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Lo sbrego di Antonio Moresco

Sem

 

 

Riflessioni di uno scrittore che cerca il dialogo con i lettori raccontando se stesso attraverso la letteratura vissuta e meditata. Il risultato è raffinato ma il coinvolgimento rimane lontano.

Laura Lodico

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Libro costruito a tavolino, troppo concettuale e ai limiti del cerebrale. Discettazione filologica sui libri che, però, strada facendo, perde di vista il lettore, diventando quasi una dotta elucubrazione autoreferenziale.

 

Ho faticato a finirlo, soprattutto perché non ho mai nemmeno intravisto l’autore tra le pagine del romanzo; freddo, schematico e respingente, Lo sbrego rappresenta la summa di quello che più mi infastidisce in un romanzo. Libro senza anima e senza pathos.

Loredana Saladino

 

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Ripubblicato da edizioni SEM, è un romanzo biografico irregolare e ribelle allo stesso tempo. Moresco fa accomodare il lettore nel suo mondo e racconta aneddoti e letture che lo hanno segnato come uomo e come scrittore. Un libro sull’esperienza della lettura.

Marco Mondino

 

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Il libro, originale e complesso, espone emozioni, critiche e giudizi dell’autore su scrittori di ogni tempo e i loro libri. Suscita la curiosità su titoli non ancora incontrati, ma nello stesso tempo risulta troppo ferma e violenta la sua considerazione verso alcuni autori,  rasentando il rischio di offendere chi ha letto e amato determinati testi. Ho colto una certa presunzione nel dare giudizi che non ammettono replica e nel finale, dove dice di essere diverso dalle altre “sagome” di scrittori, auto definendosi “grande” e  “sovrano”.  Da lettrice, non condivido per nulla l’immagine che dà delle donne: facilmente influenzabili, incapaci di sapere scegliere buone letture, prive di giudizio.

Loredana Marchingiglio

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L’autore, in un lungo flusso di coscienza, ci fa entrare nel suo mondo di lettore e nella sua vita di lettore. Si attraversano così la sua biografia e la sua biblioteca fisica e mentale, con gustose recensioni di libri e scrittori che, grazie ai siparietti telefonici con editore/amico/scrittore/illustre scrittore, risultano godibili e molto interessanti. La scusa di un libro sulla lettura consente a Moresco di addentrarsi, attraverso un linguaggio anche ipnotico, nel significato stesso di lettura, di scrittura, di comprensione del testo e di origine dello stesso atto del leggere con una visione personale che risulta insolitamente universale.

Concetta Barbera

 

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Libro scritto molto bene, con un linguaggio forbito interessante, un tipo di scrittura incalzante, schizoide e a tratti ansiogena. Ho faticato a leggerlo per la mancanza di una trama degna di chiamarsi tale. Particolare nei suoi voli pindarici. Non lo consiglierei, mi ha anche parecchio infastidito.

Ivana Denaro

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Quel “io non ho mai letto niente” mi ha subito colpito e mi ha suscitato una certa solidarietà. Una frase che avrei potuto scrivere io, mi sono detta. Poiché raramente capita di trovare una sintonia immediata, ho iniziato a leggere con curiosità, forse con l’approccio – sbagliato, me ne rendo conto – di trovare conferme ad un mio modo di essere. Lo stile è interessante, l’idea della contaminazione tra più generi può essere intrigante. L’ho trovato però inutilmente lungo in alcune parti ed alla fine la sensazione è che quel libro l’autore non volesse proprio scriverlo. Coerente, fino all’ultima pagina.

Cinzia Bizzi

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Idea originale, innovativa, scrittura veloce, fluente, piacevole. Peccato si trasformi in una sorta di compendio di letteratura in cui lo scrittore fa sfoggio della sua vasta conoscenza della materia, che forse sarebbe stato meglio contenere per non appesantire la lettura.

Mariapia Caito

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Un libro originale nella sua ideazione. Concepito probabilmente per definire un percorso autobiografico sullo sfondo della letteratura. Chi non ha mai immaginato di raccontarsi o di trascorrere del tempo con il proprio scrittore preferito? L’autore lo fa attraverso delle telefonate immaginarie con gli scrittori, gli storici, i pensatori che lo hanno accompagnato nel suo percorso di vita, a tratti difficile, a tratti confusa.

Imma D'Errico

 

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Un po’ memoir, un po’ saggio, un po’ racconto.

La pubblicazione di Moresco, edita per la prima volta nel 2005, si può definire semplicemente così: un bellissimo omaggio ai grandi libri che lo hanno accompagnato nel corso della vita e tante argute considerazioni sugli scrittori più amati. Tutto ciò utilizzando un linguaggio franco che, bisogna ammetterlo, a volte può lasciare interdetti. Nonostante si riconoscano i meriti della pubblicazione, occorre considerare che se il lettore non è altrettanto appassionato nel corso della lettura potrebbe perdere l’orientamento e sentirsi come smarrito. Un lavoro sicuramente interessante ma di certo non per tutti.

Noemi Caruso

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Libro indefinibile dal punto di vista letterario perché non classificabile in alcuna categoria o forse identificabile in tutte, sorprende e affascina il lettore sin dalle prime battute.  L’autore si confronta in maniera assolutamente originale con i romanzi e gli scrittori che hanno segnato e influenzato la sua vita. Il linguaggio è ricercato, aulico, funambolico.

Noemi Genovese

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Un libro per chi ama leggere. 
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Un lungo dialogo tra l'autore e gli scrittori che gli hanno tenuto compagnia nel corso della sua vita.
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Le conseguenze di questo testo? 
Una lunga lista di libri ed autori da leggere assolutissimamente. 

Giusi Mondino

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L’autore nell’incipit dichiara di “non aver mai letto niente”, ma sollecitato da una telefonata di un amico passa in rassegna i miti della letteratura classica e moderna, in modo schietto, ed anche irriverente, e ti colpisce come un pugno allo stomaco, “squarciando” i parametri convenzionali della critica letteraria, apostrofando gli autori con epiteti talvolta ossequiosi, talvolta sfrontati. Prosa figurativa, linguaggio diretto e dissacrante, che lascia emergere e trasparire con forza quanto sia stata determinante la “lettura” nella formazione dell’autore, ma quanto lo sia di fatto per l’essere umano.

Sara Amico

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Ho trovato questo libro per niente scorrevole a causa delle citazioni, trascrizioni  ect (forse era questo lo scopo dell’autore); l’idea di ripercorrere la propria vita rifacendosi alle proprie letture  non mi dice nulla anzi ha appesantito il tutto. L’autore da proprio l’impressione di aver scritto per se stesso e non per condividere qualcosa un pensiero, una emozione.

L’importanza della lettura è l’unica idea che mi è piaciuta.

 Giovanna Messina

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Anche il libro Lo sbrego di Antonio Moresco, non è un capolavoro ma è innanzitutto una lunga riflessione sull’arte della lettura, punteggiato da un forte senso dell’ironia e mostra una notevole cultura del suo autore. Il libro può essere diviso in tre parti, di cui la più godibile è l’ultima. La prima parte è un dialogo ironico tra lo scrittore e l’editore, che da spunto a una riflessione sull’arte di leggere, che è un tema importante acutamente trattato da Freud a Kermode e tanti altri. La seconda parte è una elencazione di titoli della letteratura mondiale con alcune citazioni; avrebbe potuto essere una parte interessante se ci fossero state meno citazioni e più approfondimenti. La terza parte è un sogno, un amplesso onirico tra lo scrittore e due personaggi di fantasia, che lo aiutano a ritrovare se stesso. Anche Moresco avrebbe potuto fare a meno di qualche battuta volgare di troppo, ma tutto sommato si inquadra in un testo che risulta, alla fine, interessante e piacevole. 

Luigi Giannitrapani

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Non è una autobiografia, ma neanche un romanzo; non è un pamphlet né un saggio, eppure è tutte queste cose nello stesso tempo. Moresco è elegante, sfida i generi con disinvoltura, ti prende dalla prima all’ultima pagina, dialogando con gli autori che lo hanno introdotto alla letteratura. Parla con loro al telefono, come fossero vecchi amici, impasta la lettura delle loro opere con la sua stessa vita, perché di essa ne hanno segnato il passo. La vividezza con cui è rievocato ogni libro ci racconta di un rapporto non stantio con la pagina scritta, con la parola, che è capace di separare dal mondo ma anche di acuirne la percezione, perché aumenta la percezione di se stessi. Lo sbrego è il taglio che squarcia la membrana tra un libro e l’altro, mettendo in rapporto tra loro autori e autori, autori e lettori, lettori con altri lettori. Viene voglia di recuperare ciò che non abbiamo ancora letto, rileggere romanzi che abbiamo letto tanti anni fa, prendere appunti, lasciarsi incuriosire da titoli mai sentiti e sperare di avere tempo per tutti. Moresco lancia anche un sentito j’accuse contro un certo modo di fare editoria, contro la narrativa scadente data in pasto al pubblico femminile per blandirlo e renderlo consumatore inconsapevole di spazzatura. L’ultima parte, che personalmente ho trovato molto affascinante, è dedicata a una passeggiata notturna: le sagome di cartone nelle vetrine delle librerie ci avvertono che forse gli scrittori sono diventati bidimensionali, fasulli, inanimati, e la dimensione onirica sola li rimette in moto, li restituisce alla vita trasformati in cani vagabondi e solitari.

Giuliana Zinucci

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Ne “Lo sbrego” Antonio Moresco, attraverso l’artificio letterario dell’apparente ritrosia a soddisfare la richiesta dell’editore in merito alla stesura di un libro sulla lettura, elabora un percorso metanarrativo dalla decisa connotazione autobiografica, a tratti intimistico, incentrato sul significato e sul ruolo dei grandi testi della letteratura nella sua crescita e formazione. Il monologo interiore a sua volta sollecitato dall’intenso dialogo immaginario con gli autori più amati conduce il narratore a presentare la lettura come un’esperienza totalizzante e fortemente emotiva. Proprio tale componente emozionale ed impulsiva, al pari delle digressioni che riflettono l’impostazione ideologica dell’autore, contribuisce a rendere lo sviluppo della narrazione caotico e non di rado affastellato. La conclusione onirica e surreale, nella quale l’attività stessa dello scrittore viene proiettata nell’errare notturno di un branco di cani, rafforza tale impressione, finendo per risultare confusa ed a tratti greve, non priva di margini di autoreferenzialità.

Marco Rapetti Arrigoni

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Il libro “lo sbrego” è difficile da comprendere. Circa centosessanta pagine in cui non accade praticamente nulla. L’intero libro sembra il delirio dell’autore, sotto l’effetto di una qualche droga alluncinogena. Per tre quarti il libro è un surreale dialogo telefonico fra l’io narrante e i suoi miti, prevalentemente letterari (Bronte, Murasaki, il don Chisciotte di Cervantes, Stendhal, Omero) ma non solo (Teresa di Lisieux, Pinocchio ecc), con uno sfoggio di erudizione tanto significativo quanto sterile. La lettura procede scorrevole, nell’aspettativa che succeda qualcosa, che questo lungo preambolo di critica letteraria sia il preludio di una storia avvincente. Solo verso la fine, il contesto muta, e ci si trova fra le improbabili sagome delle librerie chiuse, in cui compare fuggevolmente una figura femminile, a metà fra l’estetista e la badante, che si prendere cura delle sagome dal punto di vista fisico. Un libro totalmente inutile, dal punto di vista narrativo, un divertissement di un autore sin troppo consapevole della propria competenza in tema di critica letteraria, e allo stesso tempo della propria maestria nel modulare la prosa e il linguaggio per costruire qualcosa di tecnicamente molto raffinato, anche se narrativamente vuoto.

Anna Porchetti

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Il romanzo è fuori dal comune per l’impianto e per la narrazione in quanto manchevole sia dell’uno che dell’altra. Per il 90% è infatti costruito su un espediente letterario, ossia l’invito da parte dell’editore di scrivere un libro sulla lettura, a cui l’autore risponde di non aver mai letto un libro veramente, di non aver fatto quell’esperienza vera di lettura sebbene avesse “sfogliato” molti libri. Da qui inizia un vero e proprio elenco di letture con tanto di commenti personali da parte dell’autore che, per quanto interessanti, lasciano il tempo che trovano. Il romanzo non è infatti un saggio di critica letteraria e i commenti sui libri letti vanno poco al di là di un giudizio di pancia o di un gusto personale. Nell’ultima parte, attraverso la metafora del branco di cani, mi è parso di intravvedere il pensiero dell’autore sugli scrittori e sulla letteratura. Ebbene, se per lui scrivere è come un cane che lascia schizzi di piscio qua e là, allora senza offesa si può tranquillamente dire che nello “Sbrego”, che significa strappo-lacerazione e quindi qualcosa di irregolare di improvvisato e di imprevisto, l’intento è pienamente riuscito.

Francesca Lulli

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Antonio Moresco non ha bisogno di presentazioni, in molti ammirano e leggono la prosa dei suoi romanzi. Con “Lo sbrego” lo scrittore si distanzia dal suo percorso letterario per omaggiare per l’appunto i grandi scrittori che lo hanno segnato, attraverso un esperimento di scrittura che vuole essere un diario intellettuale. Un gioco di specchi autobiografico che pecca a volte di troppo narcisismo. Una scrittura ovviamente matura e corposa che non deluderà i suoi affezionati lettori e chi è alla ricerca di un confessionale per capire il senso della scrittura e della lettura.

Simone Guido

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Già: cos’è la letteratura?

Figuriamoci la critica letteraria!

Eppure si legge con avidità, questa rassegna-storia letteraria in forma di flusso di coscienza fatta con l’occhio di chi cerca la necessità dello scrivere, al di sotto di quel tanto di futile e di commerciale che affolla le librerie e al di qua di una certa cristallizzazione dei generi accompagnata dalla riduzione di tutto a industria culturale.

                                               Anna Maria Giannella

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Un libro che mostra la sua creazione in filigrana, in cui si seguono in presa diretta gli snodi fondamentali di un processo di rilettura della biografia dell'autore alla luce dei testi letterari che lo hanno accompagnato lungo la sua vita. Il testo sfugge a qualsiasi inquadramento di genere e si configura come una frizzante e ironica (e a tratti tagliente) celebrazione della lettura come spazio libero, autonomo e significante; in tale processo gli autori stessi, prendendo voce e corpo nell'esistenza di ogni autentico lettore (e in questo caso di Antonio Moresco), lo introducono al vero significato della lettura, che si rivela essere una capacità di imparare un linguaggio ben preciso, scritto e stratificato in tanti livelli nella realtà che ci circonda.

Silvia Di Lembo

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Lo sbrego di Antonio Moresco è un libro non classificabile in una precisa tipologia letteraria. Nato dietro sollecitazione e consiglio di un amico, è una sorta di flusso di coscienza in cui l’autore ripercorre e dialoga con gli scrittori che l’hanno accompagnato nel corso della sua vita, come vecchi amici che popolano ricordi del passato. Un gioco letterario, senza fini narrativi, se non la scrittura per sé stessa.

 

L’inizio è paradossale, la (discutibile) modestia dell’autore nell’affermare «Io non ho mai letto niente» crea una sorta di antipatia nei suoi confronti, che rimane costante lungo tutto il libro. Questo enorme girone popolato di nomi noti della letteratura che nulla racconta e per nulla arricchisce chi legge, lascia un senso di aridità. Neppure il finale recupera la situazione; è, infatti, un finale che non conclude, ma anzi, dilegua questo scritto in maniera criptica, come a voler ribadire che la vera letteratura sia cosa per pochi.

Flavia Di Giampaolo

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Lo sbrego di Moresco è piacere, talvolta dal retrogusto amaro, di leggere. La scrittura – occasionalmente autoreferenziale eppure non truffaldina – è traino che conduce rapidamente all’ultima pagina. Viaggio nella letteratura e, insieme nella vita, perché dove un libro si consegna al lettore in realtà si incontrano due vite, scrittore e lettore. In questo libro, c’è un surplus di incontri, quelli tra il narratore/Moresco, gli autori da lui prediletti, gli stessi autori da lui riletti o reinterpretati, il lettore. Quanta letteratura, e dunque quanta vita, in meno di 200 pagine! Quanti autori presentati al lettore come dono inestimabile. La letteratura ripercorsa, alla ricerca delle domande essenziali sulla natura stessa di scrittura e lettura, offre anche l’alibi per un’analisi (impietosa) dell’editoria odierna – che ha chiuso gli spazi alla potenza incommensurabile della scrittura per sottometterla a logiche commerciali – degli scrittori odierni, della società. Un viaggio che unisce il saggio, il romanzo e l’autobiografia e, al tempo stesso, li supera per approdare ad un non-genere letterario che ci consegna – intatto – il piacere, senza scopo e senza condizioni, della scrittura e della lettura.

Claudia Cirami

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Non so bene come descrivere questo libro dal momento che, più che una storia vera e propria, è solo un susseguirsi di pensieri, misti a ricordi e sogni (?). Forse sono troppo sciocca io e non lo comprendo, ma è stato veramente difficile e noioso, per quanto ben scritto, sembrava voler ostentare la sua cultura con autori e citazioni, senza lasciare nulla, avrei potuto saltare quelle pagine senza problemi. 

Solo sul finale comincia effettivamente raccontare, ma comunque non ho ben recepito il significato di quell'allegoria moderna.

Ludovica Camerini

 

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Più che un romanzo …un saggio, insolito.

Un saggio sulla lettura che ripercorre la storia della letteratura mondiale sui ricordi della formazione dell’autore stesso.

Una critica, anche, all’eccessiva scolarizzazione degli scrittori.

Se l’intento di Moresco era di invogliare a leggere credo il suo obiettivo sia stato egregiamente raggiunto.

Elvira De Paola

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Prima di questo libro non conoscevo Moresco. Ne avevo sentito parlare, persone di cui apprezzo molto i gusti letterari me ne avevano parlato con l'entusiasmo degli adolescenti appassionati di un certo gruppo di musica (quindi non una passione del tutto ragionata: una passione che ha del sotterraneo, del viscerale). E' con questa idea in testa che ho aperto le pagine di Moresco: con l'idea che dovesse avere qualcosa di sotterraneo, viscerale. E invece al primo impatto ho avuto un moto di repulsione. Parlo proprio della prima facciata, quel lessico rubato alla biologia mi sembrava forzato (ripetuto, poi!, reiterato fino alla nausea... più lo odiavo e più me lo ritrovavo sotto gli occhi!). Ma mi sono imposta di proseguire, con la disciplina di chi ha preso un impegno con sé stessa e con diversa altra gente. Non è stato semplice. Ma la chiave me l'ha fornita Moresco stesso: "io non ho mai letto". Questo è il libro che avrei voluto mi avessero regalato da adolescente. Perché è insieme mistero e chiave, racconto ed esortazione. E' un viaggio da fermi.

Non si può scindere un libro dal momento in cui lo si è squadernato, e neanche lo si può prendere da solo, perché si poggia sulla costruzione tirata su da tutti gli altri libri che ci sono

passati sottomano, o insinuati sottopelle. Questo m'è sembrato di trovarci in questo libro.

Insieme al fascino di una lingua posseduta al punto da potercisi baloccare con agilità, passando da un registro all'altro. E anche insieme alla percezione di un dialogo intimo con gli autori, al punto da poterci parlare al telefono. Questo libro, per me, è il regalo serale che mi faccio, prima di andare a dormire; il momento in cui torno a essere una quindicenne avida che qualcuno le spieghi il mondo.

Caterina Lobosco

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Libro strano è “Lo sbrego” di Antonio Moresco. Non si può definire un romanzo, non un saggio, non un'autobiografia , un genere altro.

Intreccio di vita e letteratura di riflessione critica sugli scritti degli autori.

Lo scrittore Moresco si pone delle domande: Cos’è il mistero della scrittura? Cosa significa leggere? Cos’è l’esperienza della lettura?

In questa analisi di libri, scrittori, scrittura e di se stesso, Antonio Moresco immagina di dialoga con alcuni scrittori riportati momentaneamente in vita. Spiega come sia entrato in contatto con i loro testi, di come lo hanno accompagnato e segnato in profondità,nella sua vita di lettore.

Si mette a nudo. Rievoca, episodi del passato, esperienze della giovinezza. momenti particolari della sua esistenza. Racconta delle sue debolezze dei suoi fallimenti di uomo ma sempre con i grandi del passato al suo fianco.

L'elenco degli autori con i quali Moresco “parla" è lungo, sente verso di loro un senso di gratitudine: l’amato Leopardi, Stendhal, Faulkner, Dante, Goethe, Virginia Woolf.

“Lo Sbrego” pag.51: Questi libri questi scrittori arrivavano al pubblico al grande pubblico. C’era…negli scrittori e nei loro lettori, questo abbandono alla potenzialità, questa libertà di arrivare a toccare e ad abradere i rivestimenti cutanei delle strutture narrative e mentali, e di dilatarli, ricrearli, inventarli, dentro la solitudine della vita e del mondo……ora…..ora si scrivono libri consentiti e richiesti, obbedienti allo spirito del tempo e dei suoi conformismi……..

Moresco evidenzia che a creare le opere letterarie immortali non sono i professori, non chi esce dalle università, ma i lacerati gli sconfitti della vita.

Alla fine nel libro si accenna a una storia d’amore lieve, tra l’autore e la giovane estetista che, di notte, nelle librerie si occupa della manutenzione degli scrittori o meglio delle sagome di cartone degli scrittori inclusa quella di Moresco. Il libro si chiude con una trasfigurazione: tutte le sagome, fuggono dalle librerie e si trasformano in cani che galoppano per la città… anche l’autore… che si ritrova solo…. immerso nei suoi pensieri.

Un libro delicato, profondo.

Libro che va letto “Lo Sbrego”.

La maggior parte dei libri elencati nello Sbrego sono quelli che anch’io ho letto, riletto e che tornerò a leggere e altri che mi sono ripromessa di leggere poiché e sono pienamente d’accordo con l’autore, l'esperienza della lettura è totalizzante, un'invasione.

Valutazione positiva per tutti e due i testi.

Anna Favulli

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Devo essere sincero nessuno dei due mi ha entusiasmato molto.

“Lo Sbrego” è stato il primo che ho letto ma proprio la sua caratteristica di rimandare ad altri libri o alla scoperta di altri autori non mi ha colpito, anzi mi ha molto distratto da quanto l'autore voleva dire. Spesso perdevo il filo del discorso e questo era notevolmente distraente. Diciamo che non mi è piaciuto.

Nonostante il fatto che questo autore non mi abbia molto colpito, questa esperienza del Torneo letterario mi è piaciuta e l'ho trovata molto interessante.

Michele Garramone

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Un testo con una narrazione fuori dal comune, che va oltre i generi classici. Un rapporto viscerale e profondo tra scrittore e lettura, quasi intimo.

Geniale l'intuizione dei dialoghi telefonici con i grandi autori della letteratura mondiale, e soprattutto geniale anche l'affronto al metodo accademico dello scrivere e della lettura. 

Personalmente mi ha fatto riflettere sul significato che si dà alla lettura e che cosa voglia dire, veramente leggere un libro.

E' un libro che rimanda ad altri, libri, alla scoperta di altri autori, e di nuovi generi, alla sperimentazione nella scrittura.

Sandra Di Stefano

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Fra l’alternarsi di rifiuto e ipercoinvolgimento alla lettura, il libro è risultato forte e tagliente, alla fine ti resta dentro.

Veronica Tancredi

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Originale la forma di questo libro sospeso tra il racconto, il saggio, il dialogo al telefono con diversi scrittori del passato.

Ne risulta una dichiarazione d’amore per la letteratura che è più solida degli stessi scrittori che la generano, tanti dei quali persino derisi da Moresco per i loro limiti nella vita reale.

Filippo Orlando

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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