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Perché l'Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare) di Bruno Vespa

Mondadori

 

Nel libro c'è una ricostruzione attenta, ed un pochino, per me, edulcorata del nostro periodo storico. La lettura è stata interessante, anche nel capire come è facile far girare un'idea distorcendo la realtà. Tutte le frasi, i momenti, il ripetersi di immagini che abbiamo visto, commentato, rivisto tante volte in televisione, fanno si, che sembrava un libro, già letto.

Guendalina

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Bruno Vespa, abruzzese de L’Aquila, classe 1944, giornalista, conduttore televisivo e saggista italiano; la sua carriera di giornalista iniziò da giovanissimo per la carta stampata, per poi proseguire come giornalista televisivo.

Il saggio descrive con un linguaggio semplice e in maniera lineare, includendo citazioni e riferimenti di altri testi sullo stesso argomento, assumendo di volta in volta il punto di vista degli autori citati, l’avvento del fascismo in Italia.

Marina Lauro

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Il perché l’Italia diventò fascista viene spiegato in modo chiaro, con attenzione sia agli intrighi e ai giochi di palazzo sia ai problemi socioeconomici, molto importanti per l’affermarsi di Mussolini. Nella seconda parte, Perché il fascismo non può tornare, manca un’adeguata argomentazione che porti un originale contributo al dibattito sul nuovo fascismo. L’autore si limita quasi soltanto alla cronaca di due anni di politica italiana, ricostruita con le sue interviste ai maggiori esponenti politici.

Vespa vince la partita grazie all’esposizione scorrevole e vivace, ricca di aneddoti, che non annoia il lettore e… all’inadeguatezza dell’avversario.

Claudia Scarparo

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La prima parte del saggio, che spazia dagli anni del primo conflitto mondiale fino alla svolta dittatoriale del Fascismo, ha il pregio della facile leggibilità sostenuta da un’apprezzabile vivacità aneddotica e impreziosita da un gran numero di citazioni di studi storici di varia matrice sul Fascismo. Risulta quindi godibile proprio grazie a questo aspetto più divulgativo che saggistico. La seconda sezione sembra invece non andare oltre l’aspetto puramente cronachistico con il quale l’autore riassume le vicende politiche italiane durante il governo giallo/verde, ricostruite principalmente attraverso interviste da lui realizzante con i soggetti politici che lo hanno agito. Si sente la mancanza di una parte che analizzi le condizioni che renderebbero plausibile la tesi enunciata nel sottotitolo, enunciata ma non dimostrata, e che giustificherebbe il collegamento tra la Storia e l’attualità, altrimenti poco motivata.

Paola Bertozzi

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