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L’aristotelico impenitente di Stefano Gelain

Mauro Pagliai

 

Piacevole romanzo ambientato nel Medioevo adatto a studenti della scuola media inferiore.

Il medico arruffone Ardighino da Padova deve indagare e acciuffare il colpevole dei delitti perpetrati al Castello di Romena. Il medico investigatore cercherà di capire chi ha compiuto i vari delitti misteriosi e, seguendo ogni traccia e ogni indizio, ci presenterà vari personaggi comici: il signore e la castellana affetta da bovarismo rifugiatasi in una torre del castello, vassalli, valvassori e valvassini, e un inquisitore impietoso. Parodia gradevole de “Il nome della rosa” di Umberto Eco.

Carlo Carlipso

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Dagli anni ottanta, dopo Il nome della Rosa, abbiamo assistito a un fiorire di "gialli storici", alcuni molto buoni, alcuni sinceramente perdibili. Questo si colloca in posizione, direi intermedia. Apprezzabile il ricorso alla chiave dell'ironia, scritto non male, ha pagato per quanto mi riguarda (gli ho preferito il "rivale", nel contest) l'essere l'ennesimo prodotto di un genere che per me nel tempo ha perso un po' di appeal.

Alessandra Fineschi

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È un romanzo divertente, ma forse un po’ troppo ambizioso, mirando a due inarrivabili modelli: da un lato Il nome della rosa di Umberto Eco, e dall’altro Achille Campanile.

Al capolavoro di Umberto Eco il romanzo si ispira per ambientazione e per tema: il giallo di ambiente medievale. Al grandissimo Achille Campanile si ispira sin dalla citazione iniziale e successivamente nel testo, nei giochi di parole, negli “equivoci linguistici”, che restano però un po’ fini a se stessi.

Non mancano buoni spunti nel romanzo, che appare però ancora un po’ “leggero” e prevedibile rispetto ai punti di riferimento.

Ugo Iezzi

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Siamo nel 1318, il Castello di Romena, nel Casentino è insanguinato da una serie di misteriosi omicidi e Ardighino da Padova, un medico (Magister, come si usava definirli allora) si troverà impegnato nella ricerca del colpevole.

Il romanzo di Stefano Gelain sceglie un registro comico-grottesco che richiama opere ben più illustri, il primo che mi viene in mente è Candido, di Voltaire e il protagonista Ardighino da Padova è una sorta di Ispettore Clouseau, pasticcione e un po’ sciocco, che inizialmente individua il colpevole in una capra, che verrà impiccata per il suo crimine e poi tenta di estorcere la confessione perfino ad un morto, chiudendolo in una cella cosicché la fame spinga il malcapitato a confessare.

“Non c’è stato verso di farlo parlare… I presenti abbassarono il capo, pensierosi. – Dunque, Ardighino… – esordì il conte Aghinolfo, con la voce incrinata da profondo imbarazzo. – Possiamo rimetterlo sotto terra ora? Il medico padovano rifletté a lungo sulla spinosa questione, finché scosse la testa; no, secondo il suo intuito, suggerì, era più prudente trasferirlo in una nuova cella dove avrebbero trattenuto i cadaveri sospettati di omicidio.”

Personaggio divertente anche quello dell’inquisitore, Padre Giovanni Bernardi, dedito ad ogni genere di tortura, sul cui utilizzo per estorcere confessioni ha scritto libri dai titoli più improbabili e che dopo aver infruttuosamente interrogato il morto, si rammarica di dover cambiare il titolo a uno di essi: “Ora, a causa di quel maledetto eretico padovano e delle sue illazioni, avrebbe dovuto emendare l’incipit del suo De infallibilitate strumentorum torturae, aggiungendo all’affermazione “Tortura est instrumentum infallibile”, la postilla “excepto in cadavere”.”

Il romanzo si snoda fra il susseguirsi di delitti e le ipotesi sempre più bislacche formulate dall’improvvisato investigatore, fino a giungere alla rivelazione del nome dell’omicida, della cui scoperta, ovviamente, il buon Ardighino si attribuirà il merito.

In conclusione ho trovato “L’aristotelico impenitente” una lettura leggera e divertente, anche se devo confessare l’insofferenza che mi coglieva a tratti di fronte alla palese stupidità del protagonista, temperata però dalla simpatia che il maldestro investigatore dilettante suscita nel lettore.

Loredana Pulito

 

 

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