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Per gli occhi di Teresa di Aldo Fiorenza

Mauro Pagliai

 

Il romanzo non mi ha appassionato. Ho trovato la sua scrittura eccessivamente ricercata, che, ritengo, non aiuti il lettore ad entrare in sintonia con la storia.

Gianpaolo Paladino

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Ho fatto fatica a leggerlo: “Teresa… impasto di umori vergini, ricolmo di strazi deificati, inconclusi, devastanti le vene aperte all’emorragia dei sensi”.

Non ho subito il fascino di Teresa e Alberto nemmeno mi è stato particolarmente simpatico: “Teresa… dalle mille voglie angeliche immanenti, come la fame in differita di ozi beatifici dei serafini, tacitate appena da portentosi orgasmi incipienti ad altri orgasmi preliminari, ad altri orgasmi non mai conclusivi”.

O ancora: “Oh, Teresa… nome pronunciato al culmine di una sintomatologia da tensione ultrattiva”.

Insomma, se l’autore si compiace, il lettore ne apprezza i silenzi: Per gli occhi di Teresa… hip hip urrà…

Gigi Agnano

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Linguaggio barocco e ridondante

La storia è un pretesto per esplorare i pensieri personaggi con una sorta di flusso

Personaggi problematici, ma lei rappresenta la luce lui l’oscurità

Tentativo di esplorare l’amore nei suoi reconditi

Traduzione in scrittura delle minime sensazioni

“Per gli occhi di Teresa” è la storia della gestazione e dell’esplosione del sentimento d’amore pieno, esplorato in tutti i suoi anfratti ed in ogni minima sensazione di un uomo e di una donna nella cornice della terra siciliana. La loro psiche e, contemporaneamente, la loro fisicità sono raccontati in un linguaggio barocco, ridondante, trasbordante, ampolloso, a tratti tortuoso. Una riflessione arzigogolata e torrenziale sulle mille sensazioni dell’amore pervasivo e totale di Alberto e Teresa sono la materia narrativa di un romanzo con poca azione e tutto giocato sul flusso di pensiero, speculare, dei protagonisti. Alberto, più cupo e fragile per biografia e Teresa, solare e femminile, si narrano, in una prosa che si alterna al verso poetico in questo peculiare romanzo di Aldo Fiorenza.

Antonella Canfora

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È sempre difficile raccontare l’amore. A volte può diventare una trappola. Il romanzo tenta l’impervia strada dell’eros, ammiccando a un genere di racconto piuttosto consumato. La storia d’amore tra Teresa e Alberto sembra impossibile. I due sono troppo diversi: lei è una giornalista determinata, lui è un uomo piuttosto goffo e irrisolto. Il loro incontro avviene in un albergo secondo un cliché abbastanza abusato. L’autore esibisce una lingua verbosa e spesso troppo ricercata, lo sguardo all’eros sembra a tratti caricato e morboso. Non arrivano le emozioni.

Vincenza Alfano

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Al principio, ho provato a fermarmi nella lettura ed a ricominciare da capo. Più volte. Avevo la certezza che mi facessi sfuggire qualcosa. Forse non ero stato attento ad una frase o una parola che spiegava il senso di quello che stavo leggendo. Poi ho compreso che era una mia insuperabile incapacità. Non ho saputo apprezzare che era proprio questo lo scopo che l’autore si prefiggeva: stordire il lettore con un mare di espressioni poetiche che si compiacessero tra loro stesse, in uno sviluppo di significati che lasciasse fuori da questa trama proprio il lettore, o comunque me. È stato solo per la mia incapacità che in tutte queste espressioni così poetiche e roboanti non ci ho capito niente, non vi ho trovato alcuna sincerità e tutto mi è sembrato una monumentale manifestazione di narcisistico autocompiacimento, a tratti quasi farneticante, del suo autore. E’ stata solo e tutta colpa mia se non l'ho letto più.

Marcello Marasco

 

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