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L’ospite di Margherita Nani

Brioschi

 

Mi è piaciuto molto di più perché; molto ben impostato molto credibile sia nella crudezza che nell’amore, trovo molto profondo nell’esprimere i sentimenti del protagonista che ad un certo punto si accorge anche che le ideologie producono orrore e le definisce cretine, mi è piaciuta anche la capacità di coinvolgerti senza giudicare, l’orrore diventa quasi nessun’altra possibilità. Chiaramente ho votato L’ospite.

Flora Azzolini

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Non bastano pochi anni da medico a servizio di una piccola comunità in Sudamerica e di una giovinetta, per cui peraltro nutre sentimenti morbosi, per dimenticare che Mengele ha sottoposto a torture, a morti atroci e pazzeschi esperimenti i bambini prigionieri ad Auschwitz. Tanto più che è riuscito a sfuggire alla cattura dei giudici d’Israele e quindi alla giustizia. In questo libro l’autrice narra, alternate agli anni del Brasile, le giornate degli obbrobri del campo di sterminio tedesco, suscitando in me un forte senso di ribellione e di disgusto. Giusto e doveroso parlarne ancora e sempre, avrei voluto leggere pagine di maggior critica e condanna.

Gabriella Buizza

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il romanzo merita attenzione soprattutto per il tema delicato e complesso che affronta e sviluppa con coraggio. La mia preferenza è motivata soprattutto dall’argomento. Provare a narrare il vissuto soggettivo di un anziano che ha partecipato come carnefice consapevole e sadico alla macchina della morte nazista; narrare lasciando che il proprio narratore entri nella mente del protagonista, è senz’altro un’operazione che attira il lettore e a sprazzi riesce anche a catturarlo. Anche perché il Mengele di Margherita Nani assume una sua stratificata personalità con la quale si finisce per interloquire, anche con un certo perturbante fastidio. Peccato che il manoscritto dell’autrice non sia stato lavorato con altrettanto coraggio dagli editor per aggiustare alcune ingenuità di stile, un po’ di ripetizioni e di ovvietà, come quando, a inizio del capitolo 10 – quindi ben dentro la scrittura, la storia e il personaggio – ci viene detto che “L’apprendimento del portoghese procedeva molto bene per Mengele – conoscere già lo spagnolo era di grande aiuto, considerando che le due lingue sono imparentate”.

Luigi Gavazzi

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L’autrice ci porta all’interno di una tragedia, quella che si svolge nel campo di concentramento di Auschwitz, nel laboratorio dove Josef Menghele compie i suoi esperimenti, quasi esclusivamente su coppie di gemelli. L’autrice ricostruisce la vita di Menghele negli anni precedenti al lager, gli anni passati all’interno del campo di concentramento, intervallando con il racconto della sua fuga in Sud America e con l’incontro con Pia.  Questo crea un forte contrasto degli atteggiamenti del crudele torturatore. Sembra di avere a che fare con persone diverse, risultando poco credibile. Ogni personaggio del libro viene presentato con la ricostruzione della sua vita, come un racconto nel racconto. La scrittrice tratteggia abilmente le caratteristiche fisiche e psicologiche dei personaggi. Così facendo narra episodi che precedono la seconda guerra mondiale, di vita fuori e dentro al lager e della liberazione. I personaggi del libro, hanno tutti avuto a che fare con Menghele, ma solo Teresa conosce il suo particolare ruolo di medico nel laboratorio. Le vicende si alternano e sembra impossibile che l’Uomo degli esperimenti sia anche l’uomo che viene affascinato dalla vitale giovinezza di Pia. E’ un libro utile a comprendere, con ulteriori approfondimenti, gli accadimenti della storia recente, da parte di tutti i lettori, soprattutto i più giovani.  La scrittrice, che ho scoperto essere molto giovane, dimostra un notevole maturità narrativa.

Vilma Marchesi

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Da ex insegnante mi ha molto colpito e gratificato che il motore propulsivo per questo romanzo sia stata una delle tante iniziative messe in atto dalla scuola per "nutrire" la memoria dei nostri futuri cittadini. Si sente la motivazione profonda dell'autore a cercare di capire il perché del male compiuto dagli uomini verso i loro simili. Molto apprezzabili, in una scrittrice così giovane, sia l'intenso e accurato lavoro di documentazione che sottostà alla narrazione/descrizione degli esperimenti di Mengele ad Auschwitz, sia la maturità di scrittura. Forse non del tutto convincente e credibile la capacità di cambiamento e pentimento che la Nani attribuisce a Mengele nel suo soggiorno brasiliano. Non c'è certamente assoluzione, ma la possibilità di redenzione offerta al personaggio risulta un po' forzata e forse si spiega solo con l'ottimismo della gioventù.

Patrizia Romano

 

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