Nel silenzio delle nostre parole
di Simona Sparaco
Dea
Il
romanzo è ambientato in una Berlino audace e possibilista che rappresenta,
forse, uno degli avamposti di convivenza di credo, usanze, etnìe,
sogni e possibilità dove si incrociano i destini degli inquilini di un
condominio.
Il
lettore entra nelle vite dei personaggi, ne conosce i nomi e, pian piano, le
storie, i progetti, le illusioni e le disillusioni.
Le
vicende si alternano nei vari capitoli e autonomamente prendono vita per poi
confluire in un fatale appuntamento finale.
Il
romanzo si apre con la minuziosa descrizione di un ferale incendio che di
soppiatto divampa, subdolo e infido, all'interno di un appartamento da tempo
disabitato prima di propagarsi per tutto il caseggiato.
Una
fatalità che rende tutti gli inquilini e i frequentatori di un anonimo palazzo
metropolitano, dei possibili morituri.
La
narrazione rievoca, come dichiarato nella postfazione dalla stessa autrice, un
drammatico episodio occorso anni fa, in un'altra capitale europea che ha
scioccato il mondo intero. Questo, indubbiamente, tocca le corde profonde di un
vissuto collettivo.
L'idea,
quindi, potrebbe essere non solo plausibile ma anche emozionante, tuttavia la
scrittura non convince. Lo stile è piatto, quasi didascalico.
I
personaggi, pur nei loro cambiamenti, sembrano non evolvere e non acquisiscono
una rotondità necessaria per un'opera di livello. (Sorry)
Daniela
***
Il topos narrativo dell’intreccio di storie individuali,
con la s minuscola, intorno a un fatto di cronaca rilevante o drammatico è già stato
ampiamente utilizzato nella letteratura contemporanea. Da “Questo abbraccio vada
al monto intero” riferito alla passeggiata del funambolo Philippe Petit, ai racconti di personaggi
comuni nel giorno del crollo delle Torri Gemelle. Qui viene usato dalla scrittrice
intorno al dramma dell’incendio di un caseggiato, dividendo il racconto in tre parti:
il prima, il fatto di cronaca, il dopo. La prima parte a mio parere è la migliore,
con la presentazione dei personaggi abbastanza credibile nella sua varietà e con
la creazione di una atmosfera di tensione che attira l’attenzione del lettore il
quale si chiede cosa ne sarà di questi personaggi quando saranno avvolti dalle spire
del fuoco. Il racconto dell’incendio è più o meno quello che ci si può aspettare
nella sua drammaticità. La terza parte purtroppo abbassa il livello del racconto,
troppo presa a tirare le file delle varie storie e a illustrare prospettive esistenziali
che avrebbero potuto tranquillamente restare anche solo accennate.
Complessivamente un libro discreto, che fa ben sperare all’inizio
e scade invece nel finale.
Fabio Mantegazza
***
Il titolo mi era sembrato convincente, al punto che è stato
il primo romanzo che ho messo in lettura. Anche l’impianto della narrazione è
interessante: lo sviluppo cronologico frammentato ha impresso un buon ritmo al
racconto. È la corsa della vita, che scorre e accelera talvolta fino allo
schianto, ma anche verso la ri-nascita, che riguarda
in particolare le figure maschili. Alice, Naima, Hulya e Polina –protagoniste
indiscusse– danno voce a sentimenti contrastanti e contrastati. Ma la scrittura
pare poco adeguata a esprimere queste voci: è piatta, a volte faticosa, assai
poco incisiva. In molte pagine ho percepito un “vorrei ma non posso” dalla
penna dell’autrice. Peccato, perché anche lo spunto da un fatto di cronaca era
stato una buona intuizione. Ma per la letteratura non basta.
GabriellaZ
***
A
partire da un incendio che coinvolge gli abitanti di un palazzo, vengono alla
luce i silenzi che si nascondono nel rapporto tra madre e figlio
, il ruolo di figli che diventano genitori delle loro stesse madri, il
fatto che ciascuno porta un segno di ciò che i genitori sono stati o avrebbero
voluto essere.
Tuttavia
la scrittura, semplice e a volte quasi didascalica, resta in superficie e si concentra
nella ricerca dei colpi di scena, nella descrizione del dolore e della sofferenza,
tanto che alla fine tutto sembra un po’ artefatto e poco sincero.
Piera
Comparin
***
mi è piaciuto anche
questo romanzo, scorrevole e ben costruito, a tratti perfino con suspense sulla
sorte dei personaggi. L’ambientazione e la descrizione della varia umanità di
un condominio non è sicuramente né nuova né originale
ma le tante, soprattutto donne, che la compongono hanno fisionomie e caratteri
che creano una immediata empatia. Alcuni aspetti sono un po’ stereotipati ma
direi mai banali e poi la scrittrice si aggira al di sopra dei fatti e li
sorveglia dall’alto sotto forma della “enorme mongolfiera con la scritta Die Welt che galleggiava indisturbata
nel cielo”. Poi nella Nota alla fine del libro ho visto che l’autrice è la
compagna di Massimo Gramellini e allora ho capito ancora meglio…
Raffaele Biavasco