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L’apprendista di Gian Mario Villalta
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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Enna "Amici della festa deli libro il sasso nello stagno"
coordinato da Francesca Alessandra
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Questo libro è inverosimile, ho dovuto leggerlo più volte e mi è sembrato sempre più intrigante, non è una scrittura che può reggere un duello perché sta” fermo in se stesso”. Mi piacerebbe conoscere l’autore parlare con lui, interrogarlo sulla sua ricerca interiore, scoprire la genesi di questo testo.

Alla prima lettura tutto assumeva un sentore di morte, pur amando le chiese e l’odore delle candele, la scelta della sacrestia come metafora della vita mi appariva impropria, pesante, perfino fastidiosa. La sacrestia come la vita :”un luogo dove fare ordine, da tenere sgombro e pulito, come i cassetti della nostra memoria”.” Adesso pare che la sacrestia è perfetta. Non c’è niente di più di quello che occorre, solo il necessario e tutto dove deve stare.”

Un andamento lento, pacato, al limite della noia, ma affascinante.

Il romanzo ha una forte ma dolce linea di malinconia, tessuta nei dialoghi tra i ricordi e i princìpi e le scelte, tra presente e passato, amori perduti e speranze, rimpianti, sullo sfondo di una “Storia “ che emerge a tratti e quasi forzatamente: il fascismo, il divorzio, la chiusura delle fabbriche, ecologia e disastri ambientali, il rapporto genitori e figli, cristiani che non credono più a niente... “Eravamo convinti che la Storia poteva andare diversamente.”

E’ una storia di amicizia? E’ un invito a prepararsi alla morte? E’ un inno alla letizia del cuore? Riflessioni e pensieri sulla vita maturati in una ritualità inusuale ai più, tra suffragi, liturgie, matrimoni, rari battesimi, elemosine, candele, particole da contare e brani evangelici da interpretare, paramenti da riporre con un ordine preciso e notizie sugli umani, su rapporti inesistenti, ma presenti per passa parola. “Una montagna di vita e ti resta solo qualche sentiero, un prato, una roccia tra alberi... E’ la tua giornata. Passi sempre di lì.” “Non c’è niente che non va a parte la vita”.

Da consigliare.

Fenisia Mirabella

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Gian Mario Villalta, attraverso uno stile raffinato ed efficace, racconta una storia di umiltà dietro la quale si cela una profonda riflessione su temi sociali e storici. Ci regala due personaggi autentici, vivi, diversi tra loro ma accomunati da un’unica matrice: il dolore. 

È impensabile non citare l’elemento che lega tutta la narrazione, la Chiesa come luogo di silenzio, di riflessione; un rifugio accomodante dalla angosciosa frenesia dell’uomo. La Chiesa vista come una bolla in cui il tempo è sospeso, in cui i due protagonisti attraverso rituali ben scanditi sembrano quasi essere eterni. 

Emanuela Castaldo

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Penso che il libro di Gian Mario Villalta sia parecchio distante da tutto ciò che ho fin ora letto. Si racconta di Tilio, un apprendista sacrestano, e delle giornate passate insieme al suo “mentore” Fredi all’interno di una fredda chiesa del nord Italia. Nonostante la narrazione proceda lenta, i discorsi intrapresi dai due protagonisti tra una funzione e l’altra e le loro riflessioni personali riescono a farci ragionare riguardo tematiche spesso totalmente differenti tra loro, siano esse religiose, riguardanti scelte di vita o comuni sbagli su cui ognuno di noi rimugina ogni giorno. Ed è tra voci e dicerie che riusciamo a cogliere una realtà che sta pian piano scomparendo, quella dei piccoli paesini, abitati oramai per lo più da persone anziane e caratterizzati dalle partenze dei giovani verso le grandi città. Infine, ho apprezzato molto i personaggi principali, la loro completa caratterizzazione e le loro storie descritte quasi nei minimi particolari.

Francesca Lo Giudice

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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