Non
c’è stata nessuna battaglia di Romolo Bugaro
Marsilio
Uno di
quei libri che ti ricorda che siamo tutti dei sopravvissuti all’adolescenza.
Che l’adolescenza è uguale per tutti – almeno per tutti noi figli “bene” di cui
parla il romanzo. Poi sì, ci sono le vicende, c’è l’innamoramento, la lite,
l’incidente in motorino… quelli erano gli anni Settanta e c’era tanta politica
intorno e per qualcuno l’eroina dentro; la mia è stata nei Duemila e c’erano le
canne e il mondo che cambiava, diventava più veloce che mai mentre noi non
guardavamo. Ma è sempre la stessa, quella rabbia immotivata, quella
incompiutezza, quel tempo che a ripensarci è stato brevissimo ma che allora
pareva eterno.
Federica Fiandaca
***
Alle
vicende di un gruppo di adolescenti fa da sfondo una Padova degli anni 70. Ad
ogni capitolo corrisponde il racconto di uno dei protagonisti che ci mostra la
vicenda dal suo punto di vista. Ai primi amori, rivalità
e avventure adolescenziali corrispondono nell’età
adulta dolori, insoddisfazioni e successi che rimandano al confronto con quello
che per tutti è stato il periodo più intenso della
loro vita. Anche a distanza di anni e nonostante alcuni eventi molto dolorosi,
ogni componente del gruppo, non po' fare a meno di rimanere legato
sentimentalmente agli altri.
La fatica
nell’adattarsi all’espediente narrativo, con un continuo cambio di narratore,
si supera dopo poche pagine. Il finale, affidato a uno scambio di lunghe mail,
lascia un po’ insoddisfatti.
Alice Di Liberto
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Siamo
catapultati in un plot già visto: il dramma borghese dei “Ragazzi del muretto”
(ambientato in una Padova anni Settanta in un tempo che striscia un po’
goffamente verso l’appuntamento con il presente), viene raccontato per episodi
che vorrebbero forse diventare un affresco corale di una realtà che però paga il
duro prezzo di una meccanica compositiva eccessivamente superficiale. Il
lettore non ha mai pieno accesso alla reale “superficialità” generazionale, nei
confronti della quale l’autore prova a nascondere una valutazione etica che
tuttavia traspare nei piccoli siparietti marginali (i due estremisti falliti, i
riccastri figli di papà, quelli che devono lavorare ecc.). Ma sono tutti
comparse i personaggi sciorinati via via, le loro battaglie (appuntamenti con
la vita) sono solo il giustapporsi di stereotipi, anche abbastanza credibili,
ma sempre quanto lo sono gli intermezzi moralistici di uno sceneggiato
televisivo a puntate. Purtroppo non basta dichiarare dalle prima pagine che c’è
un mistero, un evento speciale, una data, che influenzerà il destino di uno o n
personaggi, perché questa premessa si realizzi, perché il testo funzioni, o
quanto meno si discosti dal già visto televisivo, universo impietoso e qui
abusato senza sufficiente distacco (anche solo dagli stilemi).
Roberto
Speziale
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Attraverso
l'espediente narrativo del flashback, Romolo ci mette, senza filtri e senza
possibilità di difesa, davanti l'immensità del potere dei ricordi. Un gruppo di
amici come tanti si inseguono tra scontri e amori nell'Italia della metà degli
anni'70 e l'autore avrà la grande capacità di intrecciare in una sequenza
narrativa linearissima i loro destini alle varie trasformazioni politiche e
sociali del contesto in cui sono immersi.
Un
romanzo prepotente ed accattivante.
Giorgia Manuela Duro
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"Non
c'è stata nessuna battaglia" è un romanzo che regala un affresco degli
anni Settanta italiani, in cui un gruppo di spensierati giovani padovani sogna
un futuro che è già stato amaramente scritto. A capitoli alternati tra gli anni
di piombo e i giorni nostri, in cui li ritroveremo adulti e sparsi per il
mondo, si concretizzeranno le loro paure e le loro insicurezze che hanno
portato alcuni di loro nei tunnel della tossicodipendenza e della violenza. Un
ritratto realistico di un capitolo di storia italiana e di un'intera
generazione che dovette farci i conti.
Costanza Maccianti