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Lontano dagli occhi di Paolo Di Paolo

Feltrinelli

 

Tre donne diverse, totalmente slegate tra loro, stanno per diventare madri. Tutte e tre non sono pronte ad avere questo figlio, Luciana perché innamorata di un uomo lontano, Valentina perché ha solo 17 anni e Cecilia perché vive per strada con un cane al guinzaglio. I rispettivi padri sono tutti uomini distanti, giovani, confusi e irrisolti. In una Roma all'inizio degli anni '80, seguiamo le vicende di questi personaggi fino a un epilogo che in realtà epilogo non è perché il romanzo si conclude con un rovesciamento di voce e quello che parla è il bambino abbandonato dalla madre- non sappiamo quale delle tre- che ci costringe a interrogarci sull'importanza della nostra storia.

Deborah Baranes

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È un bel romanzo formativo, mi è piaciuta la casistica di donne che affrontano la gravidanza e il loro modo molto umano, indipendente ma allo stesso tempo timoroso, e la cornice storica in cui si muovono.

Antonio Lagamma

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Mi ha conquistata mentre mi trovavo tra le sue pagine incentrate sulla storia di tre giovani donne che scoprono e vivono la preoccupazione prima e la gioia poi di dover diventare madri accostato al trauma di tre giovani uomini di dover diventare padri. Un libro che fa riflettere sulla genitorialità, sulle scelte e sulla vita di chi viene al mondo.

Simona Bilotta

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Ha la mia preferenza. In una Roma degli anni 80, tre storie diverse, ma in comune il cambiamento definitivo, la metamorfosi appunto, da figli a genitori.

Tiziana Monachini

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Nonostante il finale dia un significato importante al libro, ho avuto difficoltà a seguire e a leggere, sebbene IL LIBRO sia breve.

Benedetta Bonifati

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Ci sono dei libri che sono definibili con una sola parola: bah. Questo è uno. La premessa è che non sono particolarmente appassionata di racconti, trovo sia difficilissimo trovare dei racconti che siano perfetti e compiuti, e per me 190 pagine sono poco più di un racconto, è un mio limite, ed una premessa.
Però il problema col libro non è stata tanto la brevità, quanto il libro in sé.
Gi
à dall’incipit ho avuto un sussulto, una via di mezzo tra un attacco di orgoglio femminista e il fastidio; sul “Un uomo che sta per diventare padre non lo riconosci da niente. Nessuno gli cede il posto, nessuno gli fa largo, nessuno suppone di doverlo proteggere, o compatire” ho pensato: “PURE?!?”; poi due o tre parolacce e poi “c’avemo ’na vita di merda, lavoriamo di più, guadagniamo di meno, sopportiamo mestruazioni, gravidanze e menopausa, rischiamo la vita ad ogni parto, a stento ci fanno sedere o ci cedono il posto se incinte all’ottavo mese e mo’ questo se lamenta perché non fanno sedere i padri? I PADRI?!?”, insomma, siamo partiti col piede sbagliato. Poi tutta la prima parte. Al netto dei sorrisi che mi ha strappato l’ambientazione romana in un periodo e i personaggi abbastanza ben definiti, compiuti, l’ho trovata scritta con uno stile molto “semplice”, quasi da liceale.
Poi l’ultima parte, il colpo di teatro. Sar
à di nuovo colpa mia, ma mi ha dato fastidio l’improvviso cambio di registro. Mi ha, soprattutto, dato fastidio il tono: mi ha ricordato, per rimanere in tema, la parte finale, moralistica, delle favolette per i bambini.

Clara Grossi

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Un libro nel libro, due punti di vista diversi dell’abbandono. Interessante la struttura, le dinamiche, le storie. Entra come una lama nella realta' delle persone, sconquassa gli animi. Ben scritto.

Antonella Caruso

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