< Libri e lettori

La lettera di Gertrud di Björn Larsson
Iperborea

 

***
Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Catanzaro 2 “Palomar”
coordinato da Umberto Mancino
***

 

La storia di Martin non è mera narrazione di fatti: è uno scavo sofferto nella storia degli ebrei e dell’antisemitismo ed anche argomentazione, assai attuale, sui concetti di identità e appartenenza in quanto singoli esseri umani e comunità sociali. Spesso è stato necessario rileggere per capire il pensiero di un personaggio o di uno dei molti autori citati. Non sempre ho condiviso. A volte mi sarebbe piaciuto entrare nel romanzo per intavolare una discussione. Di Martin ho apprezzato la libertà di pensiero e di scelta che nascono non da preconcetti, ma dallo studio continuo dei libri e delle parole degli altri. Una riflessione che resta comunque ostaggio del dubbio e non giunge a definire una volta per tutte come nasca l’identità e quanto incidano i condizionamenti sociali e ambientali. Questo romanzo lega a doppio filo scienza e letteratura in una simbiosi necessaria –calviniana–per dare il senso della testimonianza, andando oltre l’esposizione di una teoria, e ottiene in cambio dal lettore empatia e immedesimazione

Maria Teresa Stranieri

***

Intenso e di profonda calviniana Molteplicità nella scrittura: saggio e romanzo contemporaneo multiforme, filosofico e di formazione, epistolare e romanzo nel romanzo; nelle tematiche: filosofiche, religiose e scientifiche e nella corposa bibliografia nel suo autentico valore di conoscenza e arricchimento. Libertà e Identità sono, del romanzo, le cifre contrapposte e intersecanti, luogo e motivo di offesa e intolleranza nei dibattiti da sempre attuali dalla bioetica al razzismo al nazionalismo esasperato. L’ebraismo in uno spazio-temporale indefinito, tra la Shoah e la globalizzazione cosmopolita, nella mediocrità dilagante degli opinionisti-parolai. L’autore ci conduce in un percorso accidentato e sofferto di verità eluse o rinnegate e certezze che si disgregano e divengono dubbi e interrogativi, in cui l’individuo si muove confuso e disperso nel mare di possibilità senza risposte. Libertà e Identità si possono trovare, forse, nell’ infinito dell’Umanesimo della Parola.

Elisa Stranieri

***

Se Italo Calvino, redivivo, leggesse “La Lettera a Gertrud”, per quanto abbia esaltato la brevità e la leggerezza nelle opere letterarie (Lezioni Americane), di sicuro apprezzerebbe la linea unitaria che lega quest'opera, pur nella dettagliata e profonda analisi non solo dei personaggi ma anche delle molteplici situazioni.  Vedo questo libro come metafora del corpo umano: una vena pulsante di sangue vivido dà forma all'insieme delle singole parti: LA FILOSOFIA - L'IDENTITÀ- L'APPARTENENZA -LA LIBERTÀ, che non irrorano il singolo ma contengono, nel medesimo abbraccio, l'umanità. È nel grande universo ove ognuno, che non sia “inumano” si identifichi e si possa sentire parte del tutto. È un romanzo “nuovo”: il tema è trattatissimo e conosciutissimo, ma proprio per essere unico in un genere ormai comune, riesce a diventare originale, accattivante, erudito.

Antonietta Ciliberto

***

La lettera di Gertrud di Bjorn Larsson è un libro che ho letto in due giorni e ricorderò per sempre. La prima cosa che ho pensato leggendo il libro è il caro prezzo che l'essere umano deve pagare per la libertà. La ricerca della propria identità allontana il protagonista da ciò che riteneva fossero i suoi principi fondamentali e lo porta ad una sempre maggiore considerazione degli altri. Ho trovato originale la trama e il modo di affrontare la cultura del popolo ebraico.

Rosanna Masciari

***

La forza del libro è l’aver calato le questioni non nuove del libero arbitrio e dell’ebraismo in una vicenda vera o comunque verosimile. Racconto drammatico, che testimonia la forza di sentimenti diversi e mostra quanto l’identità individuale sia una costruzione complessa, le cui dinamiche non sono ancora chiare neppure alla scienza. Scrittura originale, tra narrazione con fine indagine psicologica e argomentazione serrata non sempre scorrevole, ma sorretta da ampie letture. Libro da leggere: ci richiama alle implicazioni etiche della ricerca genetica e ai pericoli presenti pure in Europa per la persistenza di pregiudizi razziali, l’ignoranza della storia anche recente, la tendenza della società ad ingabbiare gli individui in categorie rigide e il potere spesso distruttivo dei media

Vincenza Pettinato

***

Ho letto una storia fuori dal comune, scritta in modo insolito, onesto che solleva profondi interrogativi su chi siamo, chi potremmo e chi vorremmo essere. Mi sono immedesimato totalmente in questa storia, perché francamente gli interrogativi sollevati sono i miei interrogativi, cui peraltro non è semplice dare risposte (mosso da curiosità, ho letto nel tempo alcuni libri citati dall'autore in quanto, da non credente, avrei voluto capire qualcosa a proposito dell'ebraismo, senza riuscirci appieno). L'unico difetto del libro è che forse è un po’ lungo e che alcuni concetti sono ripetitivi.

Piero Filippa

***

Il bel libro di Bjorn Larsson, La Lettera di Gertrud, è un romanzo che pone molti interrogativi, ma fornisce strumenti per avere anche delle risposte. Martin Brenner scopre, con sorpresa, che la madre si chiamava Gertrud Zander ed era ebrea. Per la legge ebrea anche Martin è dunque un ebreo. Ma l’unico atto d’amore che dopo la shoa, la madre può compiere, è quello di evitargli questo triste retaggio. Martin farà di tutto per salvaguardare il diritto di non essere ebreo a costo di conseguenze dolorosissime e decide che l’amore per gli esseri umani viene prima del diritto di appartenere ad un popolo.

Luigi Fregola

***

Riprendendo un topos della letteratura, Larsson esplora la complessità dei rapporti umani nel nostro presente. Martin, il protagonista, era stato il centro e lo scopo della vita di sua madre Maria. Eppure, l’impressione dominante sembrava rivelare che lei lo considerasse figlio di uno stupro e che un diaframma li avesse sempre separati. Tutto si chiarisce alla morte di Maria, con la lettera che svela al figlio che lei, in realtà, era Gertrud, un’ebrea scampata a due campi di sterminio, ma non al terrore che l’inferno potesse ricominciare. Dunque, Martin è ebreo per discendenza. Dichiara di non volere esserlo, in nome della sua libertà di scelta, dono prezioso di sua madre. Le conseguenze saranno distruttive. Niente sarà come prima. Denso e corredato sapientemente, fluido nella scrittura, con una sorta di “fulmen in clausola”, il romanzo è occasione di apprendimento e profonda riflessione sul rifiuto del diverso, sull’Ebraismo e l’antisemitismo, sulla vita.

Lorenza Viapiana

***

All’inizio mi aspettavo l’ennesimo libro sulla Shoah e l’antisemitismo. Devo dire che mi sono ricreduto e ho accolto con favore il romanzo. Il tema fondante è l’Identità in un testo dove si mescolano domande senza risposta su cosa ci rende uomini, sull’appartenenza ad un popolo eletto o ad una comunità, sul senso e sul limite della libertà. Tratteggia mirabilmente la complessità del vivere odierno e della nostra società, l’impossibilità di categorie in una esigenza quasi spasmodica di classificare ogni aspetto del nostro essere, anche attraverso le sequenze genetiche. C’è anche la continua ricerca dell’uomo di oggi, assalito da dubbi, dal “dovere del successo”, incapace di trovare risposte o spaventato dal poter essere ingabbiato in una parola che lo definisce e lo macchia, anche se quella parola “ebreo” rappresenta la propria radice, la necessità di rispondere al dolore di chi ci ha permesso di vivere, di scegliere, di essere liberi. Se devo trovare dei difetti, qualche volta la narrazione si inceppa, manca di leggerezza, di ritmo, altre è troppo stucchevole e melenso. Tuttavia un libro interessante e da far scoprire e leggere.

Umberto Mancino

 

***
Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Badia Polesine “Un libro per amico”
coordinato da Luisana Ferrarese
***

 

Il romanzo comincia in modo accattivante: la storia di un uomo che alla morte della madre scopre che quest’ultima era ebrea, che era stata tra i deportati nei campi di sterminio e non ultimo che quello che lui considerava suo padre (un pessimo padre ma pur sempre un padre) in realtà era entrato nella vita di sua madre in “seconda battuta”.

50 anni e scoprire che non sai chi sei, da dove vieni, quali sono le tue radici … ce n’è da rimanere sconvolto … ce n’è da non sapere come parlarne alla propria famiglia, alla moglie, alla figlia.

Fin qui tutto bello, il romanzo prende… ma da qui in poi c’è un lungo intermezzo dove il protagonista inizia a fare ricerche sull’Ebraismo e il romanzo diventa una lunga serie di scrittori, titoli e stralci delle loro opere, risultando un po’ “pesante “alla lettura.

Nemmeno il “colpo di coda” dello scrittore che si prende carico di raccontare la storia di Martin, risolleva, a mio parere le sorti di questo libro.

Daniela Barboni

***

Una lettera che gli ha lasciato la madre morta, sconvolgerà la vita di Martin Brenner Scoprirà così che sua madre era un’ebrea, sopravvissuta ai lager. Glielo aveva nascosto per proteggerlo e magari lasciarlo libero di scegliere una volta adulto. Potrebbe continuare a tenere il segreto, ma da uomo di scienza si butta in studi e ricerche per cercare di capire cosa significa essere ebreo ovvero la propria identità. Si renderà conto ben presto quanto l’antisemitismo è ancora radicato oggi e le sue scelte, avranno conseguenze devastanti e sconvolgeranno anche la sua amata famiglia.

Decisamente un libro anomalo, in bilico tra il romanzo e il saggio, in alcuni punti avvitato su se stesso, pesante nelle parti scientifiche. Non ci è dato di sapere né luogo della vicenda, né le caratteristiche fisiche dei protagonisti. Una prosa che pare semplice, nei primi capitoli, che diventa troppo tecnica nella parte centrale, e nella terza parte con un artificio letterario (si palesa il vero Martin) coinvolgente e si finisce per condividere, con il protagonista, se non le scelte, il pensiero di libertà.

Luisana Ferrarese

***

La lettera di Gertrud è un libro complesso, che a tratti può affondare in un limbo di noia, per poi riprendersi e trascinarsi alla scoperta dei più profondi sentimenti. che implicano verità e sofferenza. il personaggio di Martin Brenner, così chiamato con uno pseudonimo per proteggere la sua identità e quella della famiglia, è il protagonista di questa vicenda, di una ricerca di verità vera, profonda che lo ha colpito in pieno con la morte di sua madre, e della lettera che gli lascia dove rivela la sua ebraicità.

Dapprima non sembra scomporsi per la rivelazione, ed è convinto della propria stabilità per contenere la notizia, affrontando il tema anche con ricerche e scienza per affermare la sua presa di posizione, ma poi scoprirà che gli eventi non sempre vanno come ci si aspetta e che non sempre la razionalità ha il sopravvento.

Manuel Mariotti

***

Gertrud è un'ebrea sopravvissuta al lager e, per non far sapere a nessuno nemmeno al figlio Martin il suo passato, cambia il nome facendosi chiamare Maria. Martin è un brillante genetista sposato e con una figlia, e solo alla morte della madre, tramite una sua lettera, scopre di avere origine ebraiche perché Maria voleva che lui decidesse in tutta libertà chi voleva essere. Lettura non semplice in quanto tratta molto di genetica e marginalmente di odio razziale.

Donatella Martini

***

La tardiva scoperta della sua origine ebraica induce Martin Brenner, genetista di successo, a riflettere sulla diffusione del pregiudizio religioso, che, come tutti i pregiudizi, è come “il fumo che resta sospeso nell’aria anche quando il fuoco è spento”. È talmente sconvolto dalla rivelazione trovata in una lettera postuma della madre, che, per il momento, decide di mantenere il segreto anche con la propria famiglia.

Tuttavia, consapevole che la nuova realtà lo porterebbe verso obblighi mai concepiti, ritiene necessario approfondire quel tema religioso che non ha mai fatto parte della sua vita. Affronta così conversazioni e discussioni con il rabbino Golder, si immerge nello studio, cerca di capire se ci siano relazioni tra la genetica e l’appartenenza religiosa: il tutto con l’intento di difendere la propria libertà di scelta. Sarà un percorso lungo e accidentato che metterà a rischio tutte le sue relazioni. Quando Martin, dopo qualche anno di silenzio, decide di affidare la sua storia ad un biografo, la sua vita familiare e professionale è ormai distrutta, ma, nonostante tutto, riuscirà a trovare un motivo per nuovi progetti di vita.

Franca Rigobello

***

Di questo libro ho apprezzato più la struttura narrativa che la storia in sé. Fatico a definirlo un romanzo, direi che è più che altro un saggio che ha voluto approfondire il concetto di identità e di io in relazione al sé e agli altri. La tematica dell’antisemitismo ha perso consistenza ed è passata in secondo piano rispetto alla ricerca dell’identità che il personaggio affronta. Anche se ufficialmente comunicata, l’intenzione di lasciare lo spazio e il tempo indefiniti ha contribuito a togliere sostanza alla storia. Alla fine ho avuto l’impressione che l’autore stesso non sapesse come definire ciò che aveva prodotto (romanzo o saggio?) fallendo così entrambi gli obiettivi!

Mirka Tolini

***
Circolo dei lettori di Robinson
di Verona 2 “Giovani marmotte”
coordinato da Alessandro Bravi
***

 

Ho trovato arduo parlare di un libro che comincia come un romanzo, con un potente cambio di prospettiva si trasforma in una biografia senza che si riesca alla fine a capire realmente che cosa si è avuto tra le mani.

La stessa voluta ambiguità rende indefinita la collocazione geografica della storia in una località del Nord Europa non meglio specificata finanche per proteggere l’identità del protagonista, della sua famiglia e dei suoi amici.

Lo stesso intento di Gertrud che ha pagato con un’infinita sofferenza il (vano) tentativo di proteggere suo figlio dalla sua stessa identità.

Poco dopo la morte della madre, da cui nonostante l’affetto si era sempre sentito diviso come da un velo sottile, Martin, scienziato genetista, riceve una rivelazione sconvolgente.

Maria in realtà si chiamava Gertrud, sopravvissuta ad Auschwitz ma non alla paura che l’orrore si potesse ripetere, ha nascosto le sue origini al figlio facendogli così il dono più grande, la libertà di scegliere chi vuole essere e la libertà di perdonarla.

Ma libertà non significa indifferenza, una libera scelta presuppone che si conoscano le alternative tra cui scegliere e Martin con approccio scientifico comincia il suo personale percorso tra DNA, storia, biografie, religione, incontri con il rabbino per capire cosa significhi essere ebreo senza riuscire però a confidarsi con la moglie Cristina e l’amatissima figlia Sara.

Un lungo anno di studi porta Martin alla convinzione che non sia possibile usare la genetica per giustificare un’appartenenza etnica, essere o restare ebrei è una scelta che spetta all’individuo.

Per Martin é privilegio imprescindibile dell’uomo il libero arbitrio” di essere ebreo o musulmano o sami o basco” se è quello che vuole e lui stesso “avrebbe sempre difeso in privato come in pubblico il diritto del musulmano di diventare ebreo o cristiano, di uno svedese di diventare sami, di un basco o di un catalano di diventare spagnolo, di un ebreo di non essere più ebreo, se era quello che voleva davvero. Ed era un diritto che reclamava anche per se stesso”

Durante un congresso in Canada Martin, accusato di antisemitismo per le sue idee libertarie, rivela di avere una madre ebrea, ma di non sentirsi ebreo.

Ma quel punto diventa ebreo per la maggior parte delle persone.

La rivelazione sconvolge la vita della famiglia, si scatena su di lui l’odio degli antisemiti, dei razzisti, dei fanatici, degli odiatori che, come nella loro natura di vigliacchi, prima bullizzano a scuola la piccola Sara, poi in un crescendo di inconcepibile e mostruosa malvagità la costringono, lei amazzone provetta e appassionata, a guardare mentre torturano il suo amatissimo pony.

Cristina e Sara per salvarsi abbandonano Martin che, invitato a un dibattito televisivo, dove cerca inutilmente di esporre le sue convinzioni, compie un’azione sconsiderata.

Il suo capo lo licenzia, la sua vita è distrutta, il suo dolore immane.

Nella terza parte l’Autore, con una figlia adolescente e “un amore da coltivare “, rompe con le convenzioni ed entra di persona nel racconto, sente il peso dell’identificazione nella tragedia in cui si sta trasformando la vita di Martin, il racconto si tramuta in una biografia con inserti autobiografici.

Questo lavoro di grande valore civile pone questioni di inestimabile rilievo per ogni essere umano, tuttavia, come confessa l’Autore, non è sempre facile rimanere fuori dalla narrazione, si rischia di prestarsi a giudicare non un racconto di fantasia ma le scelte di un autentico Uomo che ha pagato un prezzo mostruoso sulla pelle di un’innocente che amava più di ogni altro al mondo per avere il diritto di decidere da solo chi voleva essere.

Flaminia Pantanella

 

***

Mi sono stati sottoposti i seguenti romanzi: La sconosciuta, di Camilla Grebe, e La lettera di Gertrud, di Bjorn Larson. Sono entrambi, a mio parere, testi interessanti; tuttavia, dovendo operare una scelta, propendo senz’altro per La sconosciuta.

La lettera di Gertrud è un romanzo suddiviso in tre parti, incentrato sulla biografia del protagonista Martin. Questi, alla morte della madre, ne scopre l’origine ebraica, da essa precedentemente celata. Il testo costituisce dunque un’ampia riflessione sul senso di appartenenza a tale cultura, che Martin – genetista affermato, marito e padre devoto - indaga in tutte le sue varianti possibili, finendo per precipitare nel proprio, personalissimo, lager esistenziale. La ricerca di Martin in merito alle proprie radici pare andare di pari passo allo sgretolamento della sua figura pubblica e privata. Il suo quadretto domestico – troppo perfetto per non lasciar trapelare fin dalle prime pagine i segni della propria futura disfatta – non regge al confronto con la realtà, con la sua realtà. Degno di nota è anche l’aspetto strutturale del testo, costruito con una sorta di narrazione a scatole cinesi: Martin infatti chiede ad un noto scrittore di prestargli la voce e raccontare la sua storia. Il romanzo è apprezzabile, ma a tratti appare, a mio avviso, troppo didascalico. L’elemento riflessivo prevale assai spesso su quello narrativo, dando origine ad una forma ibrida che risulta talvolta ridondante. Del resto, i temi sui quali il protagonista si interroga – primo tra tutti la singolarissima natura del valore biologico, filosofico e culturale dell’ebraismo – sono al centro del pensiero occidentale da millenni, e pare un po’ semplicistico volerli così sintetizzare.

Serena Penni

***

Dei due libri la mia scelta va al libro di Larsson “La lettera di Gertrud”. Il protagonista, un uomo socialmente affermato nel lavoro, con una famiglia da “mulino bianco”, scopre dopo la morte della madre, di essere figlio di due genitori ebrei. Si ritrova così improvvisamente catapultato in una realtà che non gli appartiene. Il suo rifiuto nel non volersi categorizzare in un contesto che per educazione culturale non è mai stato il suo, lo pone in contrasto con una società che lo reputa irragionevole e arrogante proprio per la sua ostinazione nel voler essere considerato semplicemente un essere umano e lo costringe, suo malgrado, a doversi comunque catalogare ad un popolo, per avere diritto alla sua identità ed essere riconosciuto come individuo unico e irrepetibile. Mi ricorda un nostro amato autore, che tanto ha scritto sull’argomento.

Rita Mariani

***

Scritto molto bene, emotivamente coinvolgente, il libro è un'interessante analisi della cultura ebraica. Mette in luce i meccanismi psicologici che derivano dal vissuto traumatico e descrive perfettamente le paure che animano le scelte, a volte, irrazionali. Un intrecciarsi di sentimenti e forza d'animo.

Struggente lotta tra il non voler essere ed il poter essere.

Francesca D’Arche

***

Un minitorneo letterario, pur molto simpatico, presuppone che si debba necessariamente accordare la propria preferenza ad uno dei due autori in competizione, e questa volta confesso di essermi trovato in grande imbarazzo nella scelta. Alla fine ho optato per Björn Larsson, direi più che altro per simpatia personale per l’autore.

Non potrei in realtà stabilire quale dei due testi abbia maggiore validità narrativa.

I due autori provengono dalla stessa area culturale e condividono alcune caratteristiche narrative: aggettivazione scarna, stile asciutto ed incalzante, accurata descrizione dei caratteri, buona costruzione della trama. Direi che queste caratteristiche li accomunano ad altri ottimi autori di scuola scandinava. Potrei stabilire un parallelo con il jazz scandinavo: alcuni critici musicali lo detestano, altri lo apprezzano moltissimo, nessuno rimane indifferente.

Camilla Grebe è certamente una scrittrice di razza, capace di costruire una trama a suo modo classica e di costringere il lettore, come vogliono le regole del genere, a non interrompere la lettura fino alla fine del libro; un merito non da poco, considerando anche la notevole lunghezza del testo. Le foto la mostrano in tutto il suo indiscutibile fascino e la sua classica bellezza, a maggior ragione dunque mi è stato difficile non accordarle la preferenza.

La scelta di Björn Larsson deriva nel mio caso dalla simpatia personale per l’autore e per i temi che predilige, il mare, i navigatori, i porti, l’interpretazione che della vita dà chi ha passato molto tempo sull’oceano. Forse nella sua letteratura si può avvertire l’eco della grande letteratura francese che, se non sbaglio, ha insegnato a lungo.

Il tema della “Lettera di Gertrud”, anche se anomalo nella produzione letteraria di Larsson, è a sua volta un tema classico, e sicuramente molto difficile da affrontare.

Per molti aspetti mi ha ricordato un altro ottimo romanzo, “La variante di Lünenburg” di Paolo Maurensig.

Il tema della scoperta di qualcosa che emerge dal lontano passato, il passato delle persecuzioni subite dal popolo ebraico durante il Nazismo, è affrontato con precisione storica e considerazioni filosofico-scientifiche non sempre perfettamente comprensibili dal lettore che non sia ebreo, forse neppure dallo stesso autore, che a volte sembra porsi nella posizione dello spettatore esterno alla vicenda.

Il risultato è comunque ammirevole; il lettore giunge alla fine del lungo testo probabilmente turbato da quello che ha letto, e forse è proprio questo il risultato che Björn Larsson si proponeva di raggiungere.

Paolo Muraro

***

Non è sempre facile confrontare e scegliere fra due libri che ci piacciono entrambi.

Alla fine ho scelto “La lettera di Gertrud, più che altro per la tematica espressa, di un problema psicologico che tocca numerosi altri temi.

L’Ebraismo è un problema molto complesso che investe storia, sociologia, psicologia e non sempre è facile trovare una sintesi fra queste componenti.

La vita dell’ignaro protagonista viene sconvolta nel momento in cui apprende di essere nato in una famiglia ebrea. Perché si accorge a sue spese quanto si difficile rivendicare la propria appartenenza.

L’autore, con l’abilità di un maestro, riesce a coinvolgerci, facendoci toccare con mano il disorientamento e l’angoscia del protagonista, quando scopre che la vita non è proprio quella descritta dal Mulino Bianco.

Alessandro Bravi

***
Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Pistoia “Biblioteca San Giorgio”
coordinato da Maria Stella Rasetti
***

 

Il testo è interessante per le riflessioni che pone sulla realtà ebraica passata ma soprattutto presente nel contesto attuale, ancora impregnato di discriminazioni e pregiudizi. L'approccio scientifico al tema appesantisce la narrazione e la rende difficoltosa.

Caterina Brancatisano

***

Il rapporto tra scelta religiosa, origine etnica, scelta politica e libero discernimento è ben affrontato dall’autore, nello sviluppo di una storia sapientemente strutturata, mai noiosa, dove il protagonista, dopo il ritrovamento di una lettera lasciata da sua madre Maria, Gertrud in realtà, si trova a lottare duramente per la propria libertà religiosa e di pensiero. Il non volersi conformare alle leggi dei padri, l’ebraismo, lo porta ad essere attaccato da ambedue le parti: semiti e antisemiti. Una battaglia culturale contro ogni radicalizzazione del pensiero e tendente ad affermale la propria libertà di scelta, il diritto a non essere ebreo, pur se discendente da ebrei. Un impegno che ha come conseguenza la sua emarginazione professionale ed umana, ma che infine gli permette di mantenere la dignità di uomo libero ed una nuova prospettiva di vita.

Franco Burchietti

***

Romanzo di ottimo spessore letterario che affronta la complessa, tragica, irrisolta questione ebraica. Il libro, nella sua parte centrale di taglio più saggistico, risulta troppo prolisso, finendo per ripetere in misura talvolta irritante per pagine e pagine gli stessi concetti. Ripetitivo.

Marcello Bugiani

***

Questo libro affronta un argomento così attuale: il rispetto per le differenze di razza e l'identità violata degli ebrei. La madre che  per proteggere suo figlio vive una doppia vita, rinnegando il proprio nome e la propria storia passata, per non far  accadere a suo figlio quelle tragedie che lei aveva anche vissuto nei Lager. Essere ebrea era una grande discriminazione per lei ed era vissuta fino alla morte con un altro nome e un'altra identità. Solo alla sua morte il figlio svolge questo mistero e segreto.  Interessanti gli approfondimenti sulle letture e ricerche del figlio che sorprendentemente faceva il genetista, sulla razza ebraica.

Rossella Chietti

***

Storia di una famiglia la cui madre per proteggere il figlio non aveva mai rivelato a nessuno la sua vera identità cioè di essere ebrea ed essere stata in due lager. Si affronta la tematica del razzismo. Molto intenso e di non facile lettura.

Franco Querci

***

Il contenuto del romanzo ruota intorno a una lettera che sconvolge la vita e le certezze di Martin Brenner, il protagonista. Non a caso la parola “lettera” è presente nel titolo, affiancata dal nome di Gertrud, il vero nome di sua madre Maria. Ma alla fine del romanzo c’è un’altra lettera che Martin riceve e che in un certo senso mette a posto le cose, perché, attraverso di essa, lui viene a sapere il nome del suo vero padre, ponendo fine ai dubbi che lo avevano tormentato fino ad allora. Attraverso uno svolgimento lento della narrazione, funzionale però al racconto del dramma che sta vivendo Martin, l’autore riesce a catturare e a mantenere viva l’attenzione del lettore, anche nelle parti più simili a un saggio filosofico-scientifico che a un romanzo vero e proprio. Quest’aspetto, invece di appesantire l’andamento della narrazione, rende oltremodo interessante la lettura di questo libro, perché fa riflettere sull’eterno dilemma del “chi siamo” veramente e sulla necessità di avere coraggio anche quando il mondo ci crolla addosso.

Maria Lorello

***

Cominciando a leggere questo libro, ho subito pensato che si trattasse di una storia interessante, delicata che tocca i sentimenti umani, le relazioni anche complicate che possono instaurarsi nell'ambito della stessa famiglia. Andando avanti nella lettura, mi sono resa conto che questo aspetto è trattato in minima parte. La narrazione spazia piano piano in tutta una serie di tematiche da affrontare con estrema serietà e cautela. Partendo dal tema dell'ebraismo, dell'essere ebreo o diventare ebreo, tema che viene trattato in modo molto approfondito, anche con richiami a molti testi scientifici, si affrontano tanti aspetti diversi che con lo stesso tema entrano in connessione e sorgono tanti interrogativi. C'è un mondo di cultura e di storia, ci sono momenti che suscitano emozioni, ci sono molti spunti di riflessione. È un libro che non può essere letto con leggerezza, ma va letto con attenzione.

Anna Maria Tolve

***

Ognuno di noi è davvero libero di scegliere la propria vita, la propria identità? Di decidere chi vuole essere? Questi i grandi interrogativi che Larsson pone a tutti noi in questa storia ben tratteggiata che vede come protagonista Martin Brenner.  Genetista ben affermato, all'apice della carriera, marito soddisfatto di Cristina, ginecologa, e padre attento della preadolescente Sara, giunto all'età di cinquanta anni, alla morte della propria madre, si trova di fronte a una sconvolgente sorpresa. La madre da lui conosciuta con il nome di Maria, gli ha lasciato una lettera in cui gli rivela la propria identità. Di nome Gertrud, era un'ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento. Aveva deciso di tenere nascosta la sua identità per lasciare al figlio la libertà di scegliere chi volesse essere in età consapevole. Probabilmente anche per proteggerlo, per la paura che la persecuzione potesse ripetersi di nuovo. Nonostante Martin razionalmente, da convinto ateo uomo di scienza avesse deciso che la sua vita sarebbe rimasta la stessa di prima, inizia una profonda riflessione con letture, ricerche legate anche alla genetica, discussioni per approfondire e decidere se tenere segreto o rivelare la sua vera origine, magari solo ai familiari. Nessuna risposta mutuata da altri destini simili al suo lo convince e lo aiuta. Ma è la verità che si fa strada da sola e lo rivela al mondo, in momenti da lui non calcolati, frutto della sua impulsività. Ed ecco che la sua origine si rivela a sua moglie e a sua figlia sconvolgendo quelli che erano i suoi rapporti più saldi, la sua e la loro vita. Ma la sua battaglia continuerà ancora per affermare il diritto di essere per gli altri solo dei singoli individui, ognuno diverso dagli altri, senza etichette, marchi genetici, ereditari, di religione o cultura. Delicata storia, ben sviluppata da Larsson, capace di entrare dentro questo personaggio e di mostrarcelo nella sua più profonda interiorità, di mostrarci le sue fragilità, ma anche il suo coraggio nell'affermare la libertà di non appartenenza precostituita e di scelta.

Ivana Pellegrini

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
L'iniziativa è riservata agli utenti maggiorenni. Questo sito non usa cookies.
Dubbi, problemi: torneoletterariodirobinson@giorgiodellarti.com
Vedi anche Il Blog di Giorgio Dell'Arti su Repubblica.it