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Di cuore e di coraggio di Giacinto Siciliano
Rizzoli

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Monasterace Marina “M.Arte”
coordinato da Antonio Palmiro Spanò
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Freddo, troppo descrittivo, superficiale e senza pathos. Non è un romanzo ma cronaca con molta retorica, auto celebrativo. Brutto. Scrive come parla!

Noto con stupore la descrizione del pianeta carcere, molto parziale. Le rivolte quasi sempre sono una risposta ai soprusi di guardie e direttori che “non vedono”. Pestaggi ingiustificati, abusi e costrizioni umilianti come le visite anali, il pisciare e sputare nel latte o caffè buttato sul tavolo dopo improvvise perquisizioni, strappare le foto dei cari appese alla parete o bruciacchiate con le sigarette, non ultimo l’affollamento e la condizione igienico sanitaria.

 Questo accadeva negli anni 70/80.

O ad esempio nell’occasione della rivolta di Trani. Lì lo Stato ha toccato il fondo! Il pestaggio bestiale dei detenuti, guardie lasciate libere come un branco di iene a sfogarsi sotto gli sguardi del direttore, del questore, del Prefetto. Tanto che questi ad un certo punto urlò di smetterla per frenare lo sfogo, una vendetta di inaudita violenza, forse per evitare che ci scappi il morto. È stato documentato. Bastava documentarsi, leggere i commenti della delegazione parlamentare e i quotidiani. Invece nei sui ricordi (il padre) è quello che ha messo le cose a posto! Mandato per “sedare la rivolta” insomma un eroe.

«Lei è l’esempio dello Stato che funziona!» Gli dicono dalle alte sfere.

Lo scrittore cade in un’autocelebrazione del proprio ruolo. Non mi è piaciuto affatto.

Antonio Palmiro Spanò

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L’opera di Giacinto Siciliano è piatta nella sua scrittura, a volte stonante e spesso narcisista, senza nulla togliere alla sua “elevata” competenza. Comunque penso che non racconta con oggettività e distacco la realtà comune e quotidiana di una struttura carceraria. Chi l’ha vissuta la racconta con approfonditi argomenti conditi con dovizia di particolari.

Vito Micelotta

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Ho scelto il libro “Di Cuore e di coraggio” di Giacinto Siciliano.

Inizialmente colpita dal titolo, poi dalla narrazione della vita vissuta da un uomo a contatto con la più svariata miseria umana, ma che ha saputo cogliere la scintilla di umanità in ognuno dei molti uomini persi incontrati nell’arco della sua vita lavorativa, senza mai perdere il senso di ciò che era e credendo e sperando fortemente nel recupero di ognuno.

Ad ogni uomo, anche al peggiore bisogna dare fiducia, insegnargli ad avere rispetto delle regole, a capire che non si è da soli nel mondo, ad avere il senso dello Stato e, soprattutto rispetto per gli altri uomini in quanto tali.

Ognuno è un mondo a sé, chi si perde ha bisogno di essere preso per mano, occorre indicargli una via per ricostruirsi e sentirsi di nuovo libero e parte del tutto.

Alba Natale

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Ho letto il libro, il contenuto è interessante. Ma, troppi aggettivi, troppe divagazioni non favoriscono la concentrazione. Spunti di riflessione interessanti.

Nunzia Errico

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Non scelgo questo libro, lo ritengo un po’ noioso, con argomentazioni già viste e riviste.

Non ha suscitato in me emozioni.

Rosina Riitano

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Di cuore e di coraggio mi ha colpito per l’apparente semplicità con cui tratta il tema del senso dello Stato.

La narrazione è lineare ma appassiona perché il tema è strettamente attuale.

Genny Pasquino

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Opera molto auto celebrativa, difficilmente scorrevole nella lettura, che conseguentemente risulta pesante e poco credibile.

Non vi è spazio per il lettore di aggiungere qualcosa di proprio a quello che il testo propone, non potendo verificare la veridicità del testo.

Maurizio Fratacci

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Testo noiosissimo che addormenta. A volte l’auto gratificazione lo impoverisce. Non mi piace affatto.

Giorgio Bruzzese

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“Di Cuore e di Coraggio” anch’esso semplice e scorrevole, fa conoscere il mondo carcerario attraverso l’autobiografia dell’autore.

Un ambiente particolare, dove l’individuo con i suoi problemi e sentimenti rischia di non essere considerato persona, ma soltanto un numero da governare.

L’autore evidenzia che è fondamentale organizzare occasioni di crescita al fine di far emergere quello che di positivo vi è in ogni soggetto e rendere più vivibile la permanenza.

Preferisco Bomba Atomica.

Gilio Demasi

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Tra i due libri che ho letto, ho scelto “Di cuore e di coraggio” scritta da Giacinto Siciliano che ho preferito al libro “Bomba atomica” di Roberto Mercadini. Ho scelto quello di Siciliano, probabilmente colpito dall’attualità della storia. Una storia che ha visto l’autore del libro, Siciliano dirigere diverse carceri come quello di Sulmona e poi di San Vittore e Opera sempre con l’obbiettivo di cercare di recuperare i detenuti, vivendo i drammi di una vita carceraria che ha portato diversi detenuti a fare gesti estremi e anche avendo subito l’onta di un procedimento giudiziario che l’ha molto provato dal quale è uscito con una prescrizione che non ha gradito. Quello di Siciliano per quanto ho appurato è anche un grido d’allarme su una situazione come quella carceraria su cui molto c’è da fare visto il ruolo di rieducazione che dovrebbero avere le stesse carceri.

Vincenzo Raco

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Un libro bruttissimo.

Chicco Galmozzi

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“Di cuore e di coraggio” pur avendo uno scritto narrativo a volte inesatto e complessivamente leggibile. Riesce a “romanzare” le vicende narrate che sono di base autobiografiche su vicende di cronaca nera/mafiosa nazionale. Il sapore storico avvolge molto bene il filo conduttore ed è questo l’aspetto maggiormente positivo del testo. Dovendo scegliere preferisco “Bomba Atomica” di Mercadante. Dunque VOTO 0

Pino Quaranta

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Fa riflettere, meditare e nello stesso tempo rafforza la coscienza verso quella che è la nostra esistenza. Riflettendo che nella vita nessuno è perfetto come la perfezione voluta da Dio. Siccome devo scegliere vado per Bomba Atomica. Dunque voto 0.

Saverio Cuteri

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Ho avuto modo di leggere Bomba Atomica e Di Cuore e di Coraggio. I due romanzi li ho trovati molto interessanti, emozionanti. Il libro però che ha rapito la mia immaginazione, la voglia di leggere sino in fondo di scoprire cosa succede dopo e stato “Di Cuore e di Coraggio” senza ombra di dubbio. Giacinto Siciliano ha dedicato la sua vita lavorativa a consolidare il senso dello stato, la sua figura in quanto Direttore di penitenziario e stata veramente “Di Cuore e Di Coraggio” come il titolo azzeccatissimo. Empatico, pronto ad ascoltare, ma anche determinato. Mi ha colpito questo suo impegno quotidiano a dare fiducia ai detenuti, cosa non scontata. Lo preferisco Voto 1.

Daniela Aiello

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 “Di Cuore e Di Coraggio” non mi è piaciuto. L’ho trovato noioso e in fondo auto celebrativo.

Anna Giorgina Simonetti

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Grottaferrata “Un libro al mese della biblioteca comunale”
coordinato da Lucia Zenobi e Cinzia Silvagni
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C'è molto senso dello stato in questo libro.

L'ho trovato profondo ed emozionante.

Affronta un tema scabroso: quello del mondo carcerario da molti inteso come luogo dove rinchiudere gli scarti della società.

In tempi in cui da alcuni politici si sentono frasi che invitano a rinchiudere i colpevoli e gettare via la chiave, l'autore del libro ha il coraggio di presentarci l'esperienza del recupero.

Recupero inteso come percorso, anche difficile, di rinvenimento di una umanità perduta o appannata.

L'ho letto tutto di un fiato, con grande partecipazione, felice di scoprire esperienze siffatte.

Enrica Mecozzi

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Storia di una vita normale ma non tanto.

Ricordi di un direttore di carcere

Il libro è una bella testimonianza di un Direttore di carcere che ha avviata importanti iniziative per far si che il carcere sia, non solo un luogo per scontare una condanna, ma soprattutto un luogo dove cercare di aiutare chi ha sbagliato a cambiare, rendendosi consapevole dei propri errori. È un tema spesso marginale per chi non ha mai avuto problemi con la Giustizia, ma che invece riguarda tutti.

Salvatore Greco Spanò

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In questa intensa autobiografia Siciliano ricorda la lunga carriera al servizio dello Stato nell’amministrazione delle più dure carceri italiane. L’autore ripercorre tante esperienze sempre affrontate con la convinzione che dietro il detenuto c’è l’uomo, fragile ma recuperabile e che vale la pena spendersi per fare del carcere un luogo dove possa ritrovare la sua dignità.

Maria Daniela Costanzi

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Un libro molto profondo ed emozionante, pieno di spunti di riflessione. Scritto da un uomo che ha fatto del suo lavoro una vera e propria missione di vita. Questo traspare in ogni singola pagina. Il concetto che più mi ha colpito è il ribadire che occorre dare fiducia ad ogni detenuto e aprire un dialogo che lo porti a comprendere i propri errori e a riappropriarsi del valore delle regole e quindi il senso dello Stato.

Robertoa Baronciani

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Appena saputo della sua pubblicazione, ho cercato questo libro nella mia biblioteca di riferimento, ma purtroppo esisteva solo  una copia nel carcere di Rebibbia. Immaginate la mia sorpresa quando dovevo leggerlo per il torneo.!!! Mi è piaciuto moltissimo… l'autore è veramente una persona ‘illuminata’. Ce ne fossero cosi in Italia...

Mai titolo fu più appropriato. I suoi strumenti sono il Cuore e il Coraggio. A differenza di altri suoi colleghi lui ha "la capacità di portare le persone a sperimentare il rispetto delle regole".

Donatella Mambrini

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A volte riusciamo a incontrare una persona che ha il coraggio di vedere utopie e seguirle per tanta parte della vita. Le utopie sono sogni, ma se non ci fossero non saremo cresciuti nella nostra società. Dobbiamo quindi ringraziare Siciliano per aver proposto questa sua esperienza densa di un modo nuovo di guardare al futuro, una strada che si deve indicare a ciascuno, anche al più irriducibili.

Mauro Testa

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Pioltello “Biblioteca di Pioltello”
coordinato da Fiorenza Pistocchi
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Il lavoro del direttore di carceri non è un lavoro facile: porta chi lo fa a contatto con uomini che hanno commesso delitti gravissimi, spesso pluriomicidi, uomini irriducibili, che non sono interessati a compiere passi verso la legalità. Giacinto Siciliano è stato direttore del carcere di Opera, dove sono detenuti i capi mafiosi sotto il regime del 41bis, quello più duro. Attualmente è il direttore di San Vittore. In questo diario ci racconta i rapporti che ha dovuto intrattenere con questi uomini. Alcuni si sono pentiti, hanno collaborato, hanno svelato segreti inconfessabili, hanno contribuito a minare Cosa Nostra. La vita dell'autore ha affiancato le vite di questi uomini, con cuore, disponibilità all'ascolto, capacità di discernere il vero pentimento dal falso, e con coraggio, per affrontare ogni evento, anche un processo a cui lui stesso è stato sottoposto. Un libro interessante, narrato con partecipazione e umanità.

Lucia Lanzanova

 

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Grandi Lettori
di Robinson
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L'arte non è solo creazione, ma anche rigore, studio che non è necessariamente erudizione ma soprattutto capacità di critica. I tempi cambiano e le richieste delle masse si rinnovano, nell'era digitale l'esordio letterario di Gabriele Sassone non è fatto di pagine, ma di slide che ripercorrono la vita dell'industria della cultura attraverso il potere di parole che diventano quadri. Non si rimane piccoli tanto a lungo e i sogni dei bambini spesso si trasformano nei rimproveri dei vecchi, nelle apprensioni di chi gli unicorni è stato costretto ad ammazzarli: il disincanto è questo; la magia è che "crederci" non è vietato.

Lorenza Ferraiuolo

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Giacinto Siciliano rivive la sua esperienza di direttore di carceri italiane, fra rapporti con detenuti e progetti di reinserimento culturale e lavorativo. Il saggio si legge come un’autobiografia, in cui non mancano minuziose ricostruzioni e riflessioni importanti (ho trovato significative quelle sul ruolo dell’uomo di Stato, soggetto al rispetto dei suoi impegni sempre e comunque). Tuttavia non ho gradito i riferimenti alle proprie vicende giudiziarie: l’autore sembra quasi giustificarsi e proporre il suo lavoro e le sue meritevoli proposte come una riabilitazione personale. Autoreferenziale.

Andrea Muraro

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“Di cuore e di coraggio” di Giacinto Siciliano non è semplicemente un libro di parole che si susseguono in maniera ordinata, ma c’è letteralmente cuore e coraggio nel decidere di intraprendere un mestiere come quello di direttore carcerario e scontrarsi con i più feroci criminali della storia italiana. Il coraggio di non fermarsi davanti alle apparenze, di non mutare i propri valori e il cuore di dare una seconda possibilità agli ultimi della società. È un libro scritto con l'anima e il lettore non può che porsi delle domande rimettendo in gioco le proprie convinzioni. Da leggere tutto d'un fiato.

Beatrice Adeante

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Un libro che raccoglie i ricordi di Giacinto Siciliano sulla sua esperienza da direttore di carcere. Siciliano ripercorre a cuore aperto il suo vissuto e al contempo riflette sul rapporto con i detenuti, sulla funzione della pena e sul suo ruolo di servitore dello Stato. Dalle parole di Siciliano, scritte con uno stile semplice e asciutto emergono emozioni vivide che accompagnano il lettore alla conoscenza di una dimensione, quella carceraria, spesso soggetta a pregiudizi e stereotipi. Una riflessione sulla condizione umana di chi a ha sbagliato, sul perdono e sulle possibilità di riscatto.

Gigi Brandonisio

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Di cuore e di coraggio è la storia Giacinto Siciliano che per ben 26 anni ha servito il nostro paese con "amore e coraggio", da Opera a San Vittore, senza mai tirarsi indietro davanti alle mille difficoltà. Per lui essere il direttore di un carcere non è un lavoro qualunque ma è una missione. è una storia che non lascia indifferente il lettore. Offre tanti spunti di riflessione sul mondo delle carceri anche a chi non è del mestiere.

Alessandra Caliendo

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Di cuore e di coraggio è il racconto di una vita in carcere. La vita di un direttore che conosce ogni angolo del penitenziario e sonda l’animo dei detenuti. Giacinto Siciliano ha appreso il suo mestiere dal padre e da alcuni colleghi illuminati e lo porta avanti da anni, al servizio dello stato, nonostante le difficoltà. Da Monza a Sulmona, da Palermo a Busto Arsizio, seguiamo il racconto in prima persona addentrandoci fra le pagine e i ricordi, nei corridoi dei penitenziari e nell’animo umano, cercando di vedere il buono e il bello anche dietro le sbarre, da una prospettiva nuova.

Laura Lancini

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Giacinto Siciliano dichiara già nel titolo le componenti principali della narrazione: la devozione e la passione per il proprio lavoro, il coraggio per superare i pregiudizi e la pazienza per scalfire anche le resistenze più invincibili. L’autore racconta con umiltà ed emozione fatti personali ed esperienze di lavoro, fragilità e amarezze, trovando nella scrittura uno strumento di catarsi e di riabilitazione per sé stesso e per le persone incontrate sul proprio percorso. La piacevolezza dello stile e i ricordi dell’infanzia leccese donano respiro ad una storia incalzante e cupissima che è una lezione sulla dignità da riconoscere al prossimo e da rivendicare per sé.

Silvia Vantaggiato

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Milano 3 “La banda del book”
coordinato da Moira Maggi
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Ci sono professioni che si ha la fortuna di scegliere, altri mestieri si fanno per necessità. La carriera di Giacinto Siciliano nell’ambito carcerario è stato un passaggio di testimone non cercato. Il destino ha voluto che le circostanze lo portassero a seguire le orme del padre, e ancora prima del nonno, come direttore d’istituto penitenziario in un ambiente difficile che gli era familiare fin da piccolo. Siciliano ben sapeva cosa lo aspettava: minacce, frustrazioni, responsabilità.

Arrivare a fare il dirigente carcerario ai suoi livelli, credendoci fino in fondo, arrivando a sacrificare vita privata e famiglia, non è una semplice missione, ma una vera e propria vocazione. Ci vuole prima di tutto un grande cuore e un grandissimo coraggio.

In questo bellissimo libro Siciliano racconta la sua carriera: dai primi passi, con qualche piccolo inciampo, ma anche con tanti successi per attuare dei progetti che migliorassero la vita carceraria. Uomo di grande umanità, che ha portato avanti la sua missione sospendendo il giudizio, perché il compito di un operatore carcerario non è quello di giudicare, ma fare del proprio meglio per correggere, con strumenti che possano cambiare veramente le persone. Perché i detenuti sono prima di tutto persone.

Una lettura davvero interessante, che offre molti spunti di riflessione.

Cristina Casanova

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Giacinto Siciliano ci regala con questo suo libro parole che non smentiscono il titolo. Leggendo infatti si comprende come ci voglia sia cuore

sia coraggio per affrontare la realtà del carcere, suicidi compresi. Una scrittura semplice ma di spessore che fa, anche, emozionare; molto apprezzabile quel filo di speranza che serpeggia in tutto il libro, il carcere che non è e non deve essere punitivo.

Sabrina Manzo

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Interessante testimonianza delle esperienze umane e lavorative di un direttore di carcere. Le vicende ci portano a conoscere personaggi noti alle cronache, ognuno con il proprio vissuto e ci conducono in luoghi considerati “di pena”, ma che l’autore ritiene cruciali per il recupero ed il reinserimento nella società. Un racconto personale di riflessione civile e ricco di umanità.

Silvana Paolillo

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“Storia di una vita normale, ma non tanto”… è un sottotitolo che va ben oltre la mera funzione esplicativa. È un libro che andrebbe letto più volte e con diverse finalità: conoscere la storia di un direttore di carcere che si ritrova quasi per caso ad intraprendere una carriera a lui ben nota, seppur con echi dolorosi; affacciarsi al mondo carcerario, superando ignoranza e pregiudizi; confrontarsi con luoghi comuni o semplicemente con sbarre mentali che spesso abbiamo e non ne siamo consapevoli; inoltrarsi nel concetto di detenuto colpevole/autore di reato (e reati di ogni genere!); approcciare il concetto di giustizia e di percorsi di recupero; farsi un’idea dei cambiamenti del sistema carcerario; fare una piccola immersione in eventi del recente mondo carcerario; sottolineare e riflettere su argomentazioni di carattere giuridico, sociale e psicologico.

Mediante un profondo senso dello Stato, e grazie alla sua umiltà e alla capacità di mettersi in discussione, Giacinto Siciliano ci permette di comprendere cosa voglia dire gestire e tentare sempre di avviare un percorso di recupero, anche nel caso di detenuti considerati irriducibili.

È un racconto che suscita forti emozioni e che obbliga a fermarsi e soffermarsi in diversi punti, sia che si riferiscano ad esperienze dolorose e sorprendenti sia quando chiosa con considerazioni che scaturiscono da un lavoro di approfondimento, confronto, crescita personale.

Il carcere può servire, a condizione che lo si viva e non lo si usi come un carcere.

Quello di direttore penitenziario diventa un lavoro “di cuore e di coraggio”, in cui impegnarsi per dare fiducia a ogni detenuto e aprire un dialogo che lo porti a comprendere i propri errori e a riappropriarsi del valore delle regole. Perché ogni uomo è una storia, e può cambiare e avere un futuro diverso, anche nel caso di un “fine pena mai”.

Anna Paladino

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Racconto davvero interessante, emotivamente forte e profondo che svela la dedizione al lavoro, sia da uomo che da funzionario, di Giacinto Siciliano che ha dedicato la propria vita al rispetto dello stato adoperandosi affinché questo rispetto fosse fatto proprio da coloro che allo stato si erano sostituiti e lo avevano osteggiato e combattuto nel peggiore dei modi.

Siciliano ci presenta e spiega un nuovo modello di carcere e ci fa riflettere sul senso di un carcere non solo punitivo, non solo luogo di espiazione ma strumento propositivo e riparativo. Ci parla di come il recupero, perché questo è il vero obbiettivo, può passare solo attraverso la relazione, una relazione necessaria anche con il peggiore dei delinquenti. Ed ecco che il direttore penitenziario si spoglia delle vesti ufficiali di servitore dello “stato del no” e indossa quelle di uno stato più umano, pronto a investire sulla persona, a mettere a disposizione il suo cuore e ad armarsi di coraggio rischiando la propria reputazione e mettendo a repentaglio la propria sicurezza pur di restituire la dignità, che è qualcosa che va garantita a chiunque.

È anche un libro sorprendente perché la tristezza e le brutture connesse al carcere sono quasi da subito accompagnate da messaggi di speranza che ci parlano di percorsi di riscatto, di dignità recuperate e di perdoni sentiti. Messaggi universalmente validi che rendono il libro un’ottima lettura da cui trarre preziosi insegnamenti.

Maria Grazia Giovannini

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L’autore è un direttore di carcere che in questa autobiografia ci pone di fronte alla sua storia professionale che lo ha portato non solo a dirigere diverse carceri italiane, attraversando difficoltà e incontrando successi, ma anche a maturare progressivamente una nuova visione del rapporto con i detenuti. Pur consapevole della natura necessariamente punitiva del carcere, è tuttavia convinto che sia anche interesse dello Stato tentare percorsi di recupero dei detenuti, anche i più incalliti criminali, coinvolgendoli in iniziative artistiche o di lavoro attraverso dei veri e propri “patti” che li potino a “riconoscere” quello Stato di cui hanno trasgredito le leggi. A questa tematica principale si intreccia una dolente riflessione su una ingiusta accusa a lui mossa in un pungo procedimento giudiziario.

La prosa non è particolarmente elaborata perché centrali restano i fatti, che portano i lettori a guardare al mondo del carcere da un nuovo punto di vista, più partecipe e interessato.

Renato Mastro

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Bella testimonianza e riflessione sul mondo carcerario e l’utilità delle pene. Un uomo decide di intraprendere la carriera del direttore di penitenziario e ci descrive gioie e dolori del ruolo.

In questo periodo in cui chiunque scrive la propria storia, più o meno vera, si scopre volentieri quanto può essere interessante la storia di un direttore di carcere, la vita di un uomo onesto, fatta di sacrifici, conquiste ed anche sconfitte. Una delle qualità che più si apprezzano nel protagonista/scrittore, è il coraggio delle scelte, il lavorare rischiando sempre per raggiungere i propri obiettivi, nella difesa delle istituzioni. Bello lo scontro tra la forza impressa dalle idee e la debolezza legata all’essere umano che si spinge oltre la pedissequa applicazione di regole.

Unico difetto, una leggera ripetitività delle situazioni.

Alla fine, un libro che si apprezza perché forte e sincero che serve per ribadire a tutti il concetto che un mondo migliore lo costruiscono le persone oneste e dedite al proprio lavoro con passione.

Da far leggere alle nuove generazioni.

Voto: 1

Anna Ciccarese

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Perino “FestivalTrebbia”
coordinato da Irina Turcanu
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 “Ho fatto il direttore in tanti modi diversi quanti i posti dove sono stato.”

Questo il senso più profondo del pregnante percorso professionale e umano (perché il direttore di un carcere deve avere una notevole dose di umanità) di Giacinto Siciliano.

Tra le pagine si rivela agli occhi quanto sia complicato e delicato svolgere questo ruolo centrale nella macchina organizzativa e tra i doveri dello Stato.

Perché il carcere e la sua popolazione sono un pezzo della storia di questo Paese, visto da una prospettiva assai diversa e con il cuore e il coraggio riesci ad andare oltre il muro dell’apparenza e a vedere il lato buono in ogni persona, dando ai detenuti una seconda possibilità.

Su tutte, In questo memoir, le magnifiche pagine sul concetto di perdono e la loro applicazione nel caso dei detenuti con “fine pena mai”, l’espressione giudiziaria per indicare l’ergastolo. Per Siciliano ogni uomo è una storia, ma è anche un futuro. Il suo dovere è indicargli anche la via per riappropriarsi di una vita solida e libera.

Giovanni Crotti

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Scorrevole e appassionante, una lettura che lascia il segno e sensibilizza il lettore su un argomento poco trattato in letteratura.

Irina Turcanu

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Giacinto Siciliano, l’autore, è direttore del carcere di San Vittore e nel suo libro la propria esperienza è la base della narrazione. Il carcere in Italia l’autore lo vorrebbe correttivo ma si scontra con la realtà delle condizioni effettive e ripercorrendo la sua carriera, Siciliano rievoca ricordi raccontandoci un pezzo di storia d’Italia.

Sonia Galli

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Ho amato questo libro per la sua capacità di mettermi a parte di un mondo, quello dei detenuti e dei processi, che non conoscevo e di farlo in una maniera particolare perché lautore riporta fatti, chiari e insindacabili, riferiti alla nostra storia, alla storia di tutti gli italiani; accanto a questa mette in luce vissuti intensi e spaccati di vita che lasciano intravedere la persona dietro al detenuto, lemozione dietro ai fatti.

Corinne Monti

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Di cuore e di coraggio: spaccato importante di un sistema complesso come quello carcerario che, scomodando Voltaire, determina il grado di civiltà della nostra società.

Elena Merli

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Se, come me a tratti, siete tra quelli che di fronte a certi casi di cronaca o di storia, commentano: chiudiamolo dentro e gettiamo la chiave.

Se, come me a tratti, siete vinti dal pregiudizio che condannerebbe a eterna dannazione lautore dei crimini più efferati.

Se siete tra quelli che pensano che tutti i lavori siano uguali e meritino tutti la stessa considerazione.

Se siete tra quelli che pensano che le persone non possano cambiare.

Allora leggete questo libro. Perché ci vuole cuore a non giudicare, ci vuole coraggio per cambiare le cose. Soprattutto se a cambiare può essere la vita di un condannato alla eterna dannazione.

Laura Derata

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Un libro che condensa i ricordi di una lunga carriera nell’amministrazione penitenziaria del nostro Paese, tra detenuti di ogni provenienza, dagli stranieri di San Vittore ai mafiosi condannati al 41 bis del carcere di Opera. Pagine in cui il protagonista tenta sempre di avviare un percorso di recupero, in un appassionato lavoro di cuore e di coraggio”. Il messaggio è un profondo senso dello Stato e una incrollabile fiducia nell’uomo e nella sua possibilità di riscatto.

Anna Leonida

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Libro di Giacinto Siciliano, direttore penitenziario, che ha dedicato la sua esistenza a cercare di recuperare e instillare il senso dello Stato e della legalità nei detenuti. Impegnato nella conduzione di diversi penitenziari (Opera, San Vittore...) e costretto a confrontarsi con ogni tipo di criminale, l’autore, in questa specie di testamento spirituale ed esistenziale, lascia emergere il proprio amore per lo Stato e per il rispetto della legge, spesso messo a dura prova da innumerevoli difficoltà e ostacoli. Ricco ed esaustivo, riesce a fornire un quadro duro, reale, problematico e complesso della realtà carceraria italiana. Un libro per riflettere sulle incongruenze e sulle contraddizioni della situazione carceraria e sul recupero e sul reinserimento dignitoso del detenuto nella società.

Paola Fusco

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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