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Berta. Eroina di un tempo lontano di Miriam Pastorino

Solfanelli

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Arezzo "Gli instabili"
coordinato da Dorine Shkreli

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Fa piacere vedere come ancora esistano persone che credono in una “letteratura al servizio di un’idea di speranza nel futuro”,  come scrive la stessa  MIRIAM PASTORINO chiudendo il suo Berta,  senza per questo cadere nel racconto a tesi o  nella trappola -diciamo così- del troppo “educativamente corretto”.

L’ambientazione storica (l’Italia nei primi anni di regno di Vittorio Emanuele II, alle prese con i difficili rapporti tra “i sabaudi” e la popolazione dei paesi della costa ligure dell’ex Repubblica di Genova) contribuisce invece a dare “verità” al personaggio, alla sua famiglia di ‘catalani’ (Tomàs, sua moglie Cassia, gli altri figli alle prese con la crisi che colpisce il lavoro dei carrettieri) e con loro alla povera ma vivace gente dei piccoli borghi al confine tra Liguria e Piemonte, là dove la Riviera di Ponente si separa da quella di Levante.

I nomi, i soprannomi (ma anche i cognomi, come quello della famiglia Piccardo a cui appartiene Berta) delle persone di cui si racconta la vita, nonché certe espressioni dialettali con cui l’A. li fa esprimere, sono tutt’altro che semplice ‘colore’. Piccole località come Campogennaio, Cantalupo, Mele, o quelle più lontane e appena intraviste (come Prà o la cittadina più importante, Voltri, da dove si muovono i carabinieri); valli come la Val Leira o la Val Marenna, compreso il torrente Acquasanta col suo santuario dedicato a Nostra Signora e i preti che lo amministrano, così come il pauroso Bricco del Vento che la dodicenne Berta deve attraversare di notte per tornare a casa tornando dal lavoro in filanda; tutto questo, col procedere delle pagine, acquista anche per il lettore densità e consistenza semplice e naturale.

Casomai devo dire che talvolta mi è parso di avvertire un eccessivo amor di precisione e di cura per i dettagli, specie nella prima parte del romanzo, dove l’A. intende dar conto di ogni sfumatura delle azioni (e delle motivazioni) del comportamento della bambina nei confronti del fratellino, dei genitori, e degli altri fratelli maschi della famiglia.

Luigi Capecchi

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Si prendano alcuni stereotipi classici delle favole, modificandoli appena:

 Una matrigna cattivissima che prende il potere alla morte di un buon padre per favorire due fratellastri (anziché due sorellastre);

Una Cappuccetto Rosso (che va a lavorare anziché dalla nonna) con una buona madre (che le dà uno stiletto anziché il cestino della merenda);

Un orco, che più orco non si può (e su questo non c’è bisogno di alcun “anziché”);

Un pizzico di gelosia tra la penultima e l’ultimo nato, che si risolve presto con una bella chiacchierata a cuore aperto tra il buon padre e la figlia amatissima;

Un coro di personaggi di contorno costituito essenzialmente dai vicini invidiosi del benessere, ma soprattutto della concordia affettuosa che regna nella famiglia dei catalani.

A questi ingredienti si aggiunga una abbondante spolverata di rimpianto per i valori del buon tempo antico che, come va ribadito esplicitamente, oggi non esistono più.

Si eviti di indagare troppo sulla psicologia dei personaggi, ché tanto bastano le loro azioni a connotarli, e si descriva (forse qui si avverte un po’ di sincero affetto) il paesaggio.

Per l’impiattamento non si seguano le civetterie così di moda oggi, ma ci si accontenti di una scrittura corretta senza strafare e per il finale ci si attenga rigorosamente al “lieto fine” senza la preoccupazione della verosimiglianza.

Servire caldo, o freddo, o tiepido, a piacere.

Anna Cinquini

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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