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Giovanissimi di Alessio Forgione
NN

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Farra di Soligo "Quelli di LLC"
coordinato da Annalisa Tomadini
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Uno (stanco) romanzo di formazione che non è riuscito a farmi appassionare alle vite di questi ragazzi disagiati, con vite quasi al limite, che si rintanano dietro una apatia di facciata, non so quanto voluta fino in fondo (dall’autore). Per loro ogni esperienza rimane identica alle precedenti, non li modifica: spacciare nei bagni del liceo o andare al mare con la prima cotta sono per Marocco, il protagonista, e gli altri eventi che hanno tutti il medesimo carico emotivo, ovvero quasi nullo. Questo crea una inevitabile distanza emotiva con i personaggi, con i quali non si riesce a legare a tutti gli effetti. A questo contribuiscono anche una scrittura prevalentemente paratattica che si preoccupa di fare la lista delle azioni compiute senza andare a fondo e una caratterizzazione dell’ambiente e dei personaggi avulsa a tratti rispetto al luogo in cui si svolgono le vicende (se ad un certo punto l’autore non avesse nominato Fuorigrotta, non avrei mai capito che ci trovavamo nei sobborghi di Napoli).

Marta Masotti

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Giovanissimi di Alessio Forgione, uno spaccato di una delle città più complesse e affascinanti che esistano, Napoli, visto attraverso gli occhi di un adolescente che vive solo con il padre, in una situazione in bilico dove rimanere al posto giusto è sempre come un tiro di dado, la scelta spesso è più dettata dagli eventi che dalla logica.

Elena Raspanti

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Marco, ma tutti lo chiamano Marocco, vive con il padre nell’assenza di una madre che li ha abbandonati da qualche anno.

Marocco ha quattordici anni a Soccavo, quartiere della cintura di Napoli (lo stesso dell’autore) e non è semplice avere quattordici anni in periferia al sud. Il libro ci racconta un anno della sua vita, scandita tra gli allenamenti di calcio e la compagnia degli amici di sempre, in cui improvvisamente arriva anche l’amore, il primo ma non per questo meno vero.

Curioso che in questo libro di assenze di perdite e di ritrovamenti l’autore citi come principale riferimento Pinocchio, a cui mai avremmo pensato e invece, ripensandoci, c’è tutto.

Una storia di periferie che sfugge dagli stereotipi a cui siamo un po’ tutti abituati, anche grazie alla personale conoscenza dell’autore dei luoghi che narra, senza però diventare una “Gomorra di rincorsa”. È un romanzo vero, commovente, con uso del linguaggio abile e maturo, che alterna momenti sincopati, secchi, ad altri più distesi accompagnando il percorso narrativo.

Forse non proprio “la mia tazza di tè”, come direbbero gli inglesi, ma veramente un buon libro, che sono contenta di avere letto.

Alessandra Fineschi

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