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Foto di classe di Giuseppe Grattacaso
Castelvecchi

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Vigevano “Circolo Bibliosofia”
coordinato da Raffaella Barbero
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In questo saggio breve l’autore si concentra su lockdown e sulla didattica a distanza, con un focus sui ragazzi dell’ultimo anno delle superiori. Si parla delle paure e dei desideri di questi ragazzi, invitando il dibattito pubblico a non archiviare la dad come un evento che è accaduto e che è stato superato, ma a considerarla una nuova modalità di insegnamento e a prendere spunto da quello che di buono c’è stato per migliorare il sistema scolastico italiano.

Chiara Ghilardi

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Bologna 7 “103”
coordinato da Stefania Bassi
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Raccolta di articoli dell’autore che riportano varie riflessioni sulla scuola, effettuate durate la prima chiusura per Covid da marzo a giugno 2020.

Ho vissuto anch’io quel periodo come insegnante ed ho trovato nel libro osservazioni sensate che corrispondevano ai pensieri di tutti noi, sia come docenti che per la parte vista dagli studenti.

Ho trovato la lettura un po’ noiosa, senza particolari spunti di riflessione, ma forse proprio perché, da insegnante, avevo già lungamente riflettuto sulle stesse tematiche.

Ne consiglierei la lettura a chi non lavora nella scuola.

Anna Merli

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lainate “Odi et Amo”
coordinato da Bruna Tagliabue
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Si tratta di una raccolta di articoli rapidamente e fatalmente invecchiati (questo è dovuto in parte allo strano decorso della pandemia), che presentano informazioni, circostanze e riflessioni sulla scuola in tempi di covid, risapute anche da chi è lontano da essa. Del resto è difficile dire qualche cosa di veramente originale su questa pandemia e sui suoi “effetti scolastici”. Bisognerà attendere che la riflessione, a distanza di tempo, maturi e individui significati più profondi che ancora ci sfuggono. Gli articoli, non essendo probabilmente stati rivisti, risentono di uno stile comunicativo troppo accattivante, che cerca l’effetto di dettagli (dalla vicenda di Silvia Romano ai ricordi delle canzoni di Endrigo e Riccardo Del Turco, solo per fare due esempi) e metafore, intesi a sorprendere il lettore nell’immediato. 

Carlo Marchesi

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Grandi lettori
di Robinson
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Foto di Classe potrebbe sembrare un instant book, scritto durante il periodo di costrizione fisica e spaziale dovuto alla pandemia, sulle problematiche legate alla gestione della dimensione scolastica; tuttavia, il racconto del vissuto degli studenti in DAD, i loro disagi personali, le paure e le attese di un maturando al suo ultimo anno di scuola sono solo un pretesto che permette all’autore di affrontare il tema molto attuale del ruolo della scuola nella nostra società e dell’importanza che essa riveste non solo per la quotidianità degli studenti ma soprattutto in prospettiva, per il loro futuro.

Nicoletta Basile

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Ripercorrere il vissuto di ragazzi e insegnanti durante i mesi di chiusura della scuola a causa del lockdown: animato da tale importante intento, il libro cova purtroppo a tratti in sé il rischio della retorica. Forse è davvero troppo presto per poter capire ciò che è accaduto, e che in parte sta ancora accadendo. Ho letto il libro come “dall’ultimo banco”: standone fuori. E ne stanno fuori purtroppo anche le voci stesse dei ragazzi, delle ragazze, che appaiono solo in controluce, chiusi all’interno dei virgolettati. E parlare “di giovani” senza i giovani rappresenta un’altra, complessa, insidia.

Silvia Ostuzzi

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Lo stile si scrittura in “Foto di classe” è semplice e lineare e il tema trattato di assoluta attualità: come è stato vissuto il periodo di pandemia all’interno delle mura scolastiche? Come si sono sentiti gli studenti? Un’analisi diretta che fa emergere l’importanza di dare una voce alle migliaia di alunni (bambini e adolescenti) che sono stati privati di una lunga serie di esperienze e attenzioni che, in precedenza, si davano per scontate. Una lettura scorrevole e piacevole per ogni insegnante, genitore o studente che abbia vissuto questi anni del tutto peculiari.

Alessia Ruele

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Il saggio affronta di petto un grande tema dell’attualità, la vita degli adolescenti nel 2020, tra pandemia, DAD e tappe della vita che sono state negate. Si tratta di una trattazione molto interessante e scorrevole, che permette di avere una finestra sulla realtà che una grande fetta della popolazione, forse la più fragile emotivamente, ha dovuto subire nel periodo di pandemia.

Martina Zacheo

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Recensione: Foto di classe, Giuseppe Grattacaso: Un libro che tratta di un problema contemporaneo, ormai passato, ma che forse non è cosi passato, da un punto di vista che in questo caso conta, quello di pochi che può essere di tutti, dall’ultimo banco. Molti questo posto l’hanno lasciato, a causa del Covid, vivendo in uno stato semi cosciente, quasi come tutta la popolazione mondiale, ma rimanendo più indietro, dimenticati dai bollettini del giorno, dalle problematiche. Sono una studentessa e ho occupato anche io quell’ultimo banco alle superiori, e come l’ho scrittore, ho avuto la fortuna di farlo quell’esame di stato, che ricordo sorridendo anche se in quei giorni ho maledetto, per molti non è stato così. La scuola per qualche mese si è interrotta, ha dovuto ripensare a come andare avanti, poter funzionare, dovrebbe porsi più spesso la domanda ‘‘come posso funzionare meglio’’, ascoltare i ragazzi, dare del tempo per apprendere e per crescere, non solo correre dimenticando che dietro questa istituzione ci siano persone, pensanti, che non possono solo trascinarsi.

Caterina Ottaviano

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“Foto di classe. La scuola della ripartenza raccontata dall’Ultimo Banco” porta all’attenzione dei lettori un’immagine critica e reale di quella che è stata la scuola durante la pandemia: adolescenti lasciati in balia dei propri tablet e smartphone, chiusi nelle proprie stanze ad ascoltare uno schermo che impartisce nozioni e concetti. L’autore riprende pensieri e parole di giovani studenti e maturandi che, con non poche paure e insicurezze, hanno portato a termine l’anomalo anno scolastico; chi lo avrebbe detto che quel luogo tanto odiato e poco colorato, dall’aria non sempre fresca e limpida, dai banchi e pavimenti non sempre igienizzati alla perfezione potesse generare sentimenti malinconici e contrastanti? Chi lo avrebbe mai detto che la scuola, come edificio e come comunità, sarebbe mancata a tutti i suoi “abitanti”?

Dall’Ultimo Banco si osserva la propria aula, se ne mettono in evidenza pregi e difetti, forse più difetti che pregi, ma solo nel periodo di emergenza di capisce e si riconosce quanto sia centrale e vitale la Scuola, non solo come luogo di apprendimento, ma come Comunità che pensa e agisce insieme.

Marianna Stati

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Foto di classe sarebbe potuto essere un libro interessante. Si è rilevato essere scritto in fretta e francamente ripetitivo. Una fortuna fosse breve. La visione da questo immaginario ultimo banco manca di proposte o idee sulle ripartenze. Siamo d’accordo che la scuola dovrebbe essere centrale nel percorso di crescita ma il dibattito dovrebbe andare al di là della perdita dei riti legati all’esame di maturità o l’impossibilità di incontrare i compagni di scuola nei corridoi della scuola. Forse è troppo presto per parlare degli effetti della pandemia ed è necessario aspettare di avere quella visione di insieme e distacco emotivo per analizzarne le conseguenze e gli effetti.

Marina Falbo

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Un viaggio nel mondo della scuola nel biennio della pandemia. Un libro che racconta con parole dirette a tratti taglienti come hanno vissuto gli adolescenti: le loro paure, la loro noia, i loro bisogni. “La provvisorietà emotiva” tipica della giovane età a contrasto della nuova quotidianità imposta dal lockdown; quanto abbiamo sofferto tutti ma quanto hanno sofferto di più i ragazzi nel vedere gli adulti, normalmente esempio di forza e stabilità, completamente disorientati? La scuola non è solo un edificio, un luogo dove avviene il momento formativo. La scuola, nella sua interezza, è e deve essere riconosciuta come una fase della vita delle persone, di cui non si può essere privati.

Martina Miselli

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Rapallo “Amici del libro”
coordinato da Mariabianca Barberis
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Nel 1976 anno di cui l’autore ci presenta quelli dell’ “ultimo banco”, insegnavo in un Liceo Scientifico e gli alunni della seconda superiore si erano proprio disposti nel modo da lui descritto nel libro, nella sua essenzialità , per quanto riguarda la DaD, rispecchia ciò che mi è stato riferito dai miei nipoti, sia per il 20 che per il 21: quello che ha sofferto di più per i periodi di DaD è stato quello di terza media .Gli altri due rispettivamente in I e in IV superiore se la sono cavata bene on line anche se poi cercavano di trovarsi con alcuni dei compagni al di fuori della scuola. Ho anche una idea del corpo insegnanti nelle attuali superiori. Sorvolo quindi sull’ultima parte; concordo tuttavia che un rinnovamento è necessario.

 BERT.

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Più che foto di classe, sono gli scatti di aule vuote a causa del lockdown, che ha costretto gli studenti a restare chiusi nei loro monotoni ambienti familiari e a seguire le lezioni in didattica a distanza, con tutte le difficoltà che questo ha comportato. Sono ben descritte le dinamiche psicologiche e sociali che intercorrono fra i giovani nelle aule scolastiche e che si sono perse nell’isolamento. Si sente l’esperienza e la partecipazione dell’insegnante. Foto di classe sono quelle di Silvia Romano, sequestrata e tenuta prigioniera per 18 mesi; della scuola, esteticamente brutta e poco salubre; dell’auspicio di tornare ad insegnare e leggere poesia; dell’adozione della didattica tedesca; della perdita delle emozioni dell’esame di maturità per gli studenti in lockdown; della nostalgia dell’autore per suoi esami, ormai lontani. Il testo, a mio giudizio, non è scritto in modo organico, molti concetti sono ripetuti e nell’insieme poco approfonditi, avrebbe potuto stimolare la politica a dotare la scuola italiana di una migliore didattica e un miglior percorso di formazione, ma si perde nella ripetizione di luoghi comuni.

Anna signori

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Testo che affronta il complesso argomento delle problematiche della didattica al tempo del covid, con tutti i danni educativi e affettivi provocati dal periodo di chiusura generale. L’autore però affronta il tema non aggiungendo nulla di nuovo al pensiero comune e scivolando nelle solite critiche sulla fragilità e superficialità delle nuove generazioni.

Barbara Florida

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È un libro che merita attenzione trattando un problema, la scuola, fondamentale per una buona società civile e oggi protagonista nelle problematiche del Covid per le sue pesanti limitazioni e addirittura chiusure. Ma il testo non può rientrare nella valutazione di un’opera letteraria intesa come creazione artistica con tutto ciò che ne consegue, perché è un semplice insieme di resoconti e riflessioni su ciò che è, che è stata e che dovrà essere la scuola. I racconti e i concetti, nei loro passaggi, sono ovvi e ripetitivi e si mescolano piuttosto banalmente con quelli altrettanto ovvi e ripetitivi sui danni del Covid e sulle sue conseguenze. Il libro ha comunque il merito di toccare il nervo scoperto di chi come insegnanti, genitori, educatori in genere sa bene l’assoluta importanza della formazione scolastica, le sue difficoltà, le sue magagne soprattutto di oggi ma non aggiunge nulla di nuovo alla constatazione dei fatti di cui soffriamo.

Gabriella Vezzosi

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Se il saggio è uno scritto critico in prosa, l’opera di Grattacaso non può essere così definita. Le pagine snocciolano impressioni e sensazioni di ragazzi maturandi che hanno frequentato le lezioni in Dad, tema onnipresente sulle pagine dei giornali e dei social dell’inverno e primavera 2021. Tutto il panorama di paure, angosce, furbizie, noia, passività, turbe mentali, stress già lo abbiamo letto, sentito, magari visto e vissuto. Poco spazio dedica invece all’analisi dei comportamenti di generazioni festaiole che faticano a rinunciare agli shottini anche in pandemia. Alcuni capitoli paiono slegati dal contesto, come “Politically correct”, che descrive le giovani cooperanti in Africa o “La maturità del ‘76” autocitazione che non cattura il lettore. Brillante il finale, con il suggerimento di ricominciare con la poesia “Un topo in ogni aula”, che riecheggia il film “Dead Poets Society”. In qualità di docente mi auguro che i versi poetici possano essere la vis di inizio del nuovo anno scolastico.

Anna Ferranti

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Difficile per me commentare questo libro, che in alcuni punti ho trovato interessante, in altri noioso, in altri ancora incomprensibile, in alcuni divertente.... Non riesco a dare un giudizio complessivo di questa breve opera che tratta di scuola in presenza e di Dad, di Covid e lockdown, di ricordi di scuola e attualità, tutti argomenti che m’interessano. Mi rendo conto che oggi è difficile parlare di scuola, in un’Italia dove, pur essendoci delle linee guida a livello nazionale, ogni regione, se non ogni provincia, si regola a modo suo, per cui le disparità sono notevoli, ma l’autore non è riuscito, secondo me, a darci una visione d’insieme: essa è piuttosto frammentata ed incompleta: 80 pagine sono poche per trattare esaurientemente un argomento così complesso ed importante.

Anna Pesaresi

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Una analisi della situazione della scuola in questi due anni così difficili per tutti, con interessanti incursioni nel passato per capire meglio il nostro presente. La scuola dimenticata da anni è ritornata ad essere importante, ma invece di approfittare della situazione per finalmente cambiarla per renderla più aderente alla realtà e al mondo, le discussioni si sono limitate a parlare di distanze, di limitazioni…insomma si è perso tempo: un’occasione mancata. La nostra scuola va completamente riformata: i nostri ragazzi hanno programmi esagerati, si laureano tardi, quando si laureano, senza tirocini, senza fare pratica. Dobbiamo ridurre gli anni scolastici, siamo gli unici in Europa che hanno una permanenza nella scuola così lunga. Quando è iniziata la pandemia sono iniziati anche i buoni propositi: diventeremo più buoni, il mondo migliorerà, l’ambiente prima di tutto, aiuteremo i nostri simili, e via con le canzoni dalle terrazze…: tanti buoni propositi e speriamo che qualcuno si realizzi.

 Mariabianca Barberis

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Il libro si addentra nel pianeta scuola, rivelandone complessità e fragilità. Ottima la scelta dell’ultimo banco come punto di osservazione, che consente di vedere la realtà interna all’aula ma al tempo stesso di non perdere il contatto con il mondo esterno. Docente smaliziato e sensibile, Grattacaso non dimentica di essere stato studente e di aver provato ascolti e attenzioni intermittenti, attacchi di noia, di disinteresse, di fastidio. In tempo di covid, però, come docente nota che si è prodotto negli studenti un desiderio autentico di scuola, di cui finalmente si comprende il valore formativo, culturale e soprattutto la funzione socializzante. La scuola custodisce e alimenta i sogni dei ragazzi con più forza che in passato, aiuta a misurarsi con la realtà, ad affrontarne le sfide, ma con ottimismo e caparbietà. Esposizione poco accattivante, testimone però di una realtà complessa, di difficile lettura... se non ci si siede in un’aula scolastica... e nell’ultimo banco.

Teresa Ruggiano

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Il libro parla della scuola degli ultimi tempi mostrandone gioie e dolori. Come istituzione la scuola è sentita ancora utile, indispensabile e soprattutto vitale. Così, a dispetto del covid, lo scrittore registra che tra alunno e professore si è creata una sorta di amalgama, che sarà difficile disunire e dimenticare. Gli studenti si sono accorti di amare la scuola e tutto quello che questa realtà racchiude; persino i disagi dovuti ad edifici fatiscenti ed insicuri vengono rimpianti perché testimoni di una vita comune trascorsa tra ansie, interessi, aspettative. L’edificio scolastico ha fatto sentire gli studenti come un insieme da custodire, da proteggere, da far maturare per il grande salto nella realtà esterna. Lo scrittore con lo sguardo dall’ultimo banco dell’aula raccoglie questo desiderio di essere protagonista e di realizzare il proprio progetto di vita. Non sarà la pandemia a spegnere questa voglia di essere e di fare.

Tommaso Santapaola

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Come ex insegnante non posso non essere toccata da problematiche legate alla scuola al tempo del Covid, analizzate da Grattacaso con intelligenza, attenzione e partecipazione. L’adolescenza è già di per sé un periodo difficile per i ragazzi, vissuto con ansia e complessi tipici della loro età. Purtroppo insegnando ho potuto constatare come molti dei miei colleghi avessero dimenticato quel periodo della loro esistenza: presentavano perciò con sufficienza, a volte persino con scherno certe situazioni vissute dai loro allievi. Mi sono trovata perciò vicina all’autore, sinceramente preoccupato dei problemi dei ragazzi, peggiorati dalle situazioni coercitive legate alla pandemia. Grattacaso, con un’indagine attenta e approfondita, ha messo in luce opportunamente vari momenti della vita scolastica e ha sottolineato soprattutto la riscoperta del significato della scuola nella vita dei ragazzi, fondamentale non solo dal punto di vista dei contenuti ma anche da quello della socialità, dello stare insieme e del condividere i diversi momenti e problemi della vita di classe. Sembra un paradosso ma a casa senza scuola, la scuola è stata rivalutata anche perché da soli davanti a un computer con “pantofole approssimative” che scuola è?

Marinella Gagliardi

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Un insegnante virtualmente seduto nell’ultimo banco di classe, osserva, riflette, ricorda. Della scuola in tempo di Covid si è a lungo parlato nei salotti televisivi e non solo, si è discusso sugli effetti psicologici della scuola a distanza, sulla solitudine dei giovani, costretti a dialogare attraverso il computer. L’autore vi aggiunge un tocco di poesia, di amichevole vicinanza, ricordando le proprie esperienze, le emozioni. “La scuola non ammette distanze, in meno di un mese tutto è diventato distante”. Nonostante l’attenzione obiettiva sulla realtà, lo scrittore comunica un messaggio di speranza, uno sguardo illuminato dall’ultimo banco.

Maria Luisa Bertolotti

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Non ci saranno foto di classe di questi ultimi due anni e la scuola di oggi resterà nel ricordo dei giovani per altri motivi. Nell’immaginaria foto di classe si vedranno virus, mascherine, computer, tablet contesi in famiglia, connessioni internet ballerine che hanno sostituito per troppo tempo la vita di classe e, perché no, le facce annoiate di lunghe ore di lezione, la voglia di scappare all’aperto per allontanarsi dal chiuso di un’aula che mai i giovani avrebbero pensato di rimpiangere. Il libro di Grattacaso nella semplicità della sua stesura, con linguaggio scorrevole e con la visione da ultimo banco infonde speranza. L’ultimo banco è quello che lega l’alunno all’esterno, ai sogni e alla speranza. La speranza ora è quella di tutti: restituire la scuola alla sua funzione primaria: costruire il futuro dei giovani restituendoli alla socializzazione, alla cultura, al mondo finalmente guarito.

Filomena Martoscia

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Un garbato affresco scolastico nel quale non manca nulla. Anche se ormai mio figlio è grande, ho seguito con partecipazione l’autore quando ricorda i problemi della vita scolastica durante il lockdown: è chiaro che ‘sente’ quanto racconta ed è partecipe di quelle situazioni di disagio che si manifestano in un momento tanto delicato per i ragazzi. C’è, è vero, il problema dei programmi che saltano e che l’insegnamento a distanza riesce a recuperare solo in parte, ma il rapporto con i coetanei assume a quell’età un ruolo fondamentale che certe chiusure hanno impedito. Ne è emersa una verità che può sembrare quasi incredibile: ai ragazzi mancava la scuola!

Rinaldo Santi

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Il libro di Grattacaso è una foto di ciò che tanti ragazzi in questo periodo di pandemia hanno vissuto. Gli adolescenti sono stati poco visti, sembra che le loro esigenze siano state poco comprese e analizzate, comunque gli insegnanti e i ragazzi si sono impegnati ogni giorno per superare le enormi difficoltà che si presentavano. Una bella descrizione e uno spaccato della realtà che i lavoratori degli istituti scolastici e i ragazzi hanno dovuto vivere. Una bella riflessione sull’importanza della scuola e della sua ripartenza.

Clizia Canavese

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È una raccolta di articoli e soprattutto riflessioni sul mondo della scuola, che nasce dalle lettere e dalle testimonianze di vari alunni che si sono trovati ad affrontare per la prima volta la didattica a distanza. Ed è proprio il concetto di distanza che viene affrontato, non solo come lontananza fisica dovuta all’emergenza del covid, ma anche come distacco che questa istituzione ha via via aumentato nei confronti dei suoi allievi. Offre validi spunti su quella che era e potrebbe essere la scuola al suo meglio, non solo un luogo dove imparare nozioni a memoria ma dove crescere ed educarsi insieme, confrontarsi ed essere coinvolti. Questa emergenza ha sicuramente accentuato tutto ciò che non va nella scuola di oggi e c’è da sperare che si avveri l’augurio dello scrittore: “approfittare di questa occasione per rendere questo ambiente più sano e accogliente non solo per paura, ma perché è giusto così a prescindere.”

Manu Prato

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"Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Marostica "Insieme per leggere"
coordinato da Liliana Contin
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In quanto nonna di adolescenti ed ex insegnante di scuola superiore, trovo moltissime verità in questo saggio. L'autore è un profondo conoscitore dei suoi alunni e della scuola. Presenta la realtà "Scuola" in periodo di Covid con competenza e coinvolge il lettore. Comunque, non sono sempre d'accordo con le soluzioni che propone. 

Verdiana Sansovini

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Avevo delle aspettative nei confronti di questo saggio, perché speravo in un’analisi più approfondita sugli effetti della deprivazione relazionale che gli adolescenti hanno sperimentato.

Invece è rimasto tutto piuttosto in superficie e limitato alla dimensione descrittiva.

Laura De Marchi

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Il libro che racconta come gli adolescenti sono scomparsi dalla vita collettiva nel periodo del lockdown e come hanno cercato di affrontare la dad. Un libro malinconico che fa meditare ripensando a tutte le esperienze a cui questi ragazzi hanno dovuto rinunciare e che, purtroppo, non potranno più rivivere.

Paola Parise

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Triuggio "Canonica"
coordinato da Carlo Riva     
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La scuola vista dall’ultimo banco da Giuspeppe Grattacaso è una malinconica ricostruzione dall’avvento del corona virus in marzo 2020 alla preparazione della presunta riapertura del settembre 2020.

L’adolescenza che diventa invisibile e gli studenti fragili, che già in parte lo erano, scompaiono.

Giovani a cui viene sottratto ciò che più conta a quella età e che avvenne sui banchi di scuola ma soprattutto nei quarti d’ora di ricreazione, all’entrata, all’uscita, prima di un’interrogazione o dopo l’esame di maturità: il contatto, confronto, le amicizie, gli amori.

Una scuola che già pre-covid era invisibile, classi pollaio, edifici fatiscenti, mancanza di aria, di luce, di bellezza e di poesia.

Una scuola che ha bisogno e deve guardare fuori dalla finestra dell’ultimo banco per spaziare sul cielo, sul giardino, sul mondo esterno.

Bella la poesia di Billy Collins. Un topolino invade la poesia e la scombina, Giuseppe Grattacaso immagina lo stesso topolino invadere un aula, portare  scompiglio, sbaragliare l’ordine, e portare  confusione, fermento e creatività.

Marilena Ricchiuti

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La foto di classe ..che nostalgia ogni volta che ci capita tra le mani…ci riporta prepotentemente a quell’attimo a quella sensazione alla bocca dello stomaco che ci rammenta gioia e dolore di un periodo unico della vita che rimpiangiamo non appena ci ripensiamo…poco importa che sia distante due o dieci anni…..Il Covid19 ci ha costretti a casa ed ecco che la scuola ci è improvvisamente mancata e dopo anni di critiche e lamentele per la poca tecnologia utilizzata ed utilizzabile a scuola ora che ci è rimasto solo questo aspetto abbiamo riscoperto che è lo stare a scuola che fa davvero la differenza e rende unica questa esperienza , dal primo banco ma ancor meglio dall’ultimo, offre un punto di vista ed una chiave interpretativa di noi stessi e della vita che nessun contributo on line può eguagliare. Molto c’è da fare perché la scuola sia il fulcro della vita culturale della nostra società e certo deve tenere il passo essere moderna ma mai come in questi mesi abbiamo capito che tecnologia ed innovazione devono sostenere la possibilità di esperienze che la scuola in presenza rende possibili ed uniche. In queste 80 pagine c’è uno sguardo lucido ed amorevole sulla scuola che non può non trovare consenso.

Maria Pisilli

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Il saggio punta su un argomento di attualità senza però nulla aggiungere alle conversazioni e luoghi comuni che ormai da oltre un anno ci fanno triste compagnia. Si limita infatti a fare riferimento, ma senza troppo approfondire, al furto di esperienze e momenti di vita che gli studenti hanno subito per il covid, unendo in un'unica voce un coro di lamenti. Di proposte, soluzioni o anche solo di desideri o di aspettative nulla.

Maria Grazia Cipitì

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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