad apprezzarne il contenuto storico, devo dire che a me è riuscito molto
faticoso destreggiarmi tra i nomi tedeschi e i nomi delle varie organizzazioni
di spionaggio, in aggiunta a tutto ciò non gioca a favore la scrittura del libro
sotto forma di diario poiché si passa rapidamente e continuamente da
Berlino est Berlino Ovest con il conseguente carico di tutti i nomi e di tutte
le sigle
In conclusione però il
libro qualitativamente si può ritenere buono.
Rita Gramaglia
***
Le due
letture a confronto erano Il palazzo delle lacrime di Paolo Grugni, Laurana
editore, e Il dolore di prima di Joe Lattari, Castelvecchi editore. Ho scelto, senza dubbio Il palazzo
delle lacrime per personalità e incisività della penna. Libro corposo, storia
avvincente con le caratteristiche tipiche del romanzo storico e del thriller.
Siamo in una Berlino dei tardi anni Settanta, l’atmosfera è fredda come la
guerra che porta quell’appellativo. Una donna viene uccisa in circostanze
misteriose e il protagonista, agente della Stasi, viene chiamato ad indagare.
La scrittura evoca quel senso di prigionia fisico e mentale degli anni, il muro
non è solo materiale ma è metafora della mente dei cittadini spaccati in due
nel pensiero e nella libertà negata. A tratti un poco soffocante, procede in
forma diaristica, con parecchi riferimenti storici e nomi tedeschi, qualche
passo è un poco faticoso ma in compenso è capace di trasportare immediatamente
in una cupa e grigia dimensione che avvolge ogni pagina. Piove sempre, tutto è
pesante su di noi mentre leggiamo.
Ogni cosa
descritta e raccontata fa venire voglia di fuggire da una realtà opprimente,
insieme al protagonista. Straziante l’immagine delle persone divise da una
Berlino spaccata in due, tutte vite derubate. “Dopo tanti anni dovrei esserci
abituato, eppure ogni volta mi si stringe lo stomaco. L’angoscia mi assale, non
mi lascia che ore dopo. ” E anche il lettore è
accompagnato dalla medesima angoscia e dal sapore del valore della libertà
sopra ogni cosa nelle nostre esistenze.
Francesca Marone
***
Il titolo è
bruttissimo, il romanzo no.
Scritto in forma di diario, inizia dall’
ultimo giorno, marzo 1977 fino all’ottobre 1976.
Il narratore
è Martin Krause, giovane maggiore del HVA, branca della STASI, la terribile
organizzazione di sicurezza e spionaggio che ha tenuto nel terrore nella
menzogna e nella povertà milioni di persone dal 1961 al 1989.
Quando
Martin viene incaricato di risolvere il caso di omicidio di una ragazza
“modello” per l’immaginario comunista, va a sbattere contro corruzione, tradimento
e doppio gioco che permeano tutta la gerarchia della DDR. Questa consapevolezza
lo porterà a decidere di scappare, per salvare se
stesso e altre ragazze costrette alla prostituzione dai servizi segreti di
Berlino est.
Talvolta un
po’ melenso e ripetitivo, riesce però a farti sentire lì, nel clima pesante ed
infelice di quegli anni bui.
Il mio voto
è pienissima sufficienza, per la suspense e la ricostruzione storica.
Monica De Marco