Il
violino di Mussolini di Mario Baudino
Bompiani
De
"Il violino di Mussolini" non mi ha convinto il plot, la storia non
decolla, la scrittura è troppo affettata, con un carico eccessivo di citazioni
e digressioni che servono più a soddisfare la vanità dello scrittore che
all'economia della storia. I personaggi sono abbozzati, li si dimentica
immediatamente e la storia non arricchisce in alcun modo il lettore, né lo
intrattiene, quindi un libro del quale potevamo sicuramente fare a meno.
***
La
storia nasce nella cartolibreria Coraggi di un paesino piemontese, gestito da
Duccio Tancredi detto il Capo, dove c’è una infinita raccolta di libri molto
antichi e ricercati e usati.
Insieme
al Capo c’è un gruppo di amici che puntualmente si riuniscono nel “Pio
Convento” per chiacchierare e sorseggiare un barolo chinato.
Tutto
nasce da una duplice richiesta di un avvocato e una signora di ritrovare un
libro che racconta della morte di Mussolini e del suo violino.
Il
libro viene ritrovato in un mercatino dell’usato, si intitola La Catastrofe del
Duce, dove si racconta che Mussolini non è morto per mano dei partigiani ma che
sia stato trivellato da un inglese mentre suonava il suo violino.
Il
Capo con i suoi amici si ritrovano a dover investigare sul perché sia
l’avvocato, mandato da un famoso collezionista, e la signora, che per trovare
il libro rischia la vita, vogliono con insistenza questo libro.
Dopo
varie congetture e peripezie arrivano a capire il perché di questa ricerca
affannata.
Questo
libro è un simil giallo, un po’ ridicolo da un lato
ma fa capire come vanno le vicende politiche del tempo presente.
Certamente
non è il genere di racconto che mi alletta, il linguaggio e le descrizioni sono
un po’ arzigogolate e non di stile facile, però il racconto prende e fa si che
il lettore voglia arrivare alla conclusione del racconto e capire l’evoluzione
degli eventi.
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Romanzo
con sfumature di giallo e con dentro una storia d’amore, grossomodo d’amore.
In
una cartolibreria di paese piena di libri usati, antichi e preziosi, la sera
davanti a buon bicchiere di barolo chinato, si riuniscono a far chiacchiere
erudite un gruppo di amici bibliofili, amanti dei libri e della letteratura.
Un
giorno irrompe nel loro “santuario” una sconvolta e bella signora, una tigre
triste, che li esorta a ritrovare un libro scomparso, introvabile, poiché ne va
della sua vita e solo loro possono aiutarla. Non è un libro qualsiasi racconta
le ultime ore di Mussolini, la vera morte di Mussolini, mentre suona il
violino.
I
bibliofili coinvolti in questa avventurosa indagine, ricca di intrighi, colpi
scena e giochi anche pericolosi, riusciranno a smascherare il complotto che
ruota intorno al misterioso libro.
Un
libro scomparso, e un vecchio violino crivellato di colpi di proiettili,
sembrano essere i protagonisti del testo, ma i veri protagonisti sono i libri.
I libri che sono parte di noi non per quello che vi è scritto ma per quello che
sono.
“Tutto quello che è scritto in un libro è
vero, beninteso, dal punto di vista del libro.”
Libro
piacevole, con un bell’intreccio narrativo si legge tutto d’un fiato.
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Il
violino di Mussolini - una storia grossomodo d'amore, di Mario Baudino, romanzo oscillante fra trame di (quasi) amore,
d'intrigo in salsa storico-letterario e adepti coltissimi di una virtuosa
setta, il Pio convento, nel retro di una libreria dell'entroterra piemontese,
mi ha perlomeno trasportato nel sempre magico universo degli avventurieri a
caccia di tesori nascosti nelle foreste di bancarelle dove libri preziosi
condividono lo spazio con libelli, romanzi, favole e dispense. Tutto inizia
quando, nella libreria dove si riunisce, allietato da calici di barolo chinato,
il Pio convento, entra la bella e bionda Beatrice, che porta con sé una
richiesta d'aiuto: cercare un libro rarissimo, che però potrebbe salvarle la
vita. La storia in esso narrata sarebbe quella che immortala Mussolini intento
a suonare il suo violino un attimo prima di essere crivellato di colpi e
ucciso. Una fine ben più lirica, drammatica e romanzata di quella che in realtà
toccò al Duce, in compagnia del più soave degli strumenti musicali, un violino
appunto. Ognuno con un suo ruolo preciso, gli adepti del circolo del Pio convento,
Demi (io narrante del romanzo), Duccio, il professor Colafava,
la papirologa Gegia, la giornalista Giuditta,
l'altero gatto Monsignore, interagiscono con tipografi, falsari, speculatori e
politici, saggiano il gusto dolce amaro del grossomodo amore, vivono il
sempiterno piacere della compagnia dei libri e dei loro protagonisti, sgominano
una truffa e smascherano una maliarda travestita da debole eroina. Senza troppo
clamore, un romanzo politicamente corretto.
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Il
titolo induce sicuramente il lettore ad acquistarlo, cavalcando l’onda della
tematica mussoliniana e del periodo fascista (si veda M di Antonio Scurati)
Invece, lo sviluppo narrativo, sin dai capitoli iniziali, non aiuta il lettore
ad entrare nella storia.
I
personaggi sono descritti sommariamente e gettati nel racconto senza essere
sviluppati.
La
difficoltà iniziale è sicuramente quella di non riconoscere i ruoli degli
stessi nella vicenda, forse si dà per scontato la continuazione con il primo
romanzo. Anche la storia non risulta essere intrigante, appassionante e soprattutto
scorrevole infatti "l’ambito romanzo" viene rinvenuto, per caso o
fortuna, nei primi capitoli del racconto e da qui, in poi, il lettore perde un
po’ interesse alle vicende della storia. Beatrice, la signora bella e
affascinante, irrompe nel romanzo immediatamente, facendo innamorare: il “capo”
ma anche Gegia e Giuditta.
La
ricerca del libro, per l'autore, risulta essere il pretesto per raccontare
ambigui, loschi e dubbi personaggi
***
Il
plot poteva incuriosire confermando il Paradigma della Coraggi: Nulla può
accadere che non sia stato già raccontato. Sulla falsa-riga dei "Diari del
duce" si giunge alle note di un ipotetico ma sventurato violino che
sarebbe stato accarezzato anzi violato da mani colpevoli di tante atrocità. Il
tema però non vuole aggiungere nulla alla già densa storiografia del musicista
in questione ma narrare le gesta di una combriccola di bibliofili, amanti di un
vino "chinato", che cercano di dimostrare la "non
autenticità" del libro in questione in una giostra di accadi-menti tra
l'ironico ed il grottesco. La miglior recensione ce la fornisce l'autore
medesimo: La trovata non era male ma l'esecuzione del piano lasciava un po’ a
desiderare. La lettura presenta un incedere lento e poco accattivante, con un
finale poco convincente sebbene si parlasse di libri (veri e falsi), di vino e
di coincidenze.
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In
questi tempi di recrudescenza di fenomeni di fascismo e odio razziale, un libro
con questo titolo mi sembra alquanto fuori luogo e fuori “tempo”.
Nonostante
ciò...l’ho letto: non è di certo un testo agiografico su Mussolini (e ci
mancherebbe) ...il fascismo è un pretesto per la trama di questo giallo, con
personaggi dai tratti umoristici spiccati.
Sicuramente,
i protagonisti rappresentano una élite: rinchiusi come sono, nel loro mondo
provinciale, a tratti bigotto...i classici intellettuali borghesi da salotto...
Per
queste ragioni (e non solo) il libro di Mario Baudini...può
rimanere (per quanto mi riguarda) su uno scaffale...
Giudizio
negativo.