Per gli occhi di Teresa di Aldo Fiorenza
Mauro
Pagliai
Il romanzo non
mi ha appassionato. Ho trovato la sua scrittura eccessivamente ricercata, che, ritengo,
non aiuti il lettore ad entrare in sintonia con la storia.
Gianpaolo Paladino
***
Ho fatto fatica a leggerlo: “Teresa…
impasto di umori vergini, ricolmo di strazi deificati, inconclusi, devastanti le
vene aperte all’emorragia dei sensi”.
Non ho subito il fascino di Teresa e
Alberto nemmeno mi è stato particolarmente simpatico: “Teresa… dalle mille voglie
angeliche immanenti, come la fame in differita di ozi beatifici dei serafini, tacitate
appena da portentosi orgasmi incipienti ad altri orgasmi preliminari, ad altri orgasmi
non mai conclusivi”.
O ancora: “Oh, Teresa… nome pronunciato
al culmine di una sintomatologia da tensione ultrattiva”.
Insomma, se l’autore si compiace, il
lettore ne apprezza i silenzi: Per gli occhi di Teresa… hip hip
urrà…
Gigi Agnano
***
Linguaggio
barocco e ridondante
La storia
è un pretesto per esplorare i pensieri personaggi con una sorta di flusso
Personaggi
problematici, ma lei rappresenta la luce lui l’oscurità
Tentativo
di esplorare l’amore nei suoi reconditi
Traduzione
in scrittura delle minime sensazioni
“Per
gli occhi di Teresa” è la storia della gestazione e dell’esplosione del sentimento
d’amore pieno, esplorato in tutti i suoi anfratti ed in ogni minima sensazione di
un uomo e di una donna nella cornice della terra siciliana. La loro psiche e, contemporaneamente,
la loro fisicità sono raccontati in un linguaggio barocco, ridondante, trasbordante,
ampolloso, a tratti tortuoso. Una riflessione arzigogolata e torrenziale sulle mille
sensazioni dell’amore pervasivo e totale di Alberto e Teresa sono
la materia narrativa di un romanzo con poca azione e tutto giocato sul flusso di
pensiero, speculare, dei protagonisti. Alberto, più cupo e fragile per biografia
e Teresa, solare e femminile, si narrano, in una prosa che si alterna al verso poetico
in questo peculiare romanzo di Aldo Fiorenza.
Antonella
Canfora
***
È sempre difficile
raccontare l’amore. A volte può diventare una trappola. Il romanzo tenta l’impervia
strada dell’eros, ammiccando a un genere di racconto piuttosto consumato. La storia
d’amore tra Teresa e Alberto sembra impossibile. I due sono troppo diversi: lei
è una giornalista determinata, lui è un uomo piuttosto goffo e irrisolto. Il loro
incontro avviene in un albergo secondo un cliché abbastanza abusato. L’autore esibisce
una lingua verbosa e spesso troppo ricercata, lo sguardo all’eros sembra a tratti
caricato e morboso. Non arrivano le emozioni.
Vincenza Alfano
***
Al principio, ho provato
a fermarmi nella lettura ed a ricominciare da capo. Più volte. Avevo la certezza
che mi facessi sfuggire qualcosa. Forse non ero stato attento ad una frase o una
parola che spiegava il senso di quello che stavo leggendo. Poi ho compreso che era
una mia insuperabile incapacità. Non ho saputo apprezzare che era proprio questo
lo scopo che l’autore si prefiggeva: stordire il lettore con un mare di espressioni
poetiche che si compiacessero tra loro stesse, in uno sviluppo di significati che
lasciasse fuori da questa trama proprio il lettore, o comunque me. È stato solo
per la mia incapacità che in tutte queste espressioni così poetiche e roboanti non
ci ho capito niente, non vi ho trovato alcuna sincerità e tutto mi è sembrato una
monumentale manifestazione di narcisistico autocompiacimento, a tratti quasi farneticante,
del suo autore. E’ stata solo e tutta colpa mia se non
l'ho letto più.
Marcello
Marasco