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Le 32 malinconie di Sergio Saggese

Emersioni

 

 

Il romanzo di Saggese ci porta nella vita di un profugo, Hisham, arrivato in Italia su un barcone e impiegato come bracciante agricolo, costretto a vivere in condizioni disumane in una baraccopoli. In questa realtà fatta di uomini e donne di varie nazionalità, religioni e culture sembrerebbe impossibile rintracciare luce e gioia, perché le privazioni, i soprusi e gli atti criminosi sono troppo da sopportare. Ma c’è Zaira, la ragazza nigeriana che scalda l’acqua perché i lavoratori possano lavarsi. Zaira lascia al giovane Hisham, che non ha mai perso la speranza di una vita migliore, un diario molto particolare. Le malinconie sono ricordi, impastati di nostalgia per la terra natia, per la famiglia, per i paesaggi, per le tradizioni di un continente ancora misconosciuto e frainteso. Attraverso una narrazione che intreccia passato e presente, memoria e ricerca di una nuova identità, Hisham trova nelle malinconie le ragioni per andare avanti, un potente ancoraggio agli affetti e alla dignità umana. Lo stile di questo breve romanzo è coinvolgente soprattutto nel racconto delle condizioni di vita degli immigrati, ma cala un po’ nella lirica che caratterizza il diario di Zaira, rendendo la lettura non sempre agevole.

Giuliana Zinucci

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Le vicende narrate con ruvido realismo da Saggese ne “Le 32 malinconie” riflettono la condizione di violenza, miseria ed illegalità nella quale si trovano a vivere migranti e braccianti soggetti alla piaga del caporalato così come le difficoltà e gli ostacoli all’integrazione. L’anelito verista dell’autore finisce tuttavia per sconfinare in una crudezza eccessiva e talora gratuita che si adagia nella descrizione del degrado, dei soprusi e dell’abbrutimento personale che ne consegue, senza che il contrappunto rappresentato dal momento lirico ed introspettivo della lettura delle pagine del diario donato al protagonista riesca ad operare un bilanciamento tale da consentirgli la ricerca di una elevazione che sia innanzitutto morale e non limitata al mero perseguimento del miglioramento della condizione sociale, la cui frustrazione degenera nella repressione di una rabbia distruttiva e violenta. Il finale amaro sublima la disillusione nichilista sulla natura umana che attraversa la narrazione ed amplifica la sensazione che la ricercata malinconia, lungi dall’identificarsi con l’atarassia, si risolva in un’indolente irresolutezza che è alibi dell’utilitaristica indisponibilità alla redenzione.

Marco Rapetti Arrigoni

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Le trentadue malinconie è una storia brutta e senza senso, ma in compenso, piena di stereotipi. Ci sono i cattivi, che sono italiani, o padroni, o caporali, o carabinieri, e le vittime che sono solo gli stranieri, i braccianti, le donne, che sono sempre buoni, subiscono sempre e solo atti di ferocia gratuita e sono sfruttati e trattati come oggetti. Non c’è una vera e propria trama, ma una sequenza di brevi capitoli, in cui l’azione prosegue molto lentamente, in un susseguirsi apparentemente compiaciuto di scene di violenza, di degrado, di dolore e di aggressioni sessuali. Nessun personaggio è autenticamente eroico o buono, tutti sono cattivi, o al più così scialbi da non avere nessuna connotazione morale. L’espediente delle malinconie finisce con lo stancare assai presto, perché, al di là di una innegabile perizia descrittiva, lasciano ben poco e non riescono a legare gli eventi secondo un senso più organico o più logico. L’unica cosa apprezzabile del libro, è proprio questa perizia linguistica dell’autore, che però sembra un esercizio vuoto di tecnica.

Anna Porchetti

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Il romanzo tratta la storia piena di insidie e di difficoltà di un migrante. Tutta la sua vicenda personale viene accompagnata da un quaderno in cui vi sono scritti 32 pensieri che dall’autrice vengono chiamate malinconie. Probabilmente l’espediente ha lo scopo di elevare una vicenda personale a modelli universali, quasi come un coro della tragedia greca. Tuttavia, seppure l’idea fosse buona, appare poco riuscita. Il romanzo manca di nerbo, di presa sul lettore che si ritrova annoiato dopo poche pagine. Laddove il romanzo vorrebbe commuovere, appare affettato e questa caratteristica, cioè l’ostentazione manieristica di una storia all’ordine del giorno -purtroppo- eppure piena di luoghi comuni, è l’impressione che resta durante tutta la lettura. Paradossalmente, seppure nel romanzo venga raccontata una storia, manca davvero la Storia e le 32 malinconie, che vorrebbero fare gli affondi mancanti del romanzo, non riescono a colmare questa lacuna.

Francesca Lulli

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Hisham profugo sbarcato a Lampedusa e Zaìra nigeriana impegnata nella baraccopoli come riscaldatrice d’acqua. Cosa hanno in comune questi due protagonisti? La solitudine in una terra che non li ha accolti, il dolore di un sogno non realizzato. Quando Hisham abbandonerà il campo, Zaìra gli lascerà un quaderno, pieno di appunti e ricordi, malinconie. Attraverso la lettura di queste riflessioni, Hisham cercherà di capire se vi è ancora speranza, se possiede ancora la resilienza per difendere la propria dignità. La scrittura di Saggese è snella e agile, seppur acerba in alcuni punti, mette in scena un susseguirsi di emozioni, a volte troppo ridondanti su luoghi comuni e stereotipi provenienti dalla cronaca nostrana. Un romanzo che non vuole essere un romanzo, una denuncia sociale che non ha centrato in pieno la portata del suo messaggio.

Simone Guido

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Nonostante una sorta di “fissità della macchina da presa” (la quale appare più come un limite narrativo che come una scelta stilistica), la storia, vista dal di dentro, di tante delle persone immigrate che vivono le nostre città e campagne restituisce dignità e bellezza a volti che spesso ci scorrono davanti senza che li guardiamo. Si intuisce una conoscenza di prima mano. L’autrice delle “malinconie” che via via il protagonista va leggendo in un quaderno consumato rappresenta una sorta di mito dell’Africa che tuttavia sa di verità.

                                                                    Anna Maria Giannella

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L'incontro tra Hisham e Zaìra segna la storia di questo ragazzo ivoriano giunto in Italia, come moltissimi altri profughi, in cerca di fortuna. Hisham scappa da un passato triste e senza via d'uscita e dopo aver vissuto in un villaggio di baracche lavorando come bracciante decide di tentare una strada diversa, di costruirsi un futuro migliore. Zaìra, la riscaldatrice d'acqua, prima di salutarlo gli dona un quaderno e i pensieri della donna scritti su di esso accompagneranno il giovane alla scoperta di sé e del mondo, fin nelle sue più dolorose contraddizioni. Ogni malinconia (così Zaìra chiama i suoi brevi scritti) è un pezzo di realtà scrutata con la profondità di chi ha assaporato il gusto e la bellezza delle piccole cose ma ha anche saputo trarre dalla sofferenza un significato nobile e prezioso.

Silvia Di Lembo

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Le 32 malinconie di Sergio Saggese racconta la storia Hisham, un profugo sbarcato a Lampedusa, che lavora sodo come bracciante. Assiste a soprusi e li subisce lui stesso, ma non si arrende e va in cerca di fortuna. Prima di lasciare il campo, Zaira, sua intima amica, gli dona un quaderno, nel quale sono annotati i suoi pensieri, le sue malinconie, trentadue per l’appunto. Hisham le leggerà a piccole dosi, come pillole da ingerire con cautela. Gli faranno compagnia nella sua solitudine e avranno su di lui un effetto benefico, quasi salvifico.

 

Il libro di Saggese si legge con facilità, la prosa è semplice e fluida. Ma lo stile leggero e rapido della narrazione si contrappone a quello denso, a tratti un po’ monotono e pesante delle malinconie di Zaira. Forse è proprio la forzatura che si sente nelle parole di lei, quella pretesa di poeticità sui macrotemi dell’esistenza e la solitudine dell’uomo, che lo rendono un libro poco incisivo. Non lo consiglierei.

Flavia Di Giampaolo

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Saggese, nel suo Le trentadue malinconie, invita indirettamente i suoi lettori ad intraprendere un cammino per conoscere la quotidianità, sghemba e poetica, tragica e malinconica, dei migranti. Con le loro storie, i loro sogni, i loro errori, le loro speranze: le loro vite, mai totalmente integrate, spesso intossicate ma paradossalmente pure. «Non siamo santi, ma nemmeno diavoli, e vogliamo che lo sappiano», dice uno dei personaggi: lo scrittore si pone adeguatamente al servizio di questo assunto, che finisce – tuttavia – per penalizzare in parte l’opera. Avrebbe giovato alla narrazione una voce più asettica, perché qui e lì il pensiero dello scrittore – facilmente intuibile – si sostituisce alla voce dei personaggi incontrati. Non sarebbe stato necessario: le storie narrate, forgiate dalla miseria e arroventate dall’indifferenza occidentale, talvolta persino camuffata da una filantropia sentimentale o fasulla, si impongono da sole ai lettori, generando interrogativi nelle differenti coscienze, forse anche in quelle più intorpidite.

Claudia Cirami

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Tra i due libri ho votato questo [l’altro era Lo Sbrego, ndc], non è il più bello che abbia mai letto, ma almeno ho trovato la storia semplice, comprensibile e logica. 
Per quanto sia descritto bene il senso di oppressione affrontato con calma e costanza dal protagonista, in una storia che sembra ormai all'ordine del giorno, trovo che manchi qualcosa per renderlo più vero, più realistico. Sicuramente è malinconico e languido volutamente, visto anche il titolo, così da descrivere anche l'ottusità e l'ignoranza delle persone e del sistema che gli sono attorno e che lo rendono così silenzioso e rassegnato, ma comunque trovo manchi qualcosa.

Ludovica Camerini

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Racconto equilibrato e ben costruito
Scrittura interessante a tratti poetica
Buon dosaggio degli elementi utili al coinvolgimento del lettore nella vicenda

Mariella Cioffi

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Con una prosa che spesso ha il sapore della poesia, Sergio Saggese racconta la storia di Hisham, un profugo arrivato a Lampedusa su un barcone. Zaira, la riscaldatrice d'acqua del villaggio di baracche dove Hisham sopravvive come raccoglitore di pomodori, le regala un quaderno in cui ha scritto alcune riflessioni che chiama "malinconie". Saranno queste riflessioni a fornirgli la forza di sopravvivere alle mille difficoltà che incontrerà sul suo cammino e a fargli conservare la sua dignità di essere umano fino al raggiungimento del suo sogno. Toccante, da leggere.  

Elfriede Gaeng

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Si parla di temi duri e dolorosi: immigrazione, sfruttamento, violenze, ma con dolore, senza rabbia, fin quasi alla fine, quando l’autore farà traghettare il protagonista dalla rabbia verso la consapevolezza che dalle tragedie se ne può uscire. L’alternanza della narrazione documentale con le pagine poetiche (le malinconie) attenua la retorica. L’autore lancia un messaggio importante: quando si tocca il fondo bisogna mettersi a nudo per poter rinascere, ma c’è bisogno di uno strumento e, con un sempre crescente coinvolgimento del lettore, questo ruolo salvifico viene affidato alla scrittura.

Amina Vocaturo

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Sorprende che l'autore di questo romanzo sia uno scrittore italiano. Il ritmo lineare del racconto, la chiarezza delle parole, la linearità del linguaggio, 

l'uso di semplici didascalie fanno sembrare il romanzo un'autobiografia. Le 32 malinconie non sono solo il "veleno della tristezza" ma anche l'antidoto alla speranza.

La storia di Hisham è la storia di tanti uomini e di tante donne arrivati in Italia su un barcone. E leggendo il romanzo il ricordo va al Soumalia Sacko , il sindacalista ucciso in una vecchia fabbrica abbandonata un po' di anni fa , perché le circostanze narrate , i volti descritti ci portano alle loro lotte, ai loro diritti, e ai sogni per avere dignità nel vivere il loro presente.

Ida Scalercio

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il romanzo di Sergio Saggese affronta un tema di drammatica attualità, l'integrazione degli immigrati nel nostro Paese, lo stress da transculturazione, il conflitto fra le radici del proprio passato e l'incertezza del futuro, la difficoltà di inserimento sociale. Una storia appassionata e struggente, un racconto accorato, a tratti lirico, come nelle pagine di diario della "poetessa" Zaira, una figura femminile perfettamente tratteggiata. Realistici i personaggi, le loro storie, belle le descrizioni, potente la scrittura. Un racconto "carnale, straordinariamente umano, che lascia nel cuore una scia gentile di amarezza e ...malinconia!

Mariella Caporale

 

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Le 32 malinconie narra di un migrante sbarcato in Italia come ne arrivano tanti e finito a lavorare nei campi con fatiche fisiche indicibili per pochi euro al giorno - i suoi compagni i suoi amori e il percorso per arrivare a Modena dove troverà una discreta sistemazione - il tutto farcito con tanta poesia che trae spunto da un quadernetto donatogli da una ragazza incontrata sul percorso che gli darà forza nei momenti più bui - libro scorrevole che mette a nudo le sofferenze di questi poveretti

Lino Gandini

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Mi è piaciuto moltissimo il libro di Saggese, Le trentadue malinconie, ha un incipit strepitoso, ti avvinghia subito con un modo di narrare secco e tagliente, le prime trenta pagine trattano della condizione umana e lavorativa di un sudanese arrivato in Italia su un barcone che lavora nei campi di pomodoro. Senz'altro lo leggerò tutto e lo consiglierò

Carla Tocchetti

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La trama è avvincente e tratta un argomento che non conoscevo, quello del fenomeno del caporalato in agricoltura. Il libro è scorrevole (come del resto l'altro), scritto in buona prosa e l'argomento e di attualità.

Ambrogina Zanzi

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Il libro di Saggese  Le trentadue malinconie parla dell0emigrazione visto dalle parte di chi arriva nel nostro paese. Mi ha colpito la grande capacità di descrivere un fenomeno cosi drammatico con una notevole precisione nei dettagli di ogni scena narrata

Adriano Fraschini

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Vicenda trattata con sensibilità e competenza, narrazione avvincente, personaggi credibili.

Chiara Merlotti

 

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