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La vita (in)attesa di Luca Alici
Ave

 

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Circolo dei lettori
di Milano 25“PiùSaggi”
coordinato da Guido Duiella:
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Tra i due saggi che mi sono stati proposti, “La vita (in)attesa” di Luca Alici è stato certamente il testo che ha saputo più coinvolgermi nella lettura senza scatenare in me una rabbia sorda e profonda, come è stato invece il caso per “La quinta rivoluzione” di Giuseppe Raffa.

Il saggio di Alici ha una struttura diaristica e non dubito che questo testo potrà avere, tra una ventina d’anni, un qualche valore storiografico, come lo avranno altre delle molte testimonianze sofferte e dense che la pandemia attualmente in corso ha saputo generare. “La vita (in)attesa” è un racconto del periodo di lockdown che recentemente abbiamo vissuto e di tutte le conseguenti riflessioni che nell’autore sono germogliate.

La prosa del testo è abbastanza gradevole, il lessico piacevolmente forbito e il ritmo di racconto discretamente cadenzato, senza tuttavia brillare per intensità o peculiarità. Alici è un autore colto, e ciò emerge dalle varie citazioni, rimandi e allusioni delle quali il testo è disseminato. Una cultura però che non distanzia, ma che aiuta a comprendere meglio il pensiero dell’autore e che si inserisce armonicamente nel flusso narrativo.

Scrivere una recensione su un testo che ha l’aspirazione alla saggistica ma l’anima della narrativa presenta non poche difficoltà, ed è per questo che ho deciso di valutarlo anche con i parametri attraverso i quali si valutano i testi di narrativa.

Simili osservazioni ritengo possano valere anche per i contenuti di questo saggio ibrido: Alici raccoglie nel suo testo, scritto alla prima persona singolare, le voci della sua comunità, della sua famiglia e, in primo luogo, di se stesso  con dolcezza partecipata, animato dal sacro fuoco dell’empatia e da un’attitudine di colta umiltà con la quale è facile simpatizzare.

Nel valutare positivamente, con qualche riservo, il saggio di Alici, ho voluto tenere conto della difficoltà estrema che il raccontare in maniera così diretta un evento così traumatico comporta. L’elaborazione del trauma avviene in modi molto diversi per chiunque che dal trauma è stato toccato, ma per poter guarire completamente ogni cicatrice necessita della giusta pazienza e delle giuste cure.

Nell’elaborare così subitaneamente un trauma tanto recente, si rischia di cadere in due ordini di problemi: il primo è quello di ammantare la propria esperienza personale di un’oggettività e di un’universalità che raramente i vissuti individuali hanno. Il secondo è quello di lanciarsi a capofitto in osservazioni sociologiche assolutistiche che, sebbene non prive di buone intenzioni, rischiano di presentare qualche fallacia dovuta alla mancata elaborazione completa dell’esperienza vissuta.

Quest’ultimo difetto investe leggermente il testo di Alici. Alcuni dei collegamenti che intesse tra fatti e concetti, tra endocosmi ed esocosmi, tra vibrazioni sottocutanee e grandi movimenti di massa, risultano labili e facili da opinare.

È tuttavia parimenti complesso, affrontando un saggio che tratta di un evento così vicino nel tempo e che ha inferto ferite ancora aperte, scrivere una recensione distaccata.

È stata una lettura piacevole, alle volte inaspettatamente partecipata, altre profondamente ostica a causa dell’orientamento ideologico dello scrittore, così diverso dal mio. Una tensione tuttavia accomuna me, lettrice e Alici, scrittore e saggista: l’aspirazione a trovare il collante che lega gli esseri umani tra loro e la volontà di utilizzare l’autoanalisi come strumento di crescita interiore. Alici ha saputo dare la sua personale interpretazione a questi interrogativi con garbo e intelligenza, e ciò non può che essere rispettato..                    

Eleonora  Casale

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Questo libro, di bruciante attualità, rappresenta un percorso di riflessione che parte dalla realtà drammatica e dolorosissima delle conseguenze, dal punto di vista medico e non solo, della pandemia da Covid-19. Seguendo le parole profetiche di Papa Francesco, e accennando a come egli abbia  accompagnato per mano l’umanità in questa tragedia, l’autore propone la tesi di fondo  che la sofferenza provata può almeno indirizzarci a cambiare il nostro modo di porci di fronte alla realtà: sarebbe gravissimo se l’umanità pensasse di tirare un colpo di spugna su quanto accaduto, senza ripensare, grazie al rallentamento, per molti, dei ritmi di vita e all’apertura di spazi per la riflessione e la ricerca interiore, ai comportamenti nei confronti dell’altro (fratelli tutti, appunto). Ho molto apprezzato la completa fusione tra passione e sensibilità profonde da un lato e lucidità e consequenzialità nella trattazione dall’altro. Il professore di filosofia appare profondamente e intimamente fuso con l’uomo che sente con vibrante empatia.

Claudio Songa

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Non è stato facile scegliere tra i due saggi proposti, anche perché, pur riferendosi ad un argomento comune, sono in realtà molto diversi.

Alla fine la mia preferenza è andata a La vita (in)attesa di Luca Alici, perché ha saputo non solo analizzare la portata della pandemia, sulle vite degli essere umani; è riuscito anche a proporre una possibile soluzione, una possibile via d’uscita che parte dalla profonda unione tra gli esseri viventi di ogni specie. Una nuova ecologia integrale che, però, nasce già dagli uomini capaci di cambiare il proprio punto di vista. Un libro che dona speranze e soluzioni.

Alfredo Petitto

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La vita (in)attesa

Alici ci narra come all'improvviso avviene per ragioni non prevedibil ,  uno stop in un sol colpo, alla società della tecnica in cui siamo immersi tutti.

Un grosso choc che ci immerge in un tempo sospeso,  che ci fa riflettere molto sul nostro vivere in comune  e fra diverse generazioni.  Poco mordente la narrazione, spesso ripetitiva e banale.

Clara Zeppa

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