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Disegnavo pappagalli verdi alla fermata del metrò di N. Bortolotti
Giunti

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Fermo "VillaVitali"
coordinato da Cinzia Centanni

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Libro interessante: sul piano dello stile narrativo, per la scelta del linguaggio informale, per il messaggio che la storia vera riesce a dare. Ritengo, però davvero insufficiente definire questo testo come un’opera letteraria… mi sembra che il torneo si occupi di questo, o sbaglio?

“Disegnavo pappagalli”, infatti non è una biografia e non riesco a definirla trasposizione letteraria di una storia vera. Direi che sembra più la sceneggiatura di una puntata dei (seppur belli) programmi di Iannacone, o l’autopromozione di un’impresa sociale (come in effetti viene esplicitamente dichiarato nella postfazione e nei ringraziamenti) e, come tale, lo vedrei bene in una collana di saggistica o di antropologia metropolitana. Ahmed Malis emerge dalle pagine con una forza coinvolgente e non puoi non provare simpatia per lui ma allo stesso tempo per tutto il libro mi sono chiesto quanti Ahmed soccombono per un Ahmed che riesce e questo, francamente è l’aspetto meno decoroso di questa operazione narrativa. Non condivido la celebrazione della riuscita di uno, con la consapevolezza del fallimento di troppi altri.  La fatica che il sociale (quasi interamente gestito dal terzo settore nel nostro paese) compie quotidianamente per svuotare l’oceano del disagio con il cucchiaio del modello educativo alternativo, ha un vulnus incolmabile proprio nella figura dell’operatore Daniele che sceglie questo mestiere con una motivazione riparatoria dei propri comportamenti asociali avuto in adolescenza.  Ecco, io penso davvero che continuare ad occuparci degli ultimi per un bisogno riparativo sia destinato al fallimento: dobbiamo iniziare ad occuparci degli ultimi con una logica di investimento positivo, umano, economico ed etico solo così, forse, svuoteremo le periferie dal dolore e dalla violazione della dignità umana. In questo senso, l’operazione compiuta da  “Disegnavo pappagalli” nuoce alla causa che intende promuovere.

Giorgio Ripani 

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E’ sempre utile conoscere più da vicino la periferia metropolitana, quella in cui (soprav) vivono i protagonisti di questo libro.

La cultura Rap, lo slang, l’universo comunicativo di una cultura altra che tenta di integrarsi con la cultura una, fanno di questo libro un esperimento interessante anche se non diventa mai un’esperienza entusiasmante. La storia è semplice, e per questo diventa straordinaria per l’obiettivo che riesce a raggiungere: il giovane Ahmed, destinato ad una escludente marginalità (determinata anche da una rassegnazione familiare) riesce a realizzare il suo sogno per una favorevole concatenazione di eventi: lui che regala le sue opere ad un barbone, il barbone che le mostra al suo misterioso benefattore, il misterioso benefattore che interviene economicamente, un Centro di Aggregazione che funziona, una giornalista che da voce a chi non avrebbe voce. E’ una storia reale, rara, probabilmente non unica ma certamente fuori dal comune. Propone un doppio messaggio positivo: non rinunciare ai tuoi sogni; a volte i sogni si realizzano. Di questo libro mi è piaciuto molto il modo di raccontare, molto hip hop nel ritmo narrativo e nello stile della scrittura iper reale proprio come ciò che disegna Ahamed. La fragilità di questo libro è il progetto che propone: le condizioni che hanno permesso ad Ahmed di realizzare il suo sogno sono troppo particolari e chi vive sulla strada non credo abbia bisogno di sapere che qualcuno si è salvato: credo che abbia bisogno di risposte concrete, ripetibili, strutturate per far sì che molti si possano davvero salvare. Gli hashtag di Islam che chiosano i capitoli sono delle scintille di luce nella nebbia della periferia milanese.

Laura Stopponi

 

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Chiesa in Valmalenco “Leggere a 1000 slm”
coordinato da Maria Grazia Carrara
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Il libro racconta l’adolescenza di un gruppo di ragazzi nel quartiere degradato di Giambellino a Milano “acqua marcia nei palazzi ALER”. Il protagonista Ahmed figlio di genitori egiziani immigrati “due madre lingue ma una madre soltanto” . Nicoletta Bertolotti ci racconta la storia vera di Ahmed e la sua famiglia (il fratello Islam la sorella Amina e i genitori). Ahmed è dotato di talento e passione per il disegno. Grazie a quel talento e grazie al fatto di aver incontrato nei momenti giusti le persone giuste Ahmed riesce ad iscriversi con una borsa di studio alla NABA.

E’ un libro per ragazzi senza pretese. L’autrice adopera il linguaggio dei ragazzi nella loro quotidianità e fa partecipare il giovane lettore alla vita di riscatto, di speranze, di dignità, di disperazioni, di sogni, di solidarietà e delle difficoltà che deve affrontare ogni adolescente in questo mondo.

 “Sai qual è la parte dura della giovinezza?

Dimmelo tu

Essere giovani”

Noi comunque consigliamo questo libro a lettori giovani che ancora stanno cercando il senso della loro vita, pronti ad affrontare le difficoltà e gli ostacoli che incontreranno sulla loro strada.

Non bisogna mai arrendersi

Anita Giotta

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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