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Gli affamati  di Mattia Insolia
Ponte alle Grazie

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Palermo 3 “Eutropia”
coordinato da Rosana Rizzo
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La storia si svolge a Camporotondo, un paesino inesistente con tutti i limiti e i pregiudizi delle periferie più degradate. E’ lì che vivono Paolo e Antonio, due fratelli di 23 e 18 anni che hanno perso il padre, un uomo alcolizzato e violento, e che sono stati abbandonati dalla madre stanca di subire le continue vessazioni dal marito. I due fratelli è come se vivessero in una bolla in cui è stato fatto un vuoto che non sanno come riempire se non con alcool, spinelli e soprattutto, da parte di Paolo, con una rabbia incontenibile, pronta ad esplodere in atti di violenza contro tutto, e che lo porta anche ad atti di crudeltà gratuita come a torturare e uccidere un cagnolino nel quale ravvisa la sopraffazione dei più ricchi rispetto ai poveri. I sentimenti che emergono sono, senso di inadeguatezza, mancanza di autostima, il rifiuto di accettare la propria natura anche sessuale. Paolo muore, ucciso per vendetta, dal suo datore di lavoro che aveva ripetutamente aggredito. Antonio, con l’aiuto di un amico, riesce ad andare via dal paese e cominciare una vita più tranquilla. Alla fine c’è un piccolo colpo di scena, perché mentre Paolo nonostante la sua natura violenta non ha mai commesso un omicidio, è Antonio che confessa che è stato lui a provocare l’incidente che ha determinato la morte del padre. Il libro ha il pregio di essere breve con una scrittura scorrevole ed essenziale e si legge con facilità. Il linguaggio cambia quando è l’autore a parlare o sono i protagonisti il tutto in un mix ben equilibrato.

Olinda Orlando

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Sono affamati di normalità, di un'anonima vita ordinaria i due protagonisti di questo libro d’esordio di Mattia Insolia. Paolo e Antonio sono due fratelli ventenni che hanno dovuto da sempre contare solo sulle loro forze poiché le loro giovani esistenze sono state profondamente segnate dalla violenza del padre alcolizzato, morto poi in circostanze misteriose, e dall’abbandono della madre, fuggita perché sopraffatta da un matrimonio infelice e soffocante. Ognuno di loro ha reagito in maniera diversa a questa fame radicata, secondo la propria indole: Paolo, il maggiore dei due fratelli, quello che lavora svogliatamente, che conduce il gioco con scatti aggressivi, in apparenza quello forte, indurito dalle tante avversità incontrate e affrontate da solo, è quello protettivo nei confronti del fratello ma cinico e spietato verso il mondo; Antonio  invece è quello sensibile ma passivo, apatico, incapace di dare un cambio di direzione alla sua vita, anche davanti alle occasioni che gli vengono offerte, fino a quando non potrà più scegliere e sarà costretto a lasciare il suo paese del sud senza futuro. E’ un libro che parla di solitudine, di emarginazione e degrado, ma anche di legami di sangue indissolubili e di amicizia.

Laura Guercio

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Paolo e Antonio Aquicella sono due giovani fratelli che vivono nella periferia di Camporotondo, un paese insulso e senza identità, un purgatorio privo di qualsiasi soffio vitale, conducendo un’esistenza miserabile e senza speranza in un mondo che li ha privati di tutto: la madre li ha abbandonati qualche anno prima, lasciandoli in balia di un padre violento e crudele che  “si sfonda ogni sera” per poter spegnere i pensieri, fino al giorno della sua morte. I due fratelli, rimasti soli, si ritrovano ad essere l’uno il nutrimento dell’altro in un equilibrio di pura sussistenza che non riesce a disinnescare la corsa verso un destino amaro. Paolo, il maggiore, viene fagocitato in un vortice di rabbia cieca che viene resa dallo scrittore con un’immagine potente e oscena: ogni mattina, prima di andare a lavorare al cantiere si affaccia al balcone, si cala le braghe e orina sul giardino di casa, ormai ridotto ad una discarica; la smania di distruzione non risparmia nemmeno il rapporto con il fratello, i cui sia pur deboli slanci vitali vengono cannibalizzati dall’asfissiante controllo del fratello maggiore. Antonio è come un fuscello che si piega nella direzione della folata più forte, assumendo passivamente la forma comandata da chi gli sta vicino e rinuncia alle occasioni di riscatto e cambiamento offerte dall’amico Italo perché i suoi occhi, carichi delle oscenità a cui aveva dovuto assistere, sono incapaci di vedere una realtà diversa, tenendolo incagliato ad un niente che tanto lo rassicura. Con un finale amarissimo eppure l’unico auspicabile, Mattia Insolia ci racconta in questa sua opera prima la realtà penosa e disperante delle tante Camporotondo del nostro paese con uno stile asciutto e senza retorica ed uno sguardo coraggioso e implacabile.

Annalisa Cannata

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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