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Come il mare in un bicchiere di Chiara Gamberale
Feltrinelli

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Fiume Veneto “Prendiamoci il tempo”
 coordinato da Lucia Tomasi
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 “Come il mare in un bicchiere” è un testo intimistico, il romanzo che spazia nella realtà, la realtà che trascende e diventa romanzo.

Leggi e ti inebri di emozioni, di stati d’animo. leggi e torni con la memoria. leggi e ricordi quel che tutti abbiamo vissuto, ognuno con il proprio bagaglio di sofferenza, con l’umanità ritrovata, con il sapore delle piccole cose. Ogni emozione viene percepita in modo diretto, senza filtri. La scrittura è veloce, sintetica, non artefatta.

Persone ruotano attorno alla protagonista, sono personaggi, preziosamente descritti, in un susseguirsi di eventi. L’esistenza è messa a dura prova, ma la roccia a cui sostenersi è il nucleo familiare minimo, cui aggrapparsi per non cadere nell’oblio della disperazione.

Sonia Battistella

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Ho fatto molta fatica a leggere questo libro; ripercorrere tutta l’angoscia vissuta durante la fase acuta del covid con l’aggiunta della patologia psichiatrica della protagonista, è stato troppo. Non ne sentivo proprio il bisogno. NO grazie!

Amalia Pangia

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Come il mare in un bicchiere raccoglie i pensieri che Chiara Gamberale ha messo insieme durante i lunghi mesi del lockdown. Ha raccontato quel che succede nel “Dentro di Testa” e nel “Là Fuori” senza timore di giudizi. Una realtà che si misura con una bambina da crescere dentro le quattro mura di casa, con una convivenza da reinventare con il proprio compagno, perlopiù assente, con la terapia di un’amica malata, con i rapporti da mantenere con genitori lontani.

Quel che è successo a Chiara ci svela qualcosa di noi stessi, ci fa vergognare della paura e della dipendenza dalle istruzioni del “Grande Beppe” che ogni sera, come un buon padre di famiglia, tentava di guidarci durante le fasi 1, 2, 3. Alla fine cosa è rimasto? Condivido la riflessione della scrittrice, di Chiara che riparte dai pensieri di cui si è vergognata: “ho paura di tornare com’ero prima, quando tutto finirà. Persa, nella raccolta indifferenziata dei giorni. Nel frullatore pazzo. […] Invasa di Là Fuori. Senza nessuna possibilità di riparo che nel Dentro di Testa. Ho paura che, quando guarirà il mondo, tornerò ad ammalarmi io”. L’invito di Chiara è poi di completare le pagine bianche del suo libro con “i pensieri di cui vi siete vergognati voi”. Un invito da cogliere per ritrovare le proprie fragilità e avere il coraggio di ripartire.

Lucia Tomasi

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L’autrice racconta il periodo trascorso durante la pandemia, aprendosi ai suoi lettori con le sue esperienze più intime, familiari e delle sue amicizie.

In questo lungo periodo trascorso nell’isolamento, sia lei che i suoi amici definiti “Animali dell’Arca senza Noè” (“Fuori di Testa”), ne sono usciti più forti di tante persone cosiddette normali (“Dentro di Testa”) perché sono riusciti a trovare dentro di loro le risorse per combattere la grave situazione.

La frase che mi ha più colpito e mi ha fatto apprezzare dalle prime pagine questa lettura è la seguente, - dopo essere uscita dallo Studio medico con una diagnosi di una brutta depressione: - “Non mi aspettavo quel verdetto, o forse sì: perché esco dallo studio con una specie di pace –è la pace che porta con sé ogni diagnosi precisa, credo, perfino le più tremende. Perché, se non capisci chi è il nemico, come fai a iniziare a combattere?”-

Renata Vendramini

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Milano 6 “Critici in progress”
 coordinato da Barbara Monteverdi
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Più che una narrazione, mi è parsa uno sfogo, una tecnica terapeutica messa in atto dalla Gamberale per superare l’impatto della pandemia nella sua vita. Che è esattamente come quella di tutti noi e perciò il ripercorrere le tristi ansie, i dubbi, le ignoranze nostre e altrui non mi ha esaltata. Anzi, se devo dirla tutta mi ha proprio annoiata, anche considerando che il linguaggio utilizzato è piuttosto piatto e pare di leggere il diario della simpatica vicina di casa. Spero che questo esercizio di scrittura le sia servito per elaborare il disagio e superare i timori, ma a me non ha dato nulla.

Barbara Monteverdi

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Grandi Lettori
di Robinson
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Ho sempre sentito parlar bene della Gamberale, e mi ero promessa che un giorno avrei acquistato Avrò cura di te. Il caso ha voluto che avessi la fortuna di leggere il “quaderno della quarantena di Chiara Gamberale”.

Questo bicchiere, in cui l’autrice ha versato il mare di emozioni, sensazioni e spezzoni di vita del Marzo 2020, me lo sono bevuto tutto d’un fiato! Nonostante i fatti narrati siano accaduti in un tempo ancora molto vicino a noi (e quindi la ferita è ancora fresca e non accenna a rimarginarsi), non ho provato angoscia né malinconia nel ritrovare la quarantena in queste pagine. Mentre leggevo potevo sentire Chiara sussurrare: “Hai visto? Non sei da sola in questo mare” e “Siamo tutti un po’ Dentro di te testa”. Letto con molto piacere, lascia dentro importanti riflessioni.

Viviana Maria Nobile

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Gamberale mi riporta a un tempo che pensavo cancellato, quello della prima, vera, quarantena, e lo fa entrandomi nella testa, mettendo nero su bianco un vissuto che io stessa non sono mai riuscita a tradurre in parole, per me. Ma lei è del mestiere e lo fa: racconta, squaderna (in senso metaforico e letterario), la sua vita intima durante quei giorni e allo stesso tempo la mia, in una coincidenza di pensiero e di sentire che mi lascia esterrefatta. La sua scrittura seziona lucidamente i meandri di un disagio che prima di essere collettivo è soprattutto personale – un “Dentro la Testa” prepotente e totalitario che fatica a dialogare con il “Fuori” –, nel tentativo di trovare strumenti adatti a navigare questi tempi incerti e soprattutto una direzione nuova verso un Là Fuori più gestibile e meno invasivo.

Laura De Marco

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La pandemia, come la livella di Totò, ha investito tutti. In egual misura siamo spaventati dall’ignoto e dalle conseguenze tangibili che la situazione ha rovesciato su ciascuno di noi; tanto da “imprigionare” i genitori di Vita, due anni, che da sempre vivono in città diverse, insieme nello stesso appartamento, a confronto con le loro paure, nevrosi e con la sensazione di essere costantemente sotto esame.

Nonostante la scrittura piacevole e impregnata di sensibilità, il romanzo scivola in un’autoreferenzialità che rischia di appesantirlo. Ne usciremo tutti migliori? A tratti sembra che l’autrice cerchi degli appigli per raccontare le sue fragilità, a discapito della narrazione.

Claudia Urbani

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‘Come il mare in un bicchiere’ è un racconto di tipo molto personale dei mesi di lockdown del 2020 nel quale non è stata ben calibrata la distanza tra il testo e l’autrice, probabilmente il momento della scrittura è stato troppo a ridosso dei fatti accaduti e la scrittura rischia spesso di sfociare nell’ autoreferenzialità e nel rendere il lettore un otre disposto a raccogliere i residui emotivi.

Le forti esperienze della chiusura forzata e dell’isolamento domestico sono state percepite in modo del tutto unico e personale ed il proliferare di una letteratura ‘pandemica’ e ‘post-pandemica’ era un rischio calcolabile, ma la valenza del racconto di un’esperienza dovrebbe essere valutato con metodo prima della diffusione.

Francesca De Filippis

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Non mi è piaciuto invece Come il Mare in un Bicchiere. L’ho trovato inutile e non avevo mai pensato prima a questo aggettivo per un libro. Forse può essere stato utile all’autrice per processare i suoi moti interiori durante il periodo di quarantena, ma anche in questo caso è superficiale, scorre senza lasciare assolutamente nulla al lettore, che si chiede perché la casa editrice abbia dato il suo assenso a questa pubblicazione. Lezioso, scontato, banale.

Giulia Montanari

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Quello di Chiara Gamberale è un libro molto intimo, le riflessioni su un periodo che passerà alla storia e che ricorderemo a lungo, sembrano tenerci in apnea.

Pur avendo apprezzato la scrittura, mi sento di premiare l’originalità di Sassone.

Serena Guarino

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Come il mare in un bicchiere, verso di una poesia scritta in gioventù dall’autrice, racchiude in sé il sentimento di oppressione e alienazione in cui si trova la nostra autrice durante il primo lockdown. Ambientato nel marzo 2020, la cronaca autobiografica, infatti, vede l’autrice alle prese con la sua depressione e lo scoppio della pandemia. Più che un libro, si legge e risuona come un diario di bordo – o un diario e basta – nel quale la Gamberale trascrive dialoghi con gli amici, riporta discorsi del Presidente del Consiglio e trascrive DPCM. Leggerlo fa riaffiorare una gratuita pseudo-sindrome da stress post traumatico, senza addurre nulla, se non una scialba e piuttosto egotistica celebrazione della scrittrice stessa in quanto tale.

Viola Casadei

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Arco di Trento "LibriCitando"
coordinato da Cristiana Bresciani
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Racconto brevissimo che si legge con facilità. È un punto di vista sul periodo di costrizioni a cui il covid ci ha costretti. Interessante.

Davide Zanin

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Molto intimo questo scritto di Chiara Gamberale, che ha la forma di un breve "diario" del periodo del lockdown. Di lei avevo letto alcuni romanzi. Non conoscevo l'aspetto fragile della sua personalità, i problemi di depressione con cui è costretta a convivere. Che bella persona è! Ha saputo trasformare le sue debolezze in forza, facendo volontariato, aiutando i malati. Brava Chiara Gamberale!

Come Chiara anch'io, per certi aspetti, ho apprezzato il lockdown.

Mi mancavano alcune persone, affetti, ma ho gradito la riduzione dei contatti. Sono "un'orsetta " e a casa, a fare il pane, senza troppi obblighi sociali, ci stavo bene. Forse perché, comunque, la mia numerosa famiglia era tutta riunita.

Cristiana Bresciani

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Un diario che ha dato un punto di vista diverso da quello che nell’ultimo anno ci siamo abituati a sentire. Il lockdown, la quarantena, visti non come l’impossibilità di vivere la nostra vita ma come l’unico modo a volte di rientrare in sé, di capire cosa si vuole fare veramente, chi si vorrebbe incontrare, chi ci manca e chi no. Per volere superiore siamo stati messi di fronte alla nostra vita, l’abbiamo analizzata e davvero qualcuno ne è uscito migliore. Pochi però. Paradossalmente chi aveva i suoi demoni prima del covid è riuscito a riprendersi la sua vita. Chi invece pensava di stare bene con gli altri, con il mondo fuori, si è ritrovato a dover sopravvivere alle domande che non si sarebbe mai voluto fare. Essere dentro di testa, barricati nei propri problemi sembra essere l’unico modo per riuscire finalmente ad uscire di testa ed entrare nel mondo, ma quello in cui davvero vuoi vivere popolato dalla famiglia che ognuno di noi si è scelto, ma che spesso non rientra nella definizione dei congiunti.

Emanuela Prandi

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Interessante lettura ed interpretazione della situazione creata dalla pandemia da Covid-19. Una narrazione scritta in prima persona che in realtà si proietta su chi legge. Originale l'interattività tra scrittrice e lettore negli ultimi capitoli.

Valeria Gallini

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Bello scorrevole, argomento interessante, mi è piaciuto.

Anna Maria Tavernini

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L’autrice definisce questo libro più che un racconto un “quaderno di vita”: si narra di situazioni emerse durante il lockdown imposto nel 2020 a causa della pandemia e di quando, all’improvviso e nostro malgrado, ci siamo tutti trovati barricati in casa per lungo tempo. Una sorta di “testimonianza” di quanto vissuto, sia dall’autrice che da persone a lei vicine, di come il disagio, la convivenza e la lontananza forzate possano evidenziare le nostre fragilità. Ma in qualche caso anche farci attivare le personali risorse per sopravvivere alla solitudine imposta, magari reinventando luoghi e situazioni all’interno della propria abitazione o per sottoporre ad esame quel che era la nostra vita prima della pandemia. Interessante la chiave di lettura del “metro di distanza” quale potere nelle nostre mani sia quando lo si infrange che quando lo rispettiamo, una responsabilità non un’imposizione. Il testo è scorrevole e ben scritto ma la trama è poco costruita, più che un racconto sembrano pensieri sparsi. Lettura anche piacevole e veloce ma non mi è rimasto molto dopo che l’ho terminato.

Marialuisa Bozzato

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Per l’autrice la pandemia e il lockdown sono solo un’occasione per raccontare le difficoltà della mente umana nel trovare e mantenere l’equilibrio, per non finire in quello che lei chiama “Dentro la Testa”, ossia il dolore psichico, la depressione… Un libro scritto in modo scorrevole e diretto, nella forma di breve diario; riesce a parlare in modo semplice di un disagio che, benché no se ne parli poco, riguarda molte persone. Mi è piaciuto e lo consiglierei.

Barbara Bertamini

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Uno dei tanti libri ambientati durante l’inizio della pandemia da Covid-19, un diario che non vuole essere un diario, un punto di vista diverso ma non poi così originale. Spesso i pensieri della protagonista, mentalmente fragile, risultano confusionari e a volte sconnessi tra loro. Il titolo prometteva bene, ma il libro si è rivelato alquanto deludente. L’ho trovata una lettura leggera e veloce, essendo corto, ma onestamente non mi ha lasciato niente e non mi ha “fatta riflettere” come da intenzione dell’autrice.

Giovanna Tarolli

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Ho trovato questo quaderno, così lo chiama la scrittrice, molto intimo ed interessante; analizza eventi quotidiani e fatti che l’autrice ha vissuto durante la pandemia da Covid 19, da un punto di vista molto personale ed insolito.

Di facile lettura grazie ad una scrittura molto fluida, semplice e diretta che coinvolge il lettore.

Barbara Tamburini

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L’argomento è sicuramente di attualità perché nessuno dimenticherà il lockdown che abbiamo vissuto l’anno scorso, chi rispettando le regole chi meno. Cioè uscendo trasgredendo alle regole, ma di questo non voglio discutere. Lo stare fuori o dentro è l’originalità del libro. Non mi ha entusiasmato perché tutti abbiamo vissuto o viviamo ancora dietro mascherine o altro e ne siamo stufi. Visto tra 10 anni forse poteva essere un ricordo di quello che abbiamo passato ma adesso è troppo presto non siamo ancora in pace.

Laura Baldessari

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Mi sono bevuta questo romanzo tutto d'un sorso. In ogni pagina di questo diario, ho ritrovato atteggiamenti e stati d'animo emersi dall'effetto "lockdown" nei quali mi sono completamente rispecchiata e riletta, trovando importanti spunti riflessione.

Chiara Gamberale in questo romanzo si mette completamente a nudo scandagliando fino all'ultima goccia emozioni, paure, fragilità e cambiamenti vissuti durante il periodo difficile di totale chiusura ed isolamento che noi tutti abbiamo sperimentato a causa dell'ondata pandemica.

Ed è strano come i "fuori di testa" le persone che nella loro esistenza di tutti i giorni si sentono strette  "Come il mare in un bicchiere"  barricate nei loro pensieri o nelle loro emozioni esagerate, soggetti disadattati che nella "normalità" fanno fatica a vivere, al contrario è per assurdo proprio in questo mondo "malato" che riescono finalmente a sentirsi meglio forse perché costretti da regolamenti, restrizioni e limitazioni che li rassicura e che li accomuna a tutto il resto del mondo. 

L'autrice attraverso la sua esperienza ci invita a riflettere sugli effetti psichici che l'effetto lockdown ha avuto su ognuno di noi, il passaggio dal "Dentro di testa" la vita frenetica di tutti i giorni puntellata di inviti, presentazioni, incontri obbligati , messaggi, telefonate e occasioni sociali a cui per educazione non si poteva assolutamente mancare ai DPCM del Grande Beppe che limitando la nostra libertà ed i nostri spostamenti ci ha dato l'occasione di sottrarci a persone, esperienze, obblighi che ci stavano estenuando e dai quali per cortesia ed etichetta non eravamo in grado di liberarci.

Ci si presenta quindi un nuovo spazio, i mesi di lockdown per Chiara sono l'occasione per provare a costruire un personalissimo"protocollo di autodifesa psicologica ed emotiva che questa incredibile tragedia ci potrebbe suggerire". Il famoso "metro di distanza" diviene per Chiara il pretesto per riflettere sullo spazio fra noi e gli altri, sulla differenza fra le persone che vogliamo far avvicinare "violando" quel metro, le persone da amare e da abbracciare e quelle con le quali vogliamo "mantenere le distanze".

La Gamberale ci suggerisce quindi di fare nostre queste "restrizioni" al fine di proteggerci da "Là di fuori" quando diventa troppo invadente e stressante, proteggerci dalle persone negative che non ci danno niente e che ci sottraggono energia e vitalità per concentrarci e dedicarci completamente ai nostri affetti sinceri al di là dei famigerati "congiunti". 

La "crisi" quindi come opportunità per fare pulizia di relazioni e persone tossiche e ritornare all'essenza.

Un libro diverso da tutti gli altri romanzi, una vera chicca a mio avviso.

Chiara Covi

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Ancora una volta Chiara Gamberale riesce a dare voce in modo magistrale alle emozioni. E lo fa in un momento storico in cui il proprio sentire diventa protagonista delle esistenze di ciascuno di noi. Mai come ora, in questo tempo sospeso che scorre lento e lontano da tutto, l’essere umano si è trovato costretto a guardarsi dentro, proprio perché non più distratto da ciò sta là fuori. E Chiara, sorprendentemente e quasi colpevolmente, ci si ritrova in questa dimensione inattesa: per la prima volta si sente protetta, a proprio agio. Guarita. E come lei, anche gli Amici dell’Arca senza Noè, vivono la tragedia del Coronavirus che nei primi mesi del 2020 ha sconvolto il mondo, come una sorta di benedizione. La distanza dall’altro imposta dall’emergenza sanitaria non viene percepita come assenza o mancanza ma come una ghiotta opportunità per ricavare tempo per sé ed imparare a dire dei no che altrimenti non avremmo mai saputo pronunciare. Perché questo è il tempo del cambiamento: “Quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà ritornare alla vita precedente. Chi…lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato o oppresso…Chi deciderà di mettere al mondo un figlio…Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui.”

Claudia Prandi

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L'ho letto velocemente perché l'argomento è attuale e scontato. Da parecchio sospettavo che sarebbe diventato l'argomento di un libro. Così ero curiosa di capire come uno scrittore lo avrebbe affrontato. Mi è piaciuto molto il libro e riconoscermi nelle difficoltà quotidiane descritte mi hanno toccato particolarmente. Ognuno ha una propria esperienza del lungo lockdown e la chiusura ci ha messo a dura prova ed ora ricominciare ad uscire di casa " nel mare" ci ha fatto sentire strani quasi stranieri nel nostro paese. Ognuno ha imparato nuove regole di vita all'interno delle nostre case, ma fuori del nostro"bicchiere" è diverso, nuovo anche se vecchio e quello di prima ci piaceva molto. La scrittrice, a mio parere, ha reso l'idea di come stiamo vivendo.

Cristiana Chesani

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Non è certo la storia ad aver catalizzato la mia attenzione, considerato che la trama in questo libro non c’è ma le sapienti pennellate con le quali l’autrice che io peraltro amo, utilizza per descrivere i personaggi del libro, il fidanzato con il suo narcisismo patologico o l’amica malata o sé stessa, fragile e vulnerabile ma al tempo stesso con il coraggio di ammettere e riconoscere il suo intimo mal de vivre.

Chiara Marcozzi

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Diario ai tempi della pandemia, riflessioni apparentemente prive di filo conduttore mescolate a frammenti di Facebook, posts come se ne leggevano tanti, slogan e tormentoni con cui ci hanno bombardano durante il lockdown. Solo alla fine il libro assume un significato ma risulta pesante nella sua banalità forse proprio perché riporta i pensieri di una parte dei cittadini che si fa domande sulla straordinarietà della situazione cv e abbiamo vissuto.

La prosa infastidisce per la ridondanza e l'eccessivo ricorso alla frase nominale e al monologo interiore con una punteggiatura fuori dagli schemi.

Marina Marcozzi

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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