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L’albatro di Simona Lo Iacono

Neri Pozza

 

 

 

Simona Lo Iacono descrive l’infanzia e la maturità dell’autore del Gattopardo con sensibilità, avvicinandosi allo stile elegante di “Tancredi di Lampedusa”.

Rita Valentinuzzi

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Palermo 1903: il piccolo Giuseppe è un bambino di 7 anni, figlio unico della nobile famiglia Tomasi di Lampedusa. È un bambino solitario, che preferisce il silenzio alle persone, vive nella sfarzosa dimora di famiglia circondato solo da adulti che discorrono di questioni che ovviamente ad un fanciullo della sua età appaiono criptiche. Un giorno, all'improvviso compare nella sua vita un bizzarro ragazzino di nome Antonno, che vuole vivere caparbiamente la sua esistenza all'incontrario (legge i libri partendo dalla fine, conta alla rovescia...). Da quel momento i due diventano inseparabili, Antonno è come l'albatro, l'uccello fedele per antonomasia, diventa "l'ombra" del protagonista, il suo consigliere personale, aiutandolo a capire i cambiamenti che stanno "invadendo" la società siciliana dell'epoca, anche se le famiglie nobili come quelle di Giuseppe cercano pervicacemente di mantenere privilegi e comportamenti nobiliari ottocenteschi. Un cambiamento radicale nella vita del protagonista, ma così com'è arrivato dal nulla Antonno sparisce.
Roma 1957: Giuseppe Tomasi di Lampedusa è ricoverato presso una clinica della capitale per cercare di curare un brutto male, circondato dall'affetto della moglie e da quello di... Antonno ricomparso qualche anno prima per aiutarlo a scrivere il suo romanzo più famoso: "Il Gattopardo". Il principe Tomasi è un uomo malato, consapevole che la fine si sta avvicinando, deluso e amareggiato perché la sua celebre opera nessuna casa editrice vuole pubblicare (vedrà la luce dopo la sua morte). Incoraggiato dalla consorte inizia a scrivere il suo diario per fare un bilancio della propria esistenza, riaffiorano ricordi e vicende personali come la partecipazione al primo conflitto mondiale, i viaggi...
Ad un primo sguardo sembrano due romanzi distinti, invece l'autrice sapientemente li fa confluire in un'unica opera, mescolando con intelligenza realtà e fantasia che ammaliano il lettore pagina dopo pagina. Una narrazione scorrevole, un inno all'amicizia, un affresco della Sicilia di inizio novecento fatto di miti, di mille contraddizioni e di una nobiltà decadente ancorata al proprio passato. È anche un libro sul senso della vita, i rapporti interpersonali, un ponte tra la vecchia società e il "nuovo" che avanza.
Un plauso all'autrice per la sua bravura e capacità di coinvolgere il lettore. Chapeau!

Rita Antoniolli

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Il romanzo è di fantasia ma reale nel contesto storico. L’autrice racconta diverse fasi della vita dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

L’infanzia del protagonista, segnata dalla solitudine per essere l’unico figlio di una nobile coppia, perso nelle innumerevoli stanze del principesco Palazzo Lampedusa, è illuminata improvvisamente da un personaggio di nome Antonno visibile solo a lui e a lui fedele come l’albatro. 

Antonno “arriva all’improvviso e scompare allo stesso modo” e ha la peculiarità di fare, dire e indossare tutte le cose al contrario.  Con lui, nella villa materna di campagna, scopre l’amicizia, la magia, la vita e la morte.

Parallelamente, l’autrice inserisce le pagine del diario scritto dal Principe Tomasi di Lampedusa nelle ultime settimane di vita dalla clinica Villa Angela di Roma dove è ricoverato per ricevere le cure per fermare un tumore in stato avanzato.

Durante una delle sue visite, la moglie Licy  gli porta un  quaderno di pelle blu per scrivere  del suo tempo felice.

In queste pagine, lo scrittore racconta le sofferenze e gli stenti vissuti durante la prima guerra mondiale e nei primi mesi della seconda. Ricorda l’incontro amoroso, contrastato dalla madre, con la moglie Alessandra Wolff, detta Licy e l’adozione del figlio Gioacchino Lanza

Il dispiacere per non vedere pubblicato il suo capolavoro “Il gattopardo” sta ormai sbiadendo come la lenta decadenza della nobiltà. Lo rassicura la presenza dell’albatro che in sogno gli dice di non temere.

Questo romanzo, tributo al grande scrittore, impeccabile nella scrittura, coinvolge ed emoziona.

Renata Vendramini

 

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L'albatro è un libro di buona scrittura che narra dell'infanzia e degli ultimi giorni di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nella sfida con Atlantide perde semplicemente perché non è il libro che ho voglia di leggere in questo periodo. Anche in questo caso la scrittura è alternata: quella del biografo si alterna a quella del diarista. Il dialogo riesce anche se a volte c'è qualche affanno. Artificioso il personaggio di Antonno, reale o irreale che sia, che fa le cose al contrario, che ha capito tutto anche quando finge di non capire. Ho apprezzato molto invece le note sulla scrittura autobiografica sollecitata da Licy a scopo " consolatorio e terapeutico". La scrittura come "Un corpo di santa capace di avvolgerti e ripararti." Un'immagine antica ma molto suggestiva."

Martina Cappelletto

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'L'albatro' è la storia di un'amicizia di due straordinari compagni di viaggio nella vita, tanto diversi quanto uniti, di un...dritto e un rovescio.

Il 'principuzzu', Tomasi di Lampedusa, e Antonno, custode-albatro fedele, il bambino alla rovescia che se sfoglia un libro comincia dall'ultima pagina e se vuole andare avanti cammina all'indietro. Il libro è anche un racconto, elegante e pacato, della Sicilia del tempo e delle sue genti, viste e vissute a ritroso, in un modo e in un mondo a volte immaginario e irreale, sul letto d'addio... del principe.

Maria Paola Puppin

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Il libro mi è piaciuto. L’ho trovato scorrevole, con un linguaggio semplice, una narrazione efficacia che sa catturare, passo dopo passo, l’attenzione, il desiderio della scoperta del lettore. In alcuni punti mi sembrava di rileggere “Il Gattopardo” soprattutto nelle descrizioni dei luoghi, degli ambienti, dei personaggi, delle tradizioni.

La scrittrice nel dipanare il filo della storia, sembra legare il lettore alla storia stessa, ad avvolgerlo nella spirale del tempo vissuto.

Due i personaggi che ho amato: Lucy e Antonno .

Lucy, ossia Alexandra Wolff, moglie di Giuseppe, l’io narrante.

Una donna libera economicamente e nel pensiero, istruita, divorziata, straniera. Un personaggio non comune per il periodo storico. 

Una figura che ama, ma non dimentica “se stessa”, che sa farsi rispettare e nel contempo sa adattarsi alle situazioni (la vita con la suocera in Sicilia).

Antonno, l’amichetto del protagonista Giuseppe,giunto non si sa da dove, senza un cognome e genitori; di poche parole, ma dal cuore profondo.

Bambino al contrario nell’abbigliamento, nei giochi, nel modo di pensare e di esprimersi.

Antonno e Giuseppe vivono la loro infanzia in libertà; insieme scoprono la bellezza dei luoghi, delle esperienze all’aria aperta, la gioia dei giochi, la condivisione dei momenti, dei segreti, la complicità nelle avventure.

Bellissima la definizione di Antonno all’amico cos’è per lui un albatro:

“ Principuzzu, io a vossia ci farò l’albatro”.

“ Ma... Antonno, l’albatro è un uccello”.

“ E io, a vossia, ci farò come a lui”.

“ Non capisco, cosa farai.”.

“ Nun la lascerò mai, a vossia. Con tempi bonu o tempi tinti”.

“ Sarai come l’albatro per il capitano della nave?”

“ Precisamente. Io, per vossia, sarò l’albatro”.

In queste parole traspare il legame vero di Antonno  verso Giuseppe.

Questi due bambini così diversi per classe sociale, provenienza, eppur così uniti,  ci insegnano che la purezza d’animo, la semplicità, la limpidezza nel rivelarsi, appartengono solo ed esclusivamente al mondo degli innocenti: i bambini.

Lucia Zuliani

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Un libro che ho amato, sottolineato, evidenziato, riletto. Un romanzo ben congegnato con un’alternanza tra le lettere del Giuseppe Tomasi di Lampedusa oramai vecchio e malato e i capitoli che lo riportano indietro nel tempo. Anche qui, come nell’altro, un uso sapiente dei termini ma questa volta, non per incantare ma per far assaporare gusti e sapori dimenticati.

Un romanzo armonico e un tentativo ben riuscito e non scontato dell’autrice che ha approfondito molto per poter romanzare le vicende personali di uno scrittore il cui nome è indissolubilmente legato al Gattopardo.

Ho sofferto molto la votazione del Gruppo che in maggioranza si è espresso per “Atlantide”. Una stroncatura immeritata e secondo me non ben motivata. L’autrice ha, con garbo ed eleganza, descritto sapientemente luoghi e personaggi. Un piccolo capolavoro.

Lucia Tomasi

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L’evocativo romanzo di Simona Lo Iacono trae origine da uno studio e una ricerca storica meticolosa sulla giovinezza del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, celeberrimo autore de “Il Gattopardo”.

L’autrice, ispirandosi a un fatto realmente accaduto, tesse in punta di penna, con poetica e rispettosa maestria, la sua opera attorno al rapporto che lega il giovane principe con il suo altrettanto giovane servo, Antonno.

La struttura del romanzo alterna la trascrizione di epistole in cui il principe, gravemente malato, si avvicina al trapasso in un’atmosfera crepuscolare, lontano dalla sua amata Sicilia, alla parte principale del testo, che restituisce la complessa e vitale quotidianità del giovane Giuseppe Tomasi di Lampedusa e della sua famiglia, inquadrandola sapientemente nella Sicilia di inizio Novecento.

L’oggetto della ricerca dell’autrice, prodromico alla scrittura del romanzo, è costituito dall’inizio della vocazione letteraria del principe, che viene identificata proprio nel rapporto tra questi e il “servuzzo” Antonno, mai servile ma sempre incondizionatamente e dichiaratamente devoto al suo “padroncino” - come lo è l’albatro per i marinai -  e caratterizzato dal singolare rovesciamento di quella prospettiva logica e per così dire convenzionale, che costituisce al contempo un elemento di riflessione, di ispirazione e di diffidenza per chi lo circonda. Così, Antonno sfoglia un libro partendo dalla fine e pensa che si nasca morendo.

È tuttavia proprio nell’interiorizzazione profonda di questa capacità di distanziarsi dalle convenzioni e sfidarle, da parte del principe, che l’autrice individua la genesi della sua vocazione letteraria, che lo porterà all’elaborazione di un capolavoro letterario come Il Gattopardo, al cui successo postumo l’autore non avrà modo di assistere.  Antonno e ciò che egli ha rappresentato nell’infanzia del principe, sono pensati dall’autrice anche come un dono preziosissimo, l’insegnamento del potente valore consolatorio della poesia e della scrittura davanti al mistero della vita e della morte, momenti dell’esistenza connessi proprio con quella giovinezza e con la vecchiaia del principe, che l’autrice sceglie di scandagliare con maggiore profondità nella sua opera. Sulla soglia del trapasso è proprio la vicinanza di Antonno, che il principe avverte interiormente, a consentirgli di abbandonare l’incedere terrestre del gattopardo e di affrontare con un senso di accettazione le circostanze ultime della vita, spiccando il volo con le ali dell’albatro.

Luca Munno

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L’Albatro è un uccello fedele che segue la nave e non lascia mai il suo capitano. Così si è definito Antonno, l’amico immaginario di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, bambino con il quale condivide le esperienze della sua infanzia.

Altri racconti della sua vita sono pagine del diario scritto per far piacere alla moglie Licy, da una clinica romana dove ha trascorso gli ultimi struggenti giorni della sua vita.

Questa è la storia dell’autore del Gattopardo, per lo più romanzata abilmente dall’autrice Simona Lo Iacono. Sono pagine scritte con una grande ricchezza di linguaggio che meritano senz’altro di essere lette.

Loretta Frattolin

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Ho letto il libro L'albatro e mi è piaciuto, in modo particolare, la prima parte. Il suo creare Antonno, amico immaginario, è un tributo molto bello all'amicizia. La seconda parte è la maturità dello scrittore che mi ha colpito. Le sue malinconie e fragilità mi hanno colpito.

Loretta Fabbro

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La scrittura si divide in due tempi: riconoscibile quello della clinica nel corsivo mentre in carattere normale quello dei ricordi.

Una tessitura tra i magici ricordi d’infanzia, alla sua vita vissuta ed al presente mentre è in clinica. Ed è nel letto d’ospedale che la mente viaggia e vaga e si perde, non ha confini, non ha spazi. Fa salti temporali oggi, ieri, e domani? Ieri c’era l’amicizia non convenzionale fra i due bambini di estrazione sociale così diversa: Giuseppe Tomasi di Lampedusa in un completo in gabardine blu e di Antonno, bambino sconosciuto, vestito con abiti all'incontrario, che inizia tutte le cose dalla fine. Antonno che sapeva della bellezza delle parole ma non che queste potessero essere scritte. Che gli dice non contare su ciò che gli specchi rimandano anche se sono dorati. Che alla donna di fuora, che li ha ammaliati, vorrebbe chiedere se l’albatro vivrà quanto il principuzzu. L’infanzia è la stagione dei segreti e si diventa adulti quando quegli stessi segreti vengono rivelati, Giuseppe e Antonno l’amico immaginario.

Nella canicola della stanza in clinica: scrivi che resta poco tempo. Il rapporto con la madre: siamo un popolo a cui scorrono nel sangue troppe dinastie. la nostra è una terra che fa sragionare…faremmo di tutto per evitare di cambiarla. Infatti la madre non accetta la moglie Licy troppo libera a suo modo di vedere. Dovranno vivere separati lui in Sicilia per stare vicino alla madre (fino alla morte di lei) e Licy in Germania

La guerra come ha portato distruzione e macerie in Italia così in Germania e Licy ritorna e lui "le offre queste mani stanche".  Giuseppe Tomasi si dedica all'insegnamento e come diceva Antonno "Insegnare è un modo di apprendere e quando una cosa finisce, sta per cominciare”

Italia Bagnariol

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L'albatro è un libro un po' difficile ma non puoi permetterti di distogliere l'attenzione perché ogni riga è una perla di saggezza. Racconta di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, bambino chiuso e solitario e di Antonno che ha tutta una sua logica rovesciata sulla vita, anche il vestirsi è al contrario rispetto a quello che fanno gli altri. L' autrice affascina il lettore nel raccontare un’epoca che andava disfacendosi e ti seduce e attira come una magia. È un viaggio di conoscenza dall'infanzia alla giovinezza: diventati adulti i loro destini si dividono ma l'albatro sarà sempre nei pensieri e nella coscienza di Giuseppuzzu. 

Giordana Andreatti

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Alcune pagine scritte tipo diario ed altre scritte come un racconto rendono la lettura molto scorrevole.

La storia racconta la vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa partendo dalla fine, da quando lui, ormai gravemente malato, ripercorre la sua infanzia felice, di un bambino di una famiglia ricca della Sicilia dei primi anni del ‘900.

È proprio in questi anni felici e solitari che conosce Antonno il suo “amico” speciale che con il suo modo di vivere all’incontrario lo accompagnerà e lo aiuterà a fargli scrivere quello che sarà un capolavoro letterario cosa che però lui non saprà mai.

Il racconto di una vita che si svolge in un periodo storicamente ricco di eventi, descrivendo minuziosamente anche i paesaggi siciliani.

Un bel libro anche questo da consigliare.

Cristina Biral

 

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Il libro scritto a quattro mani da Renzo Piano e da suo figlio Carlo nelle prime pagine spiazza un po’. Il linguaggio marinaresco ed altri dettagli prettamente tecnici sembra quasi che vogliano indirizzare il lettore verso una sorta di manuale.

Ma basta pazientare qualche pagina e tutto cambia. Il libro è il resoconto di un lungo viaggio intorno al mondo, occasione per rivedere i suoi lavori, raccontare ogni progetto, dalle tecniche di costruzione, problematiche incontrate alla spiegazione della genesi di ogni idea, il profondo rispetto per il luogo in cui sorgerà il suo lavoro. Siamo davanti ad un libro profondo, narra la ricerca della bellezza che l’architetto riesce ad immaginare e tradurre in realtà in ogni suo progetto.

Alessandra Tenani

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Il romanzo può essere definito una biografia romanzata di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

L’autrice ha raccontato le ultime settimane di vita del Tomasi ed una estate trascorsa in un possedimento quand’era ragazzino.

Le due storie, redatte in brevi capitoli che si alternano, danno la possibilità all’autrice di raccontare la vita dello scrittore passando agilmente dalla giovinezza all’età adulta.

La parte prettamente storica è ben sviluppata; l’atmosfera dell’aristocrazia siciliana, seppur intrisa di eventi famigliari frutto della fantasia dell’autrice, è mirabilmente raccontata.

Mi lascia molto perplessa la figura di Antonno. Il personaggio viene estremizzato nel suo essere “rovescio” in tutto, dal modo in cui si veste a quello in cui legge, dal fatto che intaglia oggetti che chiama tutti nello stesso modo. E forzato mi sembra anche la scelta di far dire ad Antonno che si comporterà

come “L’albatro”, ritengo per giustificare la scelta del titolo.

Alessandra Tenani

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Un libro che mi fa ricordare il Gattopardo, che racconta due stagioni della vita dello scrittore, quella dell’infanzia in Sicilia e quella da adulto che lo accompagna alla fine della vita.

Alda Iop

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Struggente, questo l'aggettivo che suggerisce la lettura di L'albatro, un continuo richiamo nostalgico e appassionato alla Sicilia, e al suo scrittore tra i più illustri: Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

L'autrice ha una conoscenza minuziosa e precisa di luoghi, rituali, leccornie, arti della Sicilia e dei siciliani dei primi del Novecento, encomiabili le descrizioni di sentimenti e avvenimenti.

L'eleganza della scrittura, le ambientazioni sceniche, la fantasia inesauribile consentono al lettore di vedere, sentire, ascoltare e odorare i luoghi e i personaggi, cesellati più che descritti.

Gradevole e mai inopportuno il passaggio tra il diario di G.T di L. e l'infanzia dello scrittore e del rapporto che spiega il titolo del libro con Antonno e il principuzzo: sarò il vostro albatro, la vita rincorre la vita di questo bambino immaginato e amato: un alter ego ingenuo e vecchio al contempo.

Il libro si fa leggere con trepidazione, desiderio e nostalgia, vi si ritrovano ambientazioni e luoghi del Gattopardo: la cultura, il lignaggio altolocato dei personaggi, l'amore per l'arte ma anche la certezza della fine di un mondo destinato a soccombere al destino, al fato e agli dei avversi, per sempre.

Rosetta Tenti

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Il senso di solitudine pervade il libro. È il file rouge di tutto il romanzo. Giocato su due momenti temporali distanti e allo stesso tempo tanto vicini. L’infanzia di un grande del ‘900, Tomasi da Lampedusa, e il suo saluto dalla vita, prematuro ma in pace. Due fasi della vita agli antipodi che sono invece strettamente legate. Il bambino che si affaccia alla vita, tra i lunghi silenzi e nondetto di una famiglia all'antica, e le scoperte fatte x caso nelle scappatelle quotidiane. E l'uomo, maturo malato, che deve salutare la vita e i suoi affetti troppo presto. Due facce della stessa medaglia...il saluto alla vita che inizia e alla vita che scivola via tra le mani. Il cerchio che si chiude. Un viaggio nelle marachelle di un bimbo e nei drammi di una vita adulta spezzata dalla guerra. Un affresco della Sicilia dei primi del 900 fino al 2° dopoguerra. Per concludersi in una stanza di ospedale, con una rassegnata serenità con cui si guarda indietro con il rammarico per il “non fatto” e la ricerca intima di perdono per il “fatto”.

Alessandra

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La storia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa narrata da lui stesso attraverso un diario tenuto in età avanzata durante la degenza presso una clinica di Roma, la scrittura come cura e come balsamo. Tre piani temporali l’infanzia felice, la gioventù la guerra e l’amore, l’età adulta. Un amico immaginario, Antonno, come l’albatro amico fedele sempre presente, un amico particolare dotato di una capacità, quella di vedere il mondo rovesciato. La Sicilia e i suoi riti ancestrali, la grande casa che tanti antenati ha visto nascere e morire nelle sue innumerevoli e sfarzose stanze, la grande casa madre crollata sotto i bombardamenti. Poi Roma, poi l’Europa. Simona Lo Iacono, siciliana, ci porge una scrittura evocativa e ricercata, e ci offre parole dialettali perdute come piccole perle.

Affinità elettive tra scrittrice e scrittore. Tomasi di Lampedusa si scoprì narratore in tarda età perché “voleva avere un apprendistato lungo fatto di oscurità che si rivelavano”. Al centro lo struggimento per i continui rifiuti delle più note case editrici al Gattopardo che solo postumo verrà riconosciuto come capolavoro letterario.

Rosamaria Lo Dico

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L'albatro, celebrato da Baudelaire nella sua omonima poesia, è un uccello che si affeziona a tal punto alla nave e all'equipaggio al di sopra delle quali volteggia pigramente, da non lasciarli più. E Simona Lo Iacono lo sceglie come titolo di questa biografia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pervasa di malinconia e di rimpianto, innalzandolo a simbolo delle grandi nostalgie che per tutta la vita hanno tormentato l'animo inquieto e sensibile del principe siciliano.

La nostalgia per una Sicilia, quella della sua infanzia che non tornerà mai più, per una casata nobiliare che si è disgregata come le mura delle case sotto le bombe della guerra, per gli sfarzi e gli agi che sono ormai solo un lontano ricordo. E col passare degli anni la nostalgia crescerà tanto da far nascere in lui il desiderio di racchiuderla in un romanzo che narra proprio l'avvicendarsi degli eventi storici (Risorgimento, Regime Borbonico, Regno d'Italia fino alla spedizione dei Mille) che trasformeranno inevitabilmente la sua Sicilia.  È così che nasce Il Gattopardo, rievocazione di un tempo perduto che seppur dolorosamente deve essere lasciato andare. Romanzo sofferto fin dalla sua gestazione e che Giuseppe Tomasi di Lampedusa non avrà nemmeno la soddisfazione di veder pubblicato dato che, scartato dalla Mondadori prima e da Einaudi poi, verrà riconosciuto per il capolavoro che è e pubblicato da Feltrinelli solo dopo la sua morte.

Cristina Azzimonti

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La scrittura è delicata, mi immagino l'autrice intenta a scrivere a mano su carta pregiata questa biografia che profuma d'altri tempi. So che non è così eppure la vedo, la vedo scegliere le parole con cura, e questo l'ha fatto indubbiamente. Le parole sono importanti, hanno una loro forza interiore anche se in apparenza appaiono fragili.

Un omaggio a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, una vita romanzata che sembra scritta dall’autore stesso, si divide tra i ricordi d'infanzia e l’ultimo periodo della sua vita, segnato dalla malattia. Un'infanzia di solitudine la sua, ricca di giocattoli e palazzi e meno di persone eccezion fatta per il suo fedele compagno, l'albatro Antonno e un fine vita in cui quest'ultimo riaffiora con forza e dove i ricordi dolci si mescolano con quelli amari di guerre e politica. Due diari, mi prendo la licenza di chiamarli entrambi così, che viaggiano su binari paralleli ma che, a dispetto di ogni legge geometrica, finiscono per incontrarsi, per fondersi e dare luce alla parte più oscura di un grande scrittore.

La Sicilia e la sua storia aleggiano tra le pagine, ne si respira forte il profumo, anche quello dei momenti più bui.

Saluto questo romanzo con un arrivederci, il mio desiderio più grande adesso è sicuramente quello di rileggere “Il gattopardo” con occhi diversi.

Patrizia Argenziano

 

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In questo romanzo, l'autrice indossa i panni di Giuseppe Tomasi di Lampedusa per narrare la storia dello scrittore siciliano, una storia di fedeltà e di abbandono, di verità e di immaginazione, di ricerca dell'eternità e di fuga dalla morte sullo sfondo della Sicilia dei Gattopardi. L’albatro ha quindi voce narrante dello stesso Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che usa i suoi ricordi per comporre le due parti del romanzo: Dal dritto al rovescio e Dal rovescio al dritto. Dalla fanciullezza alla gioventù, dalla maturità agli ultimi giorni, per un lungo racconto biografico che intreccia avvenimenti personali con la storia dell'isola. Infine, un importante inno per l'amore dei libri e della letteratura.

Grazia Lodigiani

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Bel romanzo sulla vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L’autrice, Simona Loiacono, propone un testo in cui si alternano i ricordi di infanzia dello scrittore e il racconto dei suoi ultimi mesi di vita, trascorsi prima in una clinica romana e successivamente presso la casa di una parente. Il tutto narrato in prima persona, come se fosse lo stesso Tomasi di Lampedusa a lasciarsi andare ai ricordi. Ho trovato molto riuscita la riproduzione dello stile e del linguaggio che Tomasi di Lampedusa avrebbe potuto utilizzare sul finire degli anni cinquanta. Molto bella la figura dell’amico immaginario Antonno e del suo ruolo nella vita dello scrittore. Sono molto interessanti anche gli scorci che il romanzo propone sulla Sicilia di inizio novecento. Nel complesso, ho trovato questo romanzo interessante.

Chiara Trivellin

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L’io narrante maschio, quando l’autore è donna, porta ad un risultato che premia sempre. Si

ritrova l’equilibrio di mente e cuore senza incorrere nel rischio di eccedere in uno o nell’altro.

Tra le pagine ben scritte spicca una ricerca della parola capace di portare altrove. Saloni allestiti

a festa, sfarzi barocchi tipici di un certo aristocratico mondo siciliano. Dotto e ricco.

L’infanzia narrata con garbo rivela il gusto di una fanciullezza vissuta tra privilegi di classe ma

anche nella diversità sociale dell’amicizia tra il protagonista e l’amico fraterno. I passaggi

nostalgici sono così vicini da sembrare appena trascorsi e tali da collocare chi legge dentro ad

un realistico presente. E là dove il vero Presente è dolorosamente minato dalla malattia ecco

che ricorrere al passato diventa medicina per corpo e spirito. Ben proporzionato quindi il qui e

ora con il tempo perduto.

L’autrice fa dire al suo protagonista che l’amore è saper leggere chi tace. Verrebbe da dire che

l’amore è anche saper riportare in vita chi e cosa non c’è più.

Una lettura davvero piacevole.

Giorgia Ferrari

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Simona Lo Iacono nel romanzo L'albatro costruisce con uno stile evocativo e con un sapiente, forse troppo sapiente e raffinato, equilibrio linguistico   un immaginario dialogo tra Tomasi di Lampedusa, gravemente ammalato e   ricoverato in una clinica romana, e il bambino – adolescente che fu nella lontana Sicilia . Un abbraccio ideale tra i sogni e la realtà, un omaggio alla ricerca del valore della letteratura piena di vita. O meglio una ricerca quasi ossessiva ad un principio, cioè che a i bambini non si davano spiegazioni. Si pensava che il tempo della verità fosse quello dell’età adulta. Si ignorava che la verità appartiene all’infanzia. Forse in questa affermazione sta il limite delle pagine, pur intense e suggestive, de L'albatro che, come nei celebri versi ,affascina soltanto nel suo volo.

Renata Ballerio

 

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Decreto la vittoria del libro L’Albatro, pur avendo molto apprezzato l’altro.

Sono entrambe letture appassionanti e ben scritte.

Gianfranco Gattoni

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Entrambi mi sono piaciuti ma ho preferito L’Albatro.

Franca Stefanelli

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L’Albatro mi è piaciuto molto e l’ho preferito all’altro delle sorelle Scola.  L’autentica descrizione degli ultimi  due mesi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa si intreccia con una della ricostruzione della vita della famiglia che la Lo Iacono fa ricollegandosi alla vicenda del Gattopardo. Una piacevole lettura.

Adriano Fraschini

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L'albatro di Simona Lo Iacono Siamo a Palermo, agli inizi del '900, dove un giovane Tomasi di Lampedusa vive nella sua sontuosa casa con la madre e il padre; il romanzo vede la voce narrante di Tomasi di Lampedusa che, mentre è ricoverato in clinica a Roma, viene esortato dalla moglie a scrivere dei momenti felici della sua vita. Da qui la descrizione della Sicilia, delle gite al mare, delle compagnie teatrali, di Don Nofrio, dello zio Alessandro, della zia Giulia, degli strani cugini e del suo amico Antonno, il quale condividerà con lui l'infanzia, poiché il "principuzzo" vive da solo in un mondo di grandi, difficile da capire. Da qui la condivisione del suo tempo con questo amico venuto dal nulla, di cui niente si sa ma che è perennemente con lui, che come un albatro lo affiancherà nell'infanzia e farà capolino nei giorni della malattia. Lo stile della Lo Iacono è certezza, la sua scrittura è discorsiva, leggera, piacevole, racconta le sue storie con una semplicità e una scorrevolezza disarmanti.

Maria Tetto

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Bellissimo libro che trascina nel turbine della passione della nobiltà barocca siciliana. Tra eccessi, vizi e un triste decadimento fino ad inghiottirli definitivamente. Giuseppe per chiudere il cerchio della sua vita ha bisogno di recuperare la forza del bambino solitario, che era un tempo capace di crearsi un saggio amico immaginario, l’opposto di se stesso, gli serviva per sopravvivere in un mondo di adulti. Ora l’amico è presente nei suoi sogni, è là a dargli l’ultimo conforto per affrontare il viaggio verso la morte.

Maria Benedetta Restina

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La Lo Iacono ha una scrittura che incanta. Non la conoscevo e me ne dispiaccio, rimedierò presto. Per il mio personalissimo metro di giudizio, l'essere siciliana e scrivere della Sicilia dà al romanzo certamente un punto in più.

Le atmosfere, gli odori, i sapori di questa terra fanno da sfondo unico e meraviglioso alla narrazione.

Inoltre, è bravissima a descrivere la Sicilia dei feudi in disfacimento vuoi per l'inettitudine della classe dirigente vuoi perché la Storia, quella con la S maiuscola, sta facendo il suo corso.

Il lavoro di ricerca storica e biografica è molto approfondito, è subito evidente ed è certamente un suo grande merito.

Non amo le biografie, seppur romanzate, e, inizialmente, pensavo che questa scelta letteraria potesse costituire un limite. Del resto passate esperienze con il genere, anche affrontato da illustri autori, non avevano avuto, a mio parere, risultati felici.

L'autrice però è riuscita a dare un taglio personalissimo inserendo la figura di Antonno, alter-ego e compagno di avventure immaginario del protagonista, il "principuzzu" Giuseppe. Antonno accompagna Giuseppe nelle due fasi fondamentali della vita: il passaggio dall'età infantile a quella adulta e il trapasso.

Felice anche la scelta di alternare i tempi della narrazione tra il presente, che è il tempo della malattia, in cui Tomasi si appresta alla morte, e l'infanzia.

Sono molto ansiosa, però, di leggere una storia che sia solo sua.

Federica Benigni

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Un libro davvero molto bello! L'albatro di Simona Lo Iacono "L’albatro" è un romanzo storico in cui la voce narrante è quella di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che fa affiorare dalle sue memorie due momenti estremi: l’infanzia e l’ultimo suo mese di vita. Protagonista è anche la Sicilia in tutti gli aspetti dell’epoca (siamo agli inizi del Novecento), epoca in cui si stanno sgretolando privilegi e retaggi nobiliari, senza che vengano ancora sostituiti da una nuova cultura e organizzazione sociale. Un romanzo pieno, fin troppo di simbologie, di richiami storici e di memoria, che francamente ho trovato in molti momenti eccessivi, quasi l’autrice volesse sciorinare tutte le sue indiscutibili conoscenze.

Sicuramente è viva la descrizione del “principuzzu”, bambino curioso, solitario e contemplativo, pieno di domande a cui nessuno vuole dare risposte, che, figlio unico di una nobile famiglia siciliana, vive in un lussuoso palazzo di via Lampedusa.

Il bambino Antonno, albatro fedele, come lo sono gli albatri per i capitani di mare, è un amico immaginario che colma il vuoto di rapporti, di ascolto, di risposte da cui è circondato Giuseppe. Cosi almeno a me pare: un amico che si allontana e svanisce man mano che il principe cresce e altri entrano nella sua vita.

È la guida che accompagna «Giuseppuzzu» durante un viaggio di conoscenza e di trasformazione sino alla soglia attraverso la quale si passa dall’infanzia alla consapevolezza della giovinezza, ma una guida che gli sarà vicino anche negli ultimi momenti della sua vita. La seconda parte del romanzo, con l’epilogo della vita del principe, è quella che ho preferito: più essenziale, meno appesantita, pur nel racconto ricco e dettagliato dei ricordi palermitani: le lezioni di letteratura inglese e francese, l’amore della moglie Licy e del figlio adottivo Gioacchino Lanza Tomasi. È il periodo di una profonda meditazione.

Riconosco una notevole abilità di scrittura nell’autrice, sicuramente un grande sforzo documentativo, tuttavia non è il genere di libro che mi appassiona.

Loretta Finelli

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Nonostante ciò, voto per l'altro libro che mi ha appassionato e di cui ho apprezzato la struttura e la buona fattura. Le descrizioni dei paesaggi, dell'atmosfera e dei personaggi dell’epoca è stata così intensa da immedesimarmi e sentire odori calore e colori. Bello bello bello.

Manila Fiorini

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L'albatro di Simona Lo Iacono Di questo libro ho apprezzato molto la parte in cui si parla di Antonno; questo amico immaginario in cui il protagonista trova la forza di compiere azioni che altrimenti non avrebbe osato fare in quanto oppresso da una madre autoritaria e onnipresente. L'ho trovato troppo triste, lento, poco scorrevole.

Carmela Vasile

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Scrittura poetica, dolce e malinconica. Testo scorrevole nonostante l'alternanza tra infanzia e maturità. Magica la figura di Antonno, aiuto prezioso nella solitudine dell'infanzia e al cospetto della morte.

Marzia Gherardi

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"L' albatro" di Simona Lo Iacono Interessante spaccato della Sicilia della prima metà del '900, con gli usi ed i costumi dell'aristocrazia siciliana e la ricerca, da parte di Tomasi di Lampedusa, della sua infanzia, del tempo nascosto con i suoi fantasmi e i suoi ricordi. Tutto si intreccia continuamente, portando il lettore a spostarsi su piani e tempi diversi provocando riflessioni, emozioni e curiosità. Piacevole la scoperta di come, in Tomasi, nasca l'idea di scrivere un romanzo e della difficoltà di farlo apprezzare. Questo rende tutti noi, possibili scrittori.

Donatella Farnè

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“L’albatro” di Simona Lo Iacono Il libro parte dal presupposto di ricavare una verità dal confronto fra l’infanzia ed il tempo prossimo alla morte del suo protagonista, il principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Tale escamotage letterario ha, a mio avviso, credibilità fin quando resta legato a personaggi reali quali la madre Beatrice o la moglie Alexandra detta Licy o a fatti concreti quali i due conflitti mondiali o il passaggio nella storia della casata del protagonista.

Laddove esso si affida alla presenza di Antonno, l’albatro dalla visione contorta e contraria, tentenna; tentenna perché il personaggio è un debole, tentenna perché assume su di sé la responsabilità di rappresentare la Sicilia, tentenna perché il contrario non è sempre interessante…

Il romanzo ha il merito di affrontare una figura così emblematica della cultura siciliana quale quella del principe di Lampedusa sembrando quasi al lettore che a parlare sia il principe stesso. Le vicende raccontate offrono una panoramica non solo storica ma anche letteraria dell’autore del Gattopardo ed è qui che, da lettrice, avrei preferito che l’autrice si fermasse.

Ornella Minchilli

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Un libro bellissimo, coinvolgente e delicato che ha il potere di catapultarti nei luoghi e nei tempi che racconta. La scrittura è sempre ben calibrata e mai pesante. Emergono odori, colori e sapori di una terra amatissima dall'autrice.

Monica Franchi

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Questo romanzo storico, ambientato in Sicilia, mette in risalto alcuni aspetti di una famiglia nobile e in particolare della vita di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa. La prima parte "Dal diritto al rovescio" tratta della sua infanzia/fanciullezza spensierata, con il desiderio di scoprire un mondo pieno di meraviglie, in particolare il mondo degli adulti caratterizzato da misteri e segreti incomprensibili per un bambino. Durante la lettura emergono sentimenti come la fedeltà, l'abbandono e la verità. Questa lettura mi ha molto coinvolta e interessata.

Vanna Tolomelli

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Libro molto bello. Scrittura scorrevole che bene ricostruisce l'atmosfera della nobiltà decadente siciliana. Un viaggio nel tempo dell’infanzia dove tutto è nuovo e misterioso e ancora si riflette nel tempo d'oggi.

Sabrina Senese

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Non si può non amare questo libro, un incrocio tra la biografia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e un diario sentimentale, dove il congedo alla vita passa per i ricordi più belli legati all’infanzia. Con una narrazione che fa vibrare corde intime si ha il ritratto di un uomo che pur soffrendo per i rifiuti delle case editrici del suo “Gattopardo”, ha avuto la fortuna di avere accanto un prezioso amico sincero, Antonno “Il bambino al contrario. Un misto di stagioni e taglie sbagliate” il suo albatro fedele che ritorna anche nell’ultima tempesta.

Giuseppina Caratozzolo

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Con scrittura elegante ed evocativa l'autrice narra la vita romanzata del principe e scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ai pensieri del principe malato, giunto all'epilogo della sua vita, si alternano i ricordi della sua infanzia solitaria e contemplativa e del suo rapporto speciale e simbiotico con Antonno, un bambino 'tutto al contrario' che gli insegna una visione del mondo davvero originale e che è un amico inseparabile e sempre fedele come l'albatro, che non abbandona il capitano nemmeno nella disgrazia. Fra verità e sogno, vita e morte, scoperte e segreti ci si trova immersi nella Sicilia sfarzosa e decadente dei primi anni del '900 e lo scenario del romanzo si fa protagonista; i nobili siciliani decaduti restano immobili, ancorati ad abitudini e ricchezze che non possono più permettersi, combattono il dolore a modo loro, negando la realtà e perseguendo uno stile di vita del tutto al di sopra delle loro possibilità. Per loro il passato resta l'unico luogo abitabile. La scrittrice racconta magistralmente questa realtà e la lucidità e il disincanto con cui il principe osserva il mondo intorno a sé.

Benedetta Tisselli

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È una vera e propria dichiarazione d'amore che l'autrice in questo libro meraviglioso compie verso il protagonista e il poliedrico mondo che gli gira intorno.

Giuseppe è alla fine dei suoi giorni ma è proprio la vita che ha vissuto i suoi ricordi e le sue nostalgie gli danno la forza di affrontare questo passaggio come un doloroso e inevitabile rovescio della stessa medaglia.

La morte: proprio questa amara consapevolezza, vissuta tanti anni prima, ha segnato il diventare grande, il vero primordiale distacco dal suo ovattato universo infantile. Le atmosfere i luoghi le case che indossa come quasi fosse un vestito, le persone tra tutti il sul amico immaginario Antonno che sembra colmare la sua grande solitudine, tutto parla di lui e il lettore soffre all'unisono quando tutta questa affascinante "molteplicità" crolla sotto i colpi del destino e del tempo che, inesorabilmente, trasforma ogni cosa.

Tina Rubinacci

 

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L’autrice rende mirabilmente, in due tempi e in due narrazioni che si rincorrono, si intrecciano e si completano a vicenda, il mondo incantato e perduto di un’infanzia privilegiata e solitaria e il tramonto di una vita che non ha mantenuto le promesse iniziali. Il protagonista emerge in tutta la sua struggente umanità, nella sua indole pacifica, nella sua capacità di analisi, nell’amore per la sua terra, abilità riversate in un capolavoro che subirà diversi affronti prima di essere riconosciuto tale. La sensibilità dell’autrice offre al lettore personaggio centrale e co-protagonisti ben curati, resi con profondità psicologica notevole. Lo Iacono riesce a mescolare sapientemente realtà storica e immaginazione narrativa, usando un linguaggio evocativo e chiaro, privo di sbavature e compiacimenti linguistici. “L’albatro” infine regala un aggancio mirabile a uno dei capolavori della letteratura e della filmografia italiana che ne prolunga la magia e la struggente verità di una Sicilia perduta.

Maria Renata Sasso

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La storia della famiglia Tomasi di Lampedusa, già resa nota dal libro e dal celeberrimo film di Luchino Visconti “Il Gattopardo”.

L’autrice, con una finzione, fa “raccontare” al principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa la sua vita. Da bambino, con le curiosità, i dubbi, le paure, il mondo sconosciuto degli adulti.

L’albatro fedele e presente anche nel pericolo e proprio a quest’uccello viene paragonato il compagno di giochi e avventure Antonno.

Da adulto, malato e fragile, con il fardello di illusioni e delusioni che scavano l'anima non ha mai dimenticato l’”albatro” e rivive i suoi ricordi scoprendo che dentro di sé ha trovato molte risposte proprio grazie al suo amico immaginario.

Una biografia originale e coinvolgente.

Miria Turcato

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Ho molto apprezzato la scrittura dell’autrice, efficacissima nella sua semplicità. Ho trovato ben studiata anche la scelta di narrare in due tempi la figura del protagonista.

Laura Romano

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Ho molto apprezzato la delicatezza con cui l’autrice ci ha fatto conoscere il grande scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa nei due momenti cruciali della sua esistenza, gli ultimi giorni di vita a Roma e un’estate della sua infanzia, quella del 1903, passata come di consueto a Santa Margherita Belice nel feudo della famiglia materna.

È entrata nella sua vita in punta di piedi, tanto da quasi annullare la propria voce e lasciar parlare lui in un duplice diario dove il racconto delle sue memorie si alternano: quelle di una intera vita e quelle di bambino di 7 anni che scopre la bellezza del teatro e si interroga su realtà e finzione.

Su questo concetto speculare di vero e falso, di vissuto e raccontato, di ciò che appare e ciò che è nascosto, l’autrice crea la figura di Antonno, il bambino amico immaginario di Giuseppe Tomasi di Lampedusa in quell’estate del 1903.

Ma, paradossalmente, è proprio la presenza di Antonno, cruciale perché, identificandosi con l’albatro è anche il titolo del romanzo, ad apparirmi a volte esageratamente incongruente, quasi caricaturale, un corpo estraneo nell’armonia del romanzo, che ho trovato affascinante nella narrazione, sia per la raffinatezza del linguaggio che per la sontuosa descrizione degli ambienti, degli arcani riti scaramantici, dei personaggi, degli abiti e delle pietanze.

Angela Ripamonti

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Libro intenso, coinvolgente, intrigante, appassionante e appassionato... Dopo moltissimo tempo, con gran piacere e nuove suggestioni, ho riletto “Il gattopardo".

Maria Grazia Pluchino

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Simona Lo Iacono ha saputo trasportarmi in un mondo lontano, intriso di nostalgica malinconia. Un mondo che descrive con delicata lucidità la precarietà umana della quale il protagonista sembra essere consapevole da sempre, attribuendone la scoperta all’amico (immaginario). Che la fine sia solo preludio di un nuovo inizio è consolatorio.

Elisabetta Pertoldi

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Lo stile è vario, adattato alle diverse situazioni, sempre poetico e intimista.

Adriano Paolini

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Un libro che rende e interpreta con sensibilità e aderenza la Sicilia vacua, indolente e fatalista dei "gattopardi" e, insieme a quella, l'anima stessa di Tomasi di Lampedusa, la sua biografia umana e letteraria. Il linguaggio è perfetto, asciutto e sensuale al tempo stesso.

Giuseppina Minchella

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Scelgo questo romanzo perché apprezzo lo stile lineare, discorsivo, affabulante e poetico della scrittrice. Al centro di questa sua prova colloca la Sicilia agli inizi del Novecento che diventa lo sfondo affascinante, lo scenario multicolore della vita, naturalmente quella di Giuseppe Tomasi de Lampedusa, dall’infanzia fatata, immaginaria, misteriosa alla fase della maturità complessa e dolorosa. E in questo fluire inesorabile del tempo si scopre il candore, l’innocenza, la solitudine, la fantasia salvifica, il mistero, l’amore, la nascita e la morte visti con gli occhi incantati di un bambino che vede tutto al contrario.

Salvina Gentiluomo

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Vorrei però fare una premessa: ma quale criterio hanno seguito gli organizzatori del torneo per accostare due libri così diversi e inconfrontabili? Mah!

Comunque, pure apprezzando l'interminabile libro di Calasso, do il mio voto a L'albatro di Simona Lo Iacono, in quanto, a mio giudizio, si tratta di: una ricostruzione attenta della biografia umana e letteraria di un grande scrittore, sapientemente sospesa tra vero e verosimile, tra realtà storica e realtà immaginata. Grazie anche all'uso dei due piani temporali, emergono un ritratto struggente, malinconico del protagonista e un affascinante affresco della decadente aristocrazia siciliana. Il tutto narrato con uno stile asciutto, forte, a volte poetico, a volte nutrito del dialetto, perfettamente aderente al mondo siciliano.

Daniela Galeazzi

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Ho apprezzato soprattutto la narrazione dell’infanzia curiosa dei segreti degli adulti, il bisogno di conoscere le cose della vita con i suoi motori principali. Ingegnosa l’introduzione di quel bambino messo accanto al protagonista per compagnia, che diventa suo amico, sua coscienza semplice ed ingenua, interpretando al contrario ogni grande piccola cosa. Il romanzo è pervaso dal senso del mistero, del soprannaturale. Per tutti i grandi libri ci vorrebbe un romanzo come questo che ci immerge nel tempo dell’autore, che ci parla della sua ricerca, che va incontro al nuovo con il suo bagaglio di esperienze e conoscenze, che non rinnega il passato perché il futuro ha lì le sue radici, negli incontri e nelle amicizie fedeli e formative.

Maria Grazia Flebus

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Attraverso la ricerca in un tempo ormai finito, riesce a descrivere con efficacia il viaggio verso la morte ed il bisogno umano di dare un senso a quello che era stato.

Maria Del Pin

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Mi sono piaciuti stile e linguaggio. Ho letto volentieri le descrizioni di luoghi, abiti e vicende che, per certi aspetti, mi hanno riportato indietro nel tempo.

Luisa del Zotto

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È un libro delizioso, che sa mescolare bene realtà storica e invenzione letteraria con un colpo di scena finale illuminante e rivelatore. Un libro che parla di un altro libro, un'autrice che espone il punto di vista di un altro autore, amatissimo a posteriori. Grande tecnica!

Maria Rosaria Catena

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L’albatro è un libro dalla scrittura fluida, raffinata e suggestiva, intriso di sicilianità e lirismo. Le sue pagine trasmettono il calore rovente dell’estate siciliana dei primi del Novecento, in cui è ambientata un’infanzia disincantata, quella del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, vissuta insieme a un bambino Antonno, che si rivela essere un personaggio geniale e misterioso con quella sua speciale visione tutta al contrario del mondo. Il sole e l’immagine della terra battuta dei feudi di Santa Margherita Belice si alternano ad un’ambientazione fredda, sterile e grigia della Clinica Villa Angela a Roma, in cui il protagonista in punto di morte rievoca le vicende della sua vita segnata dalle due guerre, dall’amore per la moglie Licy e dalla distruzione della casa in cui era cresciuto. Antonno è l’amico fraterno che lo accompagna, fedele come un albatro, nel suo percorso di crescita e presa di coscienza della realtà, sparisce con l’età adulta ma riemerge nei ricordi del protagonista negli ultimi momenti della sua vita ad offrirgli nuovamente quella visione tutta al contrario, che si infonde nella poesia: Tomasi non guarda il futuro ma al contrario continua vivere nel passato, anche lontano come quello rievocato nel Gattopardo, ma la scrittura non ha bisogno del tempo perché in essa tutto diventa eternità.

Maria Giovanna Mancuso

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Bellissima lettura. Un saggio romanzato, che mi ha permesso di conoscere dettagli e particolari della vita di Giuseppe Tommasi di Lampedusa. Scrittura raffinata, non banale, coerente con il tono malinconico e di struggente nostalgia che caratterizza il personaggio principale, i suoi luoghi e le cose perdute. L’autrice sceglie di alternare due piani e due tempi di narrazione: il diario degli ultimi mesi di vita e la memoria dell’infanzia. Quest’ultima, in particolare, è rappresentata, attraverso un fotogramma estivo tipicamente siciliano, in un momento in cui i desideri e la potenza di immaginazione trasformano la solitudine del bambino. La fine e l’inizio, connessi, o meglio, riconnessi in una sorta di dialogo interiore, attraverso il personaggio di Antonno, commovente spaccato delle verità inconsapevoli di ogni bambino interiore. Ho trovato interessanti le figure femminili. Dalla madre alla moglie, dalla donna di fuora alle zie. Ciascuna di loro, per caratteristiche differenti, è una donna forte e moderna, imbrigliata, ma non intrappolata, nei limiti e nei ruoli imposti della società dell’epoca.

Rossana Mangiapane

 

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Un romanzo in chiaroscuro, sospeso a mezz’aria come un acrobata, con il lettore più preoccupato da una caduta che estasiato dall'esercizio. Il lirismo della prosa mi è parso ostentato, appesantisce i pensieri trasformandoli in blateranti corto circuiti, forza le metafore restituendole più deboli, svilisce l'altrimenti buona scrittura. Seppure gestiti in maniera scolasticamente inappuntabile, i due livelli narrativi non brillano, né l’infanzia nel suo abbozzo di surrealismo magico senza mordente, né le lugubri memorie decadenti. Buona la resa poco invasiva della sicilianità, così come il fatalismo principesco del personaggio. Funzionale ma poco altro Antonno, avviluppato nella sua devota chiralità. Sebbene scrittura colta e lirica, e gestione precisa della narrazione garantiscano l’approvazione della critica e di una fetta di pubblico, personalmente troverei sgarbato consigliarlo agli amici.

Giuseppe Lo Schiavo

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Si tratta di una autobiografia romanzata di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La storia si svolge a capitoli alterni su due piani temporali: infanzia ed età adulta. Lo scrittore è l’io- narrante che racconta la sua vita quando, in procinto di morire, è ricoverato in una clinica di Roma, e poi ci sono le pagine del diario che redige, sempre negli ultimi giorni, sollecitato dalla moglie a “scrivere del tempo felice” quando fanciullo solitario, figlio unico di un’antica e nobile famiglia siciliana, incontra un fantasioso compagno di giochi, Antonno “un misto di stagioni e taglie sbagliate”. Antonno è l’albatro, il più fedele degli uccelli, che veglia e guida il suo “principuzzu” durante i momenti felici dell’infanzia con l’innocenza, la meraviglia e la fantasia delle giornate trascorse in una Sicilia calda, assolata, descritta magistralmente con scorci di struggente bellezza.

La vita porterà Giuseppe a partecipare ai due conflitti mondiali, a sposarsi, a scrivere il suo capolavoro, nella stesura del quale c’è tanto della sua famiglia ma anche il ‘ ritorno ‘ di Antonno.

La scrittrice ci dà uno splendido affresco dell’ultima nobiltà siciliana decadente che, tra balli e ricevimenti mondani, resta ostinatamente ancorata a un mondo in disfacimento; un comportamento che “rivelava tutta Il linguaggio intimo e raffinato la sua crudele agonia e ostentava una ricchezza che non possedeva”. Il linguaggio intimo e raffinato a volte lascia il passo al dialetto siciliano soprattutto quando parla Antonno che si esprime nella lingua materna dell’infanzia, dell’intimità, della confidenza. L’albatro è un romanzo complesso, elegante e coinvolgente che mi ha particolarmente emozionata poiché conosco ed ho vissuto nei luoghi frequentati da Tomasi di Lampedusa.

Caterina Manzella

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L’infanzia è un’età felice, in cui il tempo è scandito dai riti del giorno. Il passato è un’entità sconosciuta. Il futuro il luogo astratto delle speranze. È l’età della curiosità, dei giochi, delle esplorazioni. Confina con l’età adulta, da cui la separa un muro di segreti, di misteri che da bambini si ha l’ingenua fretta di conoscere. Ha la freschezza delle scoperte, come quella delle combinazioni di lettere da cui nascono le parole, tutte le parole, quelle buone che parlano di cose e quelle “per gli uomini”, “pericolose”. 

Simona Lo Iacono descrive gli anni in cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa era un bambino solitario in un mondo di grandi e gli affianca un amico misterioso, Antonno, che gira scalzo, si veste al contrario, ha una filosofia della vita tutta sua. Non ha un passato, sostiene che si nasce morendo, legge un libro dall’ultima pagina e dice l’opposto di quello che vuole. Antonno è fedele come un albatro, che segue il suo capitano sino alla fine del viaggio.

Promette al piccolo principe di non abbandonarlo mai e lo accompagna in ogni avventura. 
È un personaggio straordinario, che l’autrice ha creato per sottolineare lo scorrere del tempo e la progressiva crescita del piccolo Giuseppe. Dimagrisce man mano che il suo “capitano” si avvicina al mondo degli adulti, diventa sempre più trasparente a ogni passo importante, fino a sparire quando Tomasi di Lampedusa comprende il significato di vita e morte. Ricomparirà quando il suo capitano ne avrà bisogno, tenendo fede alla promessa di non abbandonarlo.

Lo aspetterà e lo accompagnerà nell’ultimo viaggio. Scritto in prima persona, il racconto dell’infanzia si alterna a quello degli anni successivi, fatto su un diario da Tomasi di Lampedusa ormai malato. Riemergono i ricordi delle guerre, dell’amore per la moglie Licy, del dolore destabilizzante per la distruzione della casa di via Lampedusa a Palermo. Una casa che l’ha visto crescere, lo riconosceva e custodiva i tanti segreti di una famiglia come la sua. Prevale alla fine la passione per la scrittura, indispensabile per esorcizzare la morte e vincere il tempo.

Anche se morirà prima di veder pubblicato Il Gattopardo. La scrittura di Simona Lo Iacono è ammaliante, seduce e conduce. Scava in un tempo che non è il nostro restituendogli vita e atmosfere, con la patina malinconica del declino di un’epoca, quella dei Gattopardi e dei Leoni.

Patrizia Niutta

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L’albatro di Simona Lo Iacono è un romanzo dal lirismo intenso che, nel descrivere la vita dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, alterna magnificamente scrittura diaristica e memoir. Romanzo raffinato come il gelato allo scorzonera e cannella che appare nelle pagine del Gattopardo, la vita dello scrittore vincitore del Premio Strega è descritta magnificamente nel lucore del crepuscolo romantico della vita. La vita di Tomasi di Lampedusa è narrata in tutte le sfaccettature del suo destino byroniano e la voce narrante descrive con trepidazione e coinvolgimento lo svolgersi degli eventi come una sorta di Stendhal intento a dettare allo scrivano La certosa di Parma. Il personaggio di Antonno è geniale con i suoi ragionamenti rovesciati, mentre tra i personaggi secondari mi ha affascinato la bellezza, la cultura e la sagacia della madre Beatrice. Un grande romanzo senza alcun dubbio.

Roberto Cavallaro

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L’albatro racconta la vita romanzata di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L’autrice infatti accosta biografia ufficiale e fantasia per regalarci un romanzo in cui la storia è raccontata in due prospettive che si alternano l’una con l’altra. Quella del passato come diario dell’infanzia del piccolo ‘principuzzu’, figlio unico, bambino solo che in un’estate lenta e calda come sono le estati siciliane, si vede arrivare un piccolo compagno di giochi di cui non sa niente, strano ma fedele che non lo abbandonerà mai e sarà sempre vicino a lui, come l’albatro del titolo.

Nella prospettiva presente, il vecchio principe è ormai alla fine della sua vita, ricoverato in una clinica romana, per cercare di curare il grave male che lo porterà alla morte.

Nel libro troviamo l’affresco della nobiltà siciliana, con tutti i suoi vezzi e le sue abitudini, come in molta (e anche troppa) letteratura di questi ultimi tempi.

Inoltre la figura di Antonno mi appare sfocata, e il colpo di scena finale che ne rivela la vera natura ‘immaginaria’ non convince. Rimane comunque un buon romanzo che auspica alla ricerca della verità tramite la letteratura, e considera la scrittura come cura e conforto nei momenti bui. Il grande merito a mio parere è quello di averci fatto conoscere più da vicino la vita di questo grande autore della sicilianità.

Daniela Platania

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La vita del Principe di Lampedusa, raccontata, in costante alternanza tra i due punti di vista, al suo inizio e alla sua fine. Nei ricordi l'estate è smagliante, profumata, carica di attese, di misteri da svelare, dei silenzi degli adulti tesi a nascondere preoccupazioni e dolori, e il bambino solitario riesce a riempire le giornate delle stramberie del suo indivisibile amico-albatro, allegoria (per Baudelaire, espressamente citato) del poeta. Nel presente, riportato in forma di diario, l'estate è il languore dei ricordi messi in fila, delle persone e dei luoghi perduti, della forma che le cose hanno ormai assunto e di quella che non potranno mai avere. La narrazione introduce gradualmente al gusto dolceamaro che, alla fine, non può che richiamare il protagonista di Tomasi di Lampedusa, il Principe di Salina del suo Gattopardo. La lingua è ricca, varia, espressiva e spesso suggestiva, anche se a volte indugia in periodi brevi. Tra i personaggi, oltre al tenero Antonno, menzione per don Nofrio, strenuo difensore dello status quo, anche se in quello lui fatica (e fa faticare) mentre i padroni ne godono i frutti. Molto bello.

Dora Fazio

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La storia dell’autore del Gattopardo e di Antonno in una Sicilia a metà fra le due guerre. Viaggi, conflitti mondiali e conoscenze. Ricordi di un adulto Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che si trova a vivere a Roma in una clinica, afflitto da una malattia, che lo porterà a ricordare quei momenti di felicità insieme al suo amico, forse angelo custode, Antonno, che vede la vita al contrario e così come è giunto in modo inaspettato, andrà via. Un diario di ricordi, di profumi, di piatti e di afa, che immerge chiunque nella Sicilia più bella, quella lenta, spensierata, ricca e distrutta. Ciò che Giuseppe dice di Antonno è amore, la sua visione rovesciata del mondo ispira il racconto del bisnonno paterno Giulio Fabrizio, l’astronomo, il sognatore.

Scrittura molto fluida, capace di far appassionare e innamorare. Ho trovato coinvolgente la storia, forse anche per via delle descrizioni della Sicilia. Piccoli momenti di vita che fanno riflettere e per cui mi fanno consigliare questo racconto a mani basse. Infatti, la modalità viaggio/ricordo descritta dall’autrice dà nuova vita al Principe di Salina, donandogli anima, cuore e nostalgia. Caratteristiche che rendono piacevole la storia, gli aneddoti e che mi hanno commossa.

Giada Costa

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Giuseppe Tomasi di Lampedusa sta morendo e in suo soccorso arriva Antonno, il suo albatro, compagno fedele dei momenti più bui e solitari, che lo riporta indietro nella sua Sicilia, nel momento in cui ha scoperto la scrittura. Quella stessa scrittura che lo accompagnerà tutta la vita, fino alla fine, che lo aiuterà a ricordare e fissare la memoria, che gli regalerà – beffarda, post-mortem – quell’immortalità che solo la letteratura sa dare. Antonno è un bambino che vive sottosopra, al rovescio, è l’infanzia, è Palermo, l’afa dell’Isola degli ultimi Gattopardi, i folletti di Casimiro Piccolo. Un mondo a parte, che “fa sragionare”, che ammalia e stordisce. È quella Terra “lenta” raccontata dal Principe di Salina.

Simona Lo Iacono interpreta Giuseppe Tomasi di Lampedusa, gli ridà vita, per poche pagine, attraverso un romanzo che è un limbo tra sogno e realtà, vita e morte, presente e passato, nel ricordo di un mondo che si sta dissolvendo. Un “esperimento” interessante e perlopiù riuscito, convincente e avvolgente, che ti trasporta tra gli odori della Sicilia, nella terra magica dell’infanzia e restituisce al lettore una figura spesso sottovalutata del panorama letterario italiano. Voto: 1

Gabriella Fiorentino

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Avere tra le mani questo libro equivale ad avere un piccolo gioiello. Dove per “piccolo” s’intende solo la mole, non sicuramente per i temi trattati o per la scrittura. Qui il “profumo di Sicilia” è in ogni pagina. È un romanzo ricco di ricordi, un memoriale che potrebbe tranquillamente essere stato scritto dallo stesso protagonista, a sottolineare la bravura dell’autrice. Ogni capitolo è diviso tra i ricordi d’infanzia e gli ultimi giorni di vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Giuseppuzzu” cresciuto in solitudine, fino a quando un giorno nella sua vita appare Antonno, un bimbo un po’ particolare: veste al contrario, dice sì per indicare una negazione, ha la mano raffinata di intagliatore di legno e sembra avere sempre la soluzione a tutto. Tra le pagine lo scorrere del tempo è scandito dalle piccole avventure dei due bimbi, dai ricordi della guerra, della famiglia, dal dolore passato e presente: tutta la vita di Giuseppe e di Antonno, il suo albatro che non lo abbandonerà mai. Un libro assolutamente poetico, da avere senza dubbio nella propria libreria. Voto: 1

Stefania Tedesco

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“La verità se ne stava addormentata dentro le cose e, per portarla alla luce, serviva solo un procedimento al contrario”.

Biografia, dentro la biografia. Narrato in prima persona, ma su due piani temporali diversi, l’Albatro di Simona Lo Iacono racconta gli ultimi due mesi di vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa ripercorrendone le fasi dell’età adulta e, attraverso un mémoir, un’estate straordinaria nel feudo materno. Ad unire l’inizio e la fine della vita dello scrittore c’è un “albatro”, Antonno, bambino saggio e dallo sguardo antico, che appare all’improvviso e dice una cosa per indicarne l’opposto. Attraverso un linguaggio aulico, ma non per questo artificioso, viene tratteggiata la storia di una famiglia straordinaria e lo straziante e malinconico disfacimento di un intero universo. Memorabile il personaggio di Don Nofrio, “conservatore inesausto non delle cose, ma dei ricordi”, bellissimi anche i ritratti delle donne della famiglia, prime tra tutte la madre, Bice, e la moglie, Licy. Ma l’Albatro è soprattutto la storia di crescita di un bambino solitario. Il fedele Antonno sta con il “principuzzu” finché lui non impara a guardare le cose “al contrario” per capirle davvero. Torna a rassicurarlo quando lui ne ha più bisogno. Consiglio questo libro a chi ama certe atmosfere sicule e a chi crede che la scrittura possa essere un modo per fermare il tempo. Voto: 1

Valentina Costa

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Non mi aspettavo che L’albatro e le sue storie mi sarebbero piaciute così tanto e invece l’innamoramento è scattato con un colpo di fulmine già dall’incipit, così intimo e malinconico. L’alternanza in due tempi della narrazione, tra un’unica e irripetibile estate siciliana del passato e gli ultimi mesi romani dolorosi del presente del principe Tomasi di Lampedusa, sottolineata anche graficamente dal corsivo del diario, l’inserimento di elementi romanzati dalla scrittrice ai dati biografici e l’uso di un linguaggio poetico, raffinato e sempre preciso mi hanno completamente rapita. Il personaggio di Antonno, poi, un po’ spirito guida un po’ proiezione di un bambino troppo solo, con il suo sguardo rovesciato e sempre al contrario su tutto, fedele, sognatore e concreto nello stesso tempo, non si può dimenticare. Un libro sicilianissimo e ricco, che fa venire voglia di rileggere Il Gattopardo, di andare a scoprire i veri luoghi de Il Gattopardo e di mangiare i piatti de Il Gattopardo. Quando si incontra un libro bello, si ha immediatamente la voglia di farlo conoscere a tutti e per questo, una volta letta l’ultima riga, ho avviato un mio personalissimo passaparola: quando qualcosa finisce, allora sta per cominciare e spero che il viaggio dell’albatro bambino e del suo compagno tra gli altri lettori sia pieno d’amore e d’incanto come lo è stato per me.

Roberta D’Amico

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Pronti ad una piena immersione nelle atmosfere e nei lussureggianti profumi di Sicilia? "L’albatro" la garantisce senza ombra di dubbio. È la storia - riveduta e riscritta - di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ultimo autore dell’ottocento siciliano, anima in pena (letteraria e non) a cavallo tra due secoli cruciali, tra due mondi che rivaleggiano e si confrontano sancendo, da ultimo, il vittorioso approdo alla modernità novecentesca. È un affresco stupito ed incredibilmente vivido non solo della biografia di un autore tanto amato perché portatore dell’ultimo refolo della vera nobiltà siciliana, non unicamente dell’imbocco di un declivio storico, sociale, culturale in generale e letterario nel particolare, ma, ancor più, del cambio delle conoscenze, dell’adattamento dell’uomo - e del siciliano dall’irriducibile indole molle e sognatrice - ad un nuovo mondo ostico e crudo, stravolto dalle guerre, dilaniato dal parossismo politico, afflosciato nelle proprie inconsistenti materialità ben lontane dalle delicatezze dell’arte, dai sussulti estatici di spiriti pasciuti a cultura, dalle indolenti concessioni al mondo della critica di pensiero, dal sensibile indulgere nelle spire del sapere. Il romanzo avvolge se stesso ed il lettore in un tripudio di piani che si riflettono in un gioco di specchi sempre più serrato. L’ambivalente punto di vista del piccolo Giuseppe negli anni della floridezza della sua casata e dell’aspirante scrittore Principe Tomasi di Lampedusa giunto al capolinea della propria esistenza senza alcuna intenzione di rassegnare quell’inveterata fiducia nello spirito dell’arte, già da sé nutre l’intero testo di una potenza narrativa dirompente. Se il giovane Giuseppe ci impressiona con la scoperta personale del mondo dorato dei balli e dei sontuosi ricevimenti dei Tomasi di Lampedusa e dei Tasca di Cutó, sempre colti nel loro personalissimo dramma del vivere all’ombra di una cultura radicatamente maschilista sebbene culturalmente innovativa, l’ormai fatto principe di Lampedusa con il suo testamento etico, resa dei conti con una vita fatta di aspirazioni e cadute, dolori ed amori graffianti, ci pervade di malinconia, consentendo di rivivere nitidamente l’amore per i perduti affetti, per la propria terra di stenti e tesori, quell’indolenza del famoso antenato - reincarnato nelle vesti di don Fabrizio, principe di Salina, il celeberrimo protagonista del Gattopardo -  colto nella dispersione di sé, nella percezione della propria piccolezza innanzi alla volta stellata messa a fuoco attraverso un telescopio. La ricostruzione storica sottace uno scavo non indifferente, confermato - qualora ce ne fosse stato bisogno - nelle note di fine testo e contestualizza la romanzata storia del giovane principe in una cornice credibilissima la quale, a sua volta, presiede gran parte del fascino conturbante che il testo possiede. Gli stordenti profumi della Sicilia, i piatti tipici, la stentorea solennità di un cerimoniale semipopolare a cui pervicacemente ci si sottoponeva pur di tributare rispetto alle tradizioni della terra, gli incontri tra nobili, i sontuosi ricevimenti, l’ansia di appariscenza che conduce rapidamente al dilapidamento delle fortune familiari sempre più, preoccupantemente, assottigliate, la commistione tra nobili e popolani che non si disdegnano a vicenda ma pacificamente accettano i propri ruoli - entrambi linfatici per garantire la sussistenza di mondi fondati su una reciproca simbiosi, su un interscambio collaborativo innegabile - e si muovono a passo felpato in una istrionica danza di rispetti e distanze, l’opprimente canicola della controra, la terra ruvida e polverosa battuta da un sole implacabile, le improvvise oasi di verde e le polle che feriscono il suolo sassoso, le umidicce scorrazzate di bambini curiosi e urlanti, infangati e felici, i famelici accessi alla vista sul mare con le nebbiose isole a faraglioni di guardia, l’intensa corresponsione di sensi con ogni forma di vita, anche la più rude, che anima e caratterizza la terra di Sicilia. Non sono altro che proiezioni, mistificate, certo ma non per questo ingannatorie, di una realtà di vita che ancora esiste nel meridione. Che si annida soporifera e, a volte, ignominiosa, negli anfratti dei paesi dell’entroterra, nei luoghi ancora legati alle tradizioni agricole dei padri, financo nei cortili delle abitazioni in cui vige ancora la regola del vociare, l’arte del conversare, il vezzo di interagire con l’altro attraverso un cerimoniale di detto e non detto che solo il vero siciliano può intendere pienamente. E tutto questo, l’autrice lo riproduce con inveterata contezza di dettagli. E poi c’è l’"albatro", quell'astruso personaggio, complice di mille bighellonate, di altrettante ardite imprese del piccolo Tomasi di Lampedusa. Un fedele compagno di crescita che sostiene e incarna lo svilupparsi di una personalità - quella del principe Tomasi, appunto, di cui è onnipresente accompagnatore - serafica e turbinosamente interiorizzata, capace di innati slanci artistici così come di profonde ed indolenti crisi esistenziali, di radicato amore per gli spazi che gli sono familiari e che percepisce come inscindibilmente innestati nel suo stesso essere e di inspiegabile lassismo. Forza e debolezza. Amore per il perduto e timore del presente e del suo ignoto evolversi, od involversi secondo il reazionario punto di vista del principe, in un futuro ostile, troppo moderno e troppo diverso per non essere precursore della fine di un’epoca. Una molteplicità di aspetti e considerazioni, tutti sapientemente porti al lettore con una delicatezza non intrusiva, con la rassegnata accettazione di ciò che è e di ciò che dev’essere che è tipica del siciliano resiliente. La sconsideratezza e l’orgoglio, la riflessione ed il fatalismo che si avvicendano e si compenetrano per dare voce ad un’epoca, ad una generazione ma anche alla linfa vitale più sotterranea di quelle nuove che non mostrano di voler tranciare del tutto il tenace legame con l'atavica impronta. Unico appunto, probabilmente, la prosa eccessivamente appesantita da orpelli, metafore non sempre di immediata comprensione che non di rado inceppano la fluidità del meccanismo narrativo arrecando bruschi e non gradevoli arresti al fluire del racconto. Per contro, tuttavia, è pur vero che l'autrice si sforza di ricreare - quantomeno nella parte romanzatamente autobiografica in cui immagina il principe già gravemente ammalato scrivere di proprio pugno una sorta di immalinconito resoconto della propria esistenza - la voce autentica del letterato. Una voce che non di rado indulgeva in sofismi complessi, in perifrasi ampollose, lasciandosi andare ad una prosa ubertosa ed estremamente ricca, espressione di una cultura letteraria altrettanto colma di lustro. Si recherebbe, quindi, ingiustizia alla Lo Iacono se la si perseguisse per tale motivo, dimenticando la fonte originaria da cui essa trae ispirazione e anzi, non riconoscendole lo sforzo profuso al fine di non stravolgerla.

Sara Faraci

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Il romanzo storico di ambientazione siciliana, in una linea ideale che da Pirandello passa attraverso le fondamentali lezioni di Sciascia, Bufalino e Consolo, si è ormai da tempo confermato un genere longseller grazie alle inconfondibili e suggestive esperienze della scrittura di Camilleri e alle nuove dinamiche narrative, spesso fondate su storie di donne, che scrittrici come Simonetta Agnello Hornby, Dacia Maraini e Carla Maria Russo hanno saputo cogliere e sviluppare. Nel 2019, il romanzo storico siciliano si mostra ancora vivo e vitale, se a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro abbiamo accolto in libreria I leoni di Sicilia, della scrittrice trapanese Stefania Auci (Editrice Nord), uno dei maggiori successi letterari dell’anno, e L’albatro di Simona Lo Iacono (Neri Pozza), magistrato e scrittrice nata a Siracusa, che nel 2016 era stata selezionata nella “dozzina” del Premio Strega.

Scegliendo come protagonista del suo romanzo una figura di grande spessore come quella di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Simona Lo Iacono ha la possibilità di intrecciare insieme la biografia romanzata di un uomo eccezionale, autore di uno dei più grandi romanzi italiani del secolo scorso, la letteratura e la storia, personale e collettiva, del Novecento, conducendo il suo lettore attraverso una meditazione sul significato e il valore del destino individuale. La narrazione si sviluppa oscillando dai giorni prossimi alla morte all’infanzia, momenti “gemelli” e sospesi (richiamati simbolicamente dalla porta socchiusa raffigurata in copertina) di un tempo della vita che si riavvolge nella dimensione del ricordo e solo attraverso la scrittura: “al contrario”, quindi, come “al contrario” corrono i ragionamenti di Antonno, sorprendente figura di “albatro” della vita che portiamo tutti accanto (o dentro) di noi. Sostenuto da una scrittura raffinata, che talvolta, però, si vela forse fin troppo della patina classicistica a cui l’Autrice ricorre a fini espressionistici, e da scorci descrittivi che fanno innamorare (ancor di più, se possibile) della Sicilia, L’albatro ed il suo protagonista non possono che conquistarsi un posto nel cuore dei lettori, che già ne invocano una trasposizione cinematografica.

Ignazio Lax

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Una riscrittura, impresa non semplice, del Gattopardo attraverso la biografia del suo autore, colto nell’infanzia siciliana e negli ultimi giorni di vita. Le atmosfere del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sono bene evocate nelle pagine dei ricordi d’infanzia, in cui sono dosati in modo equilibrato rimpianto, ricordo, malinconia e sogno, atmosfere cui si contrappone l’amarezza per i ripetuti rifiuti degli editori alla pubblicazione del romanzo.

Elisa Simsig

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L'Albatro racconta in forma romanzata la vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Si alternano due piani temporali: lui bambino figlio unico di nobilissima famiglia siciliana che trascorre le sue giornate tra le sfarzose proprietà di famiglia circondato da soli adulti e dalla compagnia di Antonno il suo Albatro e lui prossimo alla morte che rievoca gli aspetti più significativi della sua vita, di un mondo ormai passato di cui non c'è rimpianto ma nostalgia.

La scrittura della Lo Iacono è abilissima nel ricreare l'ambiente in cui di svolge la vicenda con un tono letterario, nobile, antico. Molto accurato. Veramente piacevole.

Barbara Cumin

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In questo romanzo seguiamo i ricordi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l'autore de "Il gattopardo", e attraverso essi respiriamo profumi e sensazioni di una Sicilia antica, ancora legata alle vecchie tradizioni. Il principuzzo ci fa conoscere Antonno, personaggio indimenticabile, e insieme a lui ognuno di noi può dare uno sguardo alla propria infanzia e a quello che di essa ancora conserviamo. Attraverso pochi dialoghi e una narrazione a tratti poetica, il romanzo scorre veloce e piacevole.

Monica  Murer

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Romanzo scritto molto bene con un linguaggio poetico e ambientato in una Sicilia che è sempre una calamita per i lettori in quando la scrittrice descrive luoghi, climi, uomini e donne con un linguaggio molto empatico. Interessante anche l'accostamento dell'infanzia del protagonista Tomasi Lampedusa e la sua vecchiaia trascorsa in una casa di cura.

Sandra Musian

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Romanzo ispirato alle vicende reali del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L'intreccio della sua vita, in stile memorialistico, si snoda tra alterni capitoli, riferiti gli uni ai suoi ultimi quaranta giorni di vita, trascorsi a Roma nel giugno-luglio 1957, gli altri legati agli incontri d'infanzia risalenti al 1903, quando la sua famiglia si trasferiva per la villeggiatura da Palermo a Santa Margherita Belice. Fu allora che il principe, di natura solitaria e contemplativa, protetto dall'albatro Antonno, il suo angelo custode, fu introdotto ai misteri della vita e della morte. Catturato da sempre dalla bellezza delle parole, solamente negli ultimi anni Tomasi di Lampedusa riuscì a concretizzare la sua vocazione letteraria, creando il principe don Fabrizio di Salina, il Gattopardo. Con lui ha consegnato alla storia il mondo da cui proveniva, in cui convivevano allegramente tutte le contraddizioni della Sicilia. Trama ricca e accattivante, romanzo dentro il romanzo.

Paola Iuri

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Questo libro è capitato tra le mie mani per caso, è stato una rivelazione piacevolissima. È la vita di Giuseppe Tommasi di Lampedusa (il gattopardo) e del suo amico Antonno ragazzo diversamente abile (ma abile davvero) che decide di diventare il suo albatro. Lo accompagna e lo “protegge” come avviene solitamente in mare con i pescatori. Sullo sfondo scorre la storia romanzata, ma con personaggi reali del primo novecento a Palermo. Le famiglie nobili e aristocratiche, i loro riti, abitudini e tradizioni. Il tutto narrato con una penna leggera, ma attenta e ricercata. BELLISSIMO 

Manuela Braconi

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Un viaggio a ritroso da un letto d'ospedale (1957) all'infanzia nel palazzo di famiglia, dove Giuseppe Tomasi di Lampedusa incontra Antonno, ragazzino che si veste e agisce sempre "a rovescio", ma instaura e coltiva con lui un istintivo rapporto di amicizia e protezione.

Come l'albatro segue il capitano della nave, senza mai abbandonarlo, Antonno farà lo stesso e ritornerà a Giuseppe ne "Il Gattopardo"..

Una volta iniziato, questo romanzo si legge tutto d'un fiato.

Alida Calligaris

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La lettura di questo libro è stata scorrevole. Molto interessante scoprire attraverso l'amicizia di Tommaso di Lampedusa e il suo amico un po' strano, Antonno, la vita della società del primo novecento nella Palermo altolocata e nobile.

Libro scritto con eleganza e ricercatezza.

Silvia Magnani

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Un torneo dei lettori? E perché no! Mi trovo così a leggere un libro “impostomi”, affascinata sin dal titolo, amante di Baudelaire, vengo ulteriormente sorpresa quando scopro che il romanzo ha come protagonista Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Il lettore viene catapultato nella vita del nobile siciliano, scoprendo che il periodo più felice della sua vita è da ricondurre all’infanzia palermitana quando giocava con Antonno, bizzarro servitore che viveva il suo mondo al contrario; fedele come un albatro accompagna il Principe in ogni sua scoperta e gli insegna andare oltre l'apparenza e ad allargare i propri orizzonti.

L’uso puntuale e ricercato delle parole con le quali l’autrice descrive l’amicizia di Antonno, l’amore per la moglie Licy ( una psicologa attentissima, allieva di Freud), le ambientazioni storiche e i continui rimandi al Gattopardo, ti portano a scoprire, con dispiacere, di essere giunti all’ultima pagina!

 Erika Falconieri

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Il libro racconta la vita romanzata di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore de “Il Gattopardo”. La stessa autrice precisa che “prende spunto dalle vicende reali del Principe, ricostruite attraverso una rigorosa ricerca”, ma che tutti i dialoghi, le riflessioni di quest’ultimo e la figura di Antonno sono inventate.

I periodi presi in considerazione sono quelli di una vacanza a Santa Margherita Belice nel 1903 e i giorni precedenti la morte di Giuseppe Tomasi a Roma nel giugno/luglio 1957.

Il racconto, narrato in prima persona dal Principe di Lampedusa, si legge bene e scorrevolmente. I passaggi tra presente e passato non sono bruschi e non interrompono il flusso narrativo creando discontinuità. Come se il presente fosse passato e il passato presente. Le due dimensioni temporali si intersecano e se non fosse per i luoghi specifici non si avvertirebbe la differenza.

Spicca nel racconto la figura di Antonno, un fanciullo coetaneo di Giuseppe che vive, pensa e si comporta facendo tutto al contrario. Dice sì quando vuol dire no, si ferma quando invece vuole continuare e cosi via. 

La figura di Antonno sarà fondamentale per la crescita del fanciullo Giuseppe in questo periodo e solo alla fine si svelerà completamente ciò che si indovina durante tutto il racconto.

Il piccolo Giuseppe è un bambino taciturno e solitario, contemplativo ed attratto dalla stranezza delle cose, molto legato alla madre, che lo introduce alla letteratura e gli fa conoscere la poesia “L’albatro” di Beaudelaire. 

Antonno è l’albatro di Beaudelaire per Giuseppe. Racchiude in sé tutte le qualità di questo uccello ritenuto simbolo di vita, speranza, fortuna, buon augurio e con la sua rivelata e percepita abnegazione aiuta il bambino a guardare la realtà in modo più vero e profondo, inusuale e partecipe. Lo aiuta a comprendere da dove provengono le sue ferite e il valore delle stesse e come il mondo dei grandi, così lontano e misterioso, si riveli poi comprensibile quando non si é più soli e spaventati.

Come un albatro, Antonno segue fedelmente il piccolo Giuseppe, per il quale ha una dedizione assoluta e che chiama Principuzzo. Diventa una sorta di alter ego col quale condividere tutte le esperienze di quella estate.

Giuseppe può sempre contare su di lui, ci sarà sempre di giorno e di notte, sempre vicino a dargli quella sicurezza di cui ha tanto bisogno. 

Antonno , quando la verità è stata rivelata e i misteri e segreti svelati, sparisce così come é arrivato. Ma si ripresenta puntuale all’epilogo del viaggio del Principe come un albatro che non abbandona la nave fino alla fine.

Gli ultimi giorni del Principe sono pieni e dell’angoscia della malattia e dei ricordi della sua vita. Ricordi belli e penosi, ricordi di amici e parenti amati; la preoccupazione per la pubblicazione del suo capolavoro “Il Gattopardo” che sembra non incontrare l’interesse degli editori. 

E Antonno, come aveva promesso, è lì pronto a prenderlo per mano ed accompagnarlo fedelmente in questo suo ultimo viaggio.

Il Gattopardo fu pubblicato postumo.

Un bel libro, scritto bene, che ti fa conoscere anche una Sicilia piena di fascino e una città, Palermo, capitale di bellezza e cultura quando era chiamata “felicissima” e ospitava le teste coronate di tutta Europa. 

 Patrizia Schiavo Campo de Gregorio

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Ben congegnata l’alternanza tra i due piani temporali, riferiti a due momenti diversi della vita del protagonista, strategia che rende via via più completa la comprensione dei fatti. Interessante anche la costruzione della figura di Antonno, l’alter Ego immaginario che sostiene il protagonista nelle varie esperienze della vita, mitigando la solitudine di lui-bambino “schiacciato” da un ambiente familiare così imponente.

Lucia Marmussini

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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