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La vita in più di Fabio Rizzoli

Mondadori

 

 [trama: La morte ti coglie nel tuo letto... (Wislawa Szymborska)
È la storia (vera) dello scrittore, un giovane di 38 anni, ‘attaccato’ palesemente da una malattia datata (la depressione), e aggredito in maniera più subdola da quel male (cosiddetto “brutto male”) che scopre quasi per caso entrando in pronto soccorso con un codice verde rivelatosi ben più̀ grave, un tumore.
Da questo momento inizia una sorta di seconda vita, quella ‘vera’ per lui (quasi che fino ad allora egli fosse rimasto attore passivo sul palco del mondo). In ospedale avrà tempo e modo di rivedere la sua vita, i rapporti con le donne, i suoi amici, i suoi compagni di corsia
.]

Devo dire che questo libro non ha fatto presa su di me. Ho trovato la scrittura un po’ confusionaria, quasi una raccolta di sfoghi senza filo conduttore, slegati. Da parte mia ho percepito poca riflessione sui temi affrontati e trattati in modo scombinato (nell’alternanza passato/ presente).

Non riesco a pormi sul piano di valutazione degli aspetti della vita (salute, amore) per cui gli stessi acquisiscono valore solo quando stanno per venir meno, solo per comparazione con la loro perdita/ mancanza.
Vita come ‘non morte’, ‘adesso che sono ammalato grave Anna mi chiede di sposarci’.

A mio parer un approccio all’esperienza della malattia poco incisivo, un’impostazione senza smalto. Marginale e fiacco il contributo della fidanzata, dei genitori, degli amici.

Luca Bontorin

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Lo voto solo perché è più umano dell'altro [Ciak si uccide]. Pessime però sono le descrizioni delle abitudini sessuali del protagonista. 

Antonio Pezzotta

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Fabio Rizzoli racconta la storia della sua malattia e il percorso di guarigione da un tumore maligno, ma, ahimè, non basta una vita in più per scrivere un romanzo e dirsi scrittore. La trama è scontata, la scrittura piatta. La fidanzata, gli amici e i genitori sono poco meno che comparse intorno al letto del protagonista, che, da ipocondriaco (poco) pentito, dà testimonianza di un’umanità che si sta estinguendo per eccesso di noia. E noi lettori pure.

Jasminka Grendele

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La scelta di quale tra i due libri (La vita in più e Lena e la tempesta) promuoverò e quale boccerò sarà poco ortodossa perché dovrò lanciare la monetina. Lo so, non è propriamente etico, però. Inizio con le somiglianze. Entrambi i libri presentano un tema gravoso e importante da affrontare: la malattia (il cancro) e la violenza sessuale. Entrambi gli autori sprecano l’opportunità di farci riflettere e di renderci partecipi delle loro tragedie; ci viene negato di esercitare la compassione, “cum patior”. La vita in più riporta, sotto il titolo, la dicitura Una storia vera che però sappiamo, per affermazione dello scrittore stesso, essere parzialmente vera. Ed è proprio quel parziale aggiunto alla storia che la guasta perché è pieno di banalità e di faciloneria. La scrittura è scorrevole e, personalmente, apprezzo i salti temporali e la mancanza di restrizioni di interpunzione. Lena e la tempesta ci travolge con le sue troppe citazioni; si legge facilmente, anche piacevolmente, ma, a mio avviso, non è incisivo, non è convincente. Entrambe le storie non lo sono. Li consiglierei? No. Lancio la monetina che promuove Lena e la tempesta... devo ammettere, però, che un po’ l’ho aiutata io.

Paola Bombieri

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La scrittura sincera, il tono sorridente e lo sguardo talvolta ironico sulla malattia attraversata senza la ricerca della facile compassione del lettore, ma con la consapevole sincerità della propria umana natura che contempla e riunisce pensieri altissimi e meschinerie e, sempre, un inevitabile coraggio nel proseguire il cammino, rendono la lettura de “La vita in più” un piacevole momento di ascolto di una storia vera.

Paola Fiorese

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La lettura del libro mi ha dato l’impressione di essere seduta all’interno di un piccolo teatro con pochi spettatori, un uomo sale sul palcoscenico e si siede accanto un tavolo cui poggia un braccio. L’uomo comincia il racconto, un racconto che si interrompe quando su uno schermo alle sue spalle si proiettano immagini e frammenti di vita. Non mi ha entusiasmato sebbene l’autore esprime con parole sincere la nuova consapevolezza sul significato della sua vita

Serenella Ferraro

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La depressione, auto-diagnosticata, fa da contrappeso quasi paradossale alla diagnosi della malattia -un linfoma raro- che costringe il protagonista ad una piccola, silenziosa e coraggiosa rivoluzione. Uno sguardo sulla vita vissuta e sulle relazioni crudo e cinico per la sua giovane età si mescola con l’esperienza catartica dell’ospedalizzazione, dove le allucinazioni da farmaci sono il rovescio della medaglia del sesso per scendere più in profondità come spinta per aggrapparsi alla vita, verso la risoluzione (parziale, accennata) di alcuni nodi del passato, dall’infanzia all’adolescenza, riavvolgendo il nastro su alcuni episodi che potremmo definire traumatici (causa o effetto del malessere interiore del protagonista). Avvicinarsi con il romanzo a certe tematiche è sempre una scommessa complessa; è scritto bene, all’inizio la narrazione è un po’ lenta, la parte centrale più ricca di movimento, il finale abbozzato (d’altronde, l’unico esito possibile in linea con la storia). Alcune scene sono piccoli spiragli, di grandi interrogativi impliciti se ne possono cogliere e scovare, l’ho letto di un fiato ma non è andato oltre l’epidermide. Comunque un buon libro.

Chiara di Carlo

 

 

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